Gli idioti comunque sono sempre gli altri

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Ho avuto uno scambio con uno, quello che potrebbe definirsi, tecnicamente, “un idiota”.
So che avete ben presente. Anche se va detto che c’è qualcosa che andrebbe approfondito, dato che gli idioti sono sempre “gli altri”.
Pensateci.
Ma non ora.

Ora sì.
Fatto? Basta.

La cosa che più mi ha fatto impressione nel mio dialogo con l’idiota è stata la mia profusione di parole, il mio cercare di trasmettere concetti, via via sempre più articolati, per far giungere un certo messaggio. Che non arrivava mai a destinazione.
È come cercare di spiegare ad uno che vota Berlusconi che quello l’abbiamo già testato per vent’anni e non mi pare così necessario dargli altre possibilità. Lui niente, ti dice: “Ma perché, che ha fatto di male?”. Oppure: “Ma gli altri pensi che siano meglio?”. E tu non sai come rispondere. Ogni tentativo
di spiegare è perdente. Alla fine il discorso cade sulla libertà di scelta, sulla democrazia, e va tutto a puttane perché non è quello l’oggetto della discussione: non riuscirai a far capire che non è idiota il concetto di POSSIBILITA’ di scelta ma idiota è proprio QUELLA SPECIFICA scelta.

– Allora, c’è una caramella gommosa, del popcorn, un panino con la porchetta e uno stronzo di cane. Cosa vuoi?
– Lo stronzo di cane.
– Devi fare uno scherzo a qualcuno?
– No, lo mangio.
– Ma perché?
– Perché ho un po’ fame.
– No dico, perché proprio lo stronzo di cane?
– Perché no?
– Perché… Cristo! È uno stronzo di cane! Non è sufficiente?
– Ma io voglio quello.
– Ma dimmi perché! Fammi capire!
– Non sono libero di scegliere?
– Sì perdio! Lo sei! Non è in discussione la tua libertà di scelta! È per capire il cazzo di motivo per cui tu voglia mangiare uno stronzo di cane!
– Non devo dare spiegazioni a te!
– LO SO CHE NON DEVI! NON È QUESTIONE DI DOVERE! PERCHE’ CAZZO CONTINUI A FARE UNA COSA ASSURDA E A NON RISPONDERMI?!
– Va bene, ti rispondo. Ma mi pareva ovvio.
– Eh?
– Non mi piacciono le caramelle.
– E allora?!
– Allora prendo lo stronzo di cane.
– Ma per quanto poco possa piacerti una caramella, non sarà sempre un miliardo di volte preferibile rispetto allo stronzo di cane?!
– Uff… ho capito: se insisti allora dammi la caramella.
– MA NON SONO IO A INSISTERE! NON CAPISCO!
– Dammi il panino allora, se preferisci.
– NON SONO IO A PREFERIRLO! NON MI FOTTE UN CAZZO DI QUELLO CHE PRENDI! LO CAPISCI O NO? È SOLO SENZA SENSO LO STRONZO DI CANE!
– Perché te la prendi tanto? Se vuoi tienitelo tu lo stronzo di cane.
– IO! NON! LO! VOGLIO! LO! STRONZO! DI! CANEEEEE!
– Posso averlo io allora?
– Dio, aiutami.
– Che marca è il popcorn?
– Perché, lo vuoi al posto dello stronzo di cane?
– Certo che no.
– Muori.

È parlare ad un muro. Con l’aggravante che il muro almeno non esprime suoi concetti balordi.
A meno che non ci sia su un murales particolarmente scemo.

Guarda che quella ragazza ti ha già fatto ampiamente capire che non le piaci.
– Questo lo dici tu.
– Ma come? Rifiuta i tuoi contatti, non risponde ai tuoi messaggi, sta dicendo alle sue amiche che sei più brutto di un comò in arte povera, ti sta denunciando per stalking, ha realizzato una bambola vudù con le tue sembianze, ha organizzato una fiaccolata contro di te.
– Questo non vuol dire nulla.
– …

Parlare con questa gente è non solo inutile, ma dannoso. Non riesci ad ottenere quello che cerchi, vale a dire il confronto, lo scambio, il giungere comunque non dico ad una posizione condivisa ma almeno a far arrivare precisamente il tuo pensiero.
E questo provoca profondo scoramento, che man mano diventa stato ansioso. Ti viene rabbia, poi cominci a sentirti tu, l’idiota. E dopo ancora inizi a guardarti attorno, alla ricerca di appoggi, per non impazzire.

– Ma l’hai sentito?
– Eh sì, l’ho sentito, che ci vuoi fare…
– Ma è pazzesco, è completamente idiota!
– Beh, è il suo punto di vista, va rispettato…
– Ma come?! Non è un punto di vista: è una palese idiozia!
– Adesso non esagerare! Magari c’è sempre speranza che quella ragazza un giorno…
– Ma hai capito cosa ha fatto quella ragazza? È espatriata perché non sopportava l’idea di condividere il suolo italiano con lui! Cos’altro deve fare per farglielo capire?
– Ma sai come sono le ragazze… magari lui spera che cambi idea prima o poi…
– Cristodiddio! Lei sta valutando un espianto delle cornee perché non vuole più rischiare di vederlo!
– C’è sempre poi la possibilità di un trapianto…
– AAAAARGH!

Cercare appoggi esterni può rivelarsi profondamente sbagliato.

Tutto questo mi ha insegnato a rapportarmi correttamente con questo genere di persone.
Ora, appena ne incontro una e vedo che la discussione prende una piega in quel modo là, smetto, mi allontano qualche minuto, respiro profondamente, poi torno da lei e metto fine al dialogo.
È che oggi è diventato difficile trovare per strada degli stronzi di cane da tirare.

 

Rimborsi IMU, comunicazione, zappe sui piedi.

berlusconi

 

Comunicazione, regola 1: quando si comunica un messaggio occorre essere chiari fin dall’inizio, per non ingenerare errori ed false aspettative. A meno che il fine non sia ingenerare errori o false aspettative.

Se mi arriva una lettera così, con quell’intestazione con forte carattere di ufficialità, io sono spinto a pensare che la missiva venga dallo Stato, da un Ente, da qualcosa di burocraticamente “al di sopra” di me, in grado di decidere del mio destino, financo della mia libertà. La dicitura: “Modalità e tempi per accedere nel 2013 al rimborso dell’Imu pagata nel 2012 sulla prima casa e sui terreni e fabbricati agricoli” è estremamente fuorviante. In sintesi, io leggo “RIMBORSO IMU” e mi viene da pensare che si parli di soldi che io devo dare o devo ricevere. Con caratteri dell’ufficialità, non sottoposti a condizione. Soprattutto se la condizione è l’orientare un mio diritto del tutto svincolato dall’oggetto della lettera. Non voglio arrivare a paventare ipotesi di reato (ci ha pensato Ingroia) ma è evidente che questa comunicazione generi errore, quanto a mittente e quanto a modalità. Leggo di gente che si è recata alle poste per ricevere il rimborso. Se la vecchia, nel far questo, cade, si rompe un femore, muore, io nipote violenterei ogni concetto di nesso di causalità per addossare la colpa a chi mi ha spedito questa lettera. Ma si sa, io sono così.

La tecnica usata, in sintesi, è molto vicina a quella delle false ingiunzioni, che ti arrivano (pare) dalla Finanza o simili e che invece ti richiedono la sottoscrizione di qualcosa, un abbonamento ad una rivista, cose così.

Comunicazione, regola 2: quando si comunica con qualcuno, utilizzare il suo stesso registro comunicativo.

Questa lettera è perfetta. Semplice, lineare. È un linguaggio evidentemente indirizzato al popolo del Tg4, agli incazzati che guardano i cantieri, a chi borbotta e si lamenta perché il figlio non trova posto per colpa dei raccomandati ma intanto cerca “amici” che possano aiutare il “figlio tanto bravo, laureato“. Il popolo del “non si potrebbe chiudere un occhio, dotto’?“. Il popolo che, quando arriva una lettera da una amministrazione pubblica, si mette in agitazione e qui viene rassicurato che stavolta “non avrà nulla da temere“.

Comunicazione, regola 3: quando si comunica un messaggio, ricordarsi di ricordarsi. Tutto.

Lo “scandalo della tassazione della prima casa”, ammesso che sia tale, chi l’ha appoggiato ai tempi di Monti? La diminuzione del valore dell’immobile, ammesso che dipenda dall’IMU e non da una serie di fattori tra cui la crisi generale del mercato immobiliare (messaggio fuorviante), non era prevedibile quando davi il tuo appoggio all’introduzione di una cosa che ora mi vuoi rimborsare? In sintesi: tu, dov’eri? Non ti ricordi? Io sì.

Comunicazione, regola 4: evitare di mostrarsi spaventati dal nemico, quando vuoi trasmettere un messaggio di forza.

“Fini, Casini, Monti”… “E anche Grillo”. Perché Grillo a parte? È Grillo diverso dagli altri tuoi avversari? È Grillo quello che ti spaventa di più? Sì, lo è. Lo è perché è quello che sta usando il tuo registro comunicativo, semplice, che parla alla pancia, come tu stai facendo con questa lettera. È anche il tuo (ex)elettore, quello che oggi vota Grillo ma non per discorsi destra-sinistra. Grillo raccoglie il voto di protesta. Protesta che tu stesso hai contribuito fortemente a creare. Grillo oggi ti fa il culo. Tu lo sai, lo senti. E me lo dici. E io che ti faccio le pulci lo noto. E voterei Grillo già solo per il distinguo che mi hai fatto nella lettera. Mi trasmetti, non volendo, ammirazione per la sua figura.

Per inciso, me ne frega una mazza se l’80% dei grillini ha già fatto politica? Mi stai dicendo che fare politica è attività di cui vergognarsi? Bene. Dai che ci sei arrivato da solo.

Comunicazione, regola 5: non farti sgamare, Cristo!

Ci serve davvero il suo aiuto“. Il mio aiuto? E quello di parenti, amici, conoscenti? Serve a te? Ma il mio aiuto (leggasi: voto), non dovrebbe servire a me? Non dovrebbe essere una cosa per far sì che sia io a stare meglio? Me e il mio Paese, dico? Perché serve a te? Perché ti metti in mezzo? Avresti dovuto dirmi: “Al Paese serve davvero il suo aiuto“: avresti trasmesso una immagine disinteressata.

Che comunque sarebbe prepotentemente ritornata col sublime “Noi siamo l’unica difesa contro l’oppressione giudiziaria“. Ehi, oppresso giudiziariamente ci sei tu! Non pensare che noialtri qua stiamo tutti con l’incubo delle toghe rosse. Pure quando mi proponi un accordo di scambio mi parli dei cazzi tuoi? Se vai a comprare un kg di bigattini per andare a pescare, ti metti a parlare dei tuoi processi col negoziante? E che due coglioni!

Comunicazione, regola 6: ahahahahah!

Ma io trovo sublime il punto esclamativo:

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C’è tutto. C’è orgoglio, un velo di nostalgia per i fasti che furono al potere, c’è il vecchio che ricorda al nipote quando era generale e comandava le truppe, ed ora gioca a Risiko facendo bumbum con la bocca.

Il punto esclamativo.

Senza quello ti avrei votato*, peccato.

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*No, mi sa di no.

Italiani, votatemi e vi raddrizzerò le banane. Tutte.

dema

 

A.D. 2016. In un’Italia governata da Grillo, con Berlusconi ormai in galera da un pezzo per crimini contro la comicità e Bersani [pjɛr luˈiːdʒi berˈsaːni] tornato nella sua Bettola (non necessariamente nome proprio) a coltivare gli asparagi a stelo lungo, Sandro Anselmi, giovane universitario laureando in filosofia, si chiede quali potranno essere i suoi sbocchi lavorativi: addetto alla merda dei vecchi in un ospizio per ex pontefici oppure salatore di code di coniglio meccanico in un cinodromo. Avrebbe dovuto ascoltare sua madre ed espatriare in Belgio, dove una posizione da pedofilo non si nega a nessuno.

In questi anni Beppe Grillo è riuscito dove vent’anni di berlusconismo avevano fallito. Ha realizzato un’Italia migliore, ripulito il Parlamento da quella marmaglia corrotta e corruttrice, fatta di demagoghi e cialtroni, restituito credibilità internazionale al nostro Paese, ristabilito i valori della reale democrazia.

I suoi punti sono stati tutti attuati:

1 – Legge anticorruzione: per legge appunto è stato stabilito che se uno commette questo reato, commette questo reato, che era già tale prima. Ma adesso di più.

2 – Reddito di cittadinanza: sono stati dati cinquemila euro a tutti i cittadini italiani. Questo reintroducendo una forma (leggerissima) di schiavitù sugli immigrati regolari e rendendo gli irregolari a loro volta schiavi dei regolari, in una perfetta realizzazione di un sistema piramidale nel quale alla fine guadagnano tutti tranne Oscar Giannino.

3 – Abolizione dei contributi pubblici ai partiti: chi scende in politica può oggi farlo solo trovando soldi autonomamente, senza più gravare sulle risorse pubbliche. Un grande passo avanti di civiltà, che ha portato in Parlamento solo quelli che potevano dunque permetterselo: mafiosi, industriali, ex-politici,
corrotti, Antonio Di Biase (quello che ha vinto il Superenalotto).

4 – Abolizione immediata dei finanziamenti diretti e indiretti ai giornali: anche questa una scelta fondamentale di civiltà. Sono stati tagliati tutti i fondi pubblici a quei giornali che nessuno leggeva se non pochi affezionati. Ah, diverse migliaia di persone si sono ritrovate senza lavoro, e si parla di redattori, giornalisti, addetti stampa, giovani di belle speranze che iniziavano a farsi le ossa in redazioni vere. Ma tutti hanno subito trovato valida alternativa nelle ripetizioni di italiano a bimbiminkia trogloditi che scrivono con le “k”.

5 – Introduzione del referendum propositivo e senza quorum: qualcosa che mancava. Uno strumento che in Italia ha immediatamente prodotto una serie di leggi assolutamente utili e assennate. Io stesso, mercoledi scorso, mi sono svegliato con l’idea che le banane dovessero essere raddrizzate, per legge. Mai più banane curve. Ho iniziato a raccogliere firme. Ne sono bastate dodici. A votare siamo andati in otto. Grazie all’assenza di quorum il mio referendum è passato ed oggi, in Italia, sono sparite tutte le banane curve. Proprio tutte le banane, invero: stiamo attendendo la produzione di banane perfettamente dritte. Credo dovremo attendere un po’ ma ho fiducia. Domani penso di raccogliere firme per non pagare le tasse. Sono certo che senza quorum anche questo passerà facilmente. Non vi dico che idea ha mio cugino: un referendum per permettere a tutti di mettere una cicca sul citofono del proprio vicino. E scopargli la moglie. Anche ammazzarla, volendo. Ma solo con una mazza da cricket nel giorno di San Valentino.

6 – Referendum sulla permanenza nell’euro: c’è bisogno di aggiungere altro, dopo che è tutto raddoppiato, signora mia?

7 – Obbligatorietà della discussione di ogni legge di iniziativa popolare in Parlamento con voto palese: su questa erano davvero tutti d’accordo ma alla fine è stato l’unico punto ancora non attuato. Grazie a Marcello di Fonso, che ha chiesto e fatto passare un referendum apposito, col voto suo e del suo cane cerebroleso.

8 – Una sola rete televisiva pubblica, senza pubblicità, indipendente dai partiti: nella quale passare a ciclo continuo “Te la do io l’America”, “Te lo do io il Brasile”, “Te la do io l’Italia”.

9 – Elezione diretta dei candidati alla Camera o al Senato: chi non ha diretta conoscenza dei candidati politici? Parlo proprio a livello personale. Io voto mio suocero, per esempio. Certo, sarà un problema scegliere gli altri 944 parlamentari.

10 – Istituzione di un politometro per la verifica di arricchimenti illeciti da parte della classe politica negli ultimi vent’anni: compito prima svolto da Finanza e Forze dell’ordine, oggi efficacemente affidato ad uno strumento meccanico che misura le dimensioni del cranio (la reintroduzione della frenologia ha aiutato parecchio, sostituendo spesso il classico pollice su/pollice giù).

11 – Massimo di due mandati elettivi. E questo anche se hai fatto qualcosa di notevole, utile, pubblicamente apprezzato. Del resto pure le veline tope vengono cambiate, pure se funzionano: la gente si stufa degli stessi culi.

12 – Legge sul conflitto di interesse: sì, non c’era, e la cosa buffa davvero è questa.

13 – Misure immediate per il rilancio della piccola e media impresa sul modello francese: è stato sufficiente introdurre dei pernacchietti nei discorsi della Marcegaglia.

14 – Ripristino dei fondi tagliati alla Sanità e alla Scuola pubblica con tagli alle Grandi Opere Inutili come la Tav. Certo, coi soldi risparmiati della Tav ci hai pagato una mesata di tutto quello che hai pensato di rifinanziare, ma non è poi il pensiero, quello che conta?

15 – Informatizzazione e semplificazione dello Stato: in tutti gli uffici pubblici sono stati disinstallati “Solitario” e “Campo minato”.

16 – Accesso gratuito alla Rete per cittadinanza: ah, chi ci lavora, in Telecom, Infostrada, Wind, Fastweb etc, all’inizio non è stato contentissimo di offrire un servizio, mantenere le apparecchiature, ammodernare server e infrastrutture aggratis. Ma poi si è abituato. Del resto pure prima lavorava in Italia.

 

Power is nothing without Al

– Sto andando a riparare la macchina.
– E dove?
– La porto ad Albano.
– Albano Laziale?
– Carrisi. Oltre a cantare fa il meccanico.
– Puoi anche essere meno sarcastico.
– Tu magari evita domande delle quali conosci già la risposta.
– Cioè?
– Carrisi.

– Se cade un albero in una foresta, fa rumore?
– Manca la parte della persona che c’è o non c’è, ad ascoltare la caduta dell’albero.
– Non c’è nessuna persona nella mia storia.
– Esatto. Invece la storiella viene raccontata col riferimento ad una persona che potrebbe stare là o meno. Ed è questo che fa la differenza tra rumore o non rumore.
– Ho capito. Allora c’è questo albero che cade.. e c’è uno là nella foresta.
– Allora sì, l’albero fa rumore, c’è quello là, che lo sente. La storiella non ha senso.
– Ma me l’hai detto tu che doveva esserci una persona!
– Sì, la storiella lo prevede.
– Allora l’albero fa sempre rumore!
– Se c’è una persona a sentirlo, sicuramente.
– Mi sfugge qualcosa.
– Carrisi.

– Stai seguendo Sanremo quest’anno?
– Ho visto qualcosa.
– E come ti pare?
– Bah, il solito.I giovani sono poco interessanti.
– Ma tu sei un tradizionalista. Fosse per te dovrebbero esserci sempre gli stessi.
– Beh, sì. Tu poi lo sai che a me piace tanto quello là, quello con quella bella voce, con gli occhiali…
– Chi?
– Ruggeri.

“Lo confesso” (Nostradamus mi fa le pippe)

Allora, due parole: un “Papa rivoluzionario”, un “grande gesto”, per “cercare di dare alla Chiesa un successore che assicuri la continuità della riforma in atto”.
Certo.
Ma stiamo parlando di istituzioni o di religione?
La cosa non è secondaria.
Se si parla di Chiesa-istituzione ok, dimettiti pure, fai come senti. Il tuo è un lavoro e come ogni rapporto di lavoro può esserci il momento delle dimissioni, della pensione, della panchina al parco e dei piccioni.
Se si parla invece di religione, rapporto con Dio, tu non puoi dimetterti da alcunché. Perché non sei stato tu a scegliere quella missione. Sei stato nominato. E non da un gruppo di persone senza arte né parte, che non si sono mai trovate un lavoro serio, in una casa a Cinecittà. Ma da un gruppo di persone senza arte né parte, che non si sono mai trovate un lavoro serio, in una casa poco distante, vestite decisamente peggio.
Sei stato investito da una luce divina, tramite quella fumata bianca. Sei il rappresentante di Dio in Terra. E lo sei vita natural durante, a testimoniare che solo Dio può riprendersi il “mandato”. Altrimenti il tuo sarebbe stato un incarico a scadenza, a progetto, Co.Co.Pro., stagionale, in nero.
Dopo questa premessa, ecco quello che scrivevo un anno fa.

[Post pubblicato il 31 maggio 2012]

 

– Lo confesso.

Così aprì, e chiuse anche, quello che fu da molti ritenuto il discorso di conclusione di un’era. Parole che forse mettevano fine a duemila anni di cristianesimo ma che scombinavano le carte anche in tutte le altre confessioni, che tutt’affatto si avvantaggiarono dalla uscita di scena della figura religiosa più importante dei nostri tempi, ma che anzi furono costrette a profonde revisioni interne, quanto a uomini e disponibilità, improvvisamente crollate per mancato apporto da parte dei fedeli.

– Lo confesso. Quello che voi considerate “Rappresentante di Dio in Terra” non è tale. Non lo è mai stato. Non fu Dio ad eleggermi, non fu Dio a chiamarmi ma una congregazione di uomini. E non c’è stata alcuna vocazione ma un semplice desiderio di fare qualcosa per gli altri. Questo è quanto dovrebbe dirvi qualunque persona che oggi indossi una tonaca, dal prete di campagna al cardinale.

Le televisioni di tutto il mondo stavano diffondendo un messaggio che avrebbe cambiato la storia ed aperto una ferita insanabile nel Credo di miliardi di persone. “Miliardi”, che concetto assurdo, quando si parla di uomini. Il Rappresentante di Dio che dismetteva pubblicamente il suo ruolo. Il Papa che parlava chiaro, in un italiano sorprendentemente buono ed articolato anche, come mai aveva fatto prima. Come se quel discorso glielo avesse scritto qualcun altro. Anzi: come se quel discorso fosse davvero il suo, per la prima volta.

– Siamo persone. Persone fallibili, come tutte. E questo lo sapevate già. Ma c’è da dire altro, finalmente. Dio non si manifesta a noi, così come a voi. Non abbiamo alcun rapporto privilegiato, voce interiore, spirito, a guidarci. Nulla. Siamo esseri umani ai quali non è dato conoscere il pensiero di Dio, tanto quanto a voi. Nessun Dio ci ha mai detto alcunché. Molti di noi, da questa parte, non credono neppure. Sono persone entrate in Seminario magari a quattordici, quindici anni, con tante idee in testa e pochissime basi culturali a supportarle. E poi si sono ritrovate a seguire una certa strada. E a non poterla più interrompere. Per tanti motivi, per non deludere genitori orgogliosi di avere un figlio che celebrava la messa, perché ormai era tardi per fare qualunque altra cosa… Ragazzi che si sono presto pentiti di aver deciso di servire il Signore ma che hanno comunque continuato per convenienza, vigliaccheria, noia.

Il silenzio in quella piazza non aveva mai raggiunto tale livello. Se all’inizio erano i borbottii esterrefatti a prevalere, a quel punto nessuno più proferiva parola. Tutti con le bocche aperte, come a ricevere un ultimo, amarissimo Corpo di un Cristo morto in quel preciso istante.

– Sono vicino alla mia fine e ho paura. Paura come uomo. Paura che dopo non ci sia alcunché. Paura di aver servito il Dio sbagliato magari. Ma questo vorrebbe dire che almeno qualcosa c’è. Ed io, oggi, sono qua a confessare che non lo so. Non ho alcuna prova che Dio esista davvero. Nessuno, nessuno al mondo potrebbe averla. Voi, che vi affidate con cuore e coscienza alle nostre indicazioni, che seguite la dottrina della Chiesa con Fede, ma soprattutto con la speranza di ricevere poi una qualche ricompensa dopo questa vita, dovete sapere la verità. E’ giusto. E’ giusto che sappiate. Per poi tornare alla voste case davvero liberi. Liberi di scegliere. Scegliere se continuare a prodigarvi, ad improntare la vostra esistenza a dettami trascritti da uomini per uomini, non da Dio. Liberi di scegliere se sostenere una struttura fatta di uomini. Liberi di servire un Dio che io, oggi, non vedo. Non vedo.

Solo gli stranieri parevano disorientati più di chi quelle parole aveva ascoltato e compreso. Cercavano conferme da interpreti, si chiedevano se quella traduzione fosse davvero fedele. Nessuno, in fondo, voleva credere a quanto stava ascoltando.

– So che questa è l’ultima volta che mi vedrete affacciato qui, a parlarvi. Come so anche che qualcuno vorrà smentire con forza quanto sto oggi affermando. Vi parleranno di malore, di attimo di debolezza, di medicine o droghe. Sappiate che non è così. Parlo in piena salute e coscienza. E so anche che tanti di voi vorranno ancora dare credito a chi, domani, parlerà in nome di questo presunto Dio. Perché aveva ragione Pascal: “conviene credere”. Ma a che costo, ancora? Se una cosa davvero buona, in vita mia, ho fatto, non è stato certo guidare persone spaesate in nome di qualcuno che mai ho incontrato in vita mia. Ma è quanto sto facendo ora, oggi: darvi il vero libero arbitrio. Permettervi di scegliere se continuare a foraggiare uomini che si spacciano per chi non sono oppure destinare le vostre risorse e i vostri pensieri alla cura di questa, di vita, realtà. Che è l’unica che davvero conosciamo. Forse è l’unico modo di sistemare tante, tante cose. Non ne conosco altri. No davvero. Lo confesso.

Sparì dietro la solita finestra.

E qualcuno applaudì.

 

Io non volevo

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Sul treno per una destinazione che domani non sarà più, mi vedo incontrare gli sguardi assonnati di gente senza nome. E mi piace disegnar loro addosso storie.
Quest’uomo distinto sarà per un incontro d’affari, la boccolatissima matrona esteuropea tornerà a fare la badante a qualche vecchio piscialletto con due risparmi da parte, queste due ragazze… Ecco: studentesse. Hanno tirato fuori fotocopie annotate, glossate, evidenziate. Avranno un esame in giornata. E mi fermo a contare le mille sottolineature, colori diversi, e a ricordare mentre ero io, a credere che quelle linee potessero tracciare il mio futuro. Ma ogni età deve vivere le proprie illusioni, è giusto così.
Le vedo impegnate a riportare alla mente tutte le vitali nozioni che domani saranno utili quanto una mentina ad un assetato.
Scendono, il signore e la la matrona. Resto solo solo con le ragazze.
Sono belle come solo a quell’età possono e una pare accorgersi dei miei sguardi e non sembra gradire, ma il mio interesse era tutt’altro che quello che ora mi rendo conto di aver mostrato e abbasso subito gli occhi, ma questi mi cadono sulle gambe troppo lunghe e scoperte di quella ragazza, che ora mi sembra ancora più convinta che ci fosse malizia in tutto questo ma io davvero volavo con la mente. Mi viene da rassicurarla ma non mi esce nulla di più intelligente che un “nono, non è quello che… Sì siete belle ma…”. Sul “ma” mi rendo conto di aver aggravato la mia posizione e mi sento completamente coglione. Istintivamente mi viene da mettere una mano sulla spalla di quella che più mi pare spaventata, e mi tira fuori un urlo. Al che, sempre senza valutare alcunché ma per pura reazione automatica, le tiro un destro sulla faccia. Cade riversa sul sedile. Il sangue le cola copiosamente dal naso. La sua amica si mette ad urlare ed io, sempre senza ragionare, le afferro la testa e la sbatto violentemente sul mio ginocchio. Penso di averle procurato un trauma cranico ma non riesco a pensare. Sono nel pallone: ho due ragazze svenute e ferite davanti a me, senza neppure aver realizzato cosa sia accaduto. Mi rendo conto di aver fatto un casino e tutto quel che mi viene è tirarlo fuori e scoparmele prima che rinvengano. So che potete immaginare la mia situazione emotiva.
Mi rendo conto che forse sto facendo qualcosa di profondamente sbagliato ma ora è andata e mi prendo pure il culo.
Ma dopo aver terminato capisco di aver ulteriormente aggravato la mia posizione e, sempre senza pensare, tiro giù il finestrino e: una, due e me ne libero mentre attraversiamo un cavalcavia.
Nessuno sembra essersi accorto di nulla.
Mi ricompongo.
Certo che ora c’è spazio.

Il nonsense del weekend. Corpi cavernosi e burro.

Fuori piove. Dentro meno. Nel deserto del Gobi penso ancor meno ma non è questo il punto ora.
Sento latrare e abbaiare, là fuori, ininterrottamente. Ma no: non la farò rientrare così presto, mia moglie.
Una mosca tenta di trovare la strada di uscita, ma niente. Eppure io abito qua da sempre, bastava chiedere.
Un commesso viaggiatore bussa alla mia porta, vende libri, uno solo anzi: “Morte di un commesso viaggiatore”. È molto depresso infatti.
Niente, non lo compro. Gli dico che aspetto esca il film. Lui muore ma non mi impietosisco così.
Ho un po’ fame e apro il frigo. Niente, sempre fame.
Apro anche le ante dell’armadio e un paio di cassetti. L’appetito non aumenta, del resto vien mangiando.
La crisi mi ha colpito duramente: per risparmiare, da un po’, solo yogurt con fermenti lattici morti.
Esco a fare due passi. Durata totale: 0.8 secondi.
Al mio ritorno è tutto come prima: se non fosse per la fiducia nella scienza comincerei a mettere in discussione il principio entropico.
Il mio gatto è esattamente nella stessa posizione di quando l’ho lasciato. Ma saranno tre mesi ormai.
Per dimenticare i miei problemi comincio a bere, bere, bere finché non arriva un bagnino che mi recupera e mi riporta a riva (quando c’è da bere per dimenticare lo faccio in grande).
Sulla respirazione bocca a bocca sono molto passivo, specie se sono quello da salvare.
Oggi stringerò nelle mani un pettirosso. Che prima non lo era.

Il post più spocchioso del millennio (e molta, molta cacca)

Questo post non è per te che lo stai leggendo, ed il paradosso è proprio in questo: sarebbe per chi qua non entrerebbe mai.
Se sei qui è perché sei curioso/a, vuoi conoscere punti di vista altrui/a, non ti spaventa uno scritto con più di venti parole/uh.

Ecco, di questo volevo parlare: della voglia di confrontarsi e crescere, di non appiattirsi sulla mediocrità ma provare ad emergere, per godersi le cose davvero di livello della vita. E ce ne sono, nonostante tentino di nascondercele (LA CASTAAAA!!!!11).
Lo spunto è una pagina balorda che gestisco su Facebook, che prende in giro Fabio Volo. L’idea è semplice: c’è una citazione illuminante del nostro eroe e dunque c’è il perculamento automatico (il modo migliore di prendere in giro Fabio Volo è copiare pari pari le cose che dice, senza nulla aggiungere). E il cerchio è già chiuso, l’obiettivo è raggiunto. Nonostante tutto questo non porti a concretizzarsi il vero sogno dei fan di quella pagina. Ma non si può legittimamente sperare che un gruppo di persone con un desiderio preciso riesca a provocare la morte di un uomo.

Purtroppo.

Scherzo.

Purtroppo.

Poi capitano cose particolari, tipo amici facebookiani che davvero apprezzano Volo. E la cosa mi lascia perplesso, non solo relativamente al fatto che uno con questi gusti possa essere amico mio. No, proprio in senso oggettivo: davvero esiste gente capace di apprezzare Volo. Ricordo, per chi fosse distratto, che siamo nel 2013, andare in giro con sveglie al collo dovrebbe essere solo una moda passeggera e internet ci consente di imparare tante cose a costo irrisorio.

Ma la domanda vera che pongo qui è un’altra: davvero va esternato questo apprezzare una cosa palesemente appartenente alla mediocrità? Davvero non senti che queste dovrebbero essere robe da mantenere riservate? Tipo quando ti masturbi? Cioè, se ti fai una sega in bagno, non è che poi la condividi sulla tua bacheca. Magari su Youjizz.

Mi spiego, cercando di limitare al massimo l’aspetto-spocchia, che so, effondere generosamente già da queste prime righe.

A me è capitato di vedere, a casa, Natale sul Nilo, su Sky. C’era Boldi (Dio mio), De Sica, c’erano le tette finte, c’erano le risate con le scoregge e le scoregge con le risate. Le pernacchie. Boldi (Dio mio) tiene sempre delle pernacchie nelle sceneggiature. Non necessariamente fatte con la bocca. E si torna alle scoregge.

Me lo sono visto perché a me piace informarmi. Sì: informazione. Io non riesco a sentirmi tagliato fuori da ambiti della nostra società. E mi interessano anche i meccanismi comici, i tempi, le trovate. Tutto quello che NON c’è in quei film.
Diciamo che la mia è stata una visione ad excludendum: lo fa Boldi (Dio mio)? Bene, io lo eviterò.
Ma me lo sono visto. E mi sono visto i Pierini e le supplenti, i Bomboli e i suoi “Tz’, Tz'”, i “Non è la Rai” e le sue ninfette.
Visto tutto. Che non significa però apprezzare.

Non è che vedere un film con Boldi (Dio mio), conoscere le sue cose significhi anche apprezzarle. A fortiori, neppure pubblicamente esplicitare un amore per Boldi (Dio mio). Perché quei film, OGGETTIVAMENTE (scusate, mi si incastra il CAPS LOCK), fanno cacare.
No, non si tratta di gusti qua. Lo spiego tecnicamente: c’è la cacca e c’è la non cacca. Quella è la cacca. Grande.
Mi puoi dire: “A me allora piace la cacca”. Va benissimo, ma allora sii coerente e inizia a volare e ronzare. E porta fino in fondo la tua vocazione: fatti schiacciare con una paletta.
Se sei onesto intellettualmente tu non puoi darmi quella risposta. Non può piacerti la cacca. Devi dire come stanno le cose davvero: “Ehi, sono io la cacca!”. Allora ci siamo e tutti d’accordo.

Se ti piace Fabio Volo il problema è reale: non è Fabio Volo. Sei tu.

Sei tu che non ti sei mai fermato sugli scaffali a cercare di comprare un libro vero, magari senza le faccette barbettate in copertina.
Il problema sei tu che la sera esci sempre e solo con le amiche, sempre le stesse, e non hai mai provato a passare una serata con Arthur Miller.
Certo, non sei la Monroe.
Il problema sei tu, che al cinema vai a vedere appunto Natale sul Nilo e non ce la fai a guardare nulla di Nolan. Perché non lo capisci.
Ehi, non parlo di Claude Lelouch, eh. Parlo di uno che tutto sommato intitola un film “Batman begins”. Cioè, ce la puoi fare, eh.

Ma la cosa che a me, spocchiosamente, fa ancora più specie è al livello tre:
livello 1) Leggi Fabio Volo
livello 2) Trovi Fabio Volo gradevole, condivisibile, piacevole.
livello 3) vuoi che le persone lo sappiano, non provi vergogna per questo.

Ecco. A me questo spaventa enormemente. Una dichiarazione di mediocrità ostentata. Di più: un desiderio di appartenenza ad una determinata fascia sociale, culturale. Che è quella nella quale trovi tutta quella gente con la quale non parli di nulla in grado di farti crescere.

Racconto una mia esperienza personale: a me mancava totalmente cultura musicale. Per mio limite, per essermi sempre interessato ad altro. Ad un certo punto ho preso atto di tanta pochezza e ho cominciato a studiare. A leggere, ascoltare. A chiedere consiglio a chi ne sapeva più di me (Santo Federico Gross). A tutt’oggi sto faticosamente cercando di migliorare e posso dire che non sono più al livello di qualche tempo fa: riesco a distinguere la cacca dalla non cacca. E mi piace la non cacca. Poca roba? No: per me è già tantissimo.

Quel che dico è però che quando non avevo alcuna conoscenza del mondo musicale ero comunque consapevole di vivere una defaillance culturale. Ero un handicappato. Mi sentivo tale. Sapevo di perdermi qualcosa di bellissimo. E mai, mai, mai sarei andato in giro a vantarmi di questo, ad ostentare il mio apprezzare l’ultimo di Vasco (che, per la cronaca, mi faceva cacare anche prima che Bersani suggellasse, con le sue mossette in macchina, ogni sua fine musicale).

Voglio dire: ero consapevole che quella roba che sparano alla radio, oggettivamente, fosse una merda. E già da prima non trovavo qualità musicale in tutto ciò che erano le hit di Lady Gaga o Madonna.
Ma non basta: questa mia deficienza la soffrivo in silenzio. Cercando di non mostrare pubblicamente che mi mancasse un pezzo. Non avrei mai condiviso su Facebook “Pokerface”, cristosanto! Non avrei però avuto molto da consigliare musicalmente. Dunque tacevo.

Ecco: una frase come: “io adoro Fabio Volo” mi spaventa, umanamente e socialmente. Significa che c’è una precisa assunzione di mediocrità, ma non in forma di mera accondiscendenza o di venire a patti col proprio essere limitati. No: c’è un “orgoglio coatto”, nel senso verdoniano del termine. Un essere fieri di non arrivare a qualcosa, una esternazione pubblica del proprio non aver studiato (nel senso ampio del termine: interessarsi a qualcosa e approfondirla), non essersi sforzati di migliorare.

Una dichiarazione d’amore verso il vuoto, l’abulia, l’abbandono di ogni lotta per tentare crescere.

Sai cos’è davvero terrificante?

Tu non mi stai dicendo che ami un Fabio Volo.

Mi stai dicendo che sei un Fabio Volo.

VERGOGNA!!!1 DAI PERDIO!!! HO DETTO VERGOGNA!!!!!11!

Ho avuto modo di scambiare opinioni con una ragazza del Movimento Cinque Stelle di Grillo. Mi interessava capire cosa spingesse qualcuna a darsi tanto da fare per sostenere un movimento politico. Ma più perché mi pareva figa – mea culpa – almeno sulla fotina di Facebook.
Quello che mi ha particolarmente colpito però era il suo uso del maiuscolo, dell’URLATO! Ogni messaggio riguardasse Grillo era SPARATO IN FACCIA SENZA LESINARE ESCLAMATIVI!!!!!!!!!!!

IERI AVREI DUVUTO PARTECIPARE AD UNA RIUNIONE DEL MOVIMENTO 5 STELLE, PURTROPPO NON SONO POTUTA ANDARE MA HO ACCESO LA TV ED HO SENTITO SPARARE A ZERO SU GRILLO ED I GRILLINI, SI PARLA DI POPULISMO FACIELE E DICONO CHE LA POLITICA E’ UN’ALTRA COSA….. A SI ?=???? MI DOMANDO SE I NOSTRI POLITICI HANNO MAI AVUTO UNA VAGA IDEA DI COSA SIA LA POLITICA, L’ETICA, L’ONESTA’. SAPER GESTIRE UNA DIFFICOLTA’, UN’EMERGENZA, I PROBLEMI QUESTO SERVIREBBE ALL’ITALIA NON LA POLITICA!!! VERGOGNA SE IL NOSTRO E’ POPULISMO E SERVIRA’ A MANDARVI A CASA BEN VENGA !!!

Sono inciampato nei sei-sette errori nella punteggiatura: la mia lettura è risultata faticosa e più volte sono tornato indietro per ricostruire il corretto senso (a questo serve, appunto, la punteggiatura).
Ho adorato il segno “=” in mezzo ai punti interrogativi, sintomatico di un’enfasi nel battere tasti sulla tastiera con la foga propria di chi è animato dal sacro fuoco della verità.
Insomma, era una che ci credeva, e voleva trasmettere questa sua passione. Ma a me ricordava tanto quei gruppi su Facebook che prendono per il culo tutto questo: non i grillini ma gli esaltati anticasta, quelli che “MANDIAMOLI TUTTI A CASA !!!!!!11!!”. E non importa da che parte siano schierati: si tratta proprio di questa gente rabbiosa e sgrammaticata che mi ricorda tanto i crociati a Gerusalemme (pure loro si firmavano con due segni in croce), uniti da una idea superiore e nobilissima e spesso guidati da un santone (che una volta era Papa Urbano, oggi può gestire un blog e attraversare gli Stretti a nuoto, ieri costruiva Milano3 e prendeva per il culone la Merkel, l’altro ieri organizzava girotondi in piazza e girava Roma in Vespa, prima ancora spezzava le reni alla Grecia e guardava il mondo da prospettive originali e capovolte).

Ma di santoni abbiamo già parlato.

Chi si occupa di comunicazione sa che questo modo di scrivere, su internet, equivale a rompere ogni regola (netiquette, dove sei!?). Ho chiesto alla ragazza il perché scrivere tutto in maiuscolo così. Mi ha risposto: “MI PIACE !”. Così. “MI PIACE !”. Con lo spazio dopo il punto esclamativo, a rafforzare ogni mio (pre?)giudizio circa la consapevolezza di trasmettere una brutta immagine, a livello comunicativo.
Ecco, “MI PIACE !” rappresenta per me l’annientamento di ogni dialettica. Il contenuto stesso del messaggio, che la ragazza si affrettava a smentire come populista (come se bastasse a Giuda dire “IO NON SONO UN DELATORE !” per non esserlo) crollava. Avrebbe potuto dirmi qualunque cosa e io sarei stato preso solo da quel modo di scrivere.

Inventai questo partito pure io, con questo simbolo, qualche tempo fa:

simbolo
con tutte le sgrammaticature (per la cronaca: più d’uno s’è preso la briga di correggere “I ZINGARI” con “GLI ZINGARI”, a conferma dell’incapacità di cogliere il senso delle cose), la mancanza di cura, il pressapochismo e la chicca del Papa (quello vero) e dell’uscire dai margini del simbolo.
Ci sono differenze col messaggio lanciato dalla ragazza, CAPS LOCK compreso?

A me spaventa la Casta, la gente che davvero sta là da sempre a farsi i cazzi propri.

Ma tanto quanto la cialtroneria al potere.

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EDIT: La ragazza mi ha rimosso dagli amici di Facebook. Quando si dice l’apertura, la dialettica, il confronto. (!!!!!!!!!!!12345!!!!!!!)