Credi in me e sarai felice

Senza nome-2

– Ti vedo giù, che hai?
– Non ne posso più, sono soffocato da regole, cose da fare, impegni. Tutti pare debbano ordinarti qualcosa.
– E lo trovi giusto?
– No! Ma che posso fare?
– Ribellarti. La vita che hai è una, non puoi giocartela seguendo regole imposte da altri.
– Hai ragione, ma facile a dirsi.
– Ma anche a farsi. Guarda me. Io sono uno spirito libero. Nessuno può impormi nulla. Io non mi faccio manipolare.
– E come fai?
– Mi ripeto continuamente: “Basta regole! Io sono libero! Io seguo solo me stesso!”. Prova.
– Basta regole! Io sono libero! Io seguo solo me stesso!
– Bravo. È un inizio. Ora continua, con parole tue. Non farti imporre neppure da me un mantra. Libertà.
– Le regole ci soffocano! Basta regole! Libertà!
– Stai andando alla grande.
– Io sono mio! Nessuno può impormi nulla!
– Bravissimo. Preparati però a ribattere a chi proverà a manipolarti.
– Nessuno può manipolarmi!
– Perfetto. Dunque niente regole?
– Niente regole!
– Ma senza le regole la libertà diventa caos!
– E allora che sia caos!
– Ma nel caos qualunque valenza positiva, libertà compresa, viene annullata. Chiunque, nel caos, potrebbe interpretare la tua libertà come vuole, e magari togliertela!
– E allora niente caos! Solo regole giuste però!
– Ma la giustizia delle regole è estremamente soggettiva: uno potrebbe dire che questa regola è giusta, un altro che lo è il suo opposto. E a risentirne sarebbero tutti.
– Allora solo regole buone per tutti!
– Come ben puoi immaginare non esistono.
– Allora niente regole, niente libertà, un cazzo di niente!
– Niente è impossibile, qualcosa ci deve essere.
– Cristo! Cosa devo desiderare?
– Desiderare? Il desiderio è l’anticamera della delusione.
– Allora non desidero nulla!
– Benissimo. Stai meglio?
– Non lo so!
– Ottimo. Vuoi un caffè?
– Non lo so!
– Bravissimo. Io comunque lo prendo, il caffè.
– Allora pure io!
– Stai desiderando di essere me?
– Nono, scusa!
– Sicuro?
– Non lo so!
– Ok. Va bene, vedo che sei a posto ora.
– Non lo so!
– Perfetto. Dai, prendilo, quel caffè.
– Posso davvero?
– No, testavo la tua saldezza.
– Porca troia!
– Scherzo, prendilo pure.
– Posso?
– Mi stai chiedendo un permesso?
– Non lo so! Non so più niente!
– Bene, sei pronto. Allora fai così, ascolta me, visto che già lo hai fatto e mi stai seguendo alla grande: fai quel che ti dico, così non dovrai pensare più nulla, nessuno sforzo, nessuna responsabilità, solo esecuzione.
– Sì, dimmi tu.
– Segui queste regole, solo queste, solo le mie.
– Non aspettavo che questo, amico.
– Chiamami Maestro.

Rimborsi IMU, comunicazione, zappe sui piedi.

berlusconi

 

Comunicazione, regola 1: quando si comunica un messaggio occorre essere chiari fin dall’inizio, per non ingenerare errori ed false aspettative. A meno che il fine non sia ingenerare errori o false aspettative.

Se mi arriva una lettera così, con quell’intestazione con forte carattere di ufficialità, io sono spinto a pensare che la missiva venga dallo Stato, da un Ente, da qualcosa di burocraticamente “al di sopra” di me, in grado di decidere del mio destino, financo della mia libertà. La dicitura: “Modalità e tempi per accedere nel 2013 al rimborso dell’Imu pagata nel 2012 sulla prima casa e sui terreni e fabbricati agricoli” è estremamente fuorviante. In sintesi, io leggo “RIMBORSO IMU” e mi viene da pensare che si parli di soldi che io devo dare o devo ricevere. Con caratteri dell’ufficialità, non sottoposti a condizione. Soprattutto se la condizione è l’orientare un mio diritto del tutto svincolato dall’oggetto della lettera. Non voglio arrivare a paventare ipotesi di reato (ci ha pensato Ingroia) ma è evidente che questa comunicazione generi errore, quanto a mittente e quanto a modalità. Leggo di gente che si è recata alle poste per ricevere il rimborso. Se la vecchia, nel far questo, cade, si rompe un femore, muore, io nipote violenterei ogni concetto di nesso di causalità per addossare la colpa a chi mi ha spedito questa lettera. Ma si sa, io sono così.

La tecnica usata, in sintesi, è molto vicina a quella delle false ingiunzioni, che ti arrivano (pare) dalla Finanza o simili e che invece ti richiedono la sottoscrizione di qualcosa, un abbonamento ad una rivista, cose così.

Comunicazione, regola 2: quando si comunica con qualcuno, utilizzare il suo stesso registro comunicativo.

Questa lettera è perfetta. Semplice, lineare. È un linguaggio evidentemente indirizzato al popolo del Tg4, agli incazzati che guardano i cantieri, a chi borbotta e si lamenta perché il figlio non trova posto per colpa dei raccomandati ma intanto cerca “amici” che possano aiutare il “figlio tanto bravo, laureato“. Il popolo del “non si potrebbe chiudere un occhio, dotto’?“. Il popolo che, quando arriva una lettera da una amministrazione pubblica, si mette in agitazione e qui viene rassicurato che stavolta “non avrà nulla da temere“.

Comunicazione, regola 3: quando si comunica un messaggio, ricordarsi di ricordarsi. Tutto.

Lo “scandalo della tassazione della prima casa”, ammesso che sia tale, chi l’ha appoggiato ai tempi di Monti? La diminuzione del valore dell’immobile, ammesso che dipenda dall’IMU e non da una serie di fattori tra cui la crisi generale del mercato immobiliare (messaggio fuorviante), non era prevedibile quando davi il tuo appoggio all’introduzione di una cosa che ora mi vuoi rimborsare? In sintesi: tu, dov’eri? Non ti ricordi? Io sì.

Comunicazione, regola 4: evitare di mostrarsi spaventati dal nemico, quando vuoi trasmettere un messaggio di forza.

“Fini, Casini, Monti”… “E anche Grillo”. Perché Grillo a parte? È Grillo diverso dagli altri tuoi avversari? È Grillo quello che ti spaventa di più? Sì, lo è. Lo è perché è quello che sta usando il tuo registro comunicativo, semplice, che parla alla pancia, come tu stai facendo con questa lettera. È anche il tuo (ex)elettore, quello che oggi vota Grillo ma non per discorsi destra-sinistra. Grillo raccoglie il voto di protesta. Protesta che tu stesso hai contribuito fortemente a creare. Grillo oggi ti fa il culo. Tu lo sai, lo senti. E me lo dici. E io che ti faccio le pulci lo noto. E voterei Grillo già solo per il distinguo che mi hai fatto nella lettera. Mi trasmetti, non volendo, ammirazione per la sua figura.

Per inciso, me ne frega una mazza se l’80% dei grillini ha già fatto politica? Mi stai dicendo che fare politica è attività di cui vergognarsi? Bene. Dai che ci sei arrivato da solo.

Comunicazione, regola 5: non farti sgamare, Cristo!

Ci serve davvero il suo aiuto“. Il mio aiuto? E quello di parenti, amici, conoscenti? Serve a te? Ma il mio aiuto (leggasi: voto), non dovrebbe servire a me? Non dovrebbe essere una cosa per far sì che sia io a stare meglio? Me e il mio Paese, dico? Perché serve a te? Perché ti metti in mezzo? Avresti dovuto dirmi: “Al Paese serve davvero il suo aiuto“: avresti trasmesso una immagine disinteressata.

Che comunque sarebbe prepotentemente ritornata col sublime “Noi siamo l’unica difesa contro l’oppressione giudiziaria“. Ehi, oppresso giudiziariamente ci sei tu! Non pensare che noialtri qua stiamo tutti con l’incubo delle toghe rosse. Pure quando mi proponi un accordo di scambio mi parli dei cazzi tuoi? Se vai a comprare un kg di bigattini per andare a pescare, ti metti a parlare dei tuoi processi col negoziante? E che due coglioni!

Comunicazione, regola 6: ahahahahah!

Ma io trovo sublime il punto esclamativo:

berlusconi2

 

C’è tutto. C’è orgoglio, un velo di nostalgia per i fasti che furono al potere, c’è il vecchio che ricorda al nipote quando era generale e comandava le truppe, ed ora gioca a Risiko facendo bumbum con la bocca.

Il punto esclamativo.

Senza quello ti avrei votato*, peccato.

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*No, mi sa di no.