Riflessioni a margine di “Storie allucinanti e altre rasature”

C’è un gatto che vive sulla strada che passa sotto casa mia.

Si è scelto una precisa zona, che probabilmente ha provveduto a marcare come fanno i felini, tant’è vero che poco prima e poco dopo vi sono altri gatti, ciascuno col proprio “regno”. Non li ho mai visti interagire tra loro, magari sconfinare sì ma alla sera li trovo ciascuno sotto un’automobile, dietro un riparo, nelle proprie zone.

Non so se qualcuno abbia già provveduto a trovare un nome a questo gatto, ma per me è “Hitlerino”: mi è venuto questo nomignolo appena l’ho visto. Il gatto ha colore chiaro ma ha una macchia nera, attorno al naso e il pelo sulla testa sembra un vero e proprio ciuffo. Per me questo basta e avanza a evocare una determinata immagine e dunque a battezzarlo “Hitlerino”, anche se mi rendo conto che probabilmente questo ingrato (per il povero gatto) accostamento è tutto nella mia testa.

Sono diversi anni che incrocio quasi quotidianamente Hitlerino, che è fortemente stanziale, e ogni volta che lo vedo mi costruisco in mente dei discorsi che vorrei fare con lui e che solo l’ultima saldezza mentale che desidero mantenere mi evita.
Non so se tutti funzionino così ma per me è un processo immaginativo quasi automatico: vedo qualcosa e ci costruisco sopra mondi, che prendono pieghe autonome e che poi dal soggetto originario si distaccano completamente.

Ecco, quando vedo Hitlerino, mi viene da chiedergli se innanzitutto io gli sia ormai familiare. E a questa domanda potrei azzardare da solo una risposta: penso proprio di sì dato che sono anni che vede la mia figura, la mia auto. Neppure scappa via quando mi adocchia. E questo già da qualche tempo. Dunque posso presumere che mi riconosca.

A questo punto andrei oltre e gli chiederei delle altre persone, che livello di familiarità abbia con il riconoscimento facciale. Ovviamente gli dovrei formulare la domanda in un modo per lui comprensibile, magari ponendolo di fronte a persone familiari e non, per coglierne le reazioni.

Insomma, quel che manca, tra noi e il gatto e più in generale tra noi e altre specie viventi è solo un sistema comune di comunicazione. Se si trovasse quello avremmo fatto un enorme passo avanti nella comprensione delle reciproche esigenze.
Ma ammettiamo di averlo trovato, un alfabeto comprensibile per entrambi. E di averci costruito su un linguaggio comune, interspecie, che sia utilizzabile sia da noi che da Hitlerino.
Sarebbe necessario e sufficiente a comunicare, certo. Ma non anche a comprendere le rispettive realtà.

Mi spiego.

Come faccio capire a Hitlerino l’origine del suo nome?
Gli mostro una foto di Hitler?
Non sarebbe sufficiente: Hitlerino quale grado di consapevolezza ha del proprio aspetto? E anche se si specchiasse e riconoscesse, riuscirebbe a proiettare quella sua immagine in un essere umano del passato, trovando con esso punti di contatto? Ne dubito fortemente: neppure le persone che conosco associano Hitlerino a Hitler: ho sempre dovuto spiegar loro perché lo chiamassi così.

Vado oltre.

Come spiego a Hitlerino cos’abbia combinato Hitler? Cosa sia stata la Seconda Guerra Mondiale, l’Olocausto?
Come gli spiego proprio il concetto complesso di “guerra” se non addirittura di “Lebensraum”? Eppure Hitlerino sa perfettamente cosa sia uno “spazio vitale”: lui stesso ne marca uno. Ma dubito della sua capacità di proiezione di questo concetto a una sovrastruttura, come una nazione, di cui non può avere coscienza né esperienza.

Insomma, Hitlerino è un grande ignorante, circa le cose dell’uomo. E non gliene faccio una colpa.

Avete già capito: la cosa non mi ferma dal compiere ulteriori step nella comunicazione ipotetica con Hitlerino.

Cosa capisce, questo magnifico gatto, dei progetti nucleari di Hitler poi mai portati a termine?
Presumo zero. Gli manca completamente qualsiasi aggancio con la sua dimensione: cos’è un razzo-vettore per un gatto? Solo un coso che fa un rumore fastidioso. E deve vederlo, sentirlo, mica sentirne solo parlare.

Bene.

Caro Hitlerino, a questo punto lascio perdere ogni riferimento al dittatore che ti somiglia e cambio argomento; ti chiedo: mi spieghi come sono progettati i moduli della Stazione Spaziale Internazionale?

Hitlerino mi guarda e si lecca una zampa.

Quando i concetti sono sideralmente distanti dalla cultura, dalle conoscenze ma anche solo dalla capacità di un soggetto, questo non solo non potrà comprenderli ma non avrà mai neppure un vago sentore, neppure abbozzato, neppure per grossi capi, di ciò di cui si sta parlando.
Siamo praticamente allo zero nella comprensione di un qualcosa. Hitlerino non avrà mai, mai, mai alcuna possibilità di rispondere alla mia domanda sulla ISS, neppure se dovessimo finalmente trovare un modo per comunicare: non è la comunicazione qui, il punto nodale ma le capacità di comprensione della realtà

Passo ulteriore in avanti.

Hitlerino non è che viva nell’igiene: è comunque un gatto libero e la natura si sa come sia.
Nel pelo di Hitlerino presumo ci siano dei parassiti, magari zecche, pulci, acari e non so cos’altro.
Ecco, io mi vedo avvicinare questo gatto, smettere di dialogare con lui e iniziare ad affrontare gli stessi argomenti con un suo parassita, mettiamo “Giacomo”, una delle sue pulci.
Giacomo ha, rispetto a un gatto, una capacità di comprensione delle realtà complesse ancora molto, molto inferiore. Non ho la minima idea se riesca a percepire la mia presenza. In ogni caso dubito che mi “riconosca” in qualche modo.
Comunicare con Giacomo sarebbe una impresa titanica, ma immaginiamo che io abbia una macchina ipertecnologica che ci consenta una sorta di dialogo: come spiego a Giacomo della Stazione Spaziale internazionale? Se già Hitlerino, pur con tutta la sua felina intelligenza, era così limitato su questi concetti, immagino Giacomo.

Perfetto, sin qui ci siamo.

Ultimo step: nel sangue di Giacomo la pulce vive un parassita: l’Hymenolepsis. Sono platelminti o vermi piatti che provocano parassitosi intestinali. Esseri viventi anch’essi.
Avete già capito: cerco di spiegare a un Hymenolepsis la Stazione Spaziale Internazionale.

Che probabilità di successo avrò?

Se potessi misurare la distanza che separa Hitlerino dalla comprensione del funzionamento della ISS, potrei dire che è infinita: nessuna possibilità che la capisca (e si badi: si tratta comunque di un oggetto non di un concetto astratto, ancora più difficile da comprendere).
Ma anche da Giacomo la pulce alla ISS c’è una distanza infinita quanto a capacità di comprensione.
Così come per il mio simpatico organismo parassita Hymenolepsis, al quale non ho neppure voluto dare un nome.
Tutti e tre questi esseri viventi, di tre diversi gradi di evoluzione e capacità cognitiva, non potranno mai, mai, mai comprendere un qualcosa di tanto distante dalle loro possibilità ma se avessimo un centesimo da scommettere su quale di questi tre esseri viventi potrebbe avere una minima chance di capirci qualcosina, circa la ISS, lo punteremmo su Hitlerino e non certo su Giacomo la pulce. Figuriamoci sull’ Hymenolepsis.

Chiarito questo veniamo al punto: l’essere umano, in quanto animale, iperevoluto per carità ma pur sempre essere vivente con precisi meccanismi biologici, si potrebbe trovare alla stessa distanza cognitiva che separa la comprensione della ISS dall’Hymenolepsis, per qualche altra realtà, fenomeno, oggetto, concetto. E forse anche molto più lontano.
Niente e nessuno, neppure una civiltà o una entità a noi immensamente superiore potrebbe “spiegarci” il “################”, che qui riporto così proprio a simboleggiare il concetto di qualcosa per noi totalmente incomprensibile, tanto da non poter neppure essere associato a un nome, qualcosa alla stessa distanza di gestione mentale che avrebbe l’ Hymenolepsis con la Stazione Spaziale Internazionale. O più.

Potremmo essere noi stessi degli Hitlerini, dei Giacomo la pulce o degli Hymenolepsis e avere oltre il nostro universo altri universi impossibili da osservare, adesso o mai, perché su altri piani, altre dimensioni, altri concetti che ci sfuggono totalmente.

Potremmo essere Giacomo la pulce per forme di energia di cui non abbiamo alcuna cognizione né potremo mai averla perché su altre scale per noi inconcepibili.

Potremmo essere Hymenolepsis per “xxxxxxxxxxxx”, un qualcosa che non potrei neppure qui scrivere, definire, mancando qualsiasi riferimento persino semantico, alla stessa stregua del concetto di “filosofia” per il povero Hymenolepsis.

E dunque quaggiù ci affanniamo a parlare di Dio, di universo, di vita e di morte, e magari siamo Hitlerino al quale qualcuno vorrebbe spiegare la ISS.

In questi termini potremmo dire che la fantascienza non esiste. Esistono solo stati cognitivi, livelli evolutivi, linguaggi differenti, esperienze non appartenenti alla nostra limitata realtà e dunque non sperimentabili per noi. Ma per qualcun altro o qualcos’altro sì.
La ISS è oltre la fantascienza per Hitlerino, era fantascienza per noi già solo pochi decenni fa, è semplicemente scienza adesso. Ed è questo che qui interessa.
Il fenomeno “##############” continua a essere oltre la fantascienza per Hitlerino, Giacomo o l’Hymenolepsis, ma anche per noi. Invece per un altro “essere” o forma vivente o ancora “cosa” indefinibile coi nostri parametri, potrebbe essere perfetta normalità.
Una realtà infinita, per noi già concetto ostico, significherebbe infinite forme “viventi” con infinite combinazioni e possibilità e capacità di comprensione.

Nessuna fantascienza potrebbe essere tale in un universo infinito perché qualcosa o qualcuno, nello stesso universo infinito, certamente la comprenderà.

L’ISS è fantascienza solo per tre dei quattro esseri presentati qui: godiamoci questo effimero privilegio.

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17 risposte a “Riflessioni a margine di “Storie allucinanti e altre rasature””

  1. grazie per queste riflessioni. Io, poi, sono “innamorata” della fisica quantistica e mi piace cercare di capire le dimensioni (non ci riuscirò mai, mai, mai, lo so) e che ritrovo in queste tue righe.
    Domani dovrebbe arrivare il libro: la curiosità e la voglia di leggerlo sono altissime.

  2. Mettendo le cose nella giusta prospettiva, come hai fatto tu qui sopra, mi chiedo:

    Perché non mi rifugio nel credere all’esistenza di Dio?
    O viceversa: come mai molti suppliscono al senso di vertigine di poter dubitare di essere noi stessi parassita di qualche intelligenza cosmica superiore rifugiandosi nell’idea di “Popolo Eletto”. (da Dio, ovviamente?)

    E non è che non ci pensi: ci penso eccome. Spesso.
    Ma mi incuriosisce.
    Vorrei, in fondo, saperne di più.

  3. Questa riflessione somiglia ad un’immersione. Un tuffo in profondità nel mare dove i suoni in superficie pian piano attutiscono e, nel silenzio di un abisso irraggiungibile, si disegnano mondi immaginari o semplicemente ancora sconosciuti. Aspetto, con crescente curiosità, il libro.

  4. Questo è il concetto base della fantascienza “plausibile”, che io adoro.
    Molto curiosa di leggere il libro.

  5. Questo è il concetto base della fantascienza “plausibile”, che io adoro.
    Molto curiosa di leggere il libro.

  6. La realtà vista come un banale insieme di scatole cinesi: la base di partenza per demolire la visione antropocentrica e iniziare a costruire della bella fantascienza. Sempre più curioso di leggere il tuo libro.

  7. Bella riflessione, rispecchia il mio pensiero ma tu lo hai espresso in modo magistrale. Non vedo l’ora di leggere il tuo libro.

  8. Grazie per aver voluto condividere questa riflessione profonda e significativa, d’ora in poi ogni volta che faticherò a comprendere qualcosa non potrò fare a meno di sentirmi un po’ Hitlerino.

  9. Concetti e spunti di riflessione che, poco solleticati, a volte emergono dallo stato embrionale per gettare lampi di luce improvvisi e salvifici. In un brano dei Pink Floyd, nei mondi lontanissimi evocati da Battiato, e leggendo lo Zulli!

  10. Mille anni fa scrissi un racconto in cui eravamo “l’acquario” di entità per noi indefinibili e che sporadicamente ci prelevavano per loro esperimenti o semplicemente per diletto facendo impazzire le persone che per mesi restavano con loro. Tornavano nello stesso luogo e istante in cui erano stati prelevati rendendo quindi impossibile la credibilità di un loro rapporto su quanto vissuto. Fatalmente impazzivano, il che spiegava il motivo apparentemente inesistente dell’improvviso impazzire delle persone “sane” sino al giorno prima.
    Leggere il tuo libro (divorato in una sera) e ora questo tuo scritto su Hitlerino è stato più che una semplice lettura. Mi è sembrata una sorta di condivisione mentale su un diverso livello rispetto al nostro fisicamente condiviso, un viaggio in cui si confondono autista e passeggero, in cui non ha più importanza tale distinzione perché, per l’appunto, non appartenente alla nostra dimensione. Grazie Massimiliano, è stato davvero molto bello.

  11. Grazie per questa riflessioni è sempre bello leggerti, mi incuriosisce molto, mi fa ragionare e andare sempre più avanti con i miei pensieri, imparo ogni giorno di più ed è proprio bello e soddisfacenti, sono ansiosa per leggerlo il tuo libro. Congratulazioni

  12. Come viaggiare sulla ISS e oltre per qualche minuto, così semplicemente. Attendo di leggere il libro.

  13. Grazie, in questi giorni caotici il tuo libro sarà il viaggio di cui ho bisogno.

  14. Quando ero molto piccola, ho avuto la fortuna di vedere il film di animazione “Il pianeta selvaggio”, che ha segnato l’inizio del mio amore viscerale per la fantascienza, nel tempo alimentato da due sentimenti contrastanti: la certezza di essere l’ameba di quacun’altro e il desiderio di avventurarmi quanto più possibile nell’altrui fantasia, per sondare le vie del possibile, per quanto folle.
    Il tuo libro, ma anche acuni commenti dei tuoi lettori, mi hanno permesso di proseguire il viaggio, con grande soddisfazione. Grazie.
    Siamo tutti un po’ Hitlerino.

    P. S. Ho impiegato un secolo a finire il libro, perché l’ho lasciato a Milano dai miei e ci è voluto un po’ per rientrarne in possesso.

  15. Letto il libro, molto bello, in privato ti mando il mio commento per non spoilerare . Assolutamente pertinenti e condivise queste riflessioni a margine del libro. Grazie UMC

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