Spiegare cosa sia un facepalm ai più piccoli

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Berlusconi mentre mima il contenuto di questo post

Mi rimproverano di non scrivere troppo di politica. A questa fandonia rispondo: è vero (la fandonia era che qualcuno mi rimproverasse qualcosa).
La scelta di non scrivere troppo di politica è dettata dalla certezza di cadere nel qualunquismo, nella becera demagogia, nella tracotanza, nell’utilizzo di termini assolutamente casuali.
La politica comporta necessariamente cadute populiste, a partire dall’origine del suo termine: “Polis”, che in greco significava “Colui che racconta cose al fine di sedere su un scranno e impartire ordini ad una serie di persone convinte che scegliere lui cambierà qualcosa ma in fondo sanno già che è tutto un magna magna VERGOGNA!!!!1!” (Visto come è facile cadere nella demagogia?).
È vero, non ho studiato molto il greco, ma anche voi, pensate di sapere bene l’aramaico? O l’italiano stesso. Dunque per piacere.
Ritengo che l’attuale sistema politico sia ormai qualcosa di…


– No, te l’avevo detto: non ci riesco!
– Eddai che andavi benissimo!
– Ma che benissimo?! Non ho scritto che cazzate! Io non ce la faccio. Non mi frega niente di dare analisi politiche, tirare fuori battute sul PD che non decide niente, su Grillo e Casaleggio, su Coso.
– Coso?
– Ti prego.
– Dillo.
– No.
– Dillo! È liberatorio!
– Cazzo, no!
– Dai!
– B…
– DAI!
– BERLUSCONI! VA BENE? BERLUSCONI! BEERLUUSCOONII!
– Bravo. Stai meglio, vero?
– No.
– Eppure si vede già che hai un altro colorito.
– Ti prego, scriviamo qualcosa sul Papa.
– Hai rotto il cazzo col Papa.
– Me ne rendo conto, ma mi viene meglio.
– No. Devi cominciare a scrivere qualcosa di più tradizionale, più mainstream.
– L’uso della parola “Mainstream” in questo post non rende lo stesso abbastanza manistream?
– No.
– Ok.
– Ma non vedi cosa fa Crozza? Lui è il punto più alto della satira in Italia. Prende uno e gli rifà il verso. E lo fa benissimo! Si mette pure le parrucche! Fa le vocine! Meglio di Alighiero Noschese.
– Tu sai che Alighiero Noschese non se lo ricorda nessuno qua?
– Appunto! Cavalchiamo il nuovo!
– Crozza è il nuovo?
– Sì!
– Benissimo…
– Sì, benissimo, senza che fai quelle faccette. Crozza è LA satira.
– Mi stai dicendo che devo essere Crozza?
– Sai farlo?
– No.
– Peccato. Allora Vauro.
– Non so disegnare.
– Vedi che sei sulla strada buona?
– Non è una buona idea.
– Uff… Sei complicato. Chi ci resta?
– Non so ma non mi importa! Io voglio scrivere le cose che mi piacciono!
– E allora resti uno sfigato che si legge da solo.
– Ma chi se ne frega! Cos’è ora questa smania di diventare famoso! Tanto si sa che certe cose non prendono!
– Ma sei tu che scegli di scrivere cose che non prendono! Cosa ci metti a fare una battuta su Berlusconi! Cosa?
– NIENTE! PER QUESTO NON VOGLIO! Ho smesso anni fa di fare quelle battute, quando ancora tiravano. Adesso le trovo ridicole!
– Esatto! Ridicole! Dal latino “ridiculus”, cioè “che ancheggia allegramente invitando foche monache a riprodursi sotto un cavalcavia“.
– Nemmeno tu hai studiato le lingue morte, vero?
– No, essendo te in questo metapost, ma non importa.
– Senti, io non ce la faccio.
– Prova, una sola volta, fallo per me. Cioè per te.
– Ma non so nemmeno se sia ancora in grado…
– Dai che lo sai. Guarda: questa è la notizia: “Decadenza Berlusconi, giunta dice sì a voto palese“.
– Ti prego…
– Dai, prova.
– Cristo.
– Su!
– Decadenza Berlusconi, la giunta vota per il voto palese. Si alza forte la voce di Silvio: “Datemi due puttane!”.
– Ahahahah! Lo vedi? Lo vedi?
– Ma è una merda!
– Ma che merda! È perfetta! Questa su L’Unità prende seimila “mi piace”. Dai, un’altra.
– Cazzo. Ok, provo. “Anche Brunetta protesta insieme al Cavaliere. Ora aspettiamo gli altri cinque e andiamo a fare il culo a Biancaneve”.
– Ahahahahah! GENIO!!! CHAPEAU!!!!!
– Mi vergogno come un cane.
– Hai già in tasca mezzo posto nella redazione satirica di Repubblica. Per non parlare dei “mi piace” su Facebook.
– Ma cosa me ne fotte dei “mi piace”? Non voglio “mi piace” da gente che trova divertenti queste merdate!
– Devi pensare in grande, coglione! Ultima, dai!
– Ancora?
– Ultimissima, su. Più tranchant.
– Tranchant?
– Tranchant.
– Mah. Vediamo…
– Dai che so che facciamo il botto con questa.
– Dunque…
– Dai!
– “Berlusconi chiede si apra un tavolino di trattative”.
– AHAHAHAHAAHAHAH! EPIC WIN!!!!!11! AHAHAHA!!! GENIO!!!!111!!!
– Eh?
– GRANDE! Con questa ci campiamo almeno tre anni. E ce la rivendiamo alla Innocenzi, che ci passa il prossimo esame da giornalista senza manco bisogno di dimostrare di capirla.
– Ho i miei dubbi.
– Sulla Innocenzi? Pure io. Ma la battuta è fortissima!
– Contento tu.
– Ultima cosa. Me la puoi rielaborare pure per Brunetta?
– Cioè?
– Secondo me con un piccolo adattamento spacca pure con Brunetta.
– Stiamo esagerando.
– Tu prova.
– “Berlusconi e Brunetta siederanno al seggiolone delle trattative”.
– BWAHAHAHAHAHAHA!!!!! TI PREGOOO!!!!! AHAHAHAHAHAAHAHAAH1111!!!!111!!!UNOOOO!!!
– Non ho parole.
– SEI GRANDEEEEEE!!!!!111!!1111111111234.
– …
– Ma te la voglio asciugare per renderla ancora più efficace.
– Eh?
– Senti questa: “Berlusconi è basso, ma Brunetta di più”.
– Cosa?
– Ahahahah! Con questa spacchiamo! Ci facciamo pure un’agenda!
– Mi tiro indietro.
– Ci vinciamo il Macchianera almeno per cinque edizioni!
– Vado.
– Il Festival! Sanremo!
– …
– Il Cantagiro…

Costruire un futuro: oggi, verso le 16.45.

Anger

– E poi la nostra storia non ha senso!
– Non ti capisco. Perché non ha senso?
– Perché, cosa siamo io e te?
– Due persone.
– No, “insieme” cosa siamo?
– Due persone che stanno insieme.
– Tu la fai sempre facile.
– Se è facile la faccio facile.
– Invece non è facile per niente!
– Cosa non è facile?
– Tutto!
– Mi pare una iperbole tendente al tautologico.
– Ecco vedi? Non mi capisci!
– Questo è un problema reale, certo.
– Il fatto è che io e te non siamo niente! Non andiamo da nessuna parte!
– Ti porto a cena fuori stasera.
– NOOO! Non hai capito! Io e te non abbiamo un futuro! Io sono sposata e tu sei sposato! Non sei tu il mio futuro!
– Beh, dipende dal tuo concetto di “futuro” Se ora mi viene un ictus non abbiamo un futuro già tra pochi istanti.
– Questa è la tua solita filosofia!
– Ma è anche la verità. Spiegami, cosa c’è che non va?
– Tu sei un uomo, la fai sempre facile! Ma questo nostro rapporto non va da nessuna parte.
– E dove dovrebbe andare?
– Non lo so! Ma questo non ci va!
– Ma se non conosci la sua destinazione è irrilevante se vada da una parte o dall’altra.
– Ancora filosofia!
– Scusa, sono intelligente. Ma sto cercando di smettere.
– È che è un rapporto fine a se stesso!
– Spiega.
– Cosa siamo io e te?
– Due persone.
– No, “insieme” cosa siamo?
– Due persone che stanno insieme. Ma sto facendo il copia incolla da sopra.
– Ecco! No! Voglio dire che non è questa la mia quotidianità! Non sei tu! La mia quotidianità è mio marito!
– Ognuno ha i suoi cazzi.
– E dunque questo è un amore fine a se stesso.
– Bene.
– Bene? Tutto qua?
– Certo. Prendo atto di questa tua definizione.
– E non hai altro da dire?
– Avrei tanto da dire, ma non so se sia il caso.
– Perché?
– Perché ti incazzeresti con me, trovando senso nei miei ragionamenti e dunque ti sentiresti a disagio per le mie argomentazioni che andrebbero a smontare questa tua costruzione sofferente e autolesionista. Ti ritroveresti dunque con le spalle al muro di fronte alla verità e ti renderesti conto che questo rapporto è splendido così com’è. Prenderei dunque un grosso “Vaffanculo stronzo!” alla fine e mi salteresti addosso infoiata.
– Presuntuoso del cazzo! Non ti darei mai ragione a prescindere.
– Questo lo posso credere.
– Dai parla, fammi capire perché un rapporto fine a se stesso dovrebbe essere quello che desidero davvero.
– Ci vai al lavoro?
– Eh?
– Al lavoro, la mattina, ci vai?
– Certo.
– Quella è la tua quotidianità.
– Beh?
– Col lavoro ti senti di vivere un qualcosa fine a se stesso?
– Certo che no. Quello serve per costruire un futuro. Esattamente il contrario di quello che sento quando sto con t…
– Aspetta. Lavori sabato e domenica?
– No.
– Stai male sabato e domenica?
– Che domande, certo che no. Ma che c’entr…
– Prendi dei permessi ogni tanto? Per sbrigare commissioni, ma anche per te, per farti i capelli…
– Ogni tanto, certo.
– Ora, so che stai risparmiando per quella vacanza alle Mauritius…
– Sì, ma questo…
– La tua quotidianità qual è?
– Eh?
– Il tuo tempo, il tuo costruire, ciò che di solido c’è nella tua vita, quando lo vivi? Quando lavori o quando sei in ferie, o a riposare, o durante i permessi?
– Ma che significa: la vita è fatta di tutto. Di lavoro e concretezza e di un po’ di svago…
– Esatto.
– Eh?
– Esatto. La vita è fatta di tutto. Il tuo viaggio alle Mauritius è fine a se stesso, secondo i tuoi parametri. Perché non costruisce nulla di concreto. È pura evasione. Non è quella la realtà quotidiana. Non poni le basi per nulla. È una esperienza che godi sul momento. E quando finisce c’è anche una discreta sofferenza nel tornare al tuo quotidiano. Non per questo rinunci alle Mauritius perché non vuoi poi vivere il ritorno al lavoro. Anzi: quei periodi di vita diversa, fuori dagli schemi, “fine a se stessa” servono alla vita concreta, a renderla più accettabile. Servono per dare un senso alle cose non fini a loro stesse, alle cose del quotidiano. Io per te sono la gita fuori porta. Io per te sono l’appuntamento dall’estetista. Io per te sono il viaggio alle Mauritius. E rinunciare a me perché il nostro rapporto non costruisce nulla, il rinunciare a me perché la concretezza è altrove, è come rinunciare ai momenti di vita diversa e desiderabile solo perché in quei momenti non vivi tran tran quotidiano, non vivi qualcosa di produttivo. Rinunciare a me significa scegliere di lavorare anche sabato e domenica, non prendere ferie, non volare via alle Mauritius perché quelli sarebbero inutili momenti fini a loro stessi. Io ti servo, così come sono.
– …
– …
– …
– …
– Vaffanculo stronzo! Scopami!

Sceneggiatura di un film italiano-tipo

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Margherita Buy, in una intensa scena di dolore, dopo aver scoperto il tradimento

Attori:

Margherita Buy (Sandra, la donna in carriera che non riesce a conciliare il ruolo di madre con il suo arrivismo ed entra in crisi);
Sergio Rubini (Alfio, il marito di Sandra, un uomo tutto casa e lavoro, fino a quando la sua azienda lo mette in cassa integrazione e a quel punto perde ogni certezza);
Laura Chiatti (Liviana, impiegata al call center, che prende una sbandata per Alfio);
Stefano Accorsi (Luigi, il manager che fa cadere Sandra in un vortice di passione e perdizione);
Riccardo Scamarcio (l’ambiguo).

Storia:

Parcheggio Ipercoop, semibuio. Sandra è in auto, una Audi A3 pulitissima, inquadrata molto bene, che parla animatamente al telefono, un Nokia Lumia nuovissimo, inquadrato molto bene. Il trucco cola sul viso. Fuori piove.

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Margherita Buy, in una intensa scena di felicità, dopo aver programmato da sola Sky per X-Factor

Luigi l’ha seguita, accosta con la sua auto, una Audi A6 nuovissima, inquadrata molto bene: la vede urlare e decide di entrare, interrompendo la telefonata di Sandra. Lei lo guarda come non fosse sorpresa. Non dicono nulla. Lei gli fa un pompino. Sale la musica, dissolvenza sui vetri che si appannano. Fuori piove.

Alfio intanto ha saputo della cassa integrazione e cammina, sotto la pioggia. Gli vengono inquadrate delle Hogan sorprendentemente pulite e enigmaticamente idrorepellenti. Entra in un bar, si avvicina al bancone, con su bottiglie di acqua Lete, inquadrate molto bene. Qui incontra Liviana, che dopo il call center arrotonda alla cassa. Dietro di lei il cuore Algida, inquadrato molto bene. Il bar è gestito dal padre del suo ragazzo. Alfio e Liviana iniziano a parlare, poi, con la confusione, si appartano nel bagno, sporco come solo nei film italiani che cercano di rappresentare i bagni sporchi ma la tavoletta è nuovissima, ma soprattutto c’è. Lei gli fa un pompino. Fuori piove (non si vede ma si sente la pioggia forte).

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Margherita Buy, in una intensa scena di disagio, dopo aver visto un suo film

Sandra e Alfio tornano a casa. Tacciono ovviamente delle loro storie ma lei ha una crisi di nervi mentre parla animatamente al telefono, il Nokia Lumia di prima, con una cover diversa. Lui alza il volume della tv, un Samsung Led 60 pollici, inquadrato molto bene. Danno una puntata di Beautiful, l’unica nella quale fuori piove. Fuori piove.

Intanto Liviana torna a casa, sotto la pioggia, perché fuori piove. Passa il suo ragazzo, accosta con l’auto, un’Audi A1 rossa, nuovissima, inquadrata molto bene. Le dice di salire, ma lei sente il peso della colpa e piange e scappa via. Il ragazzo capisce che qualcosa non va e aumenta la velocità del tergicristallo. Piove ancora.

Giorno successivo: Sandra esce e incontra ancora Luigi, in macchina, l’Audi A6 del giorno prima ma senza Arbre Magique al cocco (scelta della produzione? Svista?) in altro parcheggio, Auchan stavolta. Piove ancora. Lei urla furiosamente mentre lui se lo tira fuori. Le urla non diminuiscono in intensità ma non si capiscono più le parole. Alla radio danno una cosa di Piovani. Assonanza.

Liviana si va a confessare e il prete (un cameo di Silvio Orlando nel ruolo di se stesso, ma prete) le consiglia di smettere di fare quelle cose ma, nel caso, di riprendere tutto e mettere su una chiavetta Kingston e portargliela, per tarare la penitenza. Stacco su un grande Cristo in croce con la scritta INRI, inquadrata molto bene. Poi esce e incontra ancora Luigi, in campagna. Lei parla e piange. Lui fa per slacciarsi la patta ma viene interrotto da un pastore che urla qualcosa circa la questione immigrati. I due si spaventano e provano a ripartire, ma la macchina è nel fango e le ruote slittano (macchina nel del fango: finissima metafora?).

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Margherita Buy, in una intensa scena di tifo calcistico, dopo aver rispolverato delle vuvuzelas

Non sono inquadrate bene le gomme, per capire la marca. Lei piange, lui guarda fisso davanti, il pastore mangia una Fiesta, aroma curacao.

Sandra urla in macchina: non si accorge che Luigi è andato via venti minuti prima, lasciandole un biglietto in cui le confessa di non amarla e che ha intenzione di aprire una concessionaria Daihatsu. Lei urla molto di più e il trucco ora la fa assomigliare a Joker o Simona Ventura. Sotto la pioggia.

Ah, Scamarcio: niente, una comparsata alla fine nella quale fa un pompino al pastore, con sfondo di una Audi R8 inquadrata molto bene. Sotto la pioggia.

Fine.

Come nascevano le frasi di Buddha

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Se poniamo a confronto il fiume e la roccia, il fiume vince sempre non grazie alla sua forza ma alla sua perseveranza.
(Buddha Gautama)
– E a quelle piogge acide, maestro.
– Eh?
– Le piogge acide.
– Sì, le piogge acide.
(Buddha Gautama e allievo osservatore)

Il tuo compito è scoprire qual’è il tuo compito e dedicartici con tutto il tuo cuore.
(Buddha Gautama)
– L’apostrofo, maestro.
– Eh?
– L’apostrofo su “Qual” non ci va.
– Ah.
(Buddha Gautama e allievo osservatore precisino)

Quando l’allievo è pronto, compare il maestro.
(Buddha Gautama)
– Eccomi maestro, sono pronto.
– Chi sei?
– L’allievo.
– Ah. E che vuoi?
– Niente, può comparire.
– Dove?
– Non so, lo dice nell’aforisma.
– Ah.
– Eh.
– Dunque mi vedi?
– Sì maestro.
– Allora funziona.
– Ma la vedevo anche pr…
– Funziona.
– Sì maestro.
(Buddha Gautama risoluto e allievo osservatore mortificato)

Se vuoi conoscere il passato, guarda il tuo presente.
Se vuoi conoscere il futuro, guarda il tuo presente.
(Buddha Gautama)
– E come si fa a conoscere il proprio presente, maestro?
– Chiedi domani.
(Buddha Gautama alterato e allievo osservatore un po’ preso per il culo)

Sii come il bambù, fuori duro e compatto, dentro morbido e cavo.
(Buddha Gautama)
– E questo cosa comporta maestro?
– Ti confonderai con una caramella balsamica.
(un Buddha Gautama sorprendentemente ironico e allievo osservatore spiazzato)

Il falegname piega il legno, l’arciere crea le frecce, il saggio modella se stesso.
(Buddha Gautama)
– E il panettiere cosa fa, maestro?
– Il pane.
(un Buddha Gautama che pare aver preso gusto nel prendere per il culo il suo allievo, sempre più spiazzato. Va detto che pure lui, che cazzo di domanda è ” il panettiere cosa fa maestro?“. Cioè, te le vai a cercare, Cristo!)

Dall’attaccamento sorge il dolore, dal dolore sorge la paura; per colui che è totalmente libero, non c’è attaccamento, non c’è dolore, non c’è paura.
(Buddha Gautama)
– E cosa c’è, maestro?
– Stocazzo.
(un Buddha Gautama invecchiato malissimo)