Pregature

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In questi giorni sento dire da tante persone che occorre pregare per le vittime degli attentati in Francia.
Mi sono sempre chiesto quale sia la logica dietro la preghiera, e questo al netto di considerazioni fideistiche: il credere o non credere non è il punto centrale del mio ragionamento. Provo a spiegare.
Perché Dio dovrebbe “fare” o “non fare” qualcosa, indotto dalla mia preghiera?
Se così fosse ci troveremmo di fronte un Dio che “accontenta” o meno a seconda della presenza di preghiera (e probabilmente della partecipazione, messa in scena, fattura della stessa). Il che contrasta molto con un generale concetto di libero arbitrio, ma anche con quello di “volontà di Dio”. Entrambi concetti religiosi, appunto.
La preghiera come richiesta di pace, favori, clemenza, cura, miglioramenti economici, mi sembra dunque contrastare con ciò che la religione stessa insegna.
Allora perché si prega?
Possono esserci anche ragioni più alte e nobili, va detto. Per esempio ringraziare il Signore di ciò che ci ha donato.
Già qui mi pare possiamo capire un ragionamento di un credente.
Però.
Però in questo “ringraziamento” ci dovremmo ricomprendere tutto. Cioè, la “Volontà del Signore” non va esaltata solo quando ci fa comodo, altrimenti sarebbe facile. Anzi, le Scritture insegnano che è quando il cammino è più difficile, che occorre perseguire la Fede, credere, affidarsi alla preghiera.
Dunque, perché se ci viene un tumore preghiamo affinché possiamo guarire? Anche la malattia è “Volontà di Dio”, tanto quanto l’eventuale guarigione (con somma soddisfazione dei medici curanti).
Ecco, un credente dovrebbe sempre ringraziare, per ogni cosa, mai chiedere.
Chiedere è scortese: Dio sa cosa sia meglio per te, ti ha mandato il tumore, il suo Piano non lo conosci, accettalo come accetteresti una vincita alla lotteria.
Invece no. Noi siamo così: chiediamo. Utilitaristicamente chiediamo cose che ci fanno comodo. Anche con la preghiera. Pur essendo assolutamente consapevoli della assoluta inefficacia della stessa.
Che? Cosa ne sappiamo se sia inefficace?
Beh no, fermi tutti qua: finché si filosofeggia vale tutto, pure inventarsi tortuose strade per alla fine chiudere ogni questione con “Noi non possiamo capire”. Ok.
Ma quando si parla di risultati misurabili, beh: misuriamoli.
Volete sapere se una preghiera è efficace? Oltre l’effetto-placebo, intendo.
Beh, io vi porto QUALCHE studio in merito.

W.S. Harris et al. 1999. A randomized, controlled trial of the effects of remote, intercessory prayer on outcomes in patients admitted to the coronary care unit. 1999 Arch Intern Med 159: 2273-2278.
R.P. Sloan, E. Bagiella. Data without a prayer. 2000 Arch Intern Med 160: 1870.
D. Karis, R. Karis. Intercessory prayer. 2000 Arch Intern Med 160: 1870.
J. Goldstein. Waiving informed consent for research on spiritual matters? 2000 Arch Intern Med 160: 1870-1871.
W. Van der Does. A randomized, controlled trial of prayer? 2000 Arch Intern Med 160: 1871-1872.
D.A. Sandweiss. P value out of control. 2000 Arch Intern Med 160: 1872.
R.M. Hamm. No effect of intercessory prayer has been proven. 2000 Arch Intern Med 160: 1872-1873.
J.M. Price. Does prayer really set one apart? 2000 Arch Intern Med 160: 1873.
P.N. Pande. Does prayer need testing? 2000 Arch Intern Med 160: 1873-1874.
D.E. Hammerschmidt. Ethical and practical problems in studying prayer. 2000 Arch Intern Med 160: 1874.
F. Rosner. Therapeutic efficacy of prayer. 2000 Arch Intern Med 160: 1875.
W.C. Waterhouse. Is it prayer, or is it parity? 2000 Arch Intern Med 160: 1875.
D.R. Hoover, J.B. Margolick. Questions on the design and findings of a randomized, controlled trial of the effects of remote, intercessory prayer on outcomes in patients admitted to the coronary care unit. 2000 Arch Intern Med 160: 1875-1876.
J.G. Smith, R. Fisher. The effect of remote intercessory prayer on clinical outcomes. 2000 Arch Intern Med 160: 1876.
S.M. Zimmerman. Prayer can help. 2000 Arch Intern Med 160: 1876-1877.
M.L. Galishoff. God, prayer, and coronary care unit outcomes: faith vs works? 2000 Arch Intern Med 160: 1877.
L. Dossey. Prayer and medical science. A commentary on the prayer study by Harris et al. and a response to critics. 2000 Arch Intern Med 160: 1735-1738.
R. Dalton. Kansas scientists help to oust creationists. 2000 Nature 406: 552-553.
E.J. Larson, L. Witham. Scientists are still keeping the faith. 1997 Nature 386: 435-436.
E.J. Larson, L. Witham. Leading scientists still reject God. 1998 Nature 394: 313.

Ma capisco che possa non essere sufficiente e che abbia più peso quanto detto da un tizio con la terza media e un lungo camice bardato.
E allora, perché non provate voi, a casa? Da soli, un rapido test per togliervi ogni dubbio. Atei, credenti, non importa: in un paio d’ore risolverete il secolare dubbio circa l’efficacia della preghiera nel far accadere cose.
Di cosa abbiamo bisogno?
– Una moneta
– Un foglio di carta
– Una penna
Si procede così: gettate la moneta in aria e segnatevi i “testa” e “croce” che vedrete realizzarsi. Questa cosa va ripetuta alcune migliaia di volte affinché la base statistica dei risultati possa avere una sua credibilità. Durante ogni lancio PREGATE affinché la moneta faccia risultare “croce”. Siate convinti, non consideratelo un gioco ma credeteci con tutte le vostre forze.
Non fermatevi a cento-duecento lanci. Non bastano per avere una base seria.
Tremila, quattromila, diecimila lanci meglio ancora. Sempre pregando.
Bene, alla fine, se tra testa e croce ci sarà un SIGNIFICATIVO SCOSTAMENTO dal 50/50, allora la vostra preghiera sarà stata efficace. Al netto di ulteriori fattori quali bilanciamento della moneta, superfici di taglio irregolari, etc.
Se avrete rilevato un – che so – 75% di “croce”, possiamo considerare superato un primo step e passare a nuove verifiche, ma con una rinnovata fiducia nella preghiera.
Mi chiedo perché un credente non faccia questo esperimento, facilmente realizzabile e verificabile.
L’obiezione è che su queste cose non c’è interesse da parte di Dio a cambiare la realtà delle cose e “accontentare” chi prega.
Vien da chiedersi perché non debba essere considerato importante per Dio il dar soddisfazione, conforto, speranza a un suo figlio.
In ogni caso, l’esperimento è replicabile in molti altri modi. Più elevato il livello di importanza della “posta” in palio, più la preghiera dovrà essere valutata nella sua efficacia.
Tenete presente che se volete valutare se la preghiera abbia fatto guarire il bambino dalla leucemia, prima dovrete consultare i dati statistici circa la remissione di quel tipo di malattia: se risulta che nell’80% dei casi c’è remissione, sarebbe più il caso di ringraziare la Medicina che Dio. Tenuto conto che sicuramente la Medicina non ha responsabilità nell’insorgenza di quella malattia, mentre su Dio avrei i miei dubbi. Quantomeno per omissione di soccorso. Ma questo è il mio pensiero e non importa.
Insomma, io l’esperimento l’ho fatto. E la mia preghiera non è risultata incidere sulla realtà. La moneta cadeva nel 50% dei casi su testa e nel 50 su croce. Questo probabilmente per mio scetticismo.
Perché non provate voi che pregate per la pace?
Perché a me pare che stiate pregando da millenni e non mi pare cambiato granché.
Ma anche qui, magari, è il mio scetticismo.

E qui:

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Rendiamo grazie a Dio.

Perché non aver paura degli zombie

 

Tutti (ex) giovani, 'sti zombie
Tutti (ex) giovani, ‘sti zombie

[Questo post è nato da riflessioni col sempre prezioso Paolo Murgia (Mu Ho)].

Premetto: non sono mai stato appassionato di film di zombie, nemmeno da piccolo, quando erano molto di moda grazie soprattutto a George A. Romero e agli esponenti del Pentapartito.
È che, semplicemente, non mi facevano paura.
Voglio dire, uno zombie dovrebbe creare proprio questo, no? Ma io mi sono sempre rapportato alla paura come un qualcosa di non controllabile, contro un nemico, visibile o invisibile, comunque superiore a me, alle mie forze, con poteri, capacità, possibilità di farmi del male nei modi più fantasiosi, disparati e cruenti.
Ebbene, vedere quegli esseri ciondolanti, lenti, prevedibili e annientabili sostanzialmente anche con un calcione, beh: mi ha sempre fatto pensare all’inadeguatezza di quei cosi rispetto ai mille mostri cazzuti che abitavano le fantasie di me bambino.
La mia “sospensione di incredulità” vacillava, già a otto anni: mi ponevo mille domande, circa la coerenza di quel che quegli esseri stavano cercando di rappresentare.

– Ma perché riescono a camminare tutti? Molti di questi sono morti vecchi e già da vivi non camminavano più. E quelli con la sedia a rotelle?
– …
– Ma perché quelli con le budella di fuori vogliono mangiare lo stesso? Tanto se mangiano riesce tutto…
– …
– Ma se non mangiano che succede? Muoiono ancora? Da soli? Allora basta aspettare un po’: che li combattono a fare?
– …
– Ma perché…
– Hai rotto il cazzo: al cinema non ti ci porto più.

Più in là, quelle stesse domande si affinarono. E se ne aggiunsero altre:

– Ok, ragioniamo: questi vogliono mangiarsi il cervello dei viventi, o parti di loro, penso. Facciamo che abbia pure senso. Ma sembra che la maggior parte di loro non ci riesca mai: pochissimi riescono a nutrirsi. Eppure continuano a vagare, trascinarsi per giorni e giorni: il computo calorico in deficit prima o poi si farà sentire. Voglio dire, se questi non mangiano non possono sostenersi: è biologia, meccanica, termodinamica. La parte “magica” riguarda il loro essere tornati in vita, al massimo. Ma poi questi subiscono il peso della gravità come noi (altrimenti volerebbero) e se lo devono contrastare serve una forza, e la forza richiede energia calorica. Puoi essere un morto vivente, ma le leggi della fisica sono quelle. In sintesi, se non mangi non cammini, non ci sono santi.
– …
– Ma poi, quelli con l’osteoporosi? Perché se si mettono in piedi non gli si frantumano le tibie? Capisco quelli morti giovani, ma il grosso dovrebbe essere fisicamente impossibilitato proprio a sostenersi. Per non parlare di quelli decapitati: come fanno a stare in piedi in equilibrio se gli manca proprio tutto l’apparato vestibolare, l’epitelio…
– Hai rotto il cazzo: al cinema non ti ci porto più.
– Veramente siamo a casa.
– Comunque hai rotto il cazzo.

Crescendo, quella assenza di paura si trasferì ovviamente a tutte le cinematografiche creature dell’orrido, e smisero di spaventarmi anche i film sui demoni, quelli sulle torture e i cinepanettoni dei Vanzina. Semplicemente non li trovavo interessanti.
Da qualche tempo, grazie a The Walking Dead, gli zombie sono ritornati prepotentemente alla ribalta, e confesso di essermi più volte fermato a cercare di capire cosa potesse oggi appassionare un telespettatore medio, abituato alle saghe di “Saw – l’enigmista” e cinema splatter come se piovesse (sangue). Magari questi zombie potevano essere finalmente spaventosi, credibili, non so.
Ecco, niente: sempre uguali.
Esseri nauseabondi e lentissimi, che di minaccioso hanno solo l’impianto scenico ma che, nei fatti, si rivelano abbattibili pure da ragazzini armati di sputo.

Insomma, gli zombie non possono tecnicamente spaventare. Al massimo infastidire per l’aspetto, un minimo inquietare per i grugniti, i lamenti, ma sono sostanzialmente innocui, se hai la accortezza di evitarli. E li riconosci facilmente, dai.

In pratica, come i leghisti.