Piero Angela non vi ha insegnato una mazza

Piero Angela (da Wikimedia Commons)

Ero un bambino quando iniziò Quark, condotto da Piero Angela.

La scienza, il futuro, la capacità dell’uomo di creare progresso, erano portate nelle case di tutti, e io restavo affascinato da quell’universo svelato, che mi veniva raccontato, spiegato, da persone nelle quali nutrivo totale fiducia. Persone che dimostravano come la tendenza naturale dell’uomo fosse cercare sempre di progredire, migliorarsi, utilizzando gli insegnamenti di uomini precedenti per compiere continui passi avanti, in ogni campo, scientifico, medico, di cooperazione e abbattimento dei confini.
Venivano raccontate le guerre e le atrocità di tempi lontani, e io mi sentivo fortunato a vivere in tempi migliori, con prospettive ancora più rosee.
Il giorno dopo tornavo in classe e raccontavo agli amichetti della puntata di Quark, di viaggi intergalattici e buchi neri.
E c’era il compagno scemo, che non aveva visto la puntata, perché Quark era “noioso”.

Ho visto qualche giorno fa Superquark, e c’era ancora Piero Angela. Parlava di scienza, ancora, di futuro, ancora, di progresso. Ancora. Ma ho avuto una brutta sensazione: tutta quella scienza, tutta quella capacità dell’uomo di cercare di vivere in un mondo migliore, tutta quella progettazione di macchine fantastiche e di ricerca di forme di energia pulite, improvvisamente mi sono sembrate solo una opzione, una delle tante. Cioè, mentre da piccolo trovavo normale che col tempo l’uomo sarebbe “migliorato”, imparando dagli errori del passato, oggi tutta questa fiducia mi è crollata. Mentre da piccolo sentivo una sorta di deferente ammirazione per chi possedeva capacità e conoscenza, oggi avverto la diffidenza pubblica verso chi ha speso una vita sui libri. Mentre da piccolo Piero Angela mi sembrava Dio, oggi mi pare una sorta di ultimo baluardo ad arginare una tracimazione di ignoranza dilagante, ignoranza arrogante e distruttiva, che non riconosce meriti, impegno, capacità.

Io penso che sia questa, la nuova Resistenza, che questa generazione sta inconsapevolmente vivendo e fatica a riconoscere.
Perché non ci sono fucili di mezzo ma orde di zombie metropolitani a testa china su schermi che rimbalzano fake news e puttanate che stanno facendo breccia in menti semplici e arroganti, convinte di possedere il sapere grazie a a Google e del tutto inconsapevoli di quanto lavoro serva per imparare a capire, a progredire, a pensare.

Piero Angela è invecchiato benissimo, non così il nostro tessuto sociale, il nostro desiderare di scoprire la vita su altri mondi, il nostro sognare macchine volanti.
A me sembra che oggi l’unica aspirazione sia trovare il modo di mostrare a una piccola bolla internettiana che esistiamo. E per farlo siamo disposti a calpestare ogni umanità, civiltà, crescita.

Per decenni Angela ci ha spiegato l’importanza dei vaccini. Adesso la gente scende in piazza contro obblighi vaccinali, nati per un reale pericolo sanitario.
Per decenni Angela ci ha mostrato come esista un solo essere umano, a ogni latitudine, con la scienza, non con il “buonismo”. Adesso è diventato normale mostrare la propria miseria umana e inveire contro chi è più disperato di te, in una guerra a cercare di evitare di essere ultimi.
Per decenni Angela ci ha mostrato le bellezze del nostro pianeta, la sua fragilità, i suoi meccanismi scientifici e biologici. Adesso c’è spazio per terrapiattismo, negazionismo, schiachimismo.

C’è un ritorno a uno sciamanesimo 2.0, un revival delle “scienze alternative”, sovranismi medievali e nuove inquisizioni, guru mediatici ci insegnano a campare di aria fritta e a curare i tumori con acqua e zucchero (poco zucchero).

Abbiamo un bisogno immane di prendere una posizione, per mostrare che abbiamo idee, e così saliamo sul nostro piccolo palco facebookiano a urlare a tutti che NOI abbiamo ragione e VOI no.

Non ci piace più chi è meglio di noi, ci fa sentire inadeguato, se ha studiato probabilmente è corrotto, è lontano da noi gente. E allora eleggiamo chi è come noi, non importa se capace, non importa se preparato.

Tutto questo casino di fuffa diffusa a ogni livello, scambiato per “democrazia”, spacciato per legittimo perché trattasi di “volontà popolare”: il popolo deve essere libero di scegliere come curarsi, ok. Intanto chi non può scegliere perché immunodepresso muore. Semplicemente muore.

E su questo incipit populista di una libertà per scopi solo personali è nata una nuova era, anarco-rincoglionita, nella quale ce ne fottiamo allegramente del prossimo (come prima, eh), ma oggi con arroganza, con dati fasulli, con pezze di appoggio trovate su www.QUELLOCHEITGNONDICONOSIGNORAMIA.com.

In politica si parla da borgatari perché questo è visto come vicino alla gente, le città le vogliamo comuni medievali a difesa di tradizioni che non rappresentano nulla, nei letti si muore per idiozia.

Piero Angela, diciamolo, non vi ha insegnato un cazzo.

Ora mi rendo conto che eravate voi, il mio compagno di classe scemo.

“L’odore della carta al mattino” (semicit.)

 

copertinalibrocarta
UMC – Il libro

 

Non starò a farla troppo lunga. Comunque… è arrivato nelle librerie. Online e reali. Costa poco e vi cambia la vita (all’interno ci sono i numeri di telefono di Bianca Balti e Noah Mills*).

Che c’è dentro? Satira e umorismo nero, demenzialità e baffi finti. E nessuna banalità da Colorado Cafè. A parte la faccia dell’autore.

Davvero: se non ci fosse un leggero conflitto di interessi direi che una cosa così non la si trova in giro in Italia. Forse in Molise.

Provate, se non ridete per tutto il tempo vi mando una mia foto della comunione: risultato comunque assicurato.

 

*Potrebbe non essere vero.

Amicizie e regalìe

Due tavole regalatemi dall’amico e immenso artista Matteo Bertelli:

 

14 giugno 1982 – Argentina: Finisce la guerra delle Falkland. Che verrà riaperta anni più tardi da un gol di mano di Maradona all’Inghilterra.

 

6 luglio 1997 – La sonda Mars Pathfinder si posa su Marte. Ma nelle foto del catalogo Francorosso era tutta un’altra cosa.

 

Le trovate nel mio libro, “UomoMordeCane, il Vaticano smentisce ogni coinvolgimento”, insieme a tanti altri suoi lavori.

Credo che la sua maestria la possiate apprezzare direttamente dalla sua mano:
 

 

La presente come pubblico ringraziamento e squallida marchetta (ma sono meno di 5 euro, su). Si compra qua.

Scegli la tua ipocrisia: puoi vincere un fantastico viaggio!

Mi ha sempre affascinato quella che considero l’unica, vera, caratterizzante peculiarità dell’essere umano. Che non è l’intelligenza (milioni di anni di evoluzione e il risultato è Luca Giurato), il prevalere su altre specie (un virussetto ci fa il culo) e men che meno l’essere capace di robe romantiche come creare arte (Giovanni Allevi è considerato un compositore) o amare (anche se qui la superiorità di Sasha Grey è difficilmente discutibile).
No.
Quello che ci distingue da qualunque altra specie è l’estrema adattività. All’ambiente, certo (nessun’altra specie la trovi diffusa in ogni angolo del globo). Ma soprattutto a se stessi.

A mio parere l’essere umano non ha alcun tipo di preferenza di base. Non nasce fatto per vivere in Ruanda, Italia, Cina o Texas. Non nasce per fare il metalmeccanico, il musicista, l’astronauta o il mafioso. Leopardi aveva Monaldo e la sua enorme biblioteca, senza la quale probabilmente non avrebbe mai composto nulla per Silvia ma si sarebbe limitato a masturbarsi per lei dietro la siepe, schizzando verso l’Infinito. Ayrton Senna veniva portato in pista fin da piccolo da suo padre, tutti i giorni (erano ricchi di famiglia e la playstation non c’era).
Il discorso-talento è fuorviante: il talento innato solo in parte fa la differenza (e in rarissimi casi è davvero palese, tipo un Mozart). E’ il coltivarlo, il lavorarci su ogni giorno a creare le basi per emergere.

In ogni caso, l’adattività porta l’uomo a quella che trovo la vera, misconosciuta, più grande ipocrisia che l’accompagna in tutta la sua esistenza: farsi piacere le cose per pura opportunità.
Chi va all’estero a lavorare: quanto entusiasti sono del loro nuovo paese? Quanta soddisfazione nel constatare che “I servizi, tutta un’altra cosa… la qualità della vita? Altissima, altro che l’Italia…“? Quanto amano scrivere poi peste e corna dei luoghi lasciati, del loro paesino di provincia o del  loro ex-lavoro mal retribuito? Invitando tutti a fare come loro, a lasciare questa terra dura ed ingrata.

Io sono convintissimo che in Svezia davvero gli ospedali non abbiano le corsie allagate di urina o che alle poste la sportellista sia efficientissima, biondissima e ti faccia un pompino incluso nel prezzo della raccomandata. Così come giurerei sulla testa dei miei figli che in Svizzera manco una carta da chewingum per terra, che le fontane spruzzino cioccolato liquido e che le banche ti accolgano con un sorriso e non ti minaccino dicendo che sono costruite attorno a te. Sono altrettanto certo che a Dublino la vita sia una festa continua, fiumi di birra e ragazze disponibili, che a Monaco la vita sia una festa continua, fiumi di birra e ragazze disponibili, che a Bruxelles la vita sia una festa continua, fiumi di birra e bambini disponibili.

E chi rimane in Italia? Che dice? Certo, se vive un disagio sociale, se manca di un lavoro si lamenta tanto quanto l’emigrato, del proprio paese. E minaccia di andarsene.
E la Fornero, e le raccomandazioni, e il “E’ una vergogna“. Manifestazioni, discese in piazza, status su Facebook (è la nuova frontiera dello sfogo: una volta si usciva ad ubriacarsi) e continuo malessere espresso in ogni modo verso tutto quanto sia tricolore. Proprio come chi ne è fuggito.

Ma se trova poi un lavoro? Che succede? Cambia tutto. Di nuovo.
Eh, però come si sta in Italia…“, “Ma vuoi mettere la cucina bolognese con quella inglese?!“, “Eh, io vivere a meno venti tutto l’anno? Ma abito a cinquanta metri dal mare, non cambierei la Versilia con nulla al mondo“, “Roma è sempre Roma“, “Sì, abbiamo un sacco di problemi ma siamo un  grande paese“.
E questo vale ovunque, che tu viva a Pizzo Calabro o a Lambrate. Non ti fotte più della ‘Ndrangheta, che fino a ieri era la causa prima del tuo inveire contro il Sistema, che soffocava l’economia locale, impedendoti di trovare lavoro, che ti portava a cercare offerte come cameriere a Londra o pizzaiolo a Berlino e a leggere le esperienze di chi era già partito ed ora magnificava la grandezza della monarchia inglese o della terra delle opportunità tedesca.
Oggi tutto passato, hai trovato lavoro: “Pizzo Calabro ha un sole che altrove se lo sognano, non abbandonerei mai la mia terra“.
E Lambrate: “Ne puoi parlare male come ti pare ma qui si vive bene e se vuoi, dieci minuti e sei al centro del mondo. Milan l’è semper un gran Milan“.

Questo dipende dall’adattività ipocrita dell’uomo, che sostanzialmente parte da un’esigenza insopprimibile di accettazione della situazione che gli si  crea attorno. E non vuole apparire – a se stesso in primis – come quello che non ha saputo crearsi le condizioni ideali di vita. Sarebbe un ammettere
proprie incapacità, propri limiti.
E allora è molto più semplice indicare in fattori esterni le cause che gli stanno impedendo di realizzarsi a livello personale o lavorativo.

Se non superi un concorso è perché “già si sapeva chi doveva entrare” e sicuramente “In Francia non succederebbe“. Se invece lo superi, e non avevi alcuna raccomandazione, ecco che “Si fa sempre un gran parlare male dell’Italia, ma in fondo qua si sta bene e se hai le capacità riesci
comunque“.
Ancora: se non lo superi: “Tanto, vincere un concorso da impiegato al comune di Settimo Torinese… sarei durato meno di un anno, meglio così, meglio restare a fare il disoccupato, ma a Milazzo: se permetti non c’è storia.“. Se lo superi: “E fanculo alla Mafia, ai problemi del Sud, a quella raffineria del cazzo sul mare, altro che paesaggio incontaminato… ma fanculo! E la domenica mi vado a vedere la Juve, mica il Catania!“.

Avete presente quando fate un viaggio? Che gli amici poi vi chiedono: “Beh, com’erano le Mauritius?“. Magari vi potete anche lamentare per mille cose, ma se la scelta della meta è stata vostra tenderete a sottolineare più gli aspetti positivi che negativi.
Al contrario, se la scelta è stata altrui e voi vi siete aggregati, magari esprimendo anche in anticipo le vostre perplessità, vedrete che saranno più gli aspetti critici, quelli ad emergere nella vostra descrizione, che quelli di elogio.

E se state insieme ad una donna bellissima? Non ne siete orgogliosi? Ma certamente. “Chi sceglierebbe mai di stare con una meno bella, se potesse avere una donna fantastica come questa?“.
E se state insieme ad una così così? “Guarda, la mia ragazza la trovo comunque bellissima. E in ogni caso non riuscirei a stare con una troppo bella perché sarei troppo geloso, mi conosco“.
E se state con un cesso assoluto? “A me importa come mi fa sentire. Una bella ragazza non mi interessa, anzi: sono sicuro che se fosse bella non sarebbe così dolce“.

– La tua ragazza sarà anche bravissima ma è una che davvero non si nota.
– Beh sì, non è appariscente.
– No, nel senso che non la distinguo da questa cacata di cane.
– A me importa cosa ha dentro.
– Altra merda, presumo.
– Sei superficiale, sai?
– Sarà… comunque Helena mi ha chiesto di te.
– Chi è Helena?
– La mia amica, quella che ti ho presentato la settimana scorsa.
– La topa?!
– La topa.
– E che vuole?
– Mah, dice che sei carino, non so.
– Ce l’hai il suo numero?
– Certo, ma…
– Dammelo, dai.
– Ma la tua ragazza?
– Ma chi se ne fotte di quella cacata di cane.

Ci autoassolviamo, creiamo nelle nostre teste un ambiente idealizzato, siamo capaci di prenderci per il culo talmente bene da finire per credere a tutto e al contrario di tutto.
Londra sarà “Bellissima, ideale per viverci… il clima stesso ha quel fascino che la rende unica” oppure: “Che cazzo di tempo di merda“, a seconda del fatto di aver trovato o no là una ragione di vita e di spostamento.
L’Italia: “Un paese morto, non vedo l’ora di scappare” oppure: “Non c’è niente di meglio al mondo“.

Ho un amico che ha sposato una brasiliana. Ha vissuto per due anni a Rio. Non faceva che raccontare di come fosse tutto fantastico, e il clima, e la gente…
Poi ha divorziato perché la moglie si faceva sbattere da chiunque, come conferma il Cristo sul Corcovado (perché pensate che tenga le braccia così sconsolate?).
Insomma, è tornato in Italia e da allora ha fortemente rivalutato la sua Spoltore, ridente cittadina collinare in provincia di Pescara. Che prima era solo “un paesetto, dai: vuoi mettere Rio?!” ed ora è tornata “Comunque a misura d’uomo“.
Uomo cornuto, certo.

E’ per questo che non inveisco (ancora) contro il mio paese, non mitizzo l’Australia, non denigro chi è emigrato in Belgio ma neppure chi è rimasto a fare il disoccupato in casa dei genitori.

Sto ancora aspettando di capire quale sarà la mia ipocrisia di salvataggio.