L’insostenibile leggerezza del non essere

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Le persone si dividono in due grandi categorie.

So che le categorie in realtà sarebbero centinaia, per tante le volte che avete sentito dire questa cazzata, ma io qua ora vi parlo di due categorie specifiche, che sono certo riconoscerete: quelli che vivono in rilassatezza e quelli che vivono spaventati.

In verità le categorie sarebbero tre: ci metto in mezzo chi a volte vede le cose in modo positivo, altre volte si fa prendere dallo sconforto. E sono la maggior parte delle persone, quelle “normali”, diciamo. Ma a me oggi interessano gli estremi: quelli che vedono tutto rosa e quelli che “Cristo, non ho chiuso il finestrino della macchina dunque è certo che pioverà/ci sputeranno/la ruberanno/entreranno demoni infernali/a rubarla/e sputarci/catarro in particolare”.

La vita è una zoccola, si sa, e chiunque viva sempre vedendo solo il lato bello delle cose o è un coglione o è Paolo Brosio*.
*Nessuna battuta scontata.
Ma ci sono persone positive (Aldo Rock, Robin Williams, Alex Zanardi, Fiorello, Papa Francesco, Fiorello che fa Papa Francesco) che almeno così sembrano esternamente: magari Zanardi manda cristi dappertutto quando non trova le pantofole la mattina, non so.

Ecco, questi sono i personaggi che ti danno l’idea di gente che vive in pace con la vita, che prende le cose con un sorriso, ci trova il buono a prescindere e che se ha problemi li affronta in modo sano.

Poi ci sono gli altri, quelli che vivono nell’ansia quotidiana. Quelli compulsivi, che “Ho spento il gas?“, “Ho chiuso la macchina?” e via dicendo fino ai casi limite di chi ha la macchina a gas e là sono cazzi seri per numero di controlli.

Conosco persone che girano attorno all’auto per alcuni minuti, accertandosi che questa sia ermeticamente inaccessibile (ché non si fidano della chiusura centralizzata: diavolerie moderne), che gli specchietti siano chiusi, antenna abbassata, zeppa sotto le gomme, Arbre Magique rimesso nella confezione, foderine rimontate sui sedili. Iperattenti, ipervigili, ipertesi. Poi magari si fanno togliere duemila euro da Wanna Marchi (erano distratti dall’auto).

Sono i terrorizzati dalla vita, che come motto hanno “Teniamoci ‘sti pochi guai“, che darebbero un braccio pur di vivere il giorno successivo esattamente come il precedente. Esseri spaventati e spaventosi, che vanno in vacanza sempre negli stessi posti, desiderando per tutto il tempo di tornare a casa. Che soffrono quando c’è la gita fuori porta perché c’è da andare fuori porta, con tutto ciò che questo comporta (andare fuori porta); che durante le feste comandate ripetono i soliti giri, con le solite persone, in modo da vivere la stessa giornata dell’anno precedente; che a sentirli pare che chissà quanta saggezza nascondano col loro fare pacato, moderato e mai da colpo di testa, ma che in realtà puzzano di morto.
Ripeto? Puzzano di morto. Sono persone già trapassate, che si fanno i loro conticini sulla pensione dall’età di sette anni, che come ideale hanno una quotidianità fatta di odori sempre uguali, sapori sempre uguali, facce sempre uguali, luoghi sempre uguali, uguali sempre uguali. E quale luogo rappresenta al meglio tutto questo? Già: una bara in mogano. O noce, certamente. Sarà il momento del loro trapasso a sancire il loro personalissimo punto di arrivo, il raggiungimento dei loro desiderata, il Walhalla del nulla e delle assonanze ardite, l’apoteosi del non-essere che hanno coltivato in una vita intera.

Volete un aneddoto? Dai che lo volete. Con un amico sono andato in uno di quei campi volo nei quali sali su un Savoia Marchetti del ’34, arrivi a 4500 metri e ti butti giù sperando di non essere ricordato come la copia di Taricone non iscritta a Casa Pound. Io sono atterrato come si deve, nel modo ideale (oddio: per atterraggio ideale intendo quello fatto su una svedese ventenne nuda, ma io sono un perfezionista), il mio amico si è rotto una caviglia. Cose che succedono, certo. Che se non ti butti col paracadute non succedono, certo (a parte la figata di poter rispondere, a chi ti dice: “Infortunio di calcetto?”, “Paracadute”). Infortuni evitabili se resti sul divano a vedere la partita. Ma è questo il punto: vale la pena? La partita, dico. Cioè: è vita quella? Avere le caviglie sane ma essere morti dentro? Avere come ricordi del weekend l’inquadratura di Chiellini che entra duro su un avversario? Dov’è il senso della vita? Perché non ci si rende conto che, tempo poche decine d’anni (se va bene), e quella vita che oggi stai riproducendo la vivrai realmente e definitivamente sotto un cazzo di metro e mezzo di terra? Ma perché anticipare i tempi? Per abituarti?

Io mi rendo conto benissimo che non è “sano” neppure ricercare sempre l’eccesso, che la vita la si gode anche nelle babbucce a casa e che spingi spingi, alla fine si torna sempre là: la svedese ventenne nuda il mogano. Però, ma Cristo: riesci ad avere presente come funzionino le cose qua? Inizi a morire dal giorno in cui vieni al mondo. Sei destinato a tornare humus e composito. In mezzo ci sono X anni di qualcosa di tuo. Non sai neppure quanti: è una variabile impazzita, come quelle cellule di Zuzzurro. Mi spieghi cosa ti spinge a trascorrere parte di quegli anni a ruotare attorno ad una macchina, percorrere sempre gli stessi metri, incontrando sempre la stessa gente, parlare sempre delle stesse cose e ritenere le persone “vive” come qualcosa di tutto sommato fastidioso? Perché è questo che noti, in questa gente: criticano sempre chi la vita la vive davvero.

Perché?

Ti prego, spiegami, Esopo.

Lettera aperta a Papa Bergoglio

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PREGIATISSIMO Papa Bergoglio,

innanzitutto mi scuso se le ho interrotto qualche telefonata in corso.

È con viva cordialità che, sia pure solo a grandi linee, vorrei cercare con questa mia di rispondere alla lettera che ha inviato a Eugenio Scalfari e, con esso, a tutti i non credenti.

Il sottoscritto non si definisce, come Scalfari, “un non credente da molti anni interessato e affascinato dalla predicazione di Gesù di Nazareth“, vuoi perché lo Scalfari che conosciamo è andato da un pezzo, vuoi perché solo raggiunta un’età molto avanzata ci si comincia a porre più spesso problemi sul fine-vita e a cercare di dare un senso a ciò che sta per accadere. E occorre anche avere un sacco di tempo libero – vedi ancora Scalfari – che si può validamente impiegare nella verifica dei cantieri cittadini, nelle file alle Poste oppure, come il buon Eugenio, nel portare avanti con Lei un carteggio che al pubblico interessa quanto a Belen può interessare una corsa Tris. Certo, ci sarebbero i cavalli a creare magari un beleniano (beliniano) interesse, ma sorvolerei e andrei avanti.

Le parlo da privato cittadino, non credente, ovviamente per nulla praticante, ché ho una vita sola da vivere. Come Lei ben sa.

La ringrazio, innanzi tutto, per l’attenzione che sta ancora rivolgendo a noialtri senza Dio, i quali da sempre attendiamo di conoscere il suo pensiero riguardo a chi non ha Fede. O forse no ma facciamo finta, esattamente come i cattolici fanno finta di ascoltarla.
Perché – lei lo sa – nessun cattolico in realtà segue i suoi insegnamenti davvero fino in fondo.
Quando si chiede ad un cattolico di definire il suo rapporto con la Fede, egli si troverà spesso a parlare di profondo convincimento religioso ma di altrettanta poca pratica. Perché seguire Cristo ha un costo che pochissimi sono disposti a pagare.
Ma la Chiesa conosce i limiti umani, ed è per questo che ha introdotto “esimenti delle responsabilità” come l’aver agito in buona fede, oppure veri e propri istituti volti a ricreare una sorta di amnistia o indulto, quali la confessione e il pentimento in punto di morte.

Lei, Pregiatissimo Bergoglio, saprà che la maggior parte di quelli che sono in piazza per l’Angelus stanno facendo la gita fuori porta. E che, durante quell’oretta di voce tonante e sguardo al cielo, pensano per lo più all’amatriciana da “Giggi ‘o sfonnato” ai Castelli Romani. E che si strafogheranno con animo leggero, sentendosi a posto con la coscienza. Perché saranno stati “dal Papa”.

Perché, Pregiatissimo Bergoglio, l’uomo funziona così: si paga il proprio tornaconto morale, religioso, di coscienza appunto, con gesti più apotropaici che realmente sentiti.
Ha mai visto quelli che, quando passano davanti le chiese, si fanno il segno della croce? Certo che sì: lei passeggerà spesso per le strade di Roma, quando non è al telefono. Come ritiene quei gesti? Devoti?
Per non parlare dei calciatori, coi loro riti barocchi: tocco erba, tre segni croce, tocco labbra, tirata capelli, sguardo al cielo, altro segno di croce, tocco di tacco, tibia, nuca, ponte ponente ponte pi.
E quelli che hanno il Padre Pio appeso in macchina? O il rosario? Perché lo fanno? Per devozione? O più per protezione? Un qualcosa in grado di preservare l’incolumità e proteggere la nostra vita. Tipo una cintura di sicurezza, ma del tutto inesistente.
E chi va a messa la domenica, e mette la moneta da 2 euro nel cesto delle offerte? E a volte esagera e poggia la carta da 5 euro, perché lunedì c’è il colloquio col capo per quella promozione? O da 10, perché martedì c’è il referto delle analisi del sangue? Cosa sono quelle, offerte da devozione? A me sembrano marchette.

No, Pregiatissimo Bergoglio. Lei è intelligente e sa. Chiunque, con un minimo di raziocinio, riconosce in quei gesti una sorta di “bustarella” a Dio, un pagare ed acquistare favori, terreni o anche ultraterreni, un comprare la benevolenza dell’occhio nel triangolo.

Una cosa insomma molto misera, molto umana, molto pietosa.

Come pregare per guarire da malattie. Che il triangolo ci ha donato, nel suo incomprensibile disegno divino. Ma se è incomprensibile e se viene da Dio, perché chiediamo di guarire? Siamo credenti, accettiamolo e amen, no?
No, è scomodo. E qua si crede per comodità o per rendiconto. Anche il paradiso gentilmente offerto dall’occhio nel triangolo è un premio che mi devo conquistare. È il feticcio che voialtri agitate davanti agli occhi di persone semplici e intimorite.
E digiunare per la pace? Costa un piccolissimo sacrificio ma non solo ci si sente comunque più buoni: si partecipa ad un rito collettivo e Lei sa quanto le persone adorino essere parte di un gruppo, uno qualunque, pur di identificarsi e non sentirsi piccoli mucchietti di nulla nell’universo. Altrimenti, perché esisterebbero gli Ultras della Cavese?

Pregiatissimo Bergoglio, si stupirebbe di sapere quanta gente pensa a lei e ai suoi superiori mentre gratta un “Turista per sempre” preso in tabaccheria. E se non vince si sente un po’ deluso da Lei e dal triangolo, sa?

I suoi cattolici sono fondamentalmente questo: persone spaventate dalla vita – vieppiù dalla morte – e maledettamente deboli, bisognose di una guida.
No, non sono “i buoni”, loro, voi. Non lo siete. Così come i non credenti non sono il diavolo. Ma un non credente ha qualcosa che voi non avete: paradossalmente c’è qualcosa che solo il senza Dio possiede, sa? Ed è la libertà, oppure – voi la chiamate così – il libero arbitrio.
Già, Pregiatissimo Bergoglio, sono solo le persone che non si rivolgono ad entità superiori ad essere realmente libere. A possedere quella possibilità di scegliere di donare due euro al mendicante non per comprarsi un pezzetto di un paradiso che per il non credente non esiste, ma per puro spirito di solidarietà umana. Libertà di passare davanti una chiesa e non sentirsi costretto ad armeggiare con le mani attorno al viso (ma avete visto quanta gente si “scrocia” mentre guida?), in un tripudio di atteggiamenti oggettivamente ossessivo-compulsivi che non vengono ritenuti tali solo perché ci si agganciano credenze religiose. Libertà di guardare un culo – mi scusi Pregiatissimo Bergoglio ma so che anche la Chiesa ha da tempo ammesso l’esistenza dei culi – senza sentirsi di aver violato chissà quale dogma o comandamento promanante da un occhio in un triangolo.

I cattolici, spesso, sono ingabbiati nei loro loop mentali: naturale impulso comportamentale – classificazione dell’impulso tra “buoni” e “cattivi” – valutazione costi-benefici del seguire l’impulso “cattivo” – scelta di abbandonarsi all’impulso “cattivo” in quanto irresistibile – senso di colpa successivo – lavaggio coscienza o autogiustificazione – nuovo impulso comportamentale…

Il non credente ha magari altri circuiti, anch’essi basati sulla valutazione dei comportamenti. Ma manca certamente tutta quella parte nella quale si fa riferimento a liste comportamentali eteroprodotte e dunque spesso non intimamente condivise.
Certo un laico non vivrà conflitti interiori se dovesse imbattersi nel culo di cui sopra e dovesse dunque desiderarlo. Le sue valutazioni circa l’opportunità di relazionarsi con quel culo saranno esclusivamente sociali e personali.

In sintesi, Pregiatissimo Bergoglio, la lista dei valori che Lei e il suo triangolo di riferimento cerca di trasferire al suo mondo seguace, noialtri la troviamo semplicemente inconcepibile: io personalmente non mi pongo problema se desidero il culo della donna d’altri, ritenendo quella donna, portatrice di quel culo, come capace di intendere e di volere, e dunque di scegliere in autonomia tra me e suo marito. Da queste parti le donne le consideriamo alla pari degli uomini, sa? E pure i froci. Diciamo che chi non crede non classifica gli esseri umani sulla base della presenza o meno di un pezzo di carne in mezzo alle gambe, né guarda troppo alla tendenza ad apprezzare o meno la presenza del suddetto pezzo di carne. Mi sembra che voi valorizziate eccessivamente la figura del pene. Perché? Sono soli pochi grammi di ciccia: perché vi ossessionano tanto? Io non mi metto in paranoia se vedo un prete con un grosso doppiomento: è solo ciccia. Brutta a vedersi, certo.
Così come non mi pongo problemi se la domenica sistemo una mensola invece di venire in una sua dependance, o se non rispetto un genitore che non mi ha mai rispettato.

Quanto ai froci, Pregiatissimo Bergoglio, io credo che ciascuno debba semplicemente scegliere liberamente come vivere la propria esistenza e non sarò certo io a dirgli di non sposarsi, se ha scelto da solo questa forma di suicidio. Anzi: facciamoli fare, accelereremo il loro processo di estinzione per annichilimento matrimoniale.

Pregiatissimo Bergoglio, non voglio generalizzare perché sarebbe anche questo un errore, ma va riconosciuto che spesso lei ha a che fare con un gregge spaventato (anche per questo vi piace definirvi “pastori”, non a caso), che ricerca conforto dalle sue illuminate e ora anche telefoniche parole. Persone che la ascoltano, la apprezzano, la seguono anche, ma fino ad un certo punto. Ed il punto è tutto in quel cattolicissimo (e incredibilmente affine alla forma mentis dell’italiano-tipo) seguirla fino a che il sacrificio non diventi troppo gravoso. Dopodiché il credente comincia a costrursi autoscusanti per i propri comportamenti, per risolvere le sue insuperabili dissonanze cognitive, che lo vedono volersi sbattere la collega (sposata) e contemporaneamente credere alla potenza del rosario appeso allo specchietto dell’auto. Tra i due (rosario-collega) vince la collega, perché lei ha le pere e il rosario no. E cosa fa il nostro peccatore una volta scelta la collega? Rinuncia a seguirla? Stacca il rosario? Giammai! Anzi! Domenica in chiesa poggerà la 10 euro, per recuperare un po’ di favore da Lei e dal triangolo. Si andrà magari a confessare. Comunque cercherà nelle sue parole un minimo di comprensione per la fallibilità umana. E le troverà, perché lei è sempre alla mano e così anticonvenzionale. E allora, l’uomo col rosario appeso che si sbatte la collega sposata, magari domenica se lo ritrova in chiesa. Ma mentre è là pensa sempre alla collega (con pere), che l’indomani vedrà di nuovo. Ma si sentirà sbagliato nel pensarla in quell’ambiente, e cercherà di allontanare dalla mente quei cattivi pensieri. Perché ci avete insegnato che non si deve desiderare la donna d’altri. Dico: desiderare. E gente qua davvero pensa che una cosa incontrollabile come il desiderio possa in qualche modo danneggiare un triangolo (sto semplificando, ma pure voi, usare figure geometriche semplici!).
In ogni caso il Nostro, lunedì, riprenderà il solito tran tran di sotterfugi, bugie, intrallazzi e fornicazione. Sempre col rosario appeso. Sempre con un po’ di sensi di colpa. Che durante l’atto però fanno trasgressione, aumentando il piacere.

E vogliamo parlare del suo target prediletto, Pregiatissimo Bergoglio? Gli anziani. Premesso che il loro vivere in castità dipende da forza maggiore e non da scelta, pensa davvero che la loro sia devozione? Pensa davvero che, fuori dalle chiese, queste siano brave persone che portano avanti i suoi insegnamenti?
Le assicuro che non c’è nulla di più cattivo di un vecchio inacidito e con l’unico conforto in due pezzi di legno in croce. Io me lo ricordo, quello che mi bucava il pallone: andava sempre in chiesa la domenica.

Questo per dirle cosa? Che la sua lettera ai non credenti mi pare l’ennesimo tentativo marchettaro per risultare anticonvenzionale, moderno, aperto a tutto e a tutti. E pare che questa sua strategia sia premiante. Tra l’altro lei è anche estremamente simpatico, mica come quell’altro. Tantissimi dicono che lei è un grande Papa e che è persona degna di stima. E lo penso anche io. Solo che comincia a sembrarmi un po’ troppo… come dire: presente? Lo dico sempre per gli stessi motivi marketing: cerchi di non seguire l’esempio di un Saviano che oggi commenta pure le poesie e ci parla di quanto le mozzarelle di Bojano si accompagnino bene con le fave di Ripalimosani.

E mi scuso per l’accostamento con Saviano, già solo per le sopracciglia.

Pregiatissimo, ma mi sta ascoltando?

Maledette tariffe flat.

Vabbè.

 

Con fraterna vicinanza,

UMC