Un altro mondo è possibile

Se hanno “pacificamente” convissuto il dr Jekyll and mr Hyde anche UomoMordeCane può nascondere il suo mostro. Oppure il mostro è già UMC e va verificata la presenza della sua nemesi.

In ogni caso questa è una raccolta dell’altra anima di chi siete abituati a conoscere come quella acida, demenziale, irriverente, cazzona o “ancora qua davanti al computer stai alla tua età”?

Perché c’è un tempo per combattere ed un tempo per fare l’amore. E sono le dieci e mezza.

 

 

………

 

 

 

 

 

 

 

 

QUELLE VOLTE

Quelle volte che t’indovinavo i pensieri
e bimba nello stupore
portavi la mano alle labbra
chiedendoti se quello ch’avevi innanzi
fosse un aruspice matto
o un Dio bambino
come te.

Quelle volte che in ogni androne
e dietro ogni angolo
e sopra l’ultimo balcone
mi pareva di leggere la tua figura.
Nulla più.
Nessuna più.

Quelle volte che s’era inguainati nei cappotti e nei progetti
a legarci dentro
e passeggiavamo lungo strade srotolate come nastri
ad abbellire la città che ci s’offriva
come una puttana buona.

Quelle volte.

Le ho sognate ancora.

E ho visto un bagliore
via via rosso
e rosso
e più rosso
dove gli altri erano solo sagome grigie.

Ma quando ho fatto per accostarmi s’è spento.

E ora muore.

Così quest’amore.

 

 

 

ANDREA

 

Andrea si presentava tutti i giorni all’Ersa, la scuola d’arte.
Il suo lavoro era quanto di più semplice e insieme fuori dall’ordinario potesse: posare nudo per essere ritratto da giovani e ancora inesperte mani pittrici.
Immobile, morbido come un Apoxyómenos e insieme ferale come vuotato d’anima.
Era vestito dei soli occhi che ne celebravano ogni particolare.

Linda era nuova là. Aveva iniziato il corso a settembre e, in quelle quattro settimane, non aveva mai incrociato Andrea.
Il suo imbarazzo, nell’avere di fronte un corpo nudo, raccontava un’infanzia e prima adolescenza scandite da rosari sgranati e un’educazione di pudici silenzi e imbarazzati “di questo parleremo quando sarai grande”.

Gli occhi di Andrea cercavano di fissare sempre lo stesso punto nel vuoto: là accanto alla piega di quella tenda, né troppa luce da infastidire né troppa monotonia nei colori da annoiare. Ma – è umanissimo – ogni tanto scivolavano altrove, a cercare particolari della stanza, luccichii di bottoni o movimenti di pennelli. Cercava comunque di evitare gli occhi degli allievi – non per imbarazzo ma come riguardo di un momento personalissimo che a lui non apparteneva nonostante fosse protagonista di quel racconto di colori. Sentiva che erano gli occhi di quegli artisti in erba, la porta di accesso al loro lavoro, e là non voleva entrare a disturbare.

Ma gli occhi di Linda erano troppo grandi, e vivi, d’un nocciola talmente intenso che pareva colare fin sopra gli zigomi, confondendosi con le note russet di un fondotinta giorno dopo giorno più deciso, perché Andrea non ne fosse irresistibilmente attratto.

Quando i loro occhi si incrociarono, Andrea, per la prima volta, provò reale imbarazzo. Lui, abituato a mostrarsi senza problema alcuno, di fronte a sconosciuti diversi ogni quattro mesi, quel giorno arrossì. E si mosse: scosse il capo, a cercare una via di fuga. L’appoggio stabile e sicuro fu abbandonato per un istante e le labbra si dischiusero come a pronunciare un silenzioso “No”, a dire che aveva commesso un errore terribile: uscire dal suo non essere per diventare, per un attimo, persona tra persone.
E solo lui era nudo.
Abbassò le braccia, si coprì istintivamente ciò che non aveva mai avuto timore di mostrare.
Fu preso dal panico.
Solo Linda ebbe la prontezza di capire quel che stava accadendo. Si alzò, lasciò il pennello e prese il suo cappotto. E lo porse ad Andrea.
Uscirono dalla stanza insieme – lei mano sulla spalla di lui.

Qualcuno mise da parte la tela destinata a restare incompiuta. E iniziò a tratteggiare un nuovo profilo, di una figura sola, che nasceva.

Mentre s’allontanava.

 

 

A VIVERE CON TE

 

Guardo la tv. E penso a cosa sarebbe vederla con te. Te, che mi diresti: “so quello che pensi”. E io non ti direi nulla. Solo un sorriso. Poi, ancora: “secondo te…”. E io ti interromperei, violentando la tua bocca con la mia. Così, senza riflettere, senza darti scelta. Una violenza consenziente e compiaciuta, inattesa, domestica e insieme sconosciuta, animale. 

Non ti darei tempo, nessun tempo.

Sarebbe una quotidianità fatta di continui sussulti, buone intenzioni, litigi immotivati, rapide risoluzioni, atroci dubbi, immense dolcezze, timore che tutto possa spegnersi e diventare ordinario, desiderio di tranquillità, orrore della tranquillità, sperimentazione continua, scontri, silenzi colmi di sguardi immensi.

Torneresti a casa sempre col dubbio “Con chi avrà scopato oggi?”.
E svanirebbe al primo incrociarsi di sguardi.

– Bimba, hai dei capelli meravigliosi. Tirali su, stasera.
– Sì amore.

Sceglieremmo insieme il programma del fine settimana e lo cambieremmo sabato prima ancora di iniziarlo.

Ti addormenteresti prima di me, ti sveglieresti dopo di me. E nel mezzo della notte sobbalzeresti per delle mani che ti cercano e ti fanno l’amore.

Cederesti pian piano a tutte le mie “assurde” richieste.

E inizieresti a godere delle storie di amori mediocri di amiche insoddisfatte.
Ma ancor più, a ridere di racconti di amiche scopanti, coi loro amantucoli pret-a-porter, e i loro minutamente descritti amplessi di venti minuti – che noi, dopo venti minuti, stiamo ancora ad accarezzarci i sensi.
E di “posizioni”, come se il Kamasutra fosse qualcosa più che una mortificazione prefabbricata dell’amore, una guida Routard per coppie finto-trasgressive, che invece hanno bisogno di essere guidate a destinazione.

Il tuo unico pensiero sarebbe starmi accanto.

Il mio unico pensiero sarebbe farti sentire unica, irripetibile, mia.

Mia.

Come sto illudendomi già sia, come mi sto sforzando di credere, mettendo da parte la realtà, che ti ha già visto prendere un’altra strada, un’altra casa, il suo cognome.

 

 

A RIEMPIR DI MANI LE MANI  (Nella raccolta: “In cerca di un approdo sicuro”)

E adesso ti porterò
sopra colli avvolti da nebbia pittrice,
a conoscere la maestra di caligine
che tesse vapore di cotone
e nasconde nei raggi senz’ombra
pianti di uomini che non sanno dissolverla.

E adesso ti porterò
dove si puo’ respirare seta
e le figure si lasciano sedurre
come lievi danzatrici di fumo,
leggere,
simili a dita intinte nell’olio
che scorrono veloci su vetro,
senza una strada da scegliere,
libere di vagare.
E sognare.

E adesso ti porterò
dove la terra bruciata dal sale guarisce
e la neve s’appoggia garbata,
come un lenzuolo su giovani spalle
che il fresco gentile indossa
e via via si scioglie
in un abbraccio bianco d’aprile.

E adesso ti porterò
ad ascoltare canti distanti
tra luci e colline,
sfumate,
sopite,
zittite d’incanto
quando
saremo ad afferrarci su prati tremanti.

E noi,
tra stinti profili di valli
e bagliori di cristalli che pendono
e oscillano
aggrappati a nuvole finte.

Lontani.

A riempir di mani le mani.

 

 

 

 

FAVOLE E SOGNI (Nella raccolta: “Come naufraghi d’istanti immobili”)

E mentre leggiamo scorrere
forme a ricamo
di nuvole che si cambiano,

nei barbagli viola di pesca
due rami s’implorano carezze
– sospesi –
come non ci fossero che loro.

Attenti, in silenzio
ne impariamo la magia.
E siamo noi
resina e quercia
e siamo noi.

E giochiamo agli alberi
e poi agli Dei
e io ero il gigante
e tu sapevi volare.

Già so che quel sorriso mi chiederà
la favola che volevi ogni sera.

Te la racconterò,
certo,
mentre ti sfioro i capelli,
e i tuoi occhi non avranno
la forza di sentirne la fine.

Te la racconterò.

Come fosse la prima volta.

Perché è la prima volta.

 

 

 

 

UNA MATTINA D’ESTATE (Nella raccolta: “In cerca di un approdo sicuro”)

E il mattino mi entra dolcemente
come avrebbe fatto una madre,
poggiando il suo sole
sulla fine del sonno.

Lentamente avverto
solo sussurri d’estate;
giù voci di biciclette bambine
e qui
lenzuola disegnate dal tuo seno.

Qualche minuto,
(occhi chiusi, occhi aperti) su
questo legno, queste travi intrecciate
mentre giocano a toccarsi le ombre.

E odore di fate.

Non c’è mai stato inverno, qui.

 

 

 

 

CORTE MARZIALE

E se solo mi regalassi
il profondo tuo guardare
sarei a sconfinare,
come soldato d’un esercito impazzito,
senza altro generale
che il pensiero di te.

 

 

 

 

SOPRA UNA STELLA ADDORMENTATA  (Nella raccolta: “In cerca di un approdo sicuro”)

Dei fuochi che brillano sul tuo viso
affatturanti i vermigli
nell’agonia d’una sera diamante;
le dita filate, gentili,

le mani sonnambule e lievi,
ricamare grazia che sa d’antico
sul velluto di tela d’aria.

Come un fantasma, t’incontro leggera
nella stanza da cui cantavi
languida, sopra i filari distesi
che avrebbero vino gocciato

ad allietarci poi la cena
servita tra candele intimorite,
tremanti innanzi il tuo chiarore.

Quanta dolcezza nei giorni imbiancati
che corrono e s’accavallano
muovendo a fruscio questi nostri sogni
sopra una stella addormentata.

 

 

 

 

IN UNA BAIA DI LUCI  (Nella raccolta: “In cerca di un approdo sicuro”)

Si fiaccola l’argento sul tuo viso
d’una immensa e placida lunazione:
torna distratta dall’eco di luce
sui campi d’orzo pettinati a festa
e avvolge come braccia d’amante
la fata di zucchero che la guarda
e la chiama a sè, come si fa quando
la mano fanciulla scosta la sabbia
e l’acqua esonda in un mare grande
e feroce quanto una fantasia
celebrata in grandi occhi che sognano.
E ciò che più mi tenta e’ traghettarmi
senza guide in una baia di luci,
rattoppare e gonfiare vele lise,
frustate ed offese da tempeste
avvelenate da venti cattivi,
e slegarmi dall’albero maestro
per cedere al canto di te, sirena,
e perdermi nelle tue acque dolci.
Che prima ch’io nascessi mi parlavi
nelle voci dei rami attorcigliati
ed ogni vena di foglia linfava
piena vita che volesti donarmi
al primo sfiorarsi d’anime e cuori.
Vegliero’ il mio delirio giorno e notte
contro chiunque, mortale o dio,
poggerà gli occhi sulla mia reliquia:
impedirò con tutte le mie forze
che si compia simile florilegio.

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Vanagloria:

  • Primo premio nel concorso “S. Valentino:poesie e lettere d’amore” Quartu S. Elena con “A riempir di mani le mani”
  •  Primo premio nel IX Concorso Artistico Antonio Baratella con la poesia “A non esser nato”
  •  Primo premio nel concorso letterario “I fiori” con la poesia “Vorrei incontrare”
  • Secondo classificato nel premio “Hombres – città di Pereto – sez. poesia” con la poesia “Dopo la pioggia”
  •  Secondo classificato nel concorso Marguerite Yourcenar con la poesia “Una mattina d’estate”
  •  Segnalazione speciale per la metrica nel Concorso “Filippo Lo Giudice” – Enna per la poesia “Il pensiero altrove”
  •  Segnalazione speciale nel premio “Una Poesia per Pamparato” con la poesia “Non è la guerra”
  •  Segnalazione di merito nel Premio Osservatorio Concorso nazionale di Poesia, Narrativa e Teatro – Bari
  •  Segnalazione speciale nell’11° premio europeo “Campigli e Partners” con la poesia “Ancora regina”
  •  Autore selezionato nel premio letterario internazionale “Angullara Sabazia” con la poesia “Una mattina d’estate”
  •  Segnalazione speciale nel concorso internazionale “Poseidonia-Paestum” con la poesia “Una mattina d’estate”

 

Pubblicazioni:

UomoMordeCane – Il Vaticano smentisce ogni coinvolgimento >>> acquista su AMAZON

Come naufraghi d’istanti immobili >> acquista su UNILIBRO 

In cerca di un approdo sicuro >>> acquista su IBS

 

2 risposte a “Un altro mondo è possibile”

  1. Salve,
    uso questo commento in quanto non ho altro per contattarla.
    Ma può benissimo cancellarlo dopo che l’ha letto.

    Il sistema che ha usato e usa per tenere in piedi questo sito dà la possibilità di usare i “feed”. Nel caso non ne fosse a conoscenya, I feed non sono altro che un modo per
    essere informati della presenza di un nuovo articolo senza la necessità di navigare sul suo sito di tanto in tanto solo per sapere se ci sono novità. Il “feed” lo si può configurare anche per inviare l’intero articolo.
    Nel suo caso il percorso del “feed” è presente,
    https://www.uomomordecane.it/feed/
    ma non funziona correttamente.

    Sarebbe utile se lei potesse aggiustarlo.

    Grazie.

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