Saviano e le mafie. E i piedi. E molto altro.

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– Allora, Saviano, dove è stato in vacanza?
– La Campania è una terra meravigliosa, purtroppo stritolata dalle mafie. Quello che avviene è sotto gli occhi di tutti. Come denuncio nel mio libro “Gomorra”, Mondadori, 384 pagine € 12,00, le mafie si sono impossessate di…
– Saviano, mi scusi: le ho solo chiesto dove è stato in vacanza.
– Ed è questo che fa più male: l’incapacità di vedere le mafie dove in effetti sono. Ma la sua domanda mi permette di approfondire il concetto. Come in effetti descrivo nel mio “La bellezza e l’inferno”, Mondadori, 264 pagine € 17,50, ciò che sta accadendo…
– Ma mi ascolta?
– Ed ha ragione anche lei quando dice che è difficile porre rimedio a questo stato di cose. Ma le mafie si nutrono di questo, della nostra paura. Perché lei ha paura, vero?
– Paura? Ma che dice?
– E fa bene. Chiunque avrebbe paura. Anche io avrei paura. Anzi, lo confesso: io ho paura. Ma sa che le dico? Io non ho paura.
– Saviano, ha paura o non ha paura?
– Esattamente: è la cocaina che muove le mafie. Un giro d’affari incredibile. Come racconto in ZeroZeroZero, Feltrinelli, 450 pagine, € 18, è questo che sta corrodendo i cardini del nostro vivere civile, in modo invisibile, a causa delle… lo dica lei!
– Delle mafie?
– Esatto: le mafie. Sa qual è l’affare più grosso oggi delle mafie?
– La cocaina, mi stava dicendo.
– No: l’affare più grosso oggi delle mafie sono le mafie. Sono queste che ci controllano. Lei, per esempio: quanti uomini ha di scorta?
– Io non ho scorta.
– Perché lei è un uomo libero. E povero. Io invece sono costretto a far uso della scorta, lo sa? E a dirlo ogni volta. Occorre che si sappia che io non voglio far sapere che ho la scorta. Sa perché ho la scorta?
– Per protezione.
– Anche. Ma principalmente per le mafie.
– Le mafie.
– Le mafie sono dappertutto, sa? Sono anche in mezzo a noi. Sono pure in mezzo alla mia scorta. È per questo che ho una scorta di scorta. Per proteggermi dalla scorta.
– E chi le garantisce che le mafie non siano anche nella scorta di scorta?
– Eh?
– Niente, sono entrato nella sua ottica.
– Bravissimo. Vuole un paio di uomini di scorta? Mi avanzano.
– No grazie, non saprei che farmene.
– Non faccia complimenti, su.
– Davvero, come se avessi accettato.
– Lei lo sa perché mi pagano oggi?
– Per ciò che scrive? La prego, non mi risponda “per le mafie”.
– Complimenti. Per quello che scrivo. Ed io scrivo su tutto ora, sa? Non mi occupo più solo delle mafie. Per esempio, lei, cosa pensa dei piedi rovinati dalle scarpe?
– Cosa?
– I piedi che vengono ogni giorno martoriati, stritolati, ricattati dalle scarpe, che li soffocano e impediscono loro un sano sviluppo, in armonia con l’ambiente. Questa cosa sta uccidendo pian piano il nostro Paese. E nessuno fa nulla. Ecco: io propongo una grande fiaccolata, per ribadire il concetto: uniti si vince.
– Saviano, lei lo sa che sta parlando di piedi?
– I piedi.
– Sì, i piedi. Non pensa di essere ormai troppo presente, come opinionista, tuttologo? Il suo denunciare quei fatti gravissimi è stato indubbiamente un qualcosa di fondamentale perché tanta gente prendesse coscienza delle…
– Lo dica.
– Delle mafie, uff…
– Bravo. Le mafie.
– Sì, non mi interrompa. Dicevo: è stato senz’altro qualcosa di fondamentale. E tutti dobbiamo ringraziarla per il suo coraggio. Ma ora dà praticamente il suo parere su ogni cosa. È onnipresente, in tv, sui giornali. Internet è invasa di suoi “pareri” su pressoché ogni questione.
– 12, 25, 67.
– Eh?
– Ruota di Napoli, si fidi, sono pratico. Sa quanti beni sono stati sequestrati alle mafie nella sola zona di Secondigliano?
– Quanti?
– Tanti.
– Senta, seriamente… Prendiamo la storia del gondoliere fatto di cocaina e dell’incidente…
– Ecco! La cocain…
– Fermo Saviano! Mi lasci dire. Lei è subito partito in quarta attaccando il gondoliere perché positivo al test della cocaina. Senza neppure approfondire il fatto. Lei sa che la gondola era ferma, sì?
– Era ferma per lei! Ma non così per loro!
– Loro chi?
– Le mafie.
– …
– Vuole sentire una poesia? Io ora scrivo anche poesie, sa? Sono molto belle, si ispirano alla vita vera.
– Cristo, faccia quello che le pare.
– Si intitola: “L’amore è ovunque”.
– Ah, parla di amore? Beh, meno male.
– “L’amore è ovunque. Lo ritrovi nei vialetti, negli occhi del bambino, nelle mille onde che si infrangono sul bagnasciuga. L’amore è inarrestabile. Ha una forza devastante che nessuno può fermare. L’amore ha mille volti, tutti diversi. L’amore ti accarezza lieve, ti illude, poi ti lascia a terra. L’amore sei tu, sono io, è il vicino di casa, la maestra dell’asilo, il fruttivendolo all’angolo. Ora sostituire “amore” con “mafie”.
– Saviano, basta! L’intervista è finita.
– Benissimo. Ma prima di chiudere voglio dare un messaggio forte a chiunque viva nel sopruso e nella paura: non siete soli.
– Almeno un messaggio positivo.
– Sì: non siete soli. Ci sono le mafie.

Ed è in certi sguardi che s’intravede l’infinito (cit.)

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… e guardava me! Proprio me!
Ne ero certo ormai: il dubbio era nato nel momento stesso in cui una creatura così eterea, fuori da ogni canone di ordinaria bellezza, aveva volto lo sguardo verso di me – perché mai avrebbe dovuto farlo?
Eppure era così: mi stava interrogando con gli occhi. Il guardare era lo stesso di una Lady Conyngham immortalata da Lawrence, con quel sorriso accennato e gentile ma anche carico di sensuale dolcezza.
Gli stessi colori erano quelli: porcellana e riflessi di avorio, incarnato rosa vivo in quelle gote, labbra disegnate col curvilineo.
Mi sembrava il tempo si fosse fermato: non potevo credere che in mezzo a tutta quella confusione – odio i ritrovi mondani, ma in quel momento avrei ricoperto d’oro chi mi aveva invitato – potessi essere investito da tale carico di sensazioni.
E lei era realmente fuori contesto, non certo per inadeguatezza – ci mancherebbe – ma perché realmente la sua presenza strideva con tutto ciò che di umano le scorresse attorno.
Perché? Ma semplicemente perché era bellissima. Bellissima. Sono quelle aggettivazioni (“bellissima”) talmente abusate da aver perso anche la potenza descrittiva originale. Ma credetemi: “bellissima” qui va inteso nel più puro significato, con quel valore, quel carico di immenso stupore che colpisce e affonda chiunque si trovi a gestire una “cosa” così fuori dal comune.
Credo mi innamorai all’istante.
Mi violentai per scuotermi da quella paralisi che mi colpì (sentivo caldo, freddo, caldo ancora). E feci per avvicinarmi.
In quei venti passi cercai una frase, un concetto, delle parole che mi consentissero di mantenere ancora un contatto visivo con lei, di non perdere quel sogno.
Non mi venne in mente nulla. Ma ormai lei aveva visto che mi facevo d’appresso e il mio personale Rubicone era scavallato.
Continuava a sorridere e guardarmi. Il cuore era schizzato via.
Mi avvicinai. Cinque metri, due metri, un metro.
Niente, strabismo.

Ed ora qualcosa di completamente nonsense (1)

L’altro giorno ho frugato nella borsa di mia moglie e c’erano le solite cose da donne, i soliti trucchi: coniglio, cilindro, colombe, due mazzi di carte.
Non c’era la donna tagliata in due, credo per motivi di spazio (le donne tagliate in due ingombrano certo meno di quelle intere, ma certo non puoi pensare di tenerle in una borsetta. Dico io: farle almeno in quattro? Che poi c’è anche il detto: “Mi faccio in quattro per te”. Allora sono solo chiacchiere, e questa parentesi è realmente troppo lunga).
(questa è corta).
() è lo stato dell’arte delle parentesi corte.
Mia moglie fa la prestigiatrice, l’avrete capito. È l’unica prestigiatrice donna, ed è questo il suo trucco più famoso.
A proposito: perché i prestigiatori sono tutti uomini? Ci avete mai pensato? A cosa pensate durante la giornata, oltre ad un grosso mazzo di asparagi?
Comunque: io conosco la risposta e ha a che fare col trucco appunto della donna tagliata in due: se fosse un’altra donna a fare quel giochino probabilmente si limiterebbe a graffiare l’altra e a insultarla per quegli abiti succinti. Per certe cose serve un uomo. Anche per imbiancare la casa serve un uomo ma questo non giustifica la presenza di quell’operaio senegalese a casa nostra da dieci mesi.
Comunque mia moglie, ai suoi spettacoli, taglia in due proprio un uomo. Poi scarta sempre la parte di sopra.
È bravissima ed è anche molto famosa: l’altra volta è stata fermata per strada da uno che le ha chiesto libretto e patente.
Quando vado con lei mi piace nascondermi tra il pubblico ma è un po’ difficile visto che spesso sono io il pubblico. Questo magari fa capire un altro motivo per cui i prestigiatori siano tutti uomini. Molto dipende anche dal fatto che mia moglie è negata coi trucchi con le carte: non indovina mai la carta pescata, perché dice che non crede a queste cose.
Con il coniglio invece è bravissima, specie con le patate. Certo, il cilindro esce unto.
Il suo trucco migliore? “Ti amo ogni giorno di più, caro”.
()

Fisch macht frei

lavoro

Il mercato del lavoro è come il pesce. Dopo tre giorni puzza. Il pesce, dico. Il mercato del lavoro no ma probabilmente ha altri punti di contatto col pesce. Questo se ti occupi di una pescheria, ad esempio. Oppure se vendi acquari o se leggi in tv l’oroscopo, in particolare quando arrivi a “pesci”. In quei casi il mercato del lavoro ha fortemente a che fare coi pesci*, con Lapalisse e con Emo Philips.
* So per certo che i delfini sono molto intelligenti, anche se non sono pesci ma ci assomigliano tantissimo**.
** La digressione sull’intelligenza dei delfini serviva a conferire alla narrazione un che di leggero, visti gli sviluppi a breve.

Però, dato che mi hanno detto che so costruire belle similitudini, proviamo a fare uno sforzo e ad abbandonare la cosa dei pesci, anche se un po’ cominciavano a starmi a cuore, forse per gli Omega 3.

Ecco, il mercato del lavoro è forse più simile ad una latrina, o un cesso pubblico, sì: ricordo di averlo scritto in passato ma ora mi è più chiaro il quadro. C’è tanta gente che fa i comodi suoi da sempre, da quando il cesso era nuovo e pulito.
Questi hanno lasciato merda dappertutto. Tu arrivi perché hai bisogno e cerchi di accomodarti alla meglio, consapevole che sarà una sofferenza ma comunque è necessario. Allora provi a fare le tue cose, ma qualcuno ha già finito le risorse, ha sprecato tutto quello che a te ora servirebbe come l’aria: manca la carta, lo sciacquone è rotto, non puoi appoggiarti da nessuna parte. Provi a cercare altro ma niente: non ci sono cessi liberi a tempo indeterminato. Sono tutti vincolati a condizioni, stagionalità, precarietà. Qualche cesso addirittura richiede un pagamento per potervi accedere, e la cosa la trovi profondamente truffaldina.
Allora ti accontenti di un cessetto a progetto, di quelli aperti giusto per fare le tue cose e poi via, non ci rientri più. E in quel momento ti pare comunque una gran cosa: non hai più orizzonti temporali elevati, vivi la tua cacata alla giornata e pure se non sai dove la farai domani, ora il bisogno è troppo urgente per pensare.

Intanto ti giunge voce che qualcuno meno bisognoso di te ha trovato un cesso meraviglioso grazie ad un suo amico che costruisce cessi per Montecitorio. Ti gira il cazzo. Si sa che alcuni privilegiati hanno cessi sontuosi, con tutti gli accessori.
Questo fa incazzare chi come te è dentro dei letamai, ma ancor più chi ne è del tutto fuori. Allora cominci a dar retta a quello che si è fatto avanti, che pare parlare bene e portare avanti gli interessi di quelli come te, che cercano solo un cesso decente. E gli dai fiducia. Salvo poi capire che il sistema è troppo più grande anche di chi ci crede davvero. E volti pagina e cerchi di non pensarci, né di continuare in questa deriva populista che potrebbe presto portarti a scrivere tutto in maiuscolo e con enorme profluvio di punti esclamativi.

E allora ormai ci sei, nel tuo cessetto provvisorio. Ma non fai neppure in tempo a renderti conto dello schifo che c’è che ti dicono che sei fortunato, che alla porta c’è qualcuno più motivato di te che se non fai le cose velocemente e senza fiatare ti prenderà il posto prima ancora che tu termini le tue cose.
E tu cominci a pensare a come campare senza bisogno di cacare a vita. La morte?
Poi fai un’analisi di coscienza e ti rendi conto che non sei solo: che c’è una famiglia a casa che ti aspetta, che devi pagare il mutuo. E allora non puoi rinunciare a quel nulla. E la fai.

E inizi ad abituarti. Ti dicono che puoi restare pure per una pisciata. Ma tu non reggi più a quelle condizioni e ti viene alla mente che i cessi pubblici tedeschi funzionano, così quelli in Australia. E che solo quelli italiani funzionano così, hanno sempre funzionato così: chi prima arriva si fa i cazzi suoi alla grande. Anche per questo ce ne sono pochi. E quelli che ci sono sono già occupati. E non vedi l’ora di uscire da quel letamaio dove hai faticato tanto a entrare. Ma qui è il bello: non ci riesci. Non ci riesci perché anche l’uscita è sottoposta a condizioni e tempi, magari si è incastrata la porta in una riforma delle latrine, oppure è stata posticipata l’uscita dai cessi a 74 anni. E anche se qui la similitudine non regge più, l’autore continua lo stesso, affidando la vis comica in questo breve periodo ad un nonsense mirato e ad una costruzione in terza persona assolutamente ridicola.

E allora continui a sudare là dentro, sperando di abituarti alla puzza. E il tempo passa. E allora cominci a pensare che non c’è speranza, per quello giovane che continua a bussare alla porta, che sta male davvero. Anche se ora tu gli lasciassi il posto, lui troverebbe una situazione insostenibile. E così non ti senti manco più in colpa per non andare via. Ormai sei abituato. È un sistema, ormai. E magari quello si è già arrangiato per cazzi suoi. E tu sei in pace con te stesso, anche per aver ricostruito una strada discorsiva credibile per la tua similitudine.

E la speranza termina quando, finalmente uscendo a riveder le stelle, ti accorgi che la fila fuori dai pochi cessi rimasti è diventata interminabile.
Ma ormai sei troppo stanco per farti carico di questo problema: lo Stato ti ha fornito di pannoloni. Certo, sono umilianti, non bastano per arrivare a metà mese e non ti slanciano certo la figura. Ma cosa vuoi fare ormai? E poi io mi preoccuperei di più per quelle espadrillas.

Magari scrivere, ecco. Ammazzare il poco tempo rimasto. Ti è sempre piaciuto scrivere. Un bel pezzo. Una similitudine magari, tra i pesci e il lavoro.

Chissà dove andrà a parare.