Ti rispetto perché sei grosso (il vegano è superato)

Le obiezioni al credo vegano sono state più volte espresse e non vorrei tornarci. Mi piace però soffermarmi su un particolare: ma gli antibiotici? Non fanno strage di vita? Quella vita è troppo piccola per essere considerata degna di attenzione? Cioè, il vegano ragiona su un piano dimensionale? Se la bestia è grossa si protegge, se è piccola che vada pure al creatore? Non penso sia così. Probabilmente fa più un discorso di coscienza: un batterio non è considerabile come un pollo, perché vive una vita più semplice. Oddio, pure lui vive, si nutre, si riproduce e muore, ma non fa l’uovo, non si muove a scatti e non si infila nei Mc Chicken. Però mi pare una vita anche quella.

Che i vegani snobbino i batteri è cosa che non riesco a concepire: mi pare la logica del “credente ma non troppo praticante”, che opportunisticamente segue un credo ma fino al punto da non creargli eccessivi fastidi pratici nella vita. Un cristiano vero farebbe una vita d’inferno, a dirla tutta. E un vegano vero dovrebbe evitare di deglutire, respirare, muoversi, disinfettare le ferite e usare alcun tipo di medicinale. E neppure questo basterebbe, perché coi suoi stessi succhi gastrici, con il suo solo sistema immunitario, compie stragi che manco Stalin vestito da Hitler nella Cina di Mao senza gli Avengers.

Qui non voglio mettere in discussione la logica vegana della tutela e del rispetto di ogni vita: la voglio portare avanti in modo più vigoroso e aderente ai veri principi che questa dovrebbe seguire. L’unico modo di evitare di uccidere esseri viventi è non vivere, c’è poco da fare. E se un vegano la mette sul mero piano dimensionale credo sia il tempo per una nuova coscienza realmente rispettosa della vita: il vegano non basta più, serve qualcuno che si faccia da parte nel momento stesso in cui si rende conto che la sua esistenza in vita rappresenta un vero problema per miliardi di esseri viventi, troppo indifesi, troppo piccoli per ottenere riconoscimento da un movimento che predica bene ma poi razzola malissimo.

Oltre il vegano, oltre il melariano, oltre il respiriano.

Occorre il suicidariano.

Siamo tutti fatti d’anima e carne

tolleranza (1)

Io credo che questa diffidenza debba essere sradicata dalla nostra cultura, sempre un po’ razzista e chiusa.
Capisco che il contatto (repentino peraltro: qualche anno fa erano pochi e comunque non erano così malvisti) con gente così diversa da noi, possa generare un po’ di ansia, e soprattutto capisco quelli più spaventati dalle enormi distanze culturali che ci separano da loro, ma basta riflettere un po’ e pensare che anche noi, se fossimo cresciuti in un ambiente culturalmente diverso, saremmo venuti su con convinzioni che oggi ci sembrano inaccettabili.

Voglio dire, se mio nonno mi avesse messo in testa che mangiare maiale è atto abominevole, se mio padre avesse poi continuato su quella falsariga, io sarei venuto su senza panini al prosciutto ma sarei comunque la persona che sono, e soffrirei se chi il maiale lo mangia mi vedesse diverso. Certo, starebbe anche a me non considerare persona indegna chi preferisce la porchetta al couscous.

Credo che si debba andare oltre anche l’odioso concetto di “tolleranza”: dà sempre l’idea di sopportazione, un pentolone che ribolle pronto a far saltare il coperchio in caso di minimo alzar di fuochi.
Ammetto che è anche colpa di molti di loro, dei loro eccessi, che sono a volte sfociati in atti di vero abominio, che si è innescata questa spirale di diffidenza che ha portato una contrapposizione culturale come mai s’era vista: a noi dà fastidio il loro volerci convertire, la loro presunta arroganza, il loro sacro fuoco della verità. Ma non facciamo lo stesso anche noi coi nostri simboli? Certo magari la nostra cultura ha affinato meccanismi diversi e sedato certi estremismi, ma non mancano neppure da noi esempi belligeranti e ciechi.
E ricordiamo che i fanatici non sono tanti, ma sono certamente più “rumorosi” e dunque li notiamo di più: sono loro a fare notizia.

Dunque, il mio desiderio è quello di riuscire, una volta per tutte, a trovare una strada di dialogo, tra noi e loro, nonostante le difficoltà, nonostante per noi siano incomprensibili certi usi, nonostante le enormi distanze culturali.

Perché siamo tutti abitanti della stessa terra, sotto lo stesso cielo, noi e i vegani.

Perché non possiamo prendere in giro i vegani (e altre bugie)

Augentha
Augenthaler, nella sua versione non vegana

A livello di persona non ho niente contro i vegani. Nel senso: niente. Credo che se uno non vuol mangiare la carne debba poterla rimettere al posto nel suo scaffale o comunque comprarla e spedirla ai bambini poveri in Africa in pacco refrigerato, e poter poi comprare il pane vegetale, l’insalata Bonduelle vegetale e il mais Bonduelle vegetale con pochissimo OGM (meglio zero o vicinissimo a zero. Zero proprio è meglio: solo quando è zero è certo che non sia stato fatto con sostanze nocive tipo carne o scie chimiche; questo l’ho letto su ogmesciechimicheCOSACISTANNONASCONDENDO!?!?!?.com, l’unico sito con una parte in maiuscolo e un mucchio di punteggiatura di paura).

Ho scoperto da poco che i vegani hanno problemi quando si comincia a parlare di carne, non solo quando questa è da mangiare (ma se è da mangiare proprio diventano fondamentalisti). Per esempio: la fettina. Ecco, loro non mangiano la fettina, anche se di carne ce n’è poca (mia mamma se la fa tagliare bassissima: forse sta sul cazzo al macellaio, oppure sceglie bestie particolarmente magre, forse malate, forse vegane) In ogni caso, pure se poca, la fettina è parte della carne dunque: no. Ricordate: per un vegano la fettina no.

Però conosco una signora vegana che mangia il pollo perché “è solo un uccello“. Ma qui si tratta di evidente appetito sessuale e scontato gioco di parole.

Penso che già i vegani abbiano tanti problemi, tipo evitare i pedoni per strada in quanto fatti di carne, oppure controllare se non sia rimasto un pezzetto di carne in frigo (nel caso: toglierlo prima che cresca e mangi le verdure), verificare se il filo interdentale non sia stato prima usato da un carnivoro (evitare di invitare tirannosauri maleducati a casa, ma questo lo faccio da sempre anche io nonostante la bassa veganità) e se il tofu sia stato fatto in uno stabilimento che fuori nel cortile tiene uno o più cani, pure se chippati (il chip non cambia la sostanza: sempre carne di cane è, pur se tracciabile. Non so se il chip contenga carne: nel caso sarebbe un problema in sé).

Penso poi all’immane problema del vegano cristiano, che oltre alla rima baciata vive il dramma di chi può prendere ostie in chiesa ma solo non consacrate, pena il buttare giù carne e per di più umana. O forse un essere divino non rientra nel genere “animale”, non so. Devo chiedere a Don Ciotti o a uno che bestemmia fortissimo che mi pare saperne di più.

Per questo penso i vegani che debbano essere lasciati liberi di mescolarsi a noi normali e mangiare la frutta che riescono a procacciarsi durante le sedute di spesa ad Auchan, e pure la verdura, che prima va lavata bene perché potrebbe essere sporca di carne. Infatti, non tutti i vegani sanno che le persone comuni tastano la frutta, con mani quasi sempre fatte di carne (i portatori di protesi sono pochissimi e comunque li riconosci perché hanno parcheggiato sulle strisce gialle, probabilmente dipinte con vernice animale). La cosa del toccare la verdura con le mani fatte di carne comporta un rilascio di microcarne sulla buccia delle – che so – patate, e se ve le mangiate al coppo con tutta la buccia sappiate che state mangiando pure un po’ di carne e unghie di Zia Maria (Zia Maria tocca sempre le patate, poi non le prende. Fa lo stesso col marito, eh).

Tenete presenti pure i problemi circa la pericolosità delle scarpe con suola di animale: potrebbero calpestare carne. Per questo scegliete sempre suole in lattice vegetale o gomma dell’albero della gomma (riconosci l’albero della gomma perché si piega ma non si spezza, ma questo è un argomento che tratterò quando mi documenterò a fondo e scriverò di alberi della gomma, dunque non prima di stasera).

Dovremmo dunque tutti rispettare i vegani, già solo per le difficoltà nel loro quotidiano. Pensate a quanto sia difficile qualunque attività, tipo andare dal dentista. Uno schizzetto di sangue proprio e ZAC! Fregati! Diventano carnivori al sangue! E i batteri che hai in bocca? Ogni volta che deglutisci ne butti giù milioni. E pochissimi sono di origine vegetale, magari quelli nel raschio verde. In quel caso i vegani che fanno? Ho un amico che sta studiando da vegano e mi dice che forse vanno a vomitare (ma lui è al primo anno). Vomitano verdure, prevalentemente, che il cesso poi pare un piatto di gastronomia cinese, non fosse per le bacchette (assenza di). Verdure, sì. E tofu. Che forse è una verdura sarda, boh. Il tofu mi ha sempre affascintato. Ma non abbastanza da farmi documentare circa alcunché. Diciamo che il tofu non mi ha mai interessato, mentivo, forse perché noi carnivori mentiamo e diremmo di tutto pur di mangiare carne. Invece ai vegani il tofu piace molto perché sono sinceri. Per questo, quando voglio fare scherzi, apro le confezioni di tofu e ci metto dentro un pezzo di pancetta, con dentro arrotolato un bigliettino scritto col rossetto: “Benvenuto nel mondo della carne“.

Quelli che accusano i vegani di essere troppo intransigenti dimenticano che non conoscono davvero la parola “intransigente”, forse perché chi mangia carne è più ignorante, preso com’è da quegli ossicini. E poi, leggere un libro con le mani unte… E quando si dice che un vegano morirà giovane per anemia, magari si dimentica che sarà anche vero, ma si tratterà comunque di anemia vegetale.

La cosa che mi fa dire che non sarò mai un vegano è il sesso: i rapporti orali sono impossibili, perché qualche cellula di carne resta attaccata alla lingua e allora se si cominciano a fare concessioni ai piccoli quantitativi di carne si finisce presto per ritrovarsi da Giggi ‘o panzone a farsi cinquanta arrosticini a testa. Pochissimi arrosticini sono privi di carne, giusto quando resta solo lo stecco.

A livello di persona non ho niente contro i vegani. Nel senso: niente. Però mi chiedo a cosa servano i miei canini (che si chiamano come piccoli animali: COINCIDENZE?!?!?!?!?1!), perché il mio apparato digerente non sia basato sullo stomaco concamerato tipico dei ruminanti (su mia suocera non garantisco però), perché la specie più vicina a noi e ancor più a Walter Chiari – lo scimpanzè – abbia una dieta basata su frutta, bacche, larve, insetti, carogne, fino ad arrivare alla saprofagia e soprattutto perché quell’odore di maiale alla brace sia così irresistibile.

Saranno le verdurine Bonduelle di contorno.