“Infinitamente buono” reloaded

Quando ero un ragazzino mi sentivo buono. Andavo a scuola, ero bravo anche, e non facevo nulla che fosse ascrivibile al “male” come lo intendevo allora.
Sentivo alla tv di guerre, omicidi, stragi, ritiro dal commercio di succosissime creme spalmabili e di ogni altro crimine contro l’umanità mentre io non facevo nulla di tutto questo.
Pensavo inoltre: “ma questa gente non capisce che poi va all’inferno? Non ha paura?”.
Ed ero forte di tutto ciò: ero il buono e dunque stavo tranquillo.
Poi sono cresciuto e mi son reso conto di tante cose: non mi sento più il buono, nonostante non ammazzi nè stupri nessuna.
Ma solo perché non riesco più a semplificare la visione della vita come allora.
Non vedo più un bene o un male assoluti.
Nè penso che ci sia un Dio col taccuino a prendere nota delle mie cose.
Parlando con uno che invece crede, riconosco nelle sue parole la stessa mia sensazione di quando ero piccolo: si sente buono, ma non nel senso assoluto del termine. Comunque dalla “parte giusta”, quella dove c’è Dio. Mentre gli altri sono liberi di sbagliare nel non crederci.
Dalla loro hanno una iconografia monumentale e due millenni di costrizioni letterarie. “costruzioni”, scusate, il correttore ortografico. Ma quel che più conta è proprio il sentirsi sulla sponda corretta.
Dunque è abbastanza ingenuo, da parte mia, cercare di convincerli che ci sono palesi incongruenze in tutto ciò che hanno accettato di vivere, in un Dio onniscente ma che ci lascia libero arbitrio; onnipotente ma che vuole da noi un certo comportamento; amore infinito ma capace di lasciarti bruciare nelle fiamme eterne se desideri una bella donna.
Parlare di queste cose con chi crede è perfettamente inutile.
Perché loro sono i buoni.
E vedono me come quello che un po’ c’ha ragione, ma è troppo cazzone per avercela davvero.
Intanto un’altra giornata è passata. Dalla parte giusta.
Pascal aveva ragione: conviene credere.
È che trovo estrema difficoltà nel fare ciò che conviene, quando a me viene più naturale fare ciò che ha un senso.
E comunque: da piccolo tenevo agli indiani, quando i film di John Wayne ce li dipingevano come violenti e sanguinari assassini. Erano i cattivi. Allora.
E io mi sentivo un po’ sbagliato.
Allora.