Il saprofita da social

Oggi parliamo dei saprofiti dei social.

Il saprofita dei social è un organismo subdolo: alletta con il suo fare suadente in modo che la preda da like si incuriosisca e si avvicini, poi cerca di succhiarle via ogni energia condivisiva, fidelizzandola e usandola per il proprio nutrimento da endorfine.

Il saprofita dei social non va confuso con il simbiotico dei social, al quale il like è utile ma non necessario per il quotidiano sostentamento, traendo nutrimento anche da altre fonti, e un occhio non particolarmente attento potrebbe confonderli.
Il simbiotico infatti non sottrae energia vitale agli organismi coi quali viene a contatto, ma soprattutto possiede una resistenza molto elevata, per cui vive anche al di fuori dell’ambiente social.

Il saprofita dei social invece ha assoluta necessità, a scadenze ravvicinate nel corso della giornata, di una certa razione di like e condivisione, pena la chiusura in sé stesso.
Quando non riesce a raggiungere tale fabbisogno adottando le ordinarie tecniche di richiamo, si finge sofferente se non morente, in modo da attirare su di sé tutta l’attenzione dell’ambiente social (cd. tecnica Neruda-Merini).

Il saprofita dei social può assumere vesti maschili o femminili.

La specie maschile è riconoscibile per le sue manifestazioni estreme che tendono a creare una logica alternativa a quella comune.
Il suo nuotare controcorrente è la sua caratteristica principale.
Se ad esempio la sua specie adotta comportamenti basati su logica ed evoluzione, il saprofita dei social può comportarsi esattamente al contrario, anche a rischio della sua stessa vita (cfr. Jackass, studio clinico), pur di mostrarsi.
Ogni suo comportamento mira ad attirare le prede da like, non importa se maschi o femmine, essendo la sua una fame da endorfine perenne.
Quando il saprofita da social non ottiene il nutrimento desiderato attacca gli altri maschi attorno, cercando di crearsi spazio.
In genere muore solo.

La specie femminile del saprofita da social invece adotta comportamenti più raffinati: feconda l’ambiente facebookiano o instagrammiano di proprie riproduzioni a colori o in bianco e nero, in modo da attirare i maschi (notoriamente sensibili a livello di percezione visiva di tali segnali sessuali), spesso più volte durante la stessa giornata.
Particolare la scelta di queste immagini, pressoché simili tra loro se non identiche: la saprofita da social, trovata una chiave di autorappresentazione di sé soddisfacente, inonda l’ambiente social con riproduzioni tutte uguali, contando sul meccanismo collaudato, efficace sul maschio social.
Il maschio social si precipita a lasciare il suo like come segno di potenza e interesse con evidenti fini di fecondazione, ma la saprofita da social non si dedica mai a un solo maschio, essendo particolarmente avida e nutrendosi così di tutti i contributi spermatico-likiani lasciati da centinaia e centinaia di maschi, tutti convinti di aver contribuito in solitaria al nutrimento della saprofita.
Particolare il comportamento della saprofita da social quando un maschio particolarmente debole le si avvicina in modo eccessivo perché sollecitato tramite continue stimolazioni: la saprofita si ritrae, chiedendo protezione alla massa che ha attirato attorno a sé, emarginando il soggetto (cfr. comportamento Weinstein-Metoo) con un’azione subdola della quale è totalmente consapevole, avendola posta in essere in precedenza centinaia di volte.

L’ambiente social crea costantemente saprofiti, costretti a sforzi sempre più intensi per soddisfare il crescente bisogno di endorfine.

La spiegazione del Tutto

Ok boomer, questa la spiegazione del Tutto.

All’inizio furono gli anni ’80 e la loro voglia di permanenti e spalline esagerate.
Mike Bongiorno passava alla tv di Berlusconi e tutti sentivano possibile diventare Simon Le Bon in una Milano da bere.
La cinematografia di Pierino aveva attecchito e i cinepanettoni erano dietro l’angolo.

In questo contesto si svilupparono i germi del MACHEMENEFREGAMME’, che trovò humus nel berlusconismo e la casa ̶d̶e̶l̶l̶o̶ ̶s̶v̶a̶c̶c̶o̶ delle Libertà.

Internet parte a metà degli anni ’90 e dentro siamo io, Tim Berners Lee e Luca Barbareschi.
Bill Gates proprio non capiva cosa stesse succedendo: continuava a cercare di venderci la tecnologia push. Un po’ come dire alla Cristoforetti se un giro sul Brucomela fosse per lei emozionante. A conferma, si doveva mettere mano personalmente al Trumpet Winsock. Questo escludeva la totalità della popolazione mondiale dal progetto WWW. Chi era dentro portava il camice bianco. C’era deferenza assoluta per la scienza e tantissime briciole sulle tastiere.

I primi timidi segni di 2.0 furono i blog, i forum. Ma anche lì si entrava in punta di piedi e la Signora Maria aveva verso questi strumenti lo stesso atteggiamento della mucca che guarda il treno. Passava davanti il computer del figlio e semplicemente non capiva nulla. Nulla. Nullaaa!

Lo sfascio è stato rapido e violento dall’avvento dei social: la stessa Signora Maria, che non ha vissuto nulla di questa era pionieristica ma si è ritrovata la possibilità di ritrovare Peppino delle elementari su Facebook, ci ha preso gusto e da qui ha iniziato a sparare ogni genere di cazzata dall’alto della sua profondissima ignoranza.
La sua formazione era proprio quella mikebongiornesca, i suoi punti di riferimento Jerry Calà e Umberto Smaila, i suoi volti noti la Cuccarini (prima del sovranismo) e la Brigliadori (prima dei drink al piscio).

Vip che ha ritrovato proprio sui social.

Capite ora perché ci troviamo nella situazione di dover spiegare così tante volte l’inesistenza di correlazioni tra autismo e vaccini, tra antenne e virus, tra omeopatia e medicina vera?
Semplicemente una marea umana di bufali scalpitanti si è riversata in un ambiente ex-fighetto, elitario, popolato da piccoli e gobbuti nerd portatori sani di occhiali.
Questi bufali, che posseggono grandissimi doti riproduttive e capacità di caciara fuori dal comune, oggi si raggruppano sotto simboli comuni, in pagine nelle quali possono condividere la qualunque (Cetto).
Fanno rumore, non capiscono, credono a guru alternativi (che arricchiscono) e sbraitano contro guru ufficiali (che odiano).

L’internet degli anni ’90 si proponeva la condivisione del Sapere.

Tim Berners Lee creò il www per mettere a disposizione di tutti ogni tipo di documento: sarebbe stato il “controllo collettivo delle fonti” a fare pulizia.
Ma se il controllo collettivo lo fa una capra con la merda appesa al culo, ecco spiegata la situazione attuale.

Non c’è altro da aggiungere. Non ci sarà altro da aggiungere a qualsiasi analisi che i nostri posteri faranno di questo periodo caprino. Leggeranno questo post e diranno: “Qualcuno allora aveva ben chiaro il quadro, ma la sua voce fu ignorata, probabilmente a causa della scarsa credibilità di un avatar del genere”.

FAI GIRARE, CONDIVIDI, FAI QUALCOSA MADONNADICRISTO, NON POSSIAMO RICREARE DAVVERO IDIOCRACY! IO NAVIGAVO SULLE BBS COI FLOPPETTINI A RAFFICA PER SCARICARE IMMAGINI PER L’AMIGA A 320×512 (INTERLACCIATE) CON 32 COLORI VISUALIZZABILI DA UNA PALETTE DI 4096, E ORA STO QUA A DIRE A GIOVANNI CHE DAVVERO LA TERRA NON È PIATTA!

E NO, NON DEVO “RISPETTARE LA SUA OPINIONE”!