Processi storici demenziali – Galileo

[Processi storici demenziali – Atto3 – Galileo]

[Processi precedenti: Socrate, Gesù]

[Prossimi processi: Norimberga – Calciopoli – Berlusconi]

 

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L’antefatto, Firenze, 21 dicembre 1614

Il frate domenicano Tommaso Caccini accusa Galileo Galilei, matematico e filosofo, di contraddire le Sacre Scritture per mezzo di astruse concezioni astronomiche ispirate alle teorie eliocentriche copernicane.
La Terra non sarebbe più al centro del creato: “La terra si move et il cielo sta fermo, seguendo le posizioni di Copernico […] e vogliono esporre le Sante Scritture a loro modo e contra la comune esposizione de’ Santi Padri, e difendere opinione apparente in tutto contraria alle Sacre Lettere”.

Il 20 marzo 1615 Caccini denuncia Galileo ai cardinali, gli stessi che pochi anni prima avevano portato Giordano Bruno al rogo. “Una bella botta di culo”, commenterà più tardi Galileo.

Nel 1616 iniziano gli interrogatori. La teoria copernicana viene dichiarata del tutto contraria alle Sacre Scritture e viene imposto al Sole di tornare a girare attorno alla Terra. Ma lui se ne fotte e continua a fare il comodo proprio (si crede oggi che fosse in combutta con il Sant’Uffizio).
Le polemiche attorno alla figura di Galileo continuano per anni. Eresia, l’accusa più infamante.
Il 28 settembre 1632 il Sant’Uffizio emette la citazione di comparizione di Galileo a Roma.
L’inquisitore è Vincenzo Maculano, detto “Il pio”, ma alcuni lo conoscevano come “il morigerato”, “il savio”, “il prete che certi giorni tutto normale, per carità, poi gli prendono i cinque minuti, si fissa e madonna del carmine eh”.

Vincenzo Maculano: Ed eccolo qua, l’eretico. Allora, abbiamo finito di trottolare in giro su questo pianeta vagante? Ahahahah!
Galileo: Invero non vi vedo nulla da ridere.
V: E se non ride allora la brucio, contento?
G: Nono: ahahahah! Bene?
V: Bene. Dunque, lei afferma o nega che la Terra giri intorno al Sole?
G: Lo… affermo?
V: Cosa?!
G: Nego! Lo nego! Eh?
V: Ma certamente che lo nega!
G: Ah, ecco.
V: E’ una totale assurdità e andrebbe contro tutto quanto è scritto nella Sacra Bibbia.
G: Beh certo, se va contro la Bibbia…
V: Eppure io qua leggo che le sue teorie sono eliocentriche
G: In realtà non ho né tenuta né difesa l’opinione della mobilità della Terra e della stabilità del Sole
V: Insomma, sia chiaro. E sappia che rischia la vita.
G: Copernico diceva cazzate! Viva Dio! Viva la Terra al centro di tutto!
V: Non è che si sta rimangiando tutto?
G: Non lo so. La Bibbia che dice al riguardo?
V: Vuole dire che non conosce le nostre Scritture?
G: Nono, per carità! Dicevo solo che a volte… ma proprio qualche volta… non è che si capisca…
V: Non si capisce cosa?
G: Nulla, si capisce tutto.

Naturalmente Galileo si attiene al copione. Rigetta completamente il modello tolemaico ma non può confessarlo, pena la vita.
L’inquisitore si accorge di questo e mira a farlo confessare.
Galileo vorrebbe ribadire che è la matematica l’unica verità assoluta, a parte una ancora non nata Irina Shayk. Ma non può (allora gli scienziati non erano molto coraggiosi, a differenza dei giorni nostri, capaci come sono di sfidare ogni limite e spillarti soldi senza alcuna difficoltà in ogni Telethon e questua pubblica).
Galileo viene condannato:

Giudice: Che il Sole sia centro del mondo e immobile di moto locale, è proposizione assurda e falsa in filosofia, e formalmente eretica, per essere espressamente contraria alla Sacra Scrittura. E acciocché questo tuo grave e pernicioso errore e transgressione non resti del tutto impunito, e sii più cauto nell’avvenire e esempio all’altri che si astenghino da simili delitti. Ordiniamo che per publico editto sia proibito il libro de’ Dialoghi di Galileo Galilei. Ti condanniamo al carcere formale in questo Ufficio ad arbitrio nostro. Ad cazzum, diciamo. E per penitenze salutari t’imponiamo che per tre anni a venire reciti sette Salmi penitenziali e ti sia impedito di masturbarti per più di una volta al dì. Ci riserviamo facoltà di moderare, mutare o levar in tutto o parte, le sodette pene e penitenze”.
Galileo: Signor giudice, cosa devo fare per dimostrare la mia Fede?
Giudice: Abiurare.
Galileo: Abiche?
Giudice: Negare le sue assurde convinzioni scientifiche.
Galileo: Ah, ma allora lo faccio.
Giudice: Ma ci deve credere davvero.
Galileo: Cazzo.
Giudice: Eh, solo Dio può leggere nel cuore e capire se lei è sincero. Nessun essere umano potrebbe mai capire se le sue parole sono di vera Fede o puro opportunismo.
Galileo: Ah, solo Dio… Ehm: avrei una dichiarazione.
Giudice: Prego.
Galileo: Io Galileo, figlio di Vincenzo Galileo di Fiorenza, dell’età mia d’anni 70, constituto personalmente in giudizio, e inginocchiato avanti di voi Eminentissimi e Reverendissimi Cardinali, in tutta la Republica Cristiana contro l’eretica pravità generali Inquisitori; avendo davanti gl’occhi miei li sacrosanti Vangeli, quali tocco con le proprie mani, giuro che sempre ho creduto, credo adesso, e con l’aiuto di Dio crederò per l’avvenire, tutto quello che tiene, predica e insegna la Santa Cattolica e Apostolica Chiesa, pedofilia compresa. La Terra è centro del mondo, il Sole e le stelle vi girano intorno, Ibrahimovic è simpatico e tutto quello che cazzo vi pare.
Giudice: Queste cose sono sincere?
Galileo: Quant’è vero che il Sole gira attorno alla Terra.
Giudice: Sente che Dio sta credendo a quel che dice?
Galileo: Quant’è vero che le stelle girano attorno alla Terra.
Giudice. Mi pare possiamo essere a posto.
Galileo: Quant’è vero che la Terra gira attorno alla Terra.
Giudice: E sia. Un po’ di carcere e poi libero, contento?
Galileo: Ma è proprio necessario il carcere?
Giudice: Sente che Dio le sta dicendo che non ne ha bisogno?
Galileo: Quant’è vero che la Terra la Terra la Terra.
Giudice: Una serie di riferimenti così precisi non può che provenire dalla voce del Signore. E noi chi siamo per non fare la volontà di Dio?
Galileo: Un cazzo di nessuno. Con tutto il rispetto eh.
Giudice: E’ così: sia fatta la volontà di Dio.
Galileo: Tutti giù per Terra.

Nei suoi ultimi anni, Galileo avvia una affettuosa corrispondenza con Alessandra Bocchineri, già solo per il nome (questa non aveva alcun senso).
Alessandra è una bella donna di 33 anni molto intelligente ed acculturata. Galileo le si avvicina moltissimo a livello empatico.
Alessandra scrive:

“Son rimasta così appagata della nostra gentilissima conversazione e tanto affezionata alle sue qualità e meriti che non saprei tralasciare di quando in quando di salutarla e pregarla che si compiaccia farmi sapere nuove della sua salute, e conservare insieme memoria del desiderio ch’io tengo d’essere onorata di alcun suo comandamento”.

Galileo si innamora di queste parole. E del fatto che a pronunciarle fosse una con quel cognome, certo.

Alessandra:
“Ho l’ardire ardire di supplicare V.S. che volesse consolarci colla sua presenza ne’ prossimi giorni del principio di agosto: ma perché mi prometto di goderla in ogni modo mi riserbo ad altra occasione a implorare questa grazia. Di tutto core le bacio le mani e resto schiava alle sue virtù”.
Lette queste dolci ed accorate parole, Galileo si arrapa tantissimo: «sì rare si trovano donne che tanto sensatamente discorrino come ella fa.»
Gli uomini, si sa, non capiscono un cazzo quando una comincia a fare la gallina.
E il cognome, certo.

Negli anni seguenti Alessandra scrive a Galileo, che pressava come solo un vecchio infoiato può, che vorrebbe accettare i suoi inviti ma è costretta a respingerli per timore di dare scandalo mentre gli rinnova il suo desiderio di vederlo:
“Io delle volte tra me medesima vo stipolando in che maniera io potrei fare a trovare la strada innanzi che io morissi a boccarmi con Vostra Signoria e stare un giorno in sua conversazione, senza dare scandalo o gelosia a quelle persone che ci hanno divertito da questa volontà”
Sul “boccarmi”, Galileo pronuncia quelle che sono state le sue parole più famose: “Eppur si muove”.
Ma era solo moto apparente.

Il 2 gennaio 1638 Galileo scrive all’amico Elia Diodati a Parigi di essere diventato cieco da un mese: “Elia, ti scrivo questa lettera con tutta la difficoltà di un vecchio cieco. Quel cielo, quel mondo e quello universo che io con mie maravigliose osservazioni e chiare dimostrazioni avevo ampliato per cento e mille volte più del comunemente veduto da’ sapienti di tutti i secoli passati, ora per me s’è sì diminuito e ristretto, ch’e’ non è maggiore di quel che occupa la persona mia”.

Parole splendide e colme di tristezza, che però non giunsero mai all’amico perché Galileo imbucò la lettera in un orinatoio.

[Sipario]

 

Processi storici demenziali – Cristo

[Processi storici demenziali – Atto2 – Gesù]

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[Voce fuori campo]

Ora, quelli che avevano arrestato Gesù, lo condussero dal sommo sacerdote Caifa, presso il quale già si erano riuniti gli scribi e gli anziani.

Pietro intanto lo aveva seguito da lontano fino al palazzo del sommo sacerdote; ed entrato anche lui, si pose a sedere tra i servi, per vedere la conclusione.

I sommi sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano qualche falsa testimonianza contro Gesù, per condannarlo a morte, ma non riuscirono a trovarne alcuna, pur essendosi fatti avanti molti falsi testimoni.

Finalmente se ne presentarono due, che affermarono: «Costui ha dichiarato: Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni».

Alzatosi il sommo sacerdote disse a Gesù: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?».

Ma Gesù taceva.

Allora il sommo sacerdote gli disse: «Ti scongiuro, per il Dio vivente, perché ci dica se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio».

«Tu l’hai detto, gli rispose Gesù, anzi io vi dico:d’ora innanzi vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra di Dio,e venire sulle nubi del cielo».

(Matteo 26,57)

Sacerdote: Aspetta. “il Figlio dell’uomo seduto alla destra di Dio”… cioè?

Gesù: Cosa?

S: Non ho capito. C’è un uomo seduto alla destra di Dio. Chi sarebbe?

G: Suo figlio.

S: Suo di chi?

G: Di Dio.

Ok, ma allora c’è anche un nipote.

G: Che nipote?

S: Hai detto: “il Figlio dell’uomo seduto alla destra di Dio”. Dunque c’è un uomo alla destra di Dio, che è il figlio, abbiamo capito. Ma c’è anche un figlio di questo figlio. Dunque è il nipote di Dio. Affermi dunque tu di essere il nipote di Dio?

G: Ma che nipote! Sono il figlio!

S: Il figlio del nipote?

G: Ma cos’è, una sceneggiatura di Mel Brooks?

S: Chi è Mel Brooks?

G: Niente, cose mie. Comunque io sono.

S: Mel Brooks?

G: Il figlio, il figlio!

S: Il figlio di Mel Brooks?

G: Di Dio, porco…

S: Giovane, si moderi. Innanzitutto questo è un Sinedrio serio, mica siamo in Italia. Vede puttane?

G: No, in effetti.

S: E allora prenda atto che qui si segue solo la legge.

G: Non riconosco voi giudicanti!

S: Io sono Caifa, il sommo sacerdote di questo Sinedrio!

G: che secondo la Legge Ebraica, Sanhedrin, Cap. 4, folio 32°, dovrebbe riunirsi solo di giorno, prima del tramonto, per giudicare. Invece è notte. Questa irritualità già inficia il giudizio.

S: Ma è avvocato?

G: Ci mancherebbe: “Guai a voi dottori della legge!”

S: Ah, ho capito. E’ pratico perché è stato già in galera.

G: La sua lingua sta vaneggiando.

S: Allora mi spieghi come fa a conoscere così bene le procedure giudiziali.

G: Io so perché io sono l’uomo.

S: Eccone un altro: di che uomo parla ora?

G: Io, io sono l’uomo.

S: Scusi, ma questa non le sembra una tautologia?

G: Che?

S: Uff…

G: E abbia pazienza, ho fatto le scuole basse. Tutto il tempo in falegnameria…

S: Dicevo, sta dicendo una cosa ovvia. Qua siamo tutti uomini.

[Voce effemminata fuori campo: “Parla per te, carina”]

S: Vabbè, quasi tutti.

G: Io sono l’uomo perché vengo per mano di Dio.

S: Allora lo ammette: lei sta dicendo di essere il figlio di Dio!

G: Veramente è dall’inizio dello spettacolo che lo sto facendo.

S: Che spettacolo?

G: Questo [indica il pubblico]

S: Uh, non avevo notato la gente. Avete pagato voialtri? Vabbè, imbucati. Comunque, torniamo a noi.

G: Chi siete voi, per giudicare l’uomo?

S: Giudici.

G: Ah, scusate.

[Qui inizia un dialogo tutto fuori campo, tra il giudice e il cancelliere. Gesù intanto, mentre aspetta, prende un bicchiere vuoto ed una bottiglia di vino praticamente vuota, con una piccola scolatura. La versa nel bicchiere ma non è evidentemente soddisfatto della quantità. Allora comincia a muovere le mani, come nei giochi di prestigio, senza ottenere risultato]

S: Senta, qui le prove sono schiaccianti. Abbiamo una denuncia di tale… Cancelliere, come si chiama il denunciante?

Cancelliere: Un attimo signor giudice… non lo trovo… ma dove… ma porco… Giuda!

S: Cancelliere, si moderi, di bestemmie qui ce ne sono state già a sufficienza. Allora, questo nome?

Cancelliere: Giuda, Giuda!

S: Proprio non riesce a trovarlo?

C: Giuda, è Giuda perdìo.

S: Cancelliere, alla prossima bestemmia la metto agli arresti.

C: Sembra “Chi gioca in prima base”. Comunque il nome del denunciante è Giuda, signor giudice.

S: Bene. Cosa sappiamo di questo Giuda? Referenze?

C: È morto.

S: Morto? E come?

C: Impiccato ad un ulivo, signor giudice.

S: Oddio che brutta cosa. Ha lasciato un biglietto, qualcosa?

C: Sì ma è in aramaico.

S: Certo che è in aram… Uff… Nient’altro?

C: Aveva un sacchetto con trenta den… vent… vuoto, signor giudice. Un sacchetto completamente vuoto.

S: Insomma il denunciante non può esserci d’aiuto. A meno che il nostro “Figlio di Dio” non ce lo sappia resuscitare. Ahahahah!

C: Ahahahah!

S: e i testimoni? Cancelliere, introduca i testimoni.

C: Certo signor giudice. Ecco. Abbiamo Chmouel Antipa e Hiroshi Shiba.

S: Hiroshi Shiba l’ho già sentito.

C: Sì, anche io.

S: E dove sono?

C: Veramente non si sono presentati. Ma hanno rilasciato dichiarazione orale all’usciere nella quale affermano che Gesù è colpevole di tutto e che ha anche un’igiene personale carente.

S: Mi sembra altamente irrituale tutto questo. Ma tutto sommato ci puliamo ancora il culo con le pietre, a posto così. Signor Gesù, ha finito?

G: Sisi, oggi manco con le colombe funzionava [smette con la bottiglia].

S: Torniamo a noi.

[Gesù si scaccola e appiccica la caccola sotto un tavolo o cose simili]

S: Giovane, cosa sta facendo?

G: L’uomo fa pulizia.

S: Non scarichi responsabilità su gente che non c’è. Lei si stava scaccolando.

G: In verità, in verità vi dico…

S: Cosa?

G: …sì, chiedo scusa.

S: Insomma, questo Sinedrio si è qui riunito per accertare le sue responsabilità. E le assicuro che sta facendo fatica e alle sei c’è Nazareth-Betlemme, vediamo che dobbiamo fare.

G: Tanto vince Nazareth.

S: Ahahah, ma quando mai! Si sono venduti pure Ebreimovic…

G: In verità vi dico: prima che l’arbitro fischi tre volte, Nazareth l’insaccherà in rete.

S: A quanto lo dai?

G: tre e mezzo.

S: Andata: ecco sessanta denari.

G: Ok. [si volta verso il pubblico, ammiccante: “soldi facili”].

S: Torniamo a noi. Ha testimoni che provino che lei è il figlio di Dio?

G: Non ho bisogno di testimoni, io sono l’uomo.

S: Aridaje. Almeno qualche prova di miracoli, qualcosa?

G: Beh, da giovane camminavo sulle acque.

S: Qualche foto?

G: Nulla. Ma moltiplicavo anche pesci e vino.

S: Ricorda il risultato finale?

G: Eh?

S: Il risultato di questa moltiplicazione.

G: Ora no, ma lo sapevo professo’.

S: Uhm, mi dica almeno l’argomento a piacere.

G: Sì, questo lo so. Sono preparato sulle tecniche di rianimazione istantanea.

S: Dica.

G: Per rianimare un morto apparente occorre pronunciare esattamente una frase.

S: Quale?

G: “Lazzaro, alzati e cammina!”. Funziona sempre.

S: Sempre?

G: Garantito.

S: E se non si chiama Lazzaro?

G: Eh?

S: Se non si chiama Lazzaro ma – che so – Alex?

G: allora si dirà “Alex, alzati e cammina!”

S: Bocciato! Bocciato perdìo!

G: Ma come?

S: Provi su Zanardi e mi saprà dire.

G: Cazzo, questa è cattiva!

S: Non come la pena che l’aspetta.

G: Basta domande a trabocchetto! Io sono il figlio di Dio!

[Tuono]

[Voce fuori campo]

Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: «Ha bestemmiato! Perché abbiamo ancora bisogno di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia, che ve ne pare?».

E quelli risposero: «È reo di morte!».

Allora gli sputarono in faccia e lo schiaffeggiarono; altri lo bastonavano, dicendo: «Indovina, Cristo! Chi è che ti ha percosso?».

Pietro intanto se ne stava seduto fuori, nel cortile. Una serva gli si avvicinò e disse: «Anche tu eri con Gesù, il Galileo!». Ed egli negò davanti a tutti: «Non capisco che cosa tu voglia dire». Mentre usciva verso l’atrio, lo vide un’altra serva e disse ai presenti: «Costui era con Gesù, il Nazareno». Ma egli negò di nuovo giurando: «Non conosco quell’uomo». Dopo un poco, i presenti gli si accostarono e dissero a Pietro: «Certo anche tu sei di quelli; la tua parlata ti tradisce!». Allora egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quell’uomo!». E subito un gallo cantò. E Pietro si ricordò delle parole dette da Gesù: «Prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte». E uscito all’aperto, pianse amaramente.

(Matteo 26,65)

[Gesù passeggia in tribunale, si tocca l’orecchio (auricolare bluetooth). Ora la voce fuori campo è di Pietro]

P: [piange]

G: gnegnegne… piangi ora?

P: Oddio, chi ha parlato?

G: Sono il signore dio tuo.

P: Ma… dove sei? Non ti vedo?

G: In verità, in verità ti dico che hai un telefonino, coglione. Mi hai risposto tu. Io sto in vivavoce.

P: Ah, già. Non riesco ancora ad abituarmi. Era tanto bella la cabina…

G: Hai visto che alla fine mi hai tradito? Che io manco mi sono sposato per evitare ‘st’inculature…

P: chiedo scusa mio signore, ma mi stavo cacando sotto.

G: Pietro, perché hai la stessa voce del sacerdote che mi ha condannato?

S: Scarsità di mezzi, Signore.

G: Ok, ok, ‘sta cazzo di crisi… Comunque: [tono militaresco, marziale] io cosa ti ho insegnato tutto questo tempo, soldato!

P: a credere, obbedire, combattere, signore!

G: e allora, soldato?

P: io ho creduto e obbedito, signore. Ma quelli erano armati, signore. E lei non ci ha mai fornito armi, signore.

G: tu hai la fede, soldato! E’ l’arma più potente di tutte.

P: quelli hanno le spade, signore. E sono cattivi, signore.

G: [da qui in poi citazione Hartman] Soldato! I tuoi genitori hanno anche figli normali?

P: Signorsì, signore!

G: Si saranno pentiti di averti fatto! Tu sei talmente brutto che sembri un capolavoro d’arte moderna! Come ti chiami sacco di lardo?

P: Signore Leonard Lawrence, Signore. Cioè no, Pietro, cazzo dico.

G: Lawrence? Lawrence come, d’Arabia?

P: Signorno, signore. Non è manco ancora nato, signore. Sono Pietro, Signore. Cristo, Signore!

G: [Fine tono marziale per Gesù] “Cristo Signore” Suona bene… mi sa che ci si può comporre qualcosa di figo…

S: Sarà uno stracciacoglioni da lavaggio del cervello in bocca agli scout di tutto il mondo, Signore. Una palla immane, Signore.

G: Già, può funzionare… Comunque, Palla di L… Pietro, Pietro. Scusa. Scusami. Pretendevo troppo da te.

P: [Fine tono marziale per Pietro] Dai, fa niente. Amici come prima.

G: Amici come prima stocazzo. Mi stanno condannando a morte, non lo sai?

P: A morte? Oddio!

G: Non ti hanno detto niente?

P: Qua il telefono non prende bene.

G: Motorola del cazzo.

[Tuono]

[Si torna con il dialogo Gesù-Sacerdote]

S: Imputato, abbiamo finito?

G: Sì scusi, era una telefonata di lavoro.

S: Riprendiamo. Abbiamo appurato che ci sono prove sul suo conto assolutamente schiaccianti.

G: Me ne dica una.

S: Il mio parere.

G: Ah, beh.

S: Tuttavia, siccome qui siamo magnanimi e non vogliamo farci dire che siamo come i tribunali sudamericani, ho pensato…

G: I tribunali che?

S: Non so, devo avere inventato una parola nuova.

G: In verità, in verità ti dico che ci hai preso, sai?

S: Silenzio! Questo tribunale, viste le prove a carico dell’imputato e visto che sono le cinque e mezza e alla SNAI c’è un casino di gente, rimanda il giudizio a domani e lo rimette nelle mani – peraltro sempre pulitissime – di Ponzio Pilato.

G: Perché non mi condannate ora, visto che avete già deciso del destino del figlio di Dio?

S: Guardi, in effetti io lo farei anche ma secondo la nuova normativa, pubblicata nella Gahazzetta di Jahvè, solo il procuratore romano può emettere queste sent… NON DEVO STARE A DARE SPIEGAZIONI A LEI!

G: Insomma, vuol dire che domani devo tornare qua?

S: Giovanotto, non deve tornare da nessuna parte. Lei stasera è ospite nostro. Si prenderanno cura di lei questi due centurioni. Vedrà che si troverà benissimo.

Madonna: Fermatevi! Dove state portando mio figlio?

S: e lei chi sarebbe?

M: Io sono la Madre di colui che è.

S: Aspetti, aspetti… la madre di chi?

M: Di colui che è.

S: Cazzo vuol dire?

M: Eh?

S: Si spieghi. Chi è “colui che è”? E perché parla così?

M: Non so, fa pomposo e arcaico.

S: Sì, ma non significa nulla. Tutti sono “qualcuno che è”.

M: Continui.

S: Bene, si accomodi. Il primo a esplicitare il concetto di essere è stato Parmenide di Elea, nel IV secolo avanti Cristo…

M: Avanti che?

S: Avanti Cristo.

Gesù. Mi avete chiamato?

M: Figlio mio!

G: Madonna, la mamma!

S: La mamma, Madonna?

G: La mamma, la mamma!

S: Ordine per Cristo!

G: Per me?

S: No per Cristo! Cioè, qua la cosa sta prendendo una piega demenziale assurda.

M: A me interessa solo che mi ridiate mio figlio. E che mi chiariate il concetto dell’essere di Parmenide e quella del divenire di Eraclito.

S: Signora…

M: Maria, prego.

S: Signora Maria…

M: Signora Maria pare una casalinga di Voghera. Mi chiami Maria, Santa Maria, madre di Dio.

G: Aspe’, questa comincia bene… me la segno… Santa Maria, madre di Dio… come la faccio continuare…?

S: SILENZIO PERDIO!

G: Per papà?

S: BASTA! Fuori tutti! Cacciate fuori la Madonna!

Coro: LA MADONNA!

S: Ma non così! Fuori dall’aula! Fuori tutti!

G: Pure io?

S: Fermo perdio!

G: Per papà?

S: Cristo!

G: Sì?

[Tuono]

[Voce fuori campo]

La mattina presto, i capi dei sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, tenuto consiglio, legarono Gesù, lo portarono via e lo consegnarono a Pilato.

(Marco 15,1)

[Gesù viene condotto innanzi a Pilato]

G: è permesso?

Pilato: prego.

G: Buongiorno, io sarei Il figlio di D… Gesù, mi chiamo Gesù.

P: Gesù. Dica, cosa ci fa qui?

G: Ehm… niente… credo di aver sbagliato. Buongiorno.

P: Buong… UN ATTIMO! Lei è quello che dovrei giudicare oggi.

G: Chi? No. Mi sa che si sta sbagliando con un altro. Noi siamo un po’ tutti uguali.

P: Noi chi?

G: Noi, figli di Dio.

P: Aha!

G: Cazzo.

Pilato: Dunque tu saresti il figlio di Dio.

Gesù – Così dicono [guardandosi e lucidandosi le unghie, con tono altezzoso].

P: Sai che quello che vai in giro a dire è molto grave?

G: La verità è così, la verità può ferire. La verità ti fa male… lo so [accenna movimento braccia anni ’60].

P: Perché sei solo? Dove sono le guardie giudee?

G: I giudei non possono entrare nel pretorio perché zona impura, e impedirebbe loro di poter celebrare la Pasqua.

P: Allora questo dovrebbe valere anche per te, giudeo.

G: Ho fatto il vaccino.

P: Comunque. Che devo fare? Avanti e indietro da qua dentro a fuori? Che cazzo di popolo siete.

G: Siamo il popolo eletto.

P: Bah, forse col proporzionale. La verità è che avete un sacco di fisime, vi fate problemi pure per quello che mangiate. L’acqua poi…

G: Che ha l’acqua?

P: Ma non vedi? Lascia sempre calcare. Ti lavi, ti lavi le mani e ce le hai sempre sporche. Insomma, ora per capire che cazzo hai fatto devo chiedere là fuori?

G: Se vuoi ti racconto io.

P: Ci hai provato. Aspetta, vediamo che mi dicono.

[Si sente parlottare. Rientra Pilato]

P: Mi dicono che sei colpevole.

G: Bel processo del cazzo.

P: Silenzio! Affermano che “Se non fossi colpevole non ti avrebbero consegnato”.

G: Giovanni 18,30.

P: Eh?

G: Niente, niente.

P: Ma non puoi dire semplicemente che ti sei sbagliato? Che era per tirartela un po’ e rimediare fica? Invoco l’infermità mentale? Eh? Dai, con quelle infradito passi pure per ricchione: derubrichiamo il reato a “Frocioneria”, non so come si dica qua… Ti prendi due anni e con gli sconti e tutto domani sei fuori.

G: In verità, in verità ti dico: non mi tentare.

P: Eddai, pensaci su… intanto mi sciacquo le mani… acqua del cazzo…

G: No! Ci ho pensato. Non posso rinnegare quello che sono.

P: Ma chi cazzo pensi di essere, Cristo!

G: Esatto.

P : Nono, non ci mettiamo ora a rifare il giochetto. Ma lo vedi che io ho le mani legate?

G: Bagnate.

P: Legate, bagnate… dai, fai il bravo ché non c’è motivo adesso per attrezzare tutta quella baracconata con la croce e tutto. Abbiamo delle spese qua che manco immagini. Lo sai che è una settimana che non posso mandare in giro le bighe perché non ci sono i soldi per la biada ai cavalli? Su, fai il bravo.

G:  Io sono re. Per questo sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla parte della verità ascolta la mia voce.

P: E questo mo’ che è?

G: Giovanni 18,37

P: Cazzo basta! Cosa devo fare? Vuoi morire? Lo capisci cosa sta per accadere?

G: [tace]

P: Ottocento denari! Ottocento denari mi costa una crocifissione!

G: Pensavo meno in effetti.

P: Eh, perché non è solo la croce – due pezzi di legno messi in croce li trovi.

G: Ahahah!

P: Ahahah! Carina, sì. Dicevo: non è tanto la croce ma tutto l’ambaradan di contorno. Le guardie, i costumi…

G: I costumi?

P: Certo. Che pensi che si possa accompagnare uno da crocifiggere in borghese?

G: No, pensavo…

P: e i permessi per l’occupazione di suolo pubblico, per il corteo, per i certificati…

G: Non avevo mai pensato a tutto questo.

P: Questo mi fa capire che non hai i superpoteri che dici di possedere. Dunque mi vieni incontro. Dai, metti una firmetta qua, dì che hai sparato due cazzate e ce ne andiamo a casa.

G: No.

P: Porca puttena maledetta dell’incoroneta di Foggia

G: Lino Banfi?

P: Boh, non so perché mi sia uscita così. Insomma vuoi morire.

G: Non posso che accettare la volontà di Dio.

P: Che rottura di cazzo. Guarda, ti va di culo perché oggi c’è il pienone e hai ancora una chance di cavartela. Lascio decidere al popolo.

G: Televoto?

P: Che?

G: Niente, cose mie.

P: C’è un tale, Barbabarba…

G: Barabba…

P: Sì, Barabba, allora lo conosci!

G: No, so come va a finire la storia… Dai, niente.

P: Insomma, c’è questo Barbanera, un ladro da quattro soldi… ci resta solo una croce e ve la giocate voi due. Ora chiedo al popolo chi vuole liberare… sicuro? Vado?

G: Vai.

P: Uff… vabbè.

[Rumore di passi e folla]

P: Ascoltate! Un’ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra patria. L’ora delle decisioni irrevocabili.

P: Chi volete che vi rilasci: Barabba o Gesù chiamato il Cristo?

[Urla della folla: BARABBA!]

P: “Non ho inteso: chi dei due volete che vi rilasci?”.

[Urla della folla: BARABBA!]

P: “Che farò dunque di Gesù chiamato il Cristo?”

[Urla della folla: BARABBA!]

P: Cristo, prendete professionisti al mixer.

[Urla della folla: Sia crocifisso!]

P: Chi? Il tecnico? È una capra in effetti…

[Urla della folla: No, Gesù! Sia crocifisso!]

P: Ma che male ha fatto?

[Urla della folla: Hai rotto il cazzo! Crocifisso!]

P: Cazzo! Ma che mani luride! Acqua, acqua perdìo!

[Pilato rientra, si sentono i passi]

P: Ecco, visto? Hanno scelto Barroso.

G: Barabba.

P: Sì, quello. Ma dico io, tanto ti costava darti per malato di mente?

G: Sia compiuto il mio destino.

P: Cazzo, ma manco il ripescaggio.

Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora.

(Giovanni, 19,1)

G: Bene ragazzi, dove si va ora?

[Sipario]

Processi storici demenziali – Socrate

[Processi storici demenziali – Atto1 – Socrate]

[Prossimi processi: Cristo – Galileo – Norimberga – Calciopoli – Berlusconi]

__________

Socrate

la_morte_di_Socrate

Atene, 399 a .C .

Un nutrito gruppo di cittadini si riunisce come al solito sulle colline di Atene per giudicare un cittadino, ma stavolta non uno qualunque. E’ una delle più grandi menti dell’umanità: Socrate.

Colui che fa uso del dialogo, il padre fondatore dell’etica, della filosofia morale e della filosofia in generale.

Socrate, una delle più grandi menti di tutti i tempi, nonché mediocre calciatore brasiliano passato alla Fiorentina alla Longobarda di Lino Banfi.

Ma forse qui comincio a far confusione.

E adesso? Di fronte all’Areopago, il giudizio che deciderà delle sue sorti.

Le accuse? empietà, corruzione dei giovani, introduzione di nuove divinità e non riconoscimento di quelle tradizionali.

Giudice: Signor Meleto, pubblica accusa, leggo che abbiamo il famoso Socrate a giudizio, come mai?

Meleto: eh?

Giudice: Signor Meleto, potrebbe togliere quelle cuffiette? Il giudizio è iniziato.

Meleto: Mi scusi Signor giudice, ho le cuffiette, non la sento.

Giudice: Che cazzo di gag mediocre è questa? Sembriamo Lillo e Greg.

Meleto: Tolte signor giudice, ora la sento bene.

Giudice: A suo comodo, signor Meleto. Allora, cosa ci fa qui Socrate?

Meleto: è accusato di crimini gravi, signor giudice.

G: un anziano signore, così ben voluto? E cos’avrebbe fatto, scoreggiato a letto? Ahahahahah!

M: No signor giudice. Cose ben più gravi. Innanzitutto empietà.

M: E che reato sarebbe?

M: Beh, è lei il giudice, dovrebbe saperlo…

G: Ah già… ma… vediamo se è preparato…

M: Uff, al solito. Allora: empietà è il non seguire il culto di una religione, darsi a studi naturalistici fuori dalla norma.

G: Ma che cazzo di reato è… comunque sì, ehm… bravo, ricordava bene.

M: Sì sì…

G: Introduciamo l’imputato.

Socrate: Eccomi.

G: Allora, signor Socrate, come risponde all’accusa di entità?

M: Empietà.

G: Empietà, sì, quello.

Socrate: E’ un’accusa che non mi tange. Chiamo voi a testimoniare.

G: Voi chi?

S: Voi giudici.

G: Cioè?

S: Voi, mi avete mai visto compiere simili atti?

G: Personalmente?

S: Personalmente.

G: No, in effetti no…

S: Visto?

G: Eh ma grazie al cazzo. Così è facile. Allora non si potrebbe mai condannare nessuno se non viene beccato sul fatto dal suo giudice. Furbetto lei…

S: So’ filosofo…

G: Comunque la cosa non regge.

S: Mi sovviene un sofisma al riguardo…

G: Siamo in un giudizio pubblico, le è fatto divieto scoreggiare.

S: Ma…

G: SILENZIO! L’accusa che dice? Signor Meleto, tocca a lei.

Meleto: Guardi, sull’empietà mi pare siamo tutti d’accordo

S: Veramente no…

G: SILENZIO! E cos’è questa puzza?

S: Non saprei…

G: Madonna del Carmine! Non si resiste!

S: Signor giudice, le rammento – e rammento al pubblico così da dare un filo logico ulteriore alla narrazione – che siamo in Grecia, che per noi è moderna ma per loro è antica. Non è che l’ambiente fosse poi così profumato. Scarichi e fogne a cielo aperto, vacche e buoi, congiungimenti carnali…

G: Lei non me la racconta giusta. Secondo me sta facendo ancora sofismi. L’ho vista sa, inclinarsi sulla seggiola.

S: Ma i sofismi non sono…

G: SILENZIO! Signor Meleto, allora, quest’entità…

Meleto: Entità, sì, vabbè. Ci sono prove inconfutabili. Ma non è neppure la cosa peggiore commessa da quest’uomo. Mi concentrerei sull’accusa di aver corrotto i giovani. Socrate li rovina con le sue assurde fantasticazioni.

Socrate: Per esempio?

Meleto: per esempio… beh… uhm…

S: Avanti, me ne dica una: cosa farei di male ai giovani?

M: Con calma, un attimo, mi faccia ricordare… una cosa c’era…

S: Mi pare che il tutto si commenti da solo. Manca qualunque base per accusarmi…

M: Nono, una cosa c’era…

S: Facciamo notte e stasera c’è Atene-Sparta, ci vogliamo muovere?

M: Vabbè, mo’ non mi ricordo. Comunque… ah sì: se li inculava!

S: Eh?

M: Vuole negare che abusasse di loro?

S: Ma che abusare. Qua lo fanno tutti.

M: Che lo facciano tutti non significa che sia cosa buona.

S: Se lo fanno tutti cosa cattiva non è.

M: Non ci mettiamo a fare sofismi ora.

Giudice: DioCristo, basta sofismi, sì! E’ un veleno qua! Aprite le finestre!

S: Scusi.

M: E comunque molti erano minorenni.

S: Siamo nell’antica Grecia, l’età media è vent’anni, poi si muore, ci credo io.

M: E’ sbagliato e basta!

S: Dica la verità, a lei piacciono le donne.

M: Ma che dice!

S: Ahahahah! Un etero! Ahahahah!

M: Non si permetta! Sono accuse infamanti e gravissime!

S: A Meleto piace la fica – A Meleto piace la fica! [Cantilena]

M: Non mi piace la fica! Sono un uomo vero io!

S: Comunque io non ho nulla contro gli etero. Solo, evitate quelle assurde baracconate tipo l’Etero Pride. Dovreste cominciare ad integrarvi.

M: La smette? Torniamo alle accuse.

S: Però è carino quando fa il virile.

M: Sì? [occhi dolci]

S: Sì. [occhi dolci]

Santippe (moglie di Socrate): e figurati.

Socrate: Santippe, moglie mia, sai che sei il mio universo.

Santippe: ne sono cosciente, marito mio. Mi hai dato conoscenza e consapevolezza. E di questo ti sarò eternamente grata. E comunque ce l’avevi piccolo.

Socrate: Parli di me come se già più non fossi. Ma questo procedimento non ha ancora scritto la parola fine sulla mia testa.

Santippe: ho letto il finale.

Socrate. Dove?

Santippe: Qua, due pagine appresso.

Socrate: Moglie mia, tutto questo non ha alcun senso.

Santippe: Guarda, lo stavo per dire pure io. Ci mancava solo che alla fine ti ammazzasse il maggiordomo.

M: Ricomponiamoci! Usciamo fuori da ‘sti cazzo di clichè da Giallo Mondadori! E cacciate fuori quella donna!

Santippe: Ecco un altro ricchione.

M: Grazie, finalmente qualcuno se ne accorge. Insomma, Socrate, lei è un pessimo educatore. Anzi: l’unico cattivo educatore di tutta Atene.

S:  Dunque mi sta dicendo che tutti gli ateniesi sono buoni educatori, mentre solo io sarei l’unico guastatore. Le faccio un’analogia: secondo me, così come sono pochi coloro che sanno allevare ed allenare cavalli da corsa, mentre la maggior parte delle persone li rovina, così la cosa dovrebbe valere anche per gli altri animali, uomini compresi. No?

M: Eh?

S: E’ un’analogia semplice, ripresa testualmente dallo sceneggiatore che voleva giustificare così il tempo speso su quei barbosi testi classici.

M: ah. Ok. E.. Ehm… [pausa di qualche secondo]… Se li inculava! Signor giudice, se li inculava!

S: Uff…

M: Passiamo oltre: la terza accusa è di aver introdotto in Atene nuove divinità e di non riconoscere quelle tradizionali. Come si giudica, imputato?

S: Assolutamente innocente. Io non ho introdotto altro che il daimon.

M: Chi è mo’ ‘sto daimon, un manga giapponese?

S: No, è la mia voce morale. Il daimon è un vero essere vivente, che mi avverte tutte le volte che sto per sbagliare.Non sono un dio, ma sono figlio di dei, come tutti noi. Non ho dunque introdotto nuove divinità, ho accettato le divinità tradizionali, perciò sono innocente.

M: [pausa di qualche secondo]… Se li inculava!

S: Aridaje.

 

 

L’Areopago quindi vota, a maggioranza, la colpevolezza di Socrate. Il voto è sofferto e per pochissimo Socrate viene condannato, grazie anche ad un’azione decisa per accaparrarsi il voto favorevole del senatore De Gregoriaki, passato repentinamente dalla Grecia dei Valori alle liste del Popolo dell’agorà. La vicenda desta grosso scandalo ma si sa come andava la politica allora.

Allora.

A questo punto vengono formulate le proposte di pena. L’accusa propone la condanna a morte. Socrate sarcasticamente chiede un vitalizio dallo stato. Gli viene accordata solo un’auto blu.

Di nuovo votazione e di nuovo c’è la pronuncia per la pena maggiore, la morte appunto.

“È giunto ormai il tempo di andare, o giudici, io per morire, voi per continuare a vivere. Chi di noi vada verso una sorte migliore, è oscuro a tutti, tranne che al Dio”. Queste le parole dell’ultimo di Battiato.

Socrate è dunque incarcerato in attesa dell’esecuzione.

Tutti i suoi discepoli, Alcibiade in testa (suo prediletto ed amante), sono distrutti e meditano un sistema per farlo evadere: non possono accettare l’idea di perdere il loro maestro.

Discepoli: Maestro, abbiamo un piano per farla fuggire.

Socrate: Piano?

D: Sì, stiamo scavando un tunnel fino alla foresta.

S: un tunnel?

D: Sì, è già tutto pronto. Deve solo mettere un poster di un’attrice famosa sulla parete per coprire il buco. Percorso il tunnel su un supporto di legno e dei tiranti di corda, all’uscita troverà una moto con la quale potrà fuggire superando le linee tedesche.

S: Cos’è un poster?

D: Pensavamo fosse una parola greca. O una canzone pallosa di Baglioni.

S: E una moto?

D: è un mezzo a due ruote, per spostarsi velocemente nel traffico.

S: Cos’è il traffico?

D: Oh, maestro, stai qua a rompere il cazzo o vuoi scappare?

S: Mi son dure le parole che pronunciate. Parlate di poster alla parete per coprire un buco… e poi di tunnel e moto… Ma state facendo confusione tra Le ali della libertà e La grande fuga.

D: Questo è possibile, non essendo praticissimi di cinematografia. L’importante è che fugga via.

S: Non funzionerà, preferisco stare qua a giocare con la mia pallina contro il muro.

D: Tim Robbins?

S: Steve McQueen.

D: Cazzo. Comunque deve scappare! Non sa che stanno per darle la cicuta?

S: Eh lo so, nelle carceri e negli ospedali si mangia di merda, ma che ci posso fare…

D: E’ un veleno, Maestro! Veleno!

S: ‘na porcheria, sì.

D: Uff… Senta, deve fuggire, non c’è più tempo.

S: Ma dove dovrei andare? Io penso che sia più giusto osservare la legge, anche se non ci piace.

D: Ma i suoi insegnamenti? Che faremo noi?

S: Il massimo del mio insegnamento sarà proprio questo, essere coerente con me stesso.

D: E’ una prova di grandissima integrità morale, Maestro. Altresì una cazzata.

S: Ma resteranno imperiture le mie gesta.

D: In realtà basterebbe vincere un reality.

S: Non sono più di moda. Meglio un talent show. Ma non so cantare.

D: Guardi, basta essere un personaggio che buca lo schermo.

S: Non ho idea di cosa stiamo dicendo ma ormai non c’è più tempo. Ora, qualcuno di voi vuol suggere il nettare della conoscenza per un’ultima volta?

D: Verrà Alcibiade, Maestro.

S: Il mio prediletto?

D: il ricchione, Maestro.

S: Certo, lui.

Santippe:  E figurati.

Socrate si congeda da tutti gli amici e parenti, invita il carceriere ad entrare, spegne la Playstation e si abbandona al suo destino.

Arriva il momento della somministrazione della cicuta. Beve la pozione, tira fuori un ultimo, pestilenziale sofisma e sussurra le sue ultime parole, ormai nella leggenda: «O Critone, noi siamo debitori di un gallo ad Asclepio: dateglielo e non dimenticatevene!»

Discepolo 1: Eh?

Discepolo 2: boh, non ho capito

Discepolo 1: Ma che cazzo di ultime parole sono?

Discepolo 2: mah, perdere un’occasione storica per lasciare un qualcosa di imperituro…

Discepolo 1: Dai, dobbiamo inventarci qualcosa. Non possiamo lasciare come eredità di Socrate quella frase idiota.

Discepolo 2: E che ci inventiamo?

Discepolo 1: Non lo so…

Discepolo 2: Ha bevuto la cicuta…

Discepolo 1: Dunque…

Discepolo 2: Che ne pensi di: “più la mandi giù, più ti tira su”?

Discepolo 1: Perfetto

 

[sipario]

“Je ne suis pas Charlie Hebdo” [Giannelli]

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Il Maestro Giannelli mentre disegna una delle sue tavole di satira sferzante e durissima (la statuetta triste già sa)

La strage nella redazione del Charlie Hebdo ci mostra una realtà inquietante:

1) C’è gente che conosce il Charlie Hebdo
2) C’è gente che si incazza per delle vignette
3) Se fossero state battute non le avrebbero sapute leggere e si sarebbe evitata la strage
4) Si ammazza ancora in nome di uomini invisibili
5) In Francia non fanno le interviste ai vicini dei terroristi, per capire se pure quelli salutassero sempre
6) Non riesco a immaginare la stessa strage presso nessuna redazione italiana
7) No, proprio non ci riesco: ma vi immaginate un commando che fa irruzione al Bagaglino? O a Colorado Café per prendersela per battute come: “L’OMINO DEL MONTE HA DETTO SII! E chi gli ha chiesto niente, ahahahah!” O “tu non sei una bambina… tu sei una RIMBAMBINA! Ahahahah!”.
8) Scherzare su certi dei è più sicuro: da oggi mi sta sul cazzo Manitù
9) Ancora ci si addolora per certe assurdità ma si continuano a pre-programmare i figli, insegnando loro che si può liofilizzare un Dio e renderlo in comodi dischetti bianchi e sottili per rapida ingestione, mandandoli per anni a catechismo invece di crescerli liberi e aperti alle differenze
10) No, davvero: ma ce lo vedete, uno armato di AK-47, che punta contro il povero Giannelli e gli spara una raffica per questo:

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Un po’ sì.

 

#jesuischarlie