Diversamente offeso

C’è tutto un complesso ragionamento, messo in moto dalle solite polemiche facebookiane, che prende spunto dalla annosa vicenda sul poter scherzare o meno sui disabili (e, in caso di risposta cautamente affermativa, sul “come” farlo).
Leggo il buon post di Bordone sulle paralimpiadi e mi soffermo su: “Vale commuoversi, vale emozionarsi e vale soprattutto ridere. Che si rida pure, apertamente, come si ride delle cose nuove che imbarazzano; ma che lo si faccia sereni, sapendo che delle persone si può ridere, e chi ha un handicap è una persona“.

Questo non per riesumare vecchie (ed impopolari) lotte contro un pubblico troppo gretto e affamato di capri espiatori per essere elevato, ma per raccontare che su Facebook una ragazza mi ha dato del “diversamente intelligente”. Così, per offendermi dopo che le avevo detto che ridere sempre e solo di Berlusconi era diventato qualcosa di stantìo e magari si poteva cercare qualcosa di diverso per esprimere certe velleità satiriche. Lei, per tutta risposta, mi ha sbattuto in faccia la questione-disabili, che su certe cose non si scherza ed invece io mi ero permesso di farlo, che è cosa infantile e sbagliata farlo.
Insomma, i soliti miopi rimproveri di chi sposa una causa popolare per sentirsi meglio, salvo poi tradire immediatamente il suo retropensiero. Perché la cosa davvero interessante sta ancora una volta nella sottocultura razzista che certe esternazioni rivelano: “sei un diversamente intelligente” non è ancora una volta un sottolineare una diversità, etichettandola come cosa deprecabile e dunque contribuendo a rafforzare l’idea che la diversità stessa sia negativa? Ti vengo incontro: è poi colpa mia se non sono “normalmente intelligente”? Perché offendere un “diversamente intelligente” e affondare la lama nella sua disabilità? Perché dare maggior valore all’intelligenza “normale” e disvalore a quella inferiore? Quando una intelligenza raggiunge la soglia di “normalità” e diventa a te gradita?
Possibile che ai più manchi questo semplicissimo passaggio?

Quante battute sono state fatte con l’attributo “diversamente” + qualcosa?
– Quella non è cicciona, è diversamente magra
– Il tuo seno non è piccolo, è diversamente visibile
– Non è vero che ti tradisco, sono solo diversamente fedele.
No, l’ultima non sottolinea una diversità quanto una diffusa peculiarità, cancellatela.

Ho ampiamente rinunciato all’idea di far comprendere ai più che ogni volta che si tenta di disegnare confini di intoccabilità ed aree franche si sta procedendo ad una evidente opera di ghettizzazione di chi in quel confine o in quell’area vive ed opera. Mi sono reso conto che ci sono dei limiti irraggiungibili da una ampia fetta di persone (o sono io che vivo in un universo parallelo) e dunque ho accettato che ogni tanto esca fuori il genio di turno che, per difendere il senegalese dal solito xenofobo del cazzo, dia poi dell'”africano” al presunto offensore. Creando un effetto involontariamente comico. O almeno che sarebbe tale se non ti lasciasse dentro il profondo sconforto di sapere che quelli portano nelle cellule il tuo stesso patrimonio genetico.

Solo un po’ più razzista e coglione.

Alghero

L’immagine potrebbe non essere rappresentativa

“Brulico d’immenso”
così avrebbe dovuto.

Niente lumi, no Brumaio né Germile.

“Brulicare” invece.

Vivacità,
movimento,
gente gente gente.

“Brulico d’immenso”,
vuol dire niente,
ma è poesia
e la poesia non sempre vuol dire.
Niente.

“Brulico”,
il tempo sarebbe stato lo stesso,
e pure a scuola, da piccoli:
“mi piace, è una roba corta”,
Simona, prima media
che pochissimi anni dopo avrebbe virato quel pensiero
a novantagradi.

Renata Del Priore
insegnante
– “Brulico”, perché “brulico”, Di Girolamo?
– Boh
Chiudendo ogni cerchio d’ermetismo

Poi con “Brulico” mai alcuna poesia famosa.
Perdere un’occasione.

“Brulico”,
quelle parole che più le ripeti e più perdono il significato,
e ne prendono un altro.
Cambio di consonante:
un paese di montagna.
Doppio scarto:
un animaletto strisciante.

La Settimana Enigmatica,
la rivista con più tentativi di comprensione.

Brulico d’immenso,
poesia ermetica

Charlotte Rampling,
attrice.

Ma forse è più futurismo.

Domani sicuro.

Cadere in fallo

Ed eri pieno di curiosità, ancor più che aspettative. Perché non sapevi cosa stavi per trovarti di fronte.
Ti eri costruito una immagine di lei e di quel momento, ma eri consapevole che tutto sarebbe crollato di fronte alla realtà, al primo impatto visivo. Perché non la conoscevi. Certo, sapevi tutto di lei, l’avevi vista anche, ma solo per immagini e mai dal vivo – è questo il punto.
Bellissima, certo. Giovane e splendida. Ma era qualcosa di ancora onirico e tu sei della vecchia scuola: “se non vedo non credo”.
Era il primo appuntamento, quello idealizzato ed atteso da una vita.
E contavi le ore, i minuti.
Non facevi nemmeno caso a tutta quella gente attorno a te: eri solo con il tuo cuore che pareva impazzito.
E finalmente… eccola. Ti si è bloccato il respiro, le mani parevano cercare un appiglio che non c’era, non riuscivi a staccarle gli occhi di dosso per tutto il tragitto percorso dal momento in cui l’hai vista entrare a quello in cui ha preso il suo posto di fronte a te. Tu, che nemmeno eri riuscito a sederti.
Trepidazione, attesa, sorriso stampato e groppo in gola, completamente spariti dopo diciotto minuti. Quando Sneijder te lo insacca, seguito due minuti dopo da Milito. Non potevo credere che la mia squadra si aprisse in due così, ma per cedere anche a Coutinho si deve essere solo delle troie.

In fondo siamo tutti fascisti

Che poi il vero nucleo sociale dell’uomo, quello originario e alla base delle nostre relazioni, non è la famiglia ma la tribù.

Un lupo ulula alla luna dopo un cannone

Nasci solo e spaventato e se è vero che la prima protezione ti viene dalla madre, quella immediatamente successiva, anni dopo, la trovi nel gruppo che ti sceglie e che scegli. La figura del padre è del tutto eventuale, se si ha l’accortezza di volgere lo sguardo ad un periodo storico ampio, che
abbracci tutta l’evoluzione della specie umana. Tra l’altro, in molte specie animali il padre sparisce subito dopo la fecondazione, spesso senza neppure la scusa delle sigarette (pochissime specie sono fumatrici, sapete?).

La “famiglia” al centro di tutto lo è solo da quando i pericoli circostanti sono stati attenuati, a partire da quelli naturali (bestie feroci, carestie, accidenti vari) ma basta che si abbia una situazione estrema o di tensione ed ecco che la capacità protettiva della famiglia torna ad apparire inadeguata e si ricerca nuovamente un gruppo superiore e meglio in grado di tutelare: si pensi alle gang di città, ai gruppi armati, all’esercito.

Tutti questi raggruppamenti umani sono la versione moderna delle tribù, retaggio di tempi nei quali gruppi di uomini si univano per meglio dominare l’ambiente circostante e magari sottomettere gruppi più deboli, e questo è uno dei motivi per cui una tribù tende a crescere numericamente col tempo e ci si sente inorgogliti se si appartiene ad una struttura ampia piuttosto che ridotta, anche se poi interviene un ulteriore fattore che è quello della spersonalizzazione totale – e conseguente calo della tutela reale – che porta la tribù a scissioni in sottotribù. Esempio: il PD.

Il gol-fantasma di Muntari che ha rotto le palle a chiunque

In situazioni non estreme (l’appartenenza al PD oggi la si considera invece tale) l’uomo ricerca la tribù solo quando gli manca l’autorealizzazione: si verifica quindi quel fenomeno di autorestrizione delle proprie liberà a favore dell’inserimento in un qualunque gruppo del quale riconosciamo determinati valori. Può essere quello scout da bambino, l’abbracciare una fede religiosa quando ancora non si raggiunge l’età della ragione, essere tifosi di una squadra che magari con te niente ha a che fare ma l’hai scelta da piccolo e ora ti senti legato ad essa. Si pensi ad un palermitano che tifa Inter. Si tratta di un uomo, magari con il suo lavoro, i propri interessi, ancora trent’anni di vita e altrettanti di mutuo davanti a sè, che tiene fortemente alle sorti di una tribù distante novecento km da casa sua, che di lui non sa nulla e il cui unico scopo è far varcare ad una sfera di cuoio una linea immaginaria (e se ti chiami Muntari potrebbe non bastare).
Messa così è riduttivo, certo. Ma non c’è davvero molto di più se ci pensate.

E’ l’appartenenza tribale a fare la differenza.

Che poi si tratta degli stessi meccanismi che da ragazzino ti portano a cercare l’accettazione della comitiva di amici, che ti spingono a non apparire lo sfigato, che ti fanno soffrire se non vieni scelto quando a calcetto si formano le squadre.

Tutto questo discorso per dire che ciascuno di noi compie delle scelte tribali ben precise, durante l’arco della vita. Scelte che all’inizio sono naturali, proprio per l’ancestrale forza che la protezione tribale esercita su di noi. Forza che però col tempo dovrebbe attenuarsi in virtù di una raggiunta maggiore serenità nei rapporti con il mondo esterno (a meno che uno non abbia spesso a che fare con i tirannosauri).

Un ermellino agguanta un animale per il solo vezzo di indossarne la pelliccia

Mi fa dunque molta specie vedere persone di una certa età (e per “certa età” intendo ultratrentenni) parlare, comportarsi e addirittura pensare in modo conforme non alle proprie attitudini ma a quelle della tribù che in quel momento sta scegliendo.
Magari a te davvero non fotte niente dell’ermellino ma ora sei diventato attivista PETA, perché su Facebook la tua amica scartavetrava le palle di tutti con le foche scuoiate sul pack e ti sei preso a cuore quella nobilissima causa. Ma da piccolo bruciavi le formiche e soprattutto provavi piacere sadico in questo.

E non riesci ad ammetterlo a te stesso. Dunque ti stai semplicemente affrancando da un “te” che non ti piace. Ma sei tu, quello. Sei quello. L’appartenere alla tribù degli animalisti non ti salverà dal contrappasso che La Grande Formica ha in serbo per te una volta trapassato.
Sei nato a Frosinone – Frosinone! – e tutto l’ambiente intorno a te parla frusinate. Non c’è niente che abbia a che fare con la Bela Madunina. Niente. Ma ti metti in casa feticci rossoneri. Non sarà che magari lo fai perché vorresti essere figlio di un notaio di San Babila e davvero di Pato non te ne frega un cazzo? Lo sai che Pato non sa neppure che tu esista? Lo sai che Pato probabilmente non sa neppure che ci sia una Frosinone, laggiù in Basilicata?

Ma non sono i miei problemi con la geografia il nocciolo della questione. Il punto sei tu. Che ti sei preso a cuore una causa non tua, che fai parte di un gruppo solo per tue debolezze, che hai scelto di perdere libertà per essere parte di qualcosa, che sia un partito, un movimento o una qualunque
forma di organizzazione umana.

Sei debole, sei nato debole, lo sarai per sempre, nonostante il tatuaggio col teschio. Il saluto con le cinquanta mosse che solo tu e gli altri del tuo gruppo conoscete non ti rende più forte: ciascuno degli appartenenti alla tua tribù te lo metterà nel culo non appena la situazione di tensione supererà un certo livello di guardia, magari spezzando quella tribù. Per crearne altre.

Perché si nasce soli, si muore soli. In mezzo ci sono parecchie lacrime, moltissima merda, qualche sborrata e diversi commercialisti.

E Dio, Baden Powell, Marx o la Juventus non ti servono, davvero.

E ora facciamo quello sull’ottimismo

– C’è un sitarello che ti predice la data di morte.
– Come funziona?
– Tu metti un po’ di risposte, se fumi, se i tuoi parenti avevano la tubercolosi, se hai il vezzo di passeggiare cercando quadrifogli sulla A1 e lui ti dice la tua esatta data di morte.
– Bello, devo provarci anche io. Ma funziona?
– Non so. Da quello che mi risulta io sarei morto nel 2008.
– Allora non serve a niente.
– Probabilmente sulla precisione ha inciso molto il fatto che io abbia barato sulle risposte.
– Cioè?
– Non bevo affatto un litro di Glen Grant al giorno ma così ho indicato. Mi sembrava da sfigato mettere “astemio”. Non faccio uso di cocaina ed eroina ma sul test, nel definire la mia posizione quanto ad uso di droghe, mi sono voluto inserire tra Keith Richards e un poliziotto di dogana. Questo sempre per darmi un tono vissuto. Riguardo al sesso invece ho solo un po’ alterato la realtà: mi si chiedeva se usassi precauzioni ed ho risposto di no, ma questo perché sesso non ne faccio mai.
– Non fumi, non bevi, non ti droghi e non scopi… morto nel 2008… mi pare un test molto preciso.

Rivisitazioni pubblicitarie

Tua moglie è al banco dei salumi e tu cazzeggi col telefono e lei ti dà il compito di
scegliere la frutta e a te fa pure piacere dare una mano e allora metti il guantino
sottilissimo per tastarla ma è sempre appiccicato e allora ti bagni la punta delle dita con
la lingua ma avevi prima spostato una cassetta vicino l’immondizia perché dava problemi nel
parcheggio e l’avevi toccata proprio nel punto sul quale viveva una colonia di batteri di
clostridio e in una settimana cominci ad avere febbre e problemi di respirazione e vieni
curato malissimo in ospedale e l’infezione ti provoca paralisi generalizzata fino al collasso
cardio-respiratorio e tempo 48 ore muori.
La Coop eri tu.

Tua moglie si scopa il vicino di casa e insieme scappano via ma tu te ne accorgi sono dopo
una settimana ché quella troia ti aveva detto che andava da sua madre invece era alle Maldive
con Fausto e in quella settimana ti spazzola tutto il disponibile sulla carta di credito e tu
resti col culo a terra e a niente serve la denuncia perché sei stato furbissino e la carta è
cointestata e dunque tutto quel che puoi fare è cercare contanti in casa per mangiare
qualcosa ma niente manco per cazzo e capisci che quella carta di credito ti ha rovinato.
Non c’è resto sulla Mastercard.

Si vedeva che stava male ma lui niente e continuava quegli interventi di sbiancamento e poi
dissero che era per una malattia ma la verità è che nessuno poteva essere davvero dentro la
testa di Michael Jackson ed ora che sono passati anni e tanto è stato detto e scritto ho
visto delle foto del suo letto di morte e mi ha fatto specie vedere quell’uomo che ha
raggiunto il suo scopo di essere diverso grazie alla beffarda mano della morte.
Più bianco si può.

Ed è stato terribile come solo uno spaventoso incubo poteva essere ma quella era realtà e mi
trovavo circondato da esseri assetati di sangue che ghignavano e si avvicinavano con incedere
lento ma inesorabile verso quel centro immaginario nel quale mi trovavo e io non vedevo
alcuna via d’uscita e l’unico pensiero che mi attraversava la mente era farla finita subito e
lasciare si compisse il mio destino in mano a quei mostri.
La mia banca era tutta attorno a me.

L’ardire utopico dei pensieri lunghi

Qualcuno ancora nutre speranze su un futuro politico diverso, più consapevole del fatto che che le persone non possono più essere prese per il culo con artifici dialettici? Bene, ecco Vendola, che ci spiega perché la sinistra è destinata a sparire di fronte al primo santone che passa, che sia un caciarone vecchietto con l’ossessione della topa o un comico che rivendica il suo essere comico ma da anni non fa più il comico:
“Lo sguardo di chi governa deve pesare ciascuno dei beni da tutelare, deve custodire tutte le promesse di futuro, ma soprattutto deve sentire la responsabilità di evitare che vinca il caos, e che l’ardire utopico dei pensieri lunghi si pieghi alla disperazione di un presente immobile, quasi divorato dal suo passato” (Nichi Vendola sulla eventuale chiusura dell’ILVA di Taranto).

Commenti? Uno solo: un esempio meraviglioso di come non prendere alcuna posizione, ma con un linguaggio forbito e superiore.
Comunque è già tanto che non abbia usato il latino, sai che figata con quelle “effe”.

Mala marcia

Schwazer descrive le difficoltà adolescenziali di concentrazione una volta assunte amfetamine. Le sue.

Schwazer positivo all’EPO. L’atleta ammette immediatamente le sue responsabilità ma si difende: “la Kostner era sempre più esigente“.
Il marciatore bolzanino cacciato dal Coni: “I nostri non fanno queste cose, sanno come sembrare puliti“.
La madre colpita da malore, probabilmente per eccesso di amifenazolo.
Petrucci: “L’etica, l’immagine, per noi è tutto“. E i risultati nel nuoto lo confermano.
Ma lo sport italiano ne esce rafforzato, abbiamo dimostrato la nostra serietà“, prosegue mentre dietro di lui la Pellegrini sta scegliendo il reality al quale partecipare.
L’atleta sarà espulso anche dall’Arma dei Carabinieri. Non prima che questi capiscano chi cazzo sia Schwazer.
E cosa sia una espulsione.
O anche un semplice sostantivo.