Scacco matto, terrapiattisti

Che io debba perdere tempo a scrivere, nel 2018, un post sul terrapiattismo è indice dei nostri tempi.
Credo sia arrivato il momento di un ulteriore downgrade e toglierci dai coglioni l’aggettivo “funzionale”, quando ci riferiamo al tipo di analfabetismo corrente.

Comunque, volevo tagliare la testa al toro circa la questione Terra piatta / sferica (semmai ce ne fosse una, ma ok) e suggerire una roba che risolverà ogni questione.

Fate una colletta, tutti voi terrapiattisti, pochi euro a testa. Scegliete una delegazione di voialtri, fidatissimi. Venti di voi, i più oltranzisti, credibili. Credibili per voi stessi. E noleggiate un pulmino. Ci salite e andate dritto, il più possibile via terra. Quando inizia l’oceano imbarcate il pulmino e proseguite via mare. E questo facendo guidare/timonare un terrapiattista fidato, così da non avere dubbi. Sempre dritto. Se avete ragione voi troverete le famose montagne alte 400 km. E magari pure i giganti, i lillipuziani, Paolo Brosio, tutto quello che pensate ci sia. Ci fotografate tutto, riprendete, quello che vi pare, e tornate indietro.
Se abbiamo ragione noi normali vi ritroverete al punto di partenza.
Sennò, sai che smacco ci dareste?
Mi pare facile, e anche abbastanza economico. Niente aerei, che possono ingannare (e pilotare un aereo è complicato). Tutto molto fattibile, no? Niente complotti, niente Sistema che ci frega: sarete voi stessi a vedere come stanno le cose. In un paio di mesi al massimo risolta la questione.
Ecco, perché non lo fate?
Ve lo dico?
Dai, lo sapete già.

Eravate macchiette da perculare senza volto, leggende metropolitane; ora siete persone tra noi, con figli, persone che si lasciano intervistare, che non temono il ridicolo perché rappresentano il ridicolo, gente che consuma il mio ossigeno.

Vai terrapiattista, organizza il pulmino, parti, fammi sapere.

Da grande

Credo di aver capito finalmente da dove arrivi il mio disagio.

Non è questione di generica, umana insoddisfazione, né di non ritrovarmi in schieramenti o determinati ideali.

È che sono scomparsi gli adulti.

E mi sento circondato da ragazzini inconsapevoli di esserlo.

Le figure che dovrebbero rassicurarci, alle quali dovremmo poter affidarci, esattamente come facevamo da piccoli coi nostri genitori, sono sparite.
Ora sono tutti bimbiminkia, caciaroni, selfisti.

Da bambino ricordo la figura autorevole del medico, dell’avvocato, del politico. Mi sembravano uomini fatti e finiti, seri, acculturati. Vedevo Fanfani in tv ed era per me il prototipo dell’anziano saggio, senza grilli per la testa, dedito solo al suo lavoro.

Ero un bambino ingenuo, certo, ma per me era evidente che c’era il mio mondo, e poi c’erano “i grandi”.

Ecco, “i grandi” sono scomparsi.
E questo ovunque, non solo nella politica.

Penso a Dolce e Gabbana e al loro video di scuse ai cinesi: io mi sono sentito in profonda fremdschämen per loro, per tutto, per quella sceneggiata in drappo rosso, necessaria per non perdere un mercato enorme e nata – ovviamente – da uno scambio sui social con tanto di faccine e prese per il culo che un adulto non dovrebbe neppure ipotizzare.

Un adulto come lo intendo io.

Che si sia spostato in là il tempo della maturità è evidente: non vedo nulla di strano se un cinquantenne gioca alla Play, anzi, ma poi al lavoro non parla della Play, non cazzeggia col cellulare, fa il lavoro suo, con responsabilità.
Che siano cambiati i tempi non c’entra nulla con il fatto che non si possa anche oggi mostrare serietà, compostezza, autorevolezza senza autoritarismo.

Insomma, io mi sento a disagio nel mondo di oggi perché non sento più il manto di protezione di adulti responsabili, capaci e misurati attorno a me.
Sono io l’adulto, e questo mi sta anche bene, ma quando vedo che chi decide della mia vita è infantile mi gelo.

Quando vedo usare in politica il linguaggio cazzone che uso io sulla mia pagina satirica inorridisco.
Quando gli adulti attorno a me si comportano esattamente come farebbe un sedicenne penso che tutto sia andato a puttane.

Ecco, a puttane. Vorrei un bello scandalo con un qualcuno di rilievo beccato mentre si concede un peccato vecchio stile, colto sul fatto con due brasiliane in un cesso dell’autogrill, e non trovarmi sulla mia bacheca un selfie con i gattini.

Ma ciò che più vorrei è un mondo adulto a gestire le cose importanti.

Aridatece i grandi.

Il bello della democrazia

“E’ IL BELLO DELLA DEMOCRAZIA”.

E’ quel che sentiamo sempre, specie quando ribattiamo a qualcuno che sta dicendo una cazzata.
“E’ LA MIA OPINIONE, VALE QUANTO LA TUA, SIAMO IN DEMOCRAZIA”.
Sì, ma la tua opinione è stupida: perché non vogliamo tenere conto di questa variabile fondamentale?

  • PER ME QUELLA CANZONE DI BATTIATO PARLA PROPRIO DI QUELLO CHE DICO IO!
  • Invece ti sbagli.
  • SIAMO IN DEMOCRAZIA, LA MIA OPINIONE VALE QUANTO LA TUA! CHI CREDI DI ESSERE?
  • Franco Battiato.

In un caso simile che dobbiamo pensare? Che il tizio veda in pericolo il suo diritto democratico a dire la sua?
A me pare che l’esercizio di tale diritto coincida con una pubblica autocrocifissione che sarebbe da evitare per lui in primis.
Franco Battiato, se vorrà, potrà pure rispondergli. Ma se dopo un po’ gli togliesse diritto di parola sarebbe davvero antidemocratico? Quando, il concetto di democrazia, ha tracimato ed è diventato dovere di accettare, ascoltare, discutere di qualunque cosa e con chiunque, anche contro le evidenze scientifiche, il buon senso, la realtà oggettiva?
Quando concetti come “la realtà oggettiva” sono diventati soggettivi?
E quando lo sono diventati al punto che le certezze scientifiche ora hanno lo stesso peso delle idee bislacche prive di supporto?
Ma soprattutto perché cazzo io Mozart, che parlo di musica, devo stare a rispondere a te, Eraldo Scannellini, piastrellista, che mi contesti a muso duro l’utilizzo di flauti nel mio concerto? Per democrazia?
Guarda, se invocassi altri pur elevatissimi concetti, come la pietà umana, ti darei anche ascolto, ma anche se esercitassi un diritto di critica misurato e se io vedessi in te delle competenze a supporto. Ma se critichi giusto per mostrarti, per far vedere di avere un’opinione, io ti sbatto fuori.

Senza arrivare al burionismo, io rivendico il mio diritto a non perdere il mio tempo con te, a non concederti spazio nei miei ambiti, a silenziare la tua voce quando diventa fastidiosa a casa mia.

Il bello della democrazia è altro, ed è morto da un pezzo. Ora viviamo l’era delle aberrazioni della democrazia e della parola “democrazia” estesa come un pezzo di caucciù che si deforma e della forma originaria non mantiene più nulla.

Da un pezzo trovo che il termine “democrazia” venga vissuto con un significato che non dovrebbe avere, vale a dire il dovere di essere ascoltati.

Io ho il diritto a dire la mia, ma mantengo anche il diritto a non ascoltare la tua. È democrazia.
Sui social questa cosa è impossibile: esprimo un pensiero e so già che dovrò sorbirmi delle farneticazioni, delle uscite dal mio tema, delle fantasticherie e delle critiche per cose che neppure ho mai detto.

Rivendico il mio democratico diritto a ritenerti un coglione, e dunque a non ascoltarti.

Perché oggi il diritto di parola è sentito come dovere di opporsi, di dire necessariamente qualcosa. E non importa se quel qualcosa non lo si è capito o se non lo si conosce. Lo si deve dire, spesso perché esprimersi è l’unico modo di dire al mondo: “EHI, ESISTO!”.

La democrazia come il selfie al concerto da mandare agli amici, convinti che ci invidieranno.

  • EHI, SIAMO IN DEMOCRAZIA, LASCIAMI DIRE CHE NON SONO D’ACCORDO CON LA TUA TEORIA!
  • Veramente non è una mia teoria.
  • E DI CHI E’?
  • Si chiama Legge di gravitazione universale, l’ha formulata Newton.
  • ECCOLO, IL SAPIENTONE!

Questo non è dialogo, è mortificazione dell’intelligenza, questa non è democrazia, è banalizzazione della dialettica.

Poter dire non significa dover dire. Non è obbligatorio mostrare i propri limiti: quella resta una facoltà, che conservi certo, ma a questa io rispondo col mio democraticissimo diritto a non ascoltarti, a toglierti voce, specie quando le tue idiozie inquinano un ambiente mio personale. E il mio social, la mia bacheca, il mio spazio, quello nel quale entro con nome utente (mio) e password, sono di mia pertinenza. Così come il mio blog. O il mio salotto. O la mia auto.
Per te è antidemocratico che io ti vieti di fumare dentro la mia macchina?
E di dire che la Terra è piatta sulla mia bacheca?
Guarda, ti aiuto: non è antidemocratico: è un mio personale atto di assistenza sociale. Evito che tu ti faccia da solo del male.

Qui, nei miei spazi, non vige la tua forma di democrazia, ma quella canonica, quella studiata a scuola. Trattasi di un generico diritto di opinione e parola, che però non è libero e assoluto ma sottostà a regole. Esattamente come ai tempi della polis. E io posso regolamentarla, revocarla, annullarla, perché l’ambiente fa la differenza.
Sovrano a casa mia.
Che poi è di moda, no?

Sempre più spesso assisto a imbarazzanti scambi tra chi mette sul tavolo fatti e teorie acclarate e chi ribatte con idee. Le idee. Che purtroppo hanno ancora un’accezione positiva, ma la perderanno presto.

  • E’ LA MIA IDEA, MI PERMETTI DI ESPRIMERLA?
  • Certo, ma sei tu che non ci fai una bella figura.
  • AH, SENTIAMO PERCHE’.
  • Perché affermi che l’uomo non è mai andato sulla Luna.
  • E TU COME FAI A ESSERE CERTO CHE INVECE CI E’ ANDATO?
  • Guarda, queste sono le evidenze scientif…
  • ECCOLO, IL SAPIENTONE!

Mortificare la realtà scientifica è un atto democratico? No, è puro esercizio dialettico. E il puro esercizio dialettico è una tua facoltà. Come il mio rispondere o non rispondere.

Commentate pure liberamente.

Se scrivete cazzate vi elimino, al solito, ma democraticamente <3

AntiQuark

Porca troia smettetela! Smettetela con questa cosa dei 370°!

In quella intervista ci sono prospettate situazioni gravissime! E voi a ridere e perculare i 370°! Ma che cazzo deve succedere ancora per farvi capire come si stia procedendo a razzo verso l’era dei trogloditi?

Voi siete quelli che perculano Trump per i capelli. Quelli che prendono Renzi e gli affiancano Mr. Bean. Quelli che di Berlusconi commentano solo le puttane. E i casini veri, i problemi veri, passano sempre sottotraccia, così facendo il gioco di questa gente che ci sta trascinando in un’era di antiscientismo catastrofica per voi e i vostri cazzo di figli (e la mia sola soddisfazione sarà vedervi preoccupati per quella cazzo di tossetta che non se ne va da tre settimane, “eppure le goccine omeopatiche gliele do”, bestia incolta).

E perché questa confusione? Perché la gente ha troppe informazioni, e non sa scremarle. C’è ridondanza, eccesso, sovraccarico di nozioni e antinozioni: la gente semplice non ha la capacità di filtrare questa overdose informativa, non riconosce l’autorevolezza delle fonti e dunque si affida a persone che ritiene competenti. Ma non hanno la capacità di capire chi competente lo sia davvero. E dunque a un certo punto vale tutto: chiunque si può aprire un sito su Blogger e chiamarlo “GuardateCosaCiNascononoMaNoiViDiciamoTutto.blogspot.com”. E via il fiorire di cialtroni che poi vanno in tv a promettere vita eterna se compri i loro integratori a soli 99,99 euro, beduini che impacchettano e vendono le erbette di campo appena colte da dietro il giardino pisciato dal cane, gentaglia che convaliderebbe ogni teoria di Lombroso se sapeste chi fosse Lombroso (se sapeste qualunque cazzo di cosa: mi sembra di vivere in un globale Milanese Imbruttito), che promettono cure capaci di cambiarti da Fassino a Ronaldo, da Bombolo a Michael Fassbender, sfaccendati che non avrebbero mai potuto trovare un lavoro vero e si sono inventati malocchi, tarocchi, Pistocchi.

La cosa dei 370° è irrilevante, e non è neppure indice di ignoranza, come la volete far passare: è niente! È l’unica cosa alla quale non occorre prestare attenzione in quel cazzo di minuto di puro oscurantismo.

Voi domani troverete in farmacia, accanto al medicinale salvavita, “l’oscillococcinum potenziato al pelo di culo di Yak e zenzero, come presentato in tv alla trasmissione QuelloCheNonCiDiconoAQuark”.

State ammazzando Piero Angela prima del suo tempo, che credevo infinito, e io vi odio, vi odio profondamente.

Jurassic Park, in fondo a sinistra

“I videogiochi sono droga, atrofizzano il cervello. Al momento niente smartphone. Prima che con la tecnologia devono avere a che fare con la cultura” [C. Calenda].

Ho aspettato un paio di giorni per dire la mia sull’uscita di Calenda (E ALLORA IL PIDDIII??? Eccolo) circa i danni dei videogames. Io credo che Calenda soffra la sindrome che colpisce oggi chiunque stia troppo sui social: parlare di cose che non conosce. E in questo caso io mi sento competente, dunque ho da dire la mia, perché i videogiochi li conosco da bambino, da quando erano un privilegio di pochi e non erano visti come il demonio, né erano così invasivi o fagocitanti, conosco le dipendenze, conosco la tecnologia.
Ho maggiori titoli e preparazione di Calenda per parlare di questo argomento.

Ecco, le dipendenze: forse è ciò che pensa Calenda circa ogni videogiocatore, che sia sempre un rincoglionito dipendente incapace di intendere e di volere. E già questo conferma la tesi per la quale parlare di ciò che non si conosce porta e esposri a pubblica gogna, in questo caso ritengo meritata.

“Sarà forte ma io considero i giochi elettronici una delle cause dell’incapacità di leggere, giocare e sviluppare il ragionamento. In casa mia non entrano” [C. Calenda].

Nei vari studi prodotti in questi anni* ci sono evidenze circa la capacità dei videogiochi di tenere desto il cervello, aiutare il collegamento rapido delle sinapsi, tenere la mente giovane e fresca.
Credo che Calenda avrebbe dovuto giocare di più, ai suoi tempi: avrebbe evitato queste uscite.

Io coi videogiochi ho imparato l’inglese, ho capito cosa volesse dire pianificare strategicamente risorse (Civilization, Populous, Caesar, Soccer Manager), ho affinato tecniche di primordiale lavoro di team per raggiungere risultati (Lemmings, Settlers), ho semplicemente cazzeggiato salvando principesse e risolvendo enigmi (Donkey Kong, Monkey Island e tutte le avventure Lucas. Per inciso SIERRAMMERDA).
E i videogiochi rappresentavano comunque l’eccezione settimanale e piovosa alla regola che vedeva la mia generazione perennemente col pallone tra i piedi e la maglietta sudata.

Calenda usa i social, anche troppo. Non riesce a non rispondere a chi lo chiama in causa. Trascorre molte ore su Twitter. Spesso risponde in modo nervoso.
Io ci vedo una forma di dipendenza.
Allora condanniamo chi usa i social? Evidenziamo un problema di democrazia?

Ma non è l’esaltazione dei videogame che qui mi interessa, perché Calenda può anche avere ragione se punta il dito contro gli eccessi e le dipendenze, come detto (ma dai suoi tweet non c’è questa estremizzazione: a me pare essere contro i videogiochi sempre e comunque).
No. A me interessa sottolineare ancora una volta lo scollamento con la realtà di questa sinistra, la sua distanza dalle persone comuni.
La crociata di Calenda contro i videogiochi è l’emblema della sconfitta della sinistra, della sua siderale distanza da ciò che è la quotidianità di chi fa la spesa.

“Fondamentale prendersi cura di ogni ragazzo: avvio alla lettura, lingue, sport, gioco. Salvarli dai giochi elettronici e dalla solitudine culturale e esistenziale. Così si rifondano le democrazie” [C. Calenda].

C’è un senso di ammuffito e stantìo nelle parole di Calenda, una naftalinizzazione della politica che mi catapulta alle giacche di fustagno degli anni di piombo. Richiamare i valori della democrazia demonizzando i videogiochi, in un momento storico politico in cui ci sono ben altri cazzi. Ma qui non c’è da fare il giochino dell'”E ALLORA LA POVERA PAMELA?”, perché i videogiochi sono un non-problema, non un problema minore. Il problema semmai sono le dipendenze, alla pari con quelle da gratta e vinci e gioco d’azzardo.

Calenda è la speranza per la nuova sinistra. E si rivela essere un dinosauro. Ancora dinosauri nel panorama dell’elite di sinistra. Ancora. Non si esce da questa dalemizzazione perenne: è questa la vera maledizione (maledizione-dalemizione COINCIDENZE? NON CREDO PROPRIO).

Niente, non se ne esce.

Aspettiamo ancora Godot.

* Sulla rivista Journal of Play (2014) è stato pubblicato un articolo in cui i ricercatori Adam Eichenbaum, Daphne Bavelier e C. Shawn Grenn  dimostrano effetti positivi e duraturi dei vidoegames sui processi mentali di base quali percezione, attenzione, memoria e processo decisionale.