Il post più spocchioso del millennio (e molta, molta cacca)

Questo post non è per te che lo stai leggendo, ed il paradosso è proprio in questo: sarebbe per chi qua non entrerebbe mai.
Se sei qui è perché sei curioso/a, vuoi conoscere punti di vista altrui/a, non ti spaventa uno scritto con più di venti parole/uh.

Ecco, di questo volevo parlare: della voglia di confrontarsi e crescere, di non appiattirsi sulla mediocrità ma provare ad emergere, per godersi le cose davvero di livello della vita. E ce ne sono, nonostante tentino di nascondercele (LA CASTAAAA!!!!11).
Lo spunto è una pagina balorda che gestisco su Facebook, che prende in giro Fabio Volo. L’idea è semplice: c’è una citazione illuminante del nostro eroe e dunque c’è il perculamento automatico (il modo migliore di prendere in giro Fabio Volo è copiare pari pari le cose che dice, senza nulla aggiungere). E il cerchio è già chiuso, l’obiettivo è raggiunto. Nonostante tutto questo non porti a concretizzarsi il vero sogno dei fan di quella pagina. Ma non si può legittimamente sperare che un gruppo di persone con un desiderio preciso riesca a provocare la morte di un uomo.

Purtroppo.

Scherzo.

Purtroppo.

Poi capitano cose particolari, tipo amici facebookiani che davvero apprezzano Volo. E la cosa mi lascia perplesso, non solo relativamente al fatto che uno con questi gusti possa essere amico mio. No, proprio in senso oggettivo: davvero esiste gente capace di apprezzare Volo. Ricordo, per chi fosse distratto, che siamo nel 2013, andare in giro con sveglie al collo dovrebbe essere solo una moda passeggera e internet ci consente di imparare tante cose a costo irrisorio.

Ma la domanda vera che pongo qui è un’altra: davvero va esternato questo apprezzare una cosa palesemente appartenente alla mediocrità? Davvero non senti che queste dovrebbero essere robe da mantenere riservate? Tipo quando ti masturbi? Cioè, se ti fai una sega in bagno, non è che poi la condividi sulla tua bacheca. Magari su Youjizz.

Mi spiego, cercando di limitare al massimo l’aspetto-spocchia, che so, effondere generosamente già da queste prime righe.

A me è capitato di vedere, a casa, Natale sul Nilo, su Sky. C’era Boldi (Dio mio), De Sica, c’erano le tette finte, c’erano le risate con le scoregge e le scoregge con le risate. Le pernacchie. Boldi (Dio mio) tiene sempre delle pernacchie nelle sceneggiature. Non necessariamente fatte con la bocca. E si torna alle scoregge.

Me lo sono visto perché a me piace informarmi. Sì: informazione. Io non riesco a sentirmi tagliato fuori da ambiti della nostra società. E mi interessano anche i meccanismi comici, i tempi, le trovate. Tutto quello che NON c’è in quei film.
Diciamo che la mia è stata una visione ad excludendum: lo fa Boldi (Dio mio)? Bene, io lo eviterò.
Ma me lo sono visto. E mi sono visto i Pierini e le supplenti, i Bomboli e i suoi “Tz’, Tz'”, i “Non è la Rai” e le sue ninfette.
Visto tutto. Che non significa però apprezzare.

Non è che vedere un film con Boldi (Dio mio), conoscere le sue cose significhi anche apprezzarle. A fortiori, neppure pubblicamente esplicitare un amore per Boldi (Dio mio). Perché quei film, OGGETTIVAMENTE (scusate, mi si incastra il CAPS LOCK), fanno cacare.
No, non si tratta di gusti qua. Lo spiego tecnicamente: c’è la cacca e c’è la non cacca. Quella è la cacca. Grande.
Mi puoi dire: “A me allora piace la cacca”. Va benissimo, ma allora sii coerente e inizia a volare e ronzare. E porta fino in fondo la tua vocazione: fatti schiacciare con una paletta.
Se sei onesto intellettualmente tu non puoi darmi quella risposta. Non può piacerti la cacca. Devi dire come stanno le cose davvero: “Ehi, sono io la cacca!”. Allora ci siamo e tutti d’accordo.

Se ti piace Fabio Volo il problema è reale: non è Fabio Volo. Sei tu.

Sei tu che non ti sei mai fermato sugli scaffali a cercare di comprare un libro vero, magari senza le faccette barbettate in copertina.
Il problema sei tu che la sera esci sempre e solo con le amiche, sempre le stesse, e non hai mai provato a passare una serata con Arthur Miller.
Certo, non sei la Monroe.
Il problema sei tu, che al cinema vai a vedere appunto Natale sul Nilo e non ce la fai a guardare nulla di Nolan. Perché non lo capisci.
Ehi, non parlo di Claude Lelouch, eh. Parlo di uno che tutto sommato intitola un film “Batman begins”. Cioè, ce la puoi fare, eh.

Ma la cosa che a me, spocchiosamente, fa ancora più specie è al livello tre:
livello 1) Leggi Fabio Volo
livello 2) Trovi Fabio Volo gradevole, condivisibile, piacevole.
livello 3) vuoi che le persone lo sappiano, non provi vergogna per questo.

Ecco. A me questo spaventa enormemente. Una dichiarazione di mediocrità ostentata. Di più: un desiderio di appartenenza ad una determinata fascia sociale, culturale. Che è quella nella quale trovi tutta quella gente con la quale non parli di nulla in grado di farti crescere.

Racconto una mia esperienza personale: a me mancava totalmente cultura musicale. Per mio limite, per essermi sempre interessato ad altro. Ad un certo punto ho preso atto di tanta pochezza e ho cominciato a studiare. A leggere, ascoltare. A chiedere consiglio a chi ne sapeva più di me (Santo Federico Gross). A tutt’oggi sto faticosamente cercando di migliorare e posso dire che non sono più al livello di qualche tempo fa: riesco a distinguere la cacca dalla non cacca. E mi piace la non cacca. Poca roba? No: per me è già tantissimo.

Quel che dico è però che quando non avevo alcuna conoscenza del mondo musicale ero comunque consapevole di vivere una defaillance culturale. Ero un handicappato. Mi sentivo tale. Sapevo di perdermi qualcosa di bellissimo. E mai, mai, mai sarei andato in giro a vantarmi di questo, ad ostentare il mio apprezzare l’ultimo di Vasco (che, per la cronaca, mi faceva cacare anche prima che Bersani suggellasse, con le sue mossette in macchina, ogni sua fine musicale).

Voglio dire: ero consapevole che quella roba che sparano alla radio, oggettivamente, fosse una merda. E già da prima non trovavo qualità musicale in tutto ciò che erano le hit di Lady Gaga o Madonna.
Ma non basta: questa mia deficienza la soffrivo in silenzio. Cercando di non mostrare pubblicamente che mi mancasse un pezzo. Non avrei mai condiviso su Facebook “Pokerface”, cristosanto! Non avrei però avuto molto da consigliare musicalmente. Dunque tacevo.

Ecco: una frase come: “io adoro Fabio Volo” mi spaventa, umanamente e socialmente. Significa che c’è una precisa assunzione di mediocrità, ma non in forma di mera accondiscendenza o di venire a patti col proprio essere limitati. No: c’è un “orgoglio coatto”, nel senso verdoniano del termine. Un essere fieri di non arrivare a qualcosa, una esternazione pubblica del proprio non aver studiato (nel senso ampio del termine: interessarsi a qualcosa e approfondirla), non essersi sforzati di migliorare.

Una dichiarazione d’amore verso il vuoto, l’abulia, l’abbandono di ogni lotta per tentare crescere.

Sai cos’è davvero terrificante?

Tu non mi stai dicendo che ami un Fabio Volo.

Mi stai dicendo che sei un Fabio Volo.