Dell’età e dell’esperienza

Non è vero che l’età porta saggezza. Porta esperienza, quello sì. Ti fa capire in anticipo che la cazzata che stai per fare porterà quelle esatte conseguenze.

E’ solo il grado di precisione previsionale dell’evento, ciò che aumenta con l’età.

Quel che gli anni portano è solo l’irrigidimento delle idee, convinzioni e posizioni. Tendi a mettere sempre meno in discussione quelle che sono le tue incrostazioni mentali, frutto di anni di sovrapposizioni, cementificazioni e stratificazioni (alcuni tuoi preconcetti ormai hanno assunto forma fossile, probabilmente con un discreto valore archeologico) dovuti alle diverse esperienze di vita, che hanno fatto di te quello che ormai sarai fino alla tua fine.

Ricordo che a vent’anni mettevo in discussione le poche certezze che pensavo di aver raggiunto, con una discreta facilità. Ero in grado di dare il voto ai Radicali così come di prendere un gelato al melone, non sentivo alcuna vergogna alla guida di uno scooter e consideravo le infradito un tipo di calzatura eterosessuale.

I ciclisti mi erano indifferenti, incredibile.

Oggi tutto questo non è più.

Mi rendo conto che quell’UMC di allora non esiste più; mai oggi sarei in grado di chiudere un occhio di fronte a un anziano che mi passasse davanti alle poste, nè accetterei di condividere un divano con un qualunque essere a quattro zampe, peloso e perennemente in calore. Ma non è solo per questo che che da anni non invitiamo mia suocera.

La tolleranza – parola comunque orrenda e oltremodo offensiva, quanto “Negro” o “Negro in casa” – mi rendo conto che non mi appartiene più.

Se incontrassi Alfano sono certo gliene direi quattro, non per posizione politica ma per pura fisiognomica.

Non vado in teatro perché sono certo che se vedessi recitare da cani salirei sul palco e prenderei a calci in culo l’attore. Come previsto peraltro nel quarto atto: “Lo spettatore infuriato”.

Quando sono alla cassa del supermercato mento sempre sul numero di buste, sperando che la cassiera mi chieda un accertamento, così da poter imbastire una lunghissima discussione che sfocerà – si spera – in altri e più virulenti litigi con chi era in fila.

Do la precedenza in auto ma facendo frenate brusche e all’ultimo istante, avanzando col muso fino a sporgermi in modo fastidioso, così da ricercare la protesta dell’automobilista di turno e rispondergli con un “Cazzo vuoi!? Mi sono fermato, no?”. Inappuntabile.

Creo ansia, sono ingombrante, cerco pretesti, non patteggio, guardo storto, saluto poco, sputo.

E col tempo posso solo peggiorare.

Voglio.