E auguri di cuore!!!!!!

abbigliamento-natale-per-bambini-cuffietta
Carinissimo!!!!!!!!!!!!!!!!! Mette gioia, felicità nel cuore!!!!!!!!!!!!

 

No.

No, no, no.

Non siete felici davvero, come vorreste far credere. Il Natale non vi ha fatto diventare migliori e in fondo sapete che tutti attorno a voi stanno recitando.

Voi, il Natale, le renne, le tradizioni, il panettone senza canditi (i canditi).

Ma non è davvero il Natale, il problema. È tutto. Ma davvero qualcuno prende ancora le cose della vita sul serio? Ma volete crescere? È tutta una buffonata. Voi, i vostri problemi, i vostri progetti, il vostro futuro, il vostro Natale, certo, i vostri figli imbecilli – sì, totalmente imbecilli – indistinguibili dai rincoglionitissimi figli degli altri, anche se voi credete i vostri siano speciali. Ma quale “speciali”? Lo capite o no che hanno il vostro DNA?! Cos’hanno di speciale esseri che a breve assomiglieranno a voi, con la vostra panza, le vostre frustrazioni, la vostra maglietta della salute? Cosa?
Mamme orgogliose dei propri ometti. Le stesse che si lamentano su Facebook della pochezza degli uomini. Che stanno invece crescendo futuri venusiani, sì? Padri convinti che con quel calcio al pallone sulla spiaggia di Fregene “mio figlio ha già un qualcosa di Messi….”. Tuo figlio di Messi ha solo la maglietta, che tu peraltro gli hai comprato tarocca perché quella originale costava ottantuno euro, regalandogli fin dall’infanzia un sogno made in China.

Ridicoli, ridicoli.

Ridicoli non solo col Natale. Ridicoli tutto l’anno (almeno siete coerenti). Ridicoli nel dannarvi l’anima di fronte alle ingiustizie, ridicoli nell’aderire con passione a idee, movimenti, religioni.
Ridicoli nel credere che “da soli possiamo poco, ma tutti insieme…”. Tutti insieme siete una massa di singoli buffoni.

Ridicoli.

Ridicoli, con le shirt Abercrombie e gli zaietti Eastpak mentre esponete i vostri striscioni contro quelli che rubano, che devono essere sostituiti da persone – a vostro dire – capaci. Contro le quali protesterete dopo sei mesi, con la stessa maglietta e lo stesso zainetto, dimenticando che ce li avete messi voi. Voi, con le vostre pezze al culo dalle mille volte che avete accettato lavori in nero. Ma siete ancora più ridicoli quando pensate di combattere le fatture in nero. Siete voi il nero. Siete voi il marcio. Siete voi il traffico. Siete voi la coda alle poste troppo lunga. Siete voi quelli che fanno salire il prezzo dell’assicurazione. Siete voi quello che vi ostruisce la visuale. Siete voi, quello davanti a voi.

Vi dà fastidio la puzza di piedi in palestra. Sono i vostri piedi.

Siete ontologicamente strutturati, tarati, programmati per vedere il problema altrove, autogiustificarvi, cercare di sopravvivere il più possibile, anche a discapito di ciò che avete attorno: siete un cancro. Vi manca l’istruzione neuronale in grado di riportarvi alla mente la brevità della vostra mediocrissima vita. Miliardi di persone prima di voi sono crepate disperandosi nel loro penoso quotidiano, con i loro mille problemi, progetti, futuro, vacanze di Natale, figli imbecilli, totalmente imbecilli, indistinguibili dai figli degli altri, etc.

Figli che oggi siete voi.

E oggi state arrovellandovi il cervello per capire come spendere quei quattro soldi in regali di Natale. E dopo il Natale, “Oh, a capodanno quest’anno ce ne andiamo fuori, non ci sono cazzi! Maldive, Rio, Urano!”. Invece farete il trenino dentro una freddissima casa di “un amico che all’ultimo ha organizzato”, con il vociare continuo di figli preamplificati e peppapigghizzati, con un Giletti ormai mummificato che urlerà in tv “TRE! DUE! HO DETTO GIA’ TRE? UNO!”.

Siete esseri inutili, numeri in un Sistema che prende a caso e condanna ciascuno a una diversa, orribile fine.

– Numero 342.636.621.153: cancro al colon.
– Numero 5.339.441.901: ammazzato con una lancia da un cazzo di etrusco (un etrusco! Ce n’erano una dozzina in tutto e l’unico incazzato e armato l’ha preso quello là).
– Numero 927.386.117.983: vaporizzato da arma sconosciuta aliena.
– Numero 546.732.790.127: infarto. Banale infarto. Mediocre pure nella morte.

Nascimur uno modo, multis morimur. Ma che cazzo volete capire.

Siete inutili. Sono inutili i vostri dolori. Sono inutili i vostri desideri. Muovete solo la mia profonda pietà per la vostra infinita, disarmante pochezza.
Fingete allegria di fronte ad una tavola imbandita natalizia, come se sapeste cosa sia la fame, voi e il vostro panettone glassato, mandorlato, zuccherato, idrogenato, denuclearizzato, chantillyzzato, OGM Free Free Nelson Mandelaaaa!

Ma quanta più pena fai tu, piccolo ammasso confuso di atomi di carbonio a casaccio, convinto di essere un tassello importante dell’universo, quando ci fai sapere che “io prendo il panettone solo senza canditi! Odio i canditi!”.

Tu odi i canditi.

I canditi.

Provi emozioni – positive o negative, non importa – per dei canditi.

I canditi.

Se la ripeti cinque-sei volte, la parola stessa “canditi” perde ogni significato. E tu hai una tua condotta comportamentale ben definita, che ti fa prendere posizione su qualcosa riguardo a dei canditi.

I canditi.

I canditi.

I canditi.

Tra duemila anni il tuo “no ai canditi nel panettone” che fine avrà fatto? Dai, ti prego, dimmelo. Ci pensi a quanto nulla c’è nel tuo problema coi canditi? Ti sei mai fermato a riflettere sulle mille tue piccole caratterizzazioni, che credi ti rendano “unico e riconoscibile” rispetto agli altri? Tu e la tua nuova cover dell’Iphone, tu e il tuo conoscere il vino giusto per ogni occasione, tu e “prendo una pizza della casa, ma senza rucola, con porcini invece dei funghi normali e rinforzo di mozzarella. Bufala, però”. Tu e il tuo alzare il telefonino al concerto per riprendere qualcosa che devi condividere con gente che di te pensa: “Che coglione questo che fa ‘ste foto”.

Un poveraccio. Che non il futuro ma il presente stesso ha già dimenticato.

Tu. I canditi.

Tu. Voi. Voi e la vostre arterie ostruite da anni di bestie triturate da molari cariati e acidificate dentro il vostro intestino malato e purulento.

Siete voi stessi la metastasi di un macrorganismo che vi ostinate a tenere in vita e che chiamate “esistenza”.

Vi disprezzerei, se questo mio sentire non fosse premiante per delle nullità microbiche come voi, peraltro prive di canditi, a confermare il vostro nulla.

Voi, semplicemente, non siete.

Colgo comunque l’occasione per augurarvi un sereno Natale e un felice anno nuovo.

Punti di vista

2310469582_e812eda3a6_m

Sfido chiunque a convincere un eventuale viaggiatore proveniente dal passato – che so: medioevo – che portare a spasso un cane con un laccio al collo, lavargli le palle e fermarsi ogni tanto a raccogliere la sua merda e portarsela poi dietro in un sacchettino, siano atti di una civiltà superiore alla sua.

Chi non crede all’omeopatia non è figlio di Maria

Ho deciso di vivere l’intera mia esistenza improntandola a principi omeopatici.

Mi sveglio la mattina e faccio colazione con una soluzione di succo di arancia diluita in acqua (una parte su milione; su dieci milioni, se sono raffreddato) e tre granuli di biscotti 9 CH. Questo mi sta facendo perdere rapidamente peso, rendendo anche più leggere le mie ossa, che incideranno sulla crosta terrestre per una percentuale ancor più infinitesimale, aumentando dunque il mio potere sui movimenti tettonici (mi sembra già di poter controllare col terzo occhio la deriva dell’intera placca euroasiatica).

Sfoglio il giornale leggendo una parola e fissando poi un foglio bianco per dieci minuti, poi altra parola. Il tempo totale di lettura di Repubblica in questo modo raggiunge il kalpa.

Prima di uscire curo il mio pesce rosso, Avogadro, che ho messo nella sua boccia di vetro, immergendo poi il tutto nel fiume. Nel 1992 gli diedi del cibo (sedici quark di bigattini): credo tra una decina d’anni sarà ora di dargliene ancora (adoro viziarlo).

Evito di prendere l’automobile perché non parte mai: sarà la soluzione acquosa a base di una goccia di benzina per miliardo che crea qualche problema (ricordarsi di acquistare la prima auto omeopatica in commercio appena uscirà). Nel frattempo dovrò sperimentare un diverso processo di succussione del principio attivo oppure prendere autobus omeopatici, ma anche questi si fanno attendere: l’altra volta mi sono messo alla fermata, armato di santa pazienza, ma non è mai passato, il numero 00000000000000000000000000000000000000000000001.

Mi reco al lavoro, dove resto per le mie otto ore ma concretamente faccio qualcosa solo otto secondi ogni mezza giornata: per il resto mi limito a fissare la parete di fronte. Il mio capo non è contento di questo perché è un tradizionalista. Sicuramente è uno di quelli che quando ha un’infezione si riempie di porcherie medicinali, invece di accarezzare una fotocopia di una foglia di aloe.

Penso comunque di essere molto efficiente al lavoro; non uso neppure un computer: quando devo prendere appunti li detto a un bicchiere, e tutto resta fissato là, per il noto effetto memoria dell’acqua. Certo, è ancora difficile poi estrarre queste informazioni dal bicchiere, ma questo perché sono ancora agli inizi con l’omeopatia. Credo di saperne una parte su centomila. Sono ancora lontanissimo dal padroneggiare la materia come chi ne sa una parte su un miliardo.

Quando ho tempo libero mi piace andare al cinema: adoro film nei quali capisci qualcosa nei primi dieci secondi, quelli in cui fisso lo schermo prima di mettere il cestello del popcorn in testa fino alla fine del film.

Mi piace anche scrivere poesie, questa l’ultima che ho creato:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

il cielo”.

L’ho dedicata a mio fratello, malato di cancro al pancreas. Si stava ammazzando con la chemio e la radioterapia. Per fortuna l’ho portato via da quell’ospedale. Adesso ci penso io a lui: gli inietto 5 granuli ogni 2-3 ore di Ferrum phosphoricum 9 CH, 3 granuli di Belladonna 7 CH, zucchero e metastasi in granuli, in modo da attivare la sua autoguarigione. Mi pare risponda bene: sono tre giorni che non si lamenta più. Pare dormire serenamente. Penso di lasciarlo riposare così altri sei-otto anni.

E poi, vi confesso che anche io ho i miei vizi: quando è disponibile Ivana, faccio una capatina sulla Bonifica, dove lavora: con tremila euro mi guarda la patta dalla distanza di sedici metri.

Provo una parte di orgasmo su milione.