Collezionare figurine. Ma più figure.

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“Nulla rende lo spirito angusto e geloso come l’abitudine di fare una collezione” [Stendhal]

Quanti di voi collezionano qualcosa?
Parlo di oggetti fisici, qualcosa che si possa materialmente toccare.
Le tette della cognata non rientrano in questa fattispecie. E poi sono solo due, che collezione ridicola!
A meno di avere molte cognate. O essere in una scena di Total Recall.

Francobolli, bottiglie di birra, monete, farfalle (queste ultime da mostrare a ragazze particolarmente vintage), navi in bottiglia, spillette, puffi, piatti, tazze, sottobicchieri, scontrini (ossessione di alcune grilline), stampe, penne, schede telefoniche, scatole di latta, soldatini di piombo, rane di cristallo, gufi del cazzo forza Juve!, carte da gioco, bustine di zucchero, biglie, pastiglie, stoviglie, maniglie. Versioni di Internet Explorer.
Tutto è collezionabile.

Ho parlato con uno psicologo (al di fuori dalla terapia) e gli ho posto i miei dubbi al riguardo. Cercavo conferme a questa teoria: chi colleziona qualcosa è un uomo spaventato.
So che attirerò su di me gli strali di molti di voi. Specie chi colleziona strali. Ma le cose vanno dette. E poi colleziono nemici.
Lo psicologo mi ha confermato la mia teoria, puntellandola con casi di studio specifici.

Tutti noi abbiamo collezionato figurine, no? Perché lo facevamo? Ho provato ad analizzare bene la cosa e sono giunto ad una risposta scientifica assolutamente inconfutabile: eravamo bambini, Cristo!
È ovvio che dei bambini siano attratti da oggetti, vieppiù se raffiguranti i loro idoli. Ammesso e non concesso che Darko Pancev potesse essere un idolo di qualcuno. Almeno fino a quando non ha deciso di cambiare il cognome in Donnie.
Ma quando si cresce, perché si colleziona?
La mia risposta è questa: si ha paura.
Paura del tempo che scorre, paura del futuro.
Collezionare significa accumulare, certo. Dunque pesca nell’atavica ricerca di ricchezza (e correlata tranquillità) insita in noi.
Ma significa anche mantenere le cose sotto controllo, avere il pieno dominio di un universo. Fermare il tempo, che è sempre uguale a se stesso, in quell’universo specifico.
“E come la fai lunga! Io colleziono le sorprese degli ovetti Kinder perché sono simpatiche, che cazzo di esagerazione, il tempo!”.
Bene. Credo che la tua collezione ti inquadri perfettamente. E con te manco ci parlo. Non so neppure come tu abbia avuto le chiavi di accesso al mio blog, per scrivere in autonomia.
“Ah, pensavo fosse una trasposizione, io che parlo per bocca dell’autore e…”
No, non ho autorizzato il tuo intervento.
“Chiedo scusa”.

Insomma, il controllo di un flusso è ciò che muove il collezionista di oggetti. Specie se gli stessi non hanno un riscontro economico. Altro è collezionare Picasso e Renoir. Ma non è cosa per tutti. Pagare un Mark Rothko 34 milioni, ad esempio. O i tagli di Fontana 13 milioni. Qui si parla spesso di amore per l’arte o semplice speculazione. Ma anche per elevarsi, apparire culturalmente migliori di quanto non si sia.

“Sottoposta a psicanalisi la figura del collezionista ne esce male, e dal punto di vista etico c’è certamente in lui qualcosa di profondamente egoistico e limitato, di gretto addirittura” [Mario Praz]

Insomma, il mio psicologo mi ha detto: “Non dovresti essere qua: non è martedì”. Poi gli ho spiegato che volevo parlare di collezionismo.
– Certo, hai ragione, le cose hanno questa proprietà simbolica di riempire.
– Potrei farci un mare di battute su questo, sai?
– Ma saresti banale.
– Già.
– Il collezionista tenta di superare delle mancanze che ha.
– Io pensavo anche al fatto che è un modo di fermare il tempo.
– Certo che lo è: la collezione fa proprio questo. Mantiene le cose sotto controllo, ti dà il pieno dominio di un universo. Ferma il tempo, che è sempre uguale a se stesso, in quell’universo specifico.
– Ma hai fatto il copia incolla di quello che ho scritto io sopra?
– Certo, l’avevi scritto bene.

Pensate al lavoro dietro una collezione: catalogare, cercare nuovi pezzi, sistemare, chiedere agli amici in vacanza di riportarti quel pezzo che qua non si trova. E se si tratta di una statua in pesante ebano, di un Watusso, scala 1:1, magari l’amico te la riporta pure, ma poi non lamentarti se ti scopa la donna.

Perché lo fate? Perché volete essere presi per il culo dagli amici che quando non ci siete dicono:
– Oh, hai visto Fausto? Ha speso 170 euro per un altra Barbie rarissima – dice. Collezionare bambole, a 43 anni.
– Veramente lo faccio anche io.
– Le tue si muovono.
– Non sempre, ti assicuro.

Insomma, a parte queste costruzioni dialettiche ardite, e le risalite, io sono molto spaventato quando incontro un collezionista, specie di oggetti inutili.

No, le donne non si collezionano. Né rientrano negli oggetti inutili.

Oddio, qualcuna pare un Picasso, ma è più un problema suo.