Finché non mi cacciano (30)

Insomma, la manovra di Tremonti non piace a nessuno: non al PDL, che non vede sgravi per Berlusconi, non alla Lega, perché scritta in italiano, non all’opposizione, perché non c’è.

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Ma ci son persone ancor più orribili / 1

Ero al supermercato, lì alla cassa del supermercato, che ci trovi quelle robe dell’acquisto d’impulso, tipo le gomme, che tu non le compri le gomme sullo scaffale normale, anzi forse non ci son nemmeno, le gomme sullo scaffale normale. Invece alla cassa son sempre là, pare aspettino te. E son loro che ti guardano. E tu le compri, e lo sai che quelle eran messe là per te che sei alla cassa del supermercato e non eri mica entrato per comprar gomme. Lo chiamano “acquisto d’impulso”, l’ho detto ma se lo ripeto fa colloquiale e ci infilo pure altre due elisioni che fan ancor più colloquiale e insomma le gomme al supermercato son una gran roba se per caso usi comprar gomme e il termine “roba”. Poi ho pensato che pure quello là con la dentiera vede le gomme al supermercato e lui mica le mangia, le gomme. E allora mi son sentito un po’ speciale, che potevo comprar le gomme del supermercato e secondo me quelli del marketing c’han preso alla grande con me e insomma questa roba la volevo raccontare perché a me pare una gran cosa, pure se penso di averne scritte centinaia di robe uguali, che tu leggi e alla fine ti chiedi “ma che roba è?!” ma in questa qui ci son le gomme.

Rammendare i calzini e DNA: un rapporto insolubile?

Luogo: ente pubblico.
Oggetto: discussione circa lo stato delle Pari Opportunità all’interno della struttura.
Soggetti: 10 donne. Due uomini + osservatore esterno: io.

 

Avete mai assistito ad una discussione di questo genere? Io ve lo auguro: si tratta di una esperienza formativa irripetibile, che infatti ripeterò ogni giovedi per i prossimi tre mesi.
La moderatrice introduce il tema:

Care signore, l’ente presso il quale lavorate, come vi agevola nella vostra quotidianità? Rispetta le Pari Opportunità? Vi sentite valorizzate al pari degli uomini? Le vostre capacità organizzative e lavorative vengono sempre riconosciute? Come si accende il proiettore?

Che, a parte la cosa del proiettore, è come dire ad un bambino “vuoi altre caramelle o ti basta quella che ti ho dato prima?“.

Assolutamente no! Siamo discriminate, usate, vessate, altre caramelle! Gli uomini hanno tutti i privilegi, non c’è meritocrazia mentre il mio curriculum vale dieci dei loro, riesco a svolgere i miei compiti più velocemente del mio collega e davvero quel coso buffo si chiama “proiettore”?

Per carità, le donne sul posto di lavoro sono palesemente svantaggiate. E questo è un dato talmente evidente da non richiedere neppure troppe parole, non essendo, io, donna.

La discussione pian piano si è animata. I due uomini, che chiamerò per privacy CapoGrande1 e CapoGrande2 non hanno aperto bocca. Del resto occorre concentrazione per la riuscita di una buona partita a Battaglia Navale.
Quando DirigenteDonna1 ha esternato la propria insoddisfazione circa il suo essere costantemente ignorata, CapoGrande2 ha manifestato il suo disappunto nel vedersi affondata la corazzata.
A quel punto DirigenteDonna2 ha denunciato la facile progressione di carriera di quelle donne “aperte” più del necessario verso il sesso opposto e CapoGrande1 ha spostato la mano di SegretariaDiCapoGrande1, fattasi nei minuti sempre più audace (vi ho detto che il mio ruolo era di osservatore).

Prende la parola ResponsabileDonna1 e denuncia le ultime politiche di assunzioni nell’ente, basate su puri nepotismi. ResponsabileDonna2 inizia a parlare, per assonanza, del suo nipotino, tirando fuori da una minitrousse (a questo punto presumo magica) un doppio album fotografico A3.

La moderatrice cerca di riprendere la parola ma ormai è una Babele di “mio figlio invece è bravissimo in“.

Entra una donna delle pulizie a prendere un qualcosa che aveva dimenticato, giusto venti secondi ma la sento chiaramente dire tra sè e sè qualcosa tipo “le solite cazzate“.

Finalmente si riesce a riportare ordine nella sala: CapoGrande2 vince con un fortuito “A2” al quartultimo colpo;
CapoGrande1 pare averla presa bene, grazie anche al costante intervento consolatorio di SegretariaDiCapogrande1, ormai con evidente sindrome del tunnel carpale per la posizione sacrificata ma si sa, il lavoro di segretaria distrugge;
ResponsabileDonna2 ha terminato di mostrare il terzo filmino della comunione della figlia e ripone il tutto, lettore Blu-Ray compreso, nella solita trousse, ostinandosi a violare ogni legge fisica.

Il gran finale è di DirigenteDonna3, quando dà scacco ad ogni futura speranza circa una vera realizzazione delle Pari Opportunità con una frase che racchiude in sè un intero mondo, fatto di consapevolezza delle diversità, delle loro ineliminabili conseguenze, della struttura fallocentrica del nostro pianeta-mondo e dell’insostenibile leggerezza di essere mamma, prima ancora che donna, prima ancora che essere umano. Questo fa quando, alla domanda finale puramente informativo-statistica circa il suo avere o meno figli, accende un sorriso che manco Funari dei tempi vivi e dichiara, solare, orgogliosa come un Achille alla pugna:
Figli? Sì, quattro. E tutti maschi!

E fanculo alle Pari Opportunità.

Finché non mi cacciano (27)

Questione nucleare, anche qui, dopo Fukushima, l’orientamento è netto: ci si caca sotto.
Non esistono impianti di smaltimento sicuri” dichiarano tutti coloro che sono entrati in bagno dopo Bondi. E come dar loro torto? Quelle scorie resteranno in rima a vita.

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Solidarietà

 





 

E’ un momento difficile per tutti, lo sappiamo. Ma proprio per questo occorre unirsi in un grande progetto di elevatissimo afflato corale.

Un euro, basta anche solo quello per chi non possa di più, e mi aiuterai a mantenere vivo un progetto che porto avanti da sempre, con serietà ed abnegazione, rinunciando ad una vita normale.

Diamo un senso reale al significato di “partecipazione attiva”.

Solidarietà.

Sindrome di Stoccolma, 2° volume

L’entrata di un individuo in un gruppo avviene raramente per intima adesione all’ideologia del gruppo stesso. Più frequentemente egli assorbe quella ideologia e la fa propria per il solo desiderio di appartenenza a “qualcosa”.

Ci si scopre così comunisti, forzanuovisti, pacifisti, attivisti, disattivisti, isti, contro Israele, pro foche monache, obamiani, berlusconiani, per la caccia, contro i cervi, amanti dei postini, del popolo viola, del popolo della notte, del popolo del popolo, ultrà, nerd, a favore delle penne biro, simpatizzanti delle abbreviazioni negli sms, adepti del nano Gongolo, juventini tribuna est, pro pizza alla diavola, della lega cateteri, per la vagina libera dai tampax a tradimento, detrattori delle note a piè di pagina, linux-dipendenti, caccaioli.

L’importante è far comunella con gente che abbia in comune con te quella… “cosa”. Di cui obiettivamente a te non frega un cazzo ma ormai sei talmente immerso in quel meccanismo che senti esserti entrata dentro.

Sei parte di un gruppo satirico: ridi ad ogni battuta venga fuori da quel gruppo. Non importa faccia cacare: ti viene davvero da ridere. La leggi con altro animus.
Leggo su Facebook la sequenza: pubblicazione battuta (talvolta oggettivamente mediocre) – condivisione da parte di membro del gruppo  – “ahahahahahahahah!” di accompagnamento – rimbalzo – loop.
Se una cosa viene dal gruppo ostile invece sarà una merda a prescindere. Niente “ahahahahahahah!”.

– Del Piero è un mito calcistico assoluto. Oggettivamente ha dato tanto al calcio e sarà sempre nei nostri cuori.
– Pare lo voglia prendere il Milan.
– Sempre stato una pippa, Pinturicchio del cazzo, forza Juve!

La soggettività rade al suolo ogni elemento di critica.

Insomma, ci sono spunti satirici interessanti, altri mediocri, altri palesemente scadenti: non importa. Tu non riconoscerai mai la merda del tuo insieme. E qualora ci fosse è goliardicamente simpatica.
Pian piano assumerai i gusti del tuo sistema di riferimento. E siccome la tendenza è che più grande è il gruppo, minore la capacità del singolo di incidervi, la crescente frustrazione di veder annullata la propria personale importanza nel sistema viene sublimata proprio in un maggior attaccamento alla struttura: ti senti marchiato a fuoco. Vuoi esserlo. E’ l’unico modo per dare un senso alla tua scelta di appartenenza e di sentire che la scelta di dedicare tante energia ad una cosa tutto sommato esterna a te ha un senso.

Personalmente ho vissuto una situazione di devozione assoluta da parte di una “fan”, che si sperticava in complimenti per ogni mia parola, gemito (sic!) o parcheggio auto.
Era un continuo “ahahahahah!” di cui sopra.
Questo fino al momento in cui non sono uscito dal gruppo satirico che qui chiameremo “Sindrome di Stoccolma”. Da quel momento in poi silenzio. Tutto quanto scrivevo veniva ignorato. Mentre soffrivo nel vederla regalare i suoi “ahahahah!” al satiro di turno che mi aveva sostituito nel gruppo “Sindrome di Stoccolma”. Sono caduto in depressione. Che troia.

Insomma, col tempo hai imparato ad ascoltare solo gli altri del tuo gruppo, che ne sottolineano ovviamente solo i tratti comuni positivi, accantonandone le criticità e soprattutto cementando tale unione nel trovare un nemico comune nell'”antigruppo”.
Sì, perché ciò che più lega non sta nel collante ideologico del gruppo che hai scelto di far tuo ma nell’iperlegame che si crea odiando un gruppo uguale e contrario al tuo.

Ogni gruppo ha la sua antimateria. A che pensate serva il CERN? Creazione E Replicazione Nemesi*.
*questa è una cazzata immane**.
**allora crea un gruppo anti questa cazzata.

Sei comunista? Fascisti di merda! Ma come potete pensarla così? Noi invece.
Sei pacifista? Guerrafondaio bombarolo del cazzo. Possa morire tu sotto le tue stesse bombe. Noi invece.
Sei a favore delle penne biro? Ti possa scoppiare in mano. Ma come fai a non apprezzare l’eleganza della stilografica? Noi invece.

Il piacere di ritorno nel riconoscimento da parte del tuo gruppo compensa l’idiozia dell’esserci dentro: attraverso una complessa serie di rituali non troppo dissimili dal reciproco scimmiesco spulciamento, l’adepto trova gratificazione.

Il prezzo da pagare è il riconoscimento del valore di quell’ideale che unisce il proprio clan. E – fondamentale – il riconoscimento del disvalore dell’antigruppo.

Analizzato questo protomeccanismo, assolutamente infantile, di ricerca – adesione ai principi del gruppo – attuazione comportamenti richiesti, vediamo come il singolo rinunci volontariamente ad una parte fondamentale della propria individualità.

Il pericolo sta nel prendere una china estremistica tutta basata sulla cieca adesione alle linee dettate dal gruppo, di cui – lo ribadiamo – a te fondamentalmente non frega nulla quanto a principi, essendovi dentro per il solo piacere del riconoscimento.

– Sai, io scrivo su Sindrome di Stoccolma (fase SBORONE-PIACIONE)
– Davvero! Mi fate sbudellare! (FAN INTORTATA)
– Grazie (fase UP del tutto provvisoria e poco soddisfacente: in realtà il complimento non è diretto a te, e lo sai, ma al tuo gruppo. Questo comporta un ulteriore immedesimazione nello stesso, creando una forma di dipendenza crescente).

Tu, intimamente, sei strutturato in un certo modo: non hai vissuto necessariamente in un ambiente a te adatto per capire la tua vera indole, coltivare le tue perversioni e crescere i tuoi sottili o grossolani piaceri. Quella banana può anche essere mangiata, per esempio.
Potresti essere fascista dentro ma aver ricevuto un indottrinamento da piccolo che ti ha fatto abbracciare falce e martello. E ora ci credi anche, hai vissuto una intera vita sotto il sol dell’avvenir e tutto quel che hai visto e respirato si colorava di gloriosi piani quinquennali e socialismo reale.
E non lo sai.
Prova a spegnere una sigaretta su un rabbino ottantenne. E’ un semplice test. Magari trovi la Via.

Perché tifi Inter se sei di Caltanissetta?
A te, cosa fotte di una squadra di calcio, in generale?
Ti piace lo spettacolo del pallone? Disegnati degli esagoni bianchi e neri sulla panza.
O fai ruotare tua moglie, non so.
No, davvero, pensaci: vivi a Brindisi e ti batti per salvare l’albero della gomma di Santa Helena.

E così trovarsi sul gelido pack canadese a difendere delle foche dalle fiocine di nerboruti cacciatori senza scrupoli. Tu, armato solo della tua ideologia del cazzo e mandato avanti a dimostrare la tua lealtà al gruppo.

Morissero tutte squartate, ‘ste bestie.

Così voi, i proclami per il Sì al referendum che ogni giorno appestano il mio quotidiano, le campagne per l’acqua, il “no” al nucleare, il “fì” a Vendola, le puttane e Berlusconi, Berlusconi e le puttane, i fotomontaggi della Santanchè con la bocca larga, Il Dalai Lama e i monaci pelati, “adotta un cucciolo cerebroleso”, “nessuno condividerà questo gattino perché nero”, “io dono sangue, e tu, merda?” il tamtam per partecipare attivamente ad una cazzata buonista che si concluderà in un “mi piace” su Facebook.

Hai davvero così bisogno di identificarti?

Uccidi una foca, libera te stesso.
 



Finché non mi cacciano (26)

Il PDL riconosce la sconfitta, pur sottolineando l’importanza di aver conservato baluardi come Cosenza, Rovigo, Varese, Iglesias (ma solo Enrique), una dozzina di puttane, Giorgio Mastrota, mio nonno e buona parte della Mafia.

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