Febbraio 2010

venerdì, febbraio 26, 2010

Ailander

Discutevo con uno yak in transito sulla Laurentina dei motivi che ci inducono a desiderare di migliorarci, della progressiva evoluzione della specie umana e del perchè i Tic Tac appena messi in bocca hanno un sapore fantastico che pero’ scompare subito e allora perchè cazzo non fanno un Tic Tac tutto di quella cosa squisita? quando mi è balzata alla mente la conclusione di essere immortale.

Conclusione avvalorata dalla constatazione che a tutt’oggi io sia ancora vivo.

So cosa state pensando: “ma portare a cacare quel cane tutte le mattine che cazzo di soddisfazione dà?!”. Ebbene, non starò qua a rispondere su questo.

Del resto non posseggo un cane, dunque proprio non capisco l’obiezione.

Dico solo che la mia immortalità, palese e fuor di discussione, credo non sia genetica, visto che i miei avi sono tutti morti, nè acquisita col tempo, dato che immortale lo sono da sempre, non essendo mai morto in precedenza.

Voglio dire, non è che dopo essere morto, che so, un paio di volte, poi sia diventato immortale, così, a cazzo.

No. Sono immortale e lo sono sempre stato.

Penso di aver contratto il virus dell’immortalità in utero. Più un antivirus allora, una sorta di Norton ipercazzuto che lascia passare i malesseri ordinari, quel raffreddorucolo giusto per non dare troppo nell’occhio, e stronca la morte, che ritengo sia una malattia degenerativa vera e propria, anche quando assume forme violente ed improvvise (credo che in tutti i casi di morte rapida o violenta la degenerazione covasse da tempo e si sia conclamata in forma, che so, di infarto o vaso in testa o di morso di un cane rabbioso, che magari la rabbia gli era venuta perchè nessuno lo portava a cacare la mattina, insomma, sempre là si va a parare).

Dunque, il mio essere immortale è dimostrato dal fatto che io stia qui scrivendo, che mai in passato abbia dato motivo di pensare di essere morto, che ogni volta che sono andato a dormire poi mi sono sempre svegliato, che intorno a me la gente muore quotidianamente che manco le mosche ed io invece sto sempre qua, da anni.

Nè mi si opponga l’obiezione “ma allora pure io sono immortale”, che in Italia si sa come vanno ‘ste cose: uno svolta e subito tutti appresso. Eh no, cari i miei mortali ometti, mica qua uno si sveglia la mattina e dice “pure io pure io!”. E che stiamo al Glande Fratello E che ne so io di te?! Che ne so se mi stai a fregà e tra mezz’ora decidi di morire? Mica ti posso considerare mio pari solo perchè me lo dici tu?! L’immortalità va dimostrata. Coi fatti.

Adesso il punto è un altro: ha senso stare a chiedersi se puffetta si trombasse davvero tutti i puffi? Ma di piu’: cosa me ne faccio di questa immortalità?

Magari è come nel telefilm, e devo andare a decapitare altri immortali e ne resterà solo uno… Sì, ma poi? Siamo punto e a capo.

E mi si passi il termine “capo”.

Dovrei ogni volta sparire, andare avanti a pizzini, non potrei mai diventare famoso perchè la gente poi vedrebbe che non invecchio mai. Un vantaggio potrebbe stare nel fatto che potrei circolare a Dallas su un’auto scoperta, certo che il mio cervello non andrebbe in pezzi in mondovisione… nè mi sarebbe possibile sposarmi perchè mia moglie, la mia intera famiglia, invecchierebbero ed io là come Dorian Gray, quello di Oscar Wilde prima che fondasse un partito.

Potrei avere il tempo per imparare tante cose, che so: suonare il violino meglio di Vanessa Mae, imparare a memoria tutta la sequenza genomica dell’uomo, oppure saper ripetere la formazione della Ternana 1982-83, panchina compresa. Ma a questo punto mi chiedo: avrebbe senso sprecare l’immortalità per questo? Oddio, ricordare pure la panchina non sarebbe male…

[Appunto: aprire una nuova finestra e cercare su Youtube Vanessa Mae].

Spero di sbagliarmi. Spero di non essere immortale.

Mo’ faccio la prova: ammazzo qualcuno e mi faccio un giro sulla sedia elettrica.

Che? Non c’è qua in Italia?

Garantisti del cazzo.

Mi consola una cosa pero’: se mai dovessi sbagliare, se dovessi un giorno morire, non me ne accorgerei. Sarei morto e fine.

Ne soffrirebbe chi mi vuol bene, ma a me?

E quando il sole, tra cinque miliardi di anni, smetterà di bruciare e tutti saranno congelati mi dite io che cazzo ci resto a fare su un sasso gelato con tutto quel sapere?

Condannato a restare vivo in un algido cosmo per l’eternità?

Desiderare ardentemente la morte ma essere consapevole che questa non sarà?

Soffrire il gelo, precipitare dentro una stella, bruciare per miliardi di anni dentro di essa, assistere alla sua fine, esplodere, e ricominciare ancora.

Tutto questo è terribile.

Molto, molto peggio di qualsiasi morte.

Ma almeno niente piu’ cane da portare a cacare.

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giovedì, febbraio 25, 2010

Io e Dio

IO: – Toh, sono morto.

DIO: – BENVENUTO-ENUTO-UTO-O!

IO: – Ciao, tu sei Dio?

DIO: – CERTAMENTE-AMENTE-ENTE-E

IO: – Puoi togliere quest’effetto riverbero? Fa tanto Papa in piazza…

DIO: – Ehm, scusa. Fatto.

IO: – Va meglio. Ero così curioso… sei proprio come ti immaginavo.

DIO: – E’ perchè io appaio come le persone mi immaginano.

IO: – Ah, ecco: per me sei vestito di bianco e con la barba… ma per la maggior parte della gente pure sarà lo stesso, no?

DIO: – Beh, non per tutti. Qualcuno mi vede grasso e seduto in terra, qualcun altro tipo triangolo con un occhio al centro e sapessi che fatica mantenere l’equilibrio in quella forma, qualcuno ancora non mi vede affatto…

IO: – Ah, e in quei casi come ti presenti?

DIO: – Lì mi posso sbizarrire: certe volte fingo di essere Pippo Baudo, sai le risate… una volta ad un ebreo sono apparso in forma di Goebbels … hihihi… oh, se l’era cercata lui, non credeva poi tanto… ma dove ho messo gli occhiali…?

IO: – Li hai sul naso. Quindi mi stai dicendo che tu sei il Dio di tutti? Che le religioni che si combattono da millenni non hanno capito un cazzo?

DIO: – Già, purtroppo è cosi’: guerre e sangue… in mio nome… che IO li maledica!

IO: – Ma tu perchè non intervieni?

DIO: – E che posso fare io?

IO: – Come che puoi fare?! Tu sei Dio, no? Sei onnipotente!

DIO: – Già è vero, onnipotente… mica poi tanto pero’.

IO: – Come?

DIO: – In realtà… sai, è un po’ difficile dirlo, una storia lunga… chissà dove ho messo gli occhiali…

IO: – Sono sempre sul tuo naso. Comunque racconta pure. Credo di avere un’eternità di tempo.

DIO: – Già. Beh, è che io… in realtà sono qua solo per mettere una pezza alla buona.

IO: – Che? Che pezza?

DIO: – Dio, quello che vi ha creato, e che ha creato anche me, in realtà di noi se ne sbatte. Ha fatto tutto st’ambaradan, ambaradam, quello insomma, d’universo e ora se ne va in giro tra le galassie che manco si ricorda d’aver creato. Prima o poi ripasserà di qua ma spero il piu’ tardi possibile che se vede come vi siete ridotti mi fa nero. E io cerco di tenere buoni voi umani che credete tanto in una entità onnipotente…

IO: – Cosa? Vuoi dire che c’è un altro Dio?

DIO: – In effetti ce ne sono diversi… PIETROOO! Chiudi ‘sta cazzo di finestra che mi sta crepando la cervicale!!!

PIETRO: – Ma Signore, non ci sono finestre qui. E’ un open space!

DIO: – Che è? Ma come cazzo parli?

PIETRO: – Un open space, uno spazio aperto, senza…

DIO: – Ah, già, quel “mio figlio” di Mio figlio l’ha voluto così, “moderno”. E poi si va a fare le canne con quei dodici drogati amici suoi… prima o poi fa una brutta fine… Che ci vuoi fare: ognuno ha la sua croce.

IO: – Eh, i figli danno tante preoccupazioni… Ma torniamo a noi: com’è ‘sta storia dei tanti dei?

DIO: – COME OSI: non avrai altro Dio all’infuori di me!

IO: – Ma me l’hai detto tu!

DIO: – Ah già, scusa. Diciamo che qua funziona un po’ come da voi in ufficio: c’e un capo, un capo dei capi, un capo dei capi dei capi, ma alla fine…

IO: – Alla fine?

DIO: – Alla fine non si sa mai chi comanda davvero. Si sa solo chi è quello che puo’ farti il culo e si diverte a fartelo. Il tuo capo diretto.

IO: – Quindi tu sei un sottoposto?

DIO: – Non mi piace essere sminuito cosi’! Mo’ t’incenerisco! Se solo sapessi dove ho messo quei “mio figlio” di occhiali…

IO: – Li hai sul naso. E poi se mi incenerisci il capo ti fa il culo.

DIO: – Uff, già, che se non gli tornano i conti quello mi manda su Aldebaran a fare il dio dei cactus aldebaradini…

IO: – Allora, se ho ben capito, noi umani stiamo a pregare uno che al massimo ti fa avverare una coincidenzina, uno che ti puo’ far incocciare in un’anima gemella o evitare uno scontro frontale in auto…

DIO: – No, lo scontro è oltre le mie pertinenze.

IO: – Insomma, che cazzo sai fare?

DIO: – Beh, ora non mi far passare per incompetente: posso, ad esempio, far sognare a qualcuno dei numeri vincenti al lotto e gli cambio la vita…

IO: – Numeri? Ma se io li sogno sempre! Fossero usciti una volta! Una!

DIO: – Ma, ehm, non è che funzioni sempre…

IO: – E grazie al cazzo! Tutti sognano qualcosa! Qualcuno vincerà prima o poi. E tu vorresti accollarti il merito?! Allora pure Wanna Marchi! Scommetto che non sai fare davvero nulla di speciale!

DIO: – Ma come osi?! Per esempio, hai mai sentito parlare di cerchi nel grano?

IO: – Li fai tu?

DIO: – No, ma so chi è!

IO: – E chi è?

DIO: – Non te lo voglio dire.

IO: – Seee, tu non sai niente!

DIO: – Beh, ho capito, ora ti mando all’inferno!

IO: – Ecco, l’inferno, parliamo di questo. Esiste?

DIO: – Ergh, ehm, come?

IO: – Dai che hai capito.

DIO: – L’inferno… Uff, no, non esiste.

IO: – L’immaginavo. E il paradiso?

DIO: – No, nemmeno. Non esiste un cazzo, va bene? Niente!

IO: – E il limbo?

DIO: – Che?

IO: – Il limbo!

DIO: – Ma che è? Ah, il ballo?

IO: – Ma che ballo e ballo! Il limbo, quello dove vanno i bambini morti prima di essere battezzati…

DIO: – Non ne so niente. Senti, ma sai dove sono i miei…

IO: – Sempre su quel cazzo di naso! Ma come non sai del limbo?! Che il Papa l’ha pure abolito…

DIO: – Sì, il Papa… e chi gli sta dietro a quello… vedi? vi fate da soli la vostra religione… fate e disfate, quando non vi sta piu’ bene una cosa che prima era peccato la cancellate… ma chi vi sopporta piu’… Mi sono fatto due palle cosi’. E in tv non c’è mai un cazzo.

IO: – Ora non fare il qualunquista. Su Sky qualcosina c’è. E poi c’è sempre Internet, no?

DIO: – Qua non c’è nemmeno l’ADSL…

IO: – Comunque torniamo a noi. Dopo che si muore, come me, dove si va in conclusione?

DIO: – Si passa di qua e poi…

IO: – E poi?

DIO: – E poi trasmigri in un altra forma.

IO – Reincarnazione? Lo sapevo…

DIO: – Piu’ o meno, ma puoi reincarnarti in una cosa qualsiasi: un pollo, la cellula dell’unghia del mignolo di Bruno Vespa, un banano fratricida su Mercalios, l’ipofisi di un triciclo bolso di Svaluzua, un bollo auto… insomma, tutto. E poi qua torni. Sempre qua.

IO: – Fino a?

DIO: – Fino a sempre.

IO: – Cioè, qual’è il senso di tutto questo?

DIO: – Me lo devo ancora far dire, quando torna Dio glielo chiederò.

IO: – Mah. Ma… oddio!

DIO: – Sì?

IO: – E che è ‘sta puzza?!?

DIO: – Ehm… vento divino?

IO: – Ma che cazzo, allontanati no?!! Bah, ho capito…

DIO: – Ehi, dove vai?

IO: – Su quella nuvola laggiu’.

DIO: – Ma non hai altre domande? Tutti mi fanno domande!

IO: – No, niente…

DIO: – Ma…

IO: – Anzi, una cosa: Chi vincerà la Champions?

DIO: – LA Champions? Calcio? Ehm… la Juventus!

IO: – La Juventus?! Non capisci proprio un cazzo…

DIO: – La Sambenedettese?

IO: – Dai, vieni qua che ci vediamo la partita… ma non dirmi come va a finire…

DIO: – Va bene, tanto non lo sapevo mica…

IO: – Ci avrei giurato…

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lunedì, febbraio 22, 2010

Super. Stizione.

Un gatto nero mi ha attraversato la strada e mi sono toccato.

I gatti neri mi eccitano tantissimo.

Mentre mi incamminavo mi sono ritrovato a passare sotto una scala.

Pieno di bambini vietnamiti a cucire palloni.

Rientrato a casa ho rotto uno specchio, grande. Molto.

Cazzo, abito in un osservatorio!

Ho rovesciato pure l’olio, porta male, dicono.

Ma ci è scivolata sopra mia suocera. Come la mettiamo?

Ho trovato un ferro di cavallo e l’ho preso.

Forse avrei dovuto aspettare che il cavallo non ne avesse più bisogno.

Idem per quell’orecchio di coniglio.

Del resto, che se ne fa un orecchio di coniglio di un ferro di cavallo?

A capodanno ho mangiato un piatto di lenticchie.

Il giorno dopo è successo proprio quello che si pensa: le ho cacate.

Conosco uno che porta al collo sia un crocifisso che un corno

Dice: “dove non arriva uno arriva l’altro”

Io gli ho detto: “ma se credi in Gesù non puoi credere nel corno!”

E lui “non si sa mai”

Io: “ma insomma, credi o no?”

Lui: “Certo!”

Io: “In cosa?”

Lui: “In tutto, mica sono ateo come te!”

Questa storiella è la più ridicola.

E l’unica vera.

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venerdì, febbraio 19, 2010

Ieri ero primo relatore in un convegno intitolato: “Auto-organizzazione e gestione del proprio tempo”.

Sono una sorta di luminare sull’argomento-tempo, sull’autogestione, sul time management, sul come non lasciare mai niente al caso e farsi trovare sempre pronti per ogni evenienza. Credo che la mancanza di auto organizzazione sia uno dei mali della nostra civiltà e che la puntualità valga come oro al giorno d’oggi.

Lavoro come consulente per le più grosse aziende: stilo piani di organizzazione, tengo corsi.

Mi sorprende vedere come le persone siano sempre spesso confuse sul da farsi, che non sappiano pianificare neppure le attività più semplici, come essere puntuali ad un appuntamento o gestire le situazioni.

Al convegno c’è stato un piccolo imprevisto: sono arrivato in ritardo.

Può succedere.

Cerco sull’agenda ma mi accorgo di averla dimenticata in albergo.

Provo a chiamare in albergo ma non ho il numero.

Ricordo di averlo messo nella tasca della giacca ma non quella che indosso.

Cerco il cellulare ma questo mi era rimasto sul taxi.

Mi viene in mente l’indirizzo della sede dell’organizzazione del convegno e la raggiungo a piedi.

Mi dicono che in effetti sono in ritardo. Ma di due mesi.

Chiedo se c’è n’è un altro a breve e mi prendono a calci in culo.

Mi ritrovo per strada e mi incammino verso l’albergo, di cui ho però dimenticato il nome e la via.

Entro in un altro albergo cercando di farmi aiutare a ritrovare il mio, fornendo dati imprescindibili ed univoci come “c’aveva tante stanze” e “c’era uno sotto che teneva le chiavi di tutte le camere” ma quelli sembrano non capire.

Mi accorgo intanto di essere in mutande dalla mattina.

Provo a riorganizzare le idee ed un passante mi lascia un euro sul marciapiede.

Mentre lo raccolgo mi accorgo di indossare mutande non mie.

In quella posizione un fattorino abusa di me.

Faccio forza sulla mia preparazione in tema di auto organizzazione e entro dentro una panetteria ma chiedo delle viti autofilettanti ed un cicchetto di lambrusco.

Altro calcio in culo.

Una pattuglia di carabinieri mi ferma e mi porta dentro.

Provo a spiegare per sistemare le cose ma ad un certo punto mi ritrovo a parlare della costellazione del Cigno e di quanto questa possa star bene col sugo di papera.

Chiamano mia moglie.

Al telefono la sento dire solo: “ancora?!”.

Prendo in mano la situazione e inizio a masturbarmi.

Mi portano una divisa da appuntato.

Protesto: avrei voluto che dentro non ci fosse già un appuntato.

Mentre sono tutti distratti scappo fuori e mi ritrovo in strada vestito da carabiniere.

Un passante mi chiede indicazioni su via della Scrofa.

Lo arresto per schiamazzi e inizio a progettare dighe da castoro.

Mi rendo conto dell’assurdità di un progetto che faccia affidamento su animali da pelliccia e decido di noleggiare un go-kart per tornare a casa.

Percorro tutto il Raccordo Anulare schizzando sotto i semiasse dei camion quando mi rendo conto di aver stracciato il tempo sul giro e rientro ai box.

Non li trovo e decido di vendere il go-kart. Al quale nel frattempo mi ero affezionato, dandogli anche il nome di Bettina.

Con quei soldi mi compro un biglietto del treno che mi riporta a Sassomarconi, a casa mia, in via Messina.

Mi sovviene, al mio arrivo, di aver confuso via e città, essendo di Messina, residente in via Sassomarconi, e mi siedo aspettando che qualcuno mi venga a prendere.

Sto aspettando.

Ho delle noccioline comunque.

Scadute.

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martedì, febbraio 16, 2010

Riflessioni

Odio le catene di Sant’Antonio: sulla neve dura non tengono un cazzo.

lunedì, febbraio 15, 2010

Contrappassi

La Binetti passa nell’UDC: è questa la nuova posizione della missionaria.

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lunedì, febbraio 15, 2010

E’ domeica mattia.

Ho a che fare co due testimoi di Geova.

Scusate, ho cambiato la tastiera.

Riprendo: insomma, mi metto a parlare con questi due uomini, nativi di Genova, testimoni di un omicidio vicino al porto.

Il luogo del delitto, una Torre di guardia, recava ancora i segni del misfatto: sangue, sangue dappertutto. Ho subito pensato ad alta voce a quante vite si sarebbero potute salvare con tutto quel sangue (proprio oggi io stesso ne ho donato un po’ per il centro trasfusionale del mio ospedale) ma i due Testimoni non sembravano concordare con me. La cosa mi ha subito insospettito.

– Brigadiere, faccia entrare i testimoni di Genova.

– I Testimoni di Geova?

– Che s’è rotta la tastiera pure a te?

– ?

– Quelli insomma.

I due, interrogati, dichiaravano:

– Ci trovavamo sotto la Torre di guardia, di buon’ora – noi usiamo alzarci presto la domenica mattina.

– Che lavoro fate?

– Siamo testimoni di Geova

– [ho pensato si fosse rotta pure ‘st’altra tastiera] So perfettamente che siete dei testimoni, e di Genova. Non vi ho chiesto questo. Mica per lavoro assistete agli omicidi?! Ahahah… Questa è buona: brigadiere, se la segni!

– [dall’altra stanza] Va bene Commissario!

– No, siamo testimoni di Geova nel senso che crediamo in Geova.

– Io sono della Sampdoria e credo nei blucerchiati ma questo è irrilevante: mi dite che cazzo di lavoro fate e cosa ci facevate là?

– Diffondevamo il verbo.

– Che verme?

– Verbo, la parola di Geova!

– Che parola è? Una parola d’ordine?

– …uh, non sappiamo… si fa per dire…

– Va bene, andiamo avanti… Cos’avete visto?

– Un uomo che, armato di coltello, aggrediva un altro uomo… Dio che spettacolo tremendo!

– Spettacolo? Allora vi è piaciuto… [i miei sospetti aumentavano… E poi quella storia della parola d’ordine…]

– Non intendevamo…

– Silenzio! Proseguite.

– Insomma, l’uomo col coltello colpisce l’altro uomo. E cade a terra.

– Chi cade a terra?

– L’uomo colpito.

– L’uomo col pino? [Un terzo uomo… uhm… dovevo approfondire. E ricordarmi di cambiare le batterie dell’Amplifon]

– No “col pino”, “colpito”!

– L’uomo col pito, ho capito bene. E cos’è un “pito”, scusate?

– Non ci siamo capiti.

– No, non ci siamo coi piti, mi direte dopo. Continuate. [Quel parlare in codice mi faceva sospettare l’appartenenza ad una qualche setta segreta…]

– Ci avviciniamo all’uomo ferito e cerchiamo di soccorrerlo.

– Avete chiamato un’ambulanza?

– No, è contro il nostro verbo.

– Che morbo?

– Verbo! Il Verbo di Geova.

– A Genova ci abito pure io ma se a casa mia uno sta male chiamo l’ambulanza.

– Ma quelli poi gli avrebbero fatto una trasfusione. E forse pure un trapianto!

– Trapianto?! [Non mi sembrava certo il momento di pensare a problemi di calvizie… quei due non me la raccontavano giusta]

– E’ contro il nostro Verbo.

– Che serbo?

– Verbo!

– Insomma cos’avete fatto?

– Abbiamo pregato per lui

– Pregato per lui? Insomma, ‘sto poveretto stava pregando e voi giù a rompergli pure i coglioni…

– Era un conforto morale…

– E lui?

– Crediamo sia morto.

[Cominciavo a nutrire seri sospetti su quei testimoni. Il loro abbigliamento, ottusamente formale, mi dava l’idea che volessero coprire qualcosa, nessuno sano di mente vestirebbe così… e poi c’erano quegli opuscoli… pieni di riferimenti sanguinari, demoni… La storia della setta mi convinceva sempre di più. Decisi di provare a forzare la mano e farli confessare]

– Voi due organizzate messe nere, vero?!

– Uh, ma cosa…

– Confessate: l’avete ammazzato voi!

– Ma certo che no!

– Cosa tenete in mano adesso?

– Sono gli opuscoli coi quali diffondiamo il verbo.

– Che turbe?

– Verbo! La parola di Geova!

– Chiamatemi ‘sto Geova e vediamo se conferma la vostra versione.

– Ma non si puo’.

– Come non si puo’? Non avete detto che lo conoscete?

– Ma… insomma… sì, però…

– Però non l’avete mai visto in faccia, vero?

– Beh, in effetti, no…

– Come sospettavo: un mandante che agisce nell’ombra. Brigadiere, porti dentro ‘sti due preti: l’accusa è omicidio.

– Che omicidio?!

– Prete rintenzionale. Anzi no: preteditato, premeditato. Quello là insomma.

– Ma come?!?

– Silenzio! E ditemi di questo serbo… E’ lui il capo della setta dei genovesi, vero? E dove le trovate le vergini da sacrificare? Di questi tempi…

– Ma quali vergini…?!

– Ah, è difficile, eh? Per questo vi siete accontentati di un pover’uomo qualunque…

Ancora una volta avevo risolto un caso ingarbugliato. Appartenenti ad una setta satanica avevano compiuto un omicidio, forse propiziatorio.

Quell’omicidio era opera delle sette.

Sette e un quarto al massimo. L’ora del delitto.

Restava da trovare questo serbo col morbo, ma avevo assicurato alla giustizia due lestofanti.

Ora voglio verificare se quelli che vengono a scassare la minchia a casa mia la domenica mattina hanno a che fare pure loro con ‘sti due. Mi presentano un’opuscoletto con su scritto “Svegliatevi”, a prendermi pure per il culo visto il sonno che ho la domenica… da come si vestono penso sia tutta una banda.

Brutta, brutta gente…

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venerdì, febbraio 12, 2010

Lacrime napulitane

ANNA – …chi era insomma quella? Nemmeno era bellissima come me…

GIGGI – uuuh, ‘sta sempre a scassa’ ‘o cazz…

ANNA – voglio sapere chi era quella.

GIGGI – ma che cazz ne sacc’… m’ha chiest o’ fotografo, ‘o ssai come fanno i fanz.

ANNA – che fotografo?

GIGGI – ‘o fotografo, quann’ che scrivi ‘o nom ‘ngopp a’ carta…

ANNA – l’autografo!

GIGGI – e che scassapalle… tieni sempre da pundualizzare…

ANNA – guarda che sono bellissima ma non stupida, lo sai questo?

GIGGI – [lacrime napulitaneeee…]

ANNA – non cantare mentre ti parlo! E non farmi alzare la voce, che mi si sconciano tutti i capelli! A proposito, ti piace la mia acconciatura per stasera? Non è bellissima?

GIGGI – [uè, alfonsino bello, dì al capo che pe’ quella cosa è tutto sistemato… cinquanta grammi e facc’ tutt’ ‘o conciert del matrimonio del compare nipote]

ANNA – mi vuoi ascoltare?!

GIGGI – uè, che piezz ‘e femmena… ci conosciamo? Io sò giggidalessioilcantante.

ANNA – Sono Anna! La tua ragazza bellissima!

GIGGI – uè abbiamo fatt mbress a mbress… di solito ci metto quei quattrocinque secondi… il tempo di dire giggidalessio…

ANNA – cazzo dici?! Sono Io, Anna! Anna Tatangelo Bellissima!

GIGGI – Annatatatangielo! San Gennaro, e cumm ti sei conciat?! Pari a Maronn di Civitavecchia ma senza le lacrime! A proposito, senti questa: LACRIME NAPULITANEEEE…

ANNA – Basta con questa cazzo di canzone!

GIGGI – Uè, annatatangielo, sarai pure ‘na gran femmena ma accussì io non ti riconosco…

ANNA – il mio truccatoregay mi ha detto invece che sono bellissima. Tutti mi dicono che sono bellissima. Anche se a volte non mi piaccio e non mi trovo così bellissima. Ma oggi mi trovo abbastanza bellissima Non pensi che il mio truccatoregay abbia fatto un bellissimo lavoro?

GIGGI – si vuo’ fa ‘a zoccola. Ma accussì mi pari una uscita da ‘o’ bbar di Guerre Stellari…

ANNA – non capisci niente. Perchè tu sei un insensibile. Lui, il mio amicogay invece…

GIGGI – ch’amico?! Allora sì zoccola verament! Chi è ‘st’omm ‘e’ sfaccimm! Io lo faccio sparare vivo vivo! E verserà LACRIME NAPULITANEEEE…

ANNA – E’ gay, stupido… Ma sei tanto bellissimo quando ti arrabbi…

GIGGI – Gay… vuliss’a’dicere… frocio?

ANNA – Ti adoro anche quando fai il duro, sei bellissimo…

GIGGI – Che tette che tieni… veramente tu sì a femmena mia?

ANNA – Ma certo gigetto bellissimo…

GIGGI – quann mi chiam’ giggetto nun capisco chiù niente… viè qqua, che te facc’ conosc giggin…

ANNA – Mi fai il giochino “vola gigino, vola gigetto”? E’ bellissimo…

GIGGI – giggin è già partito… Vediamo dove lo facciamo atterrare… apri l’hangarr [femmenaaaa… tu sì nà malafemmenaaaa…]

[reminiscenze di LASCIAMIPENSARE]

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martedì, febbraio 09, 2010

Io, reietto

Visi sdegnati mi disegnano come una caricatura, buffa, grottesca.

Mi irridono.

Trattengono a stento le ganasce ma non riescono a celarmi il biancore d’avorio ch’attende solo di ballare grasse risate, ora ancora soffocate.

Mi sento come un cucciolo di antilope in mezzo a fiere già sazie. Scrutato, giudicato, lasciato andare non per pietosa compassione ma per inadeguatezza.

Anche quelli che avrei pensato amici si scostano.

Un appestato.

Si portano le mani al viso, a coprirsi, Dio mio! Coprirsi al mio passaggio!

Cosa ho potuto farvi, uomini senza pietà, per meritare questa vostra polvere?

Voi brahmani, io l’intoccabile?

Voi Novus Ordo Seclorum, io reietto?

“Via! Va’ via!” m’urlano fino all’anima… lacerando ogni mia dignità.

Per una merda pestata mi pare un’esagerazione.

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lunedì, febbraio 08, 2010

Bene, (ri)dica
Non so se i preti dispongano di un database delle case visitate. Fatto sta che ieri, dopo quello che è accaduto la settimana scorsa, un altro di questi si è presentato a casa mia. Per la benedizione.

Stavolta era solo, senza vicepreti.

E l’ho fatto entrare.

– Buongiorno figliolo.

– E due.

– …e due?

– E’ qui per benedire la casa.

– Sì figliolo, posso entrare?

– La stavo aspettando. Le posso offrire qualcosa? Una coca, un the, danaro, minorenni…

– …

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Il prete entra e subito aggrotta la fronte innanzi al caos del venerdi.

Che poi è uguale a quello del mercoledì ma con più femmine nude per casa.

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– Uh, forse è meglio se ripasso.

– No prete, faccia quello che deve fare. Le serve qualcosa?

– …qual…cosa… no… niente…

– Allora cominci pure. E già che c’è provi a benedire pure questa qua dietro al divano che sono tre giorni che non si muove, magari si rianima.

– Ma…

– E’ brasiliana, sa, là ci credono alle cose di Gesù.

– F-f-figliolo… cos’è questa… cosa?

– Questa cosa? Ah, un profilattico. Non so come sia finito là sopra. Qualcuno deve aver fatto baldoria ieri. Cinzia, hai un profilattico tra i capelli! Cinzia! Ooooh! … Niente. Forse non si chiama Cinzia. Io l’ho buttata là. Tante volte ci prendo.

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Ora, che il prete cominciasse a temere per la propria incolumità m’è sembrato eccessivo, almeno fino a quando non ho deciso di preparare lo spezzatino di pollo. Il venerdi me lo faccio sempre, ho più tempo e adoro giocare con le cose della cucina, coltelli e similari, mi rilassa.

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– Simona, c’è un prete, cazzo, un po’ di rispetto! Mettiti qualcosa addosso che non sia io!

– V-v-veramente mi sono ritrovata qua così… d-d-dove sono…?

– Cazzo.

– …e… non mi chiamo nemmeno Simona… forse…

– Io l’ho buttata là. Tante volte ci prendo.

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– … e… bene… benedici Signore… benedici Signore questa casa…

[STUM!] E via la testa di pollo.

– Oddio!

– Niente padre, continui pure…

– Forse e meglio se…

– CONTINUI!

– Certo! E b-b-benedici… S-s-s-signore…

[STUM!] E via le zampe!

Io continuavo il mio lavoro con lo spezzatino… stavo schizzando un po’ troppo sangue in giro forse…

– Massi, mi stai schizzando una roba addosso… Rossa stavolta.

– Stai tranquilla, Barbara, è sangue.

– Ahahah, carino! Comunque non sono Barbara.

– Scusami tesoro, io l’ho buttata là. Tante volte ci prendo.

[Mi rivolgo al prete]:

– Senta prete – con fare distratto dal pollo – ma dopo che ‘sta casa sarà benedetta che succede? [STUM!]

– …uh… che succede?

– No, voglio dire, che me ne viene? [STUM!]

– U-u-una casa benedetta accoglie meglio il Signore…

– Cioè Dio viene più volentieri da me? [STUM!][STUM!]

– …no… cioè…

– Dio viene o non viene? [STRASTUM!]

– Ma… Dio c’è sempre…

– E allora a che serve la benedizione? Voglio dire, se Dio c’è comunque (o non c’è comunque), ‘sta benedizione cosa mi porta davvero? [STUM!]

– Ma… non è che…

– Insomma: Dio è un essere immenso di infinita bontà. Onnipotente, onniscente, onnivoro. Secondo lei, secondo te, sta a vedere se uno con una tonaca ha schizzato un po’ d’acqua sul muro per farmi andare in paradiso? E se faccio il metronotte e non ti faccio entrare perchè a quest’ora dormo? C’ho meno possibilità di andare in paradiso? Che cazzo mi dà, in termini spirituali dico, mica pratici, la tua benedizione? Mi sto ponendo sul tuo stesso piano, parlo di cristianità. A che serve?

– Ma figliolo, non è proprio così…

– A me mi sa [STUM!] che fate ‘sta baracconata [STUM!] solo per scucire gli euri alla povera gente [STUM!][STUM!][STUM!]. Un euro qua, dieci là – che si sa, chi te li nega dieci euro per un rito pagano e con servizio a domicilio come questo – e il Crucco poi si può permettere le scarpe Prada.

– …ma…

– A me state sul cazzo. [STUM!]

– …

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Ora, impugnare l’ascia gocciolante sangue di pollo non è che mi rendesse la persona più amabile del condominio. Avrà pensato così il prete.

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– F-f-figliolo… c-c-cosa…

– [mi fermo. M’avvicino al prete. Mica poggio l’ascia] Adesso tu mi fai una benedizione speciale, che mi dia qualcosa di concreto.

– Ma… ma…

– Facciamo così: mi benedici la casa in modo da abbuonarmi, che so, una cinquantina di peccati futuri. Una superbenedizione. Ovviamente mi devi azzerare pure tutte le porcate già fatte qua dentro. Quanto vuoi per questo?

– Ma… io…

– Quanto costa un voucher per cinquanta fornicazioni sin-free qua dentro?

– Ma figliolo… perchè intanto non posi quell’ascia?

– Perchè quando mi agito voglio qualcosa con cui giocare. Allora?

– Io… io… non posso…

– Senti prete, la tua benedizione allora non serve a un cazzo. ‘sta troia qua continua a non fare una piega e mi stai facendo davvero girare le palle.

– F-f-figliolo… F-F-FIGLIOLO!

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Cosa avrei dovuto fare? No, ditemelo voi?

Magari lo facevo andare via così, tempo due settimane e tornava un’altra volta con le sue menate sulla benedizione.

L’ho fatto restare per la cena. Mi è sembrata una cosa carina, un gesto distensivo.

E’ venuto uno spezzatino fantastico.

Tante volte ci prendo.

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giovedì, febbraio 04, 2010

Forse pensava a Marina Morgan. Quella era una precisa.
Bersani: “Morgan merita un’altra possibilità”

Prendilo nel PD: ci manca proprio uno che non dice nulla di nuovo o che non si sapesse già, lo dice nel momento meno opportuno e viene escluso dal giro che conta consegnando ad altri il palcoscenico.
mercoledì, febbraio 03, 2010

Grazie dottore… spero pero’ quello sia uno stetoscopio
Sanità, a Napoli rimosso tumore polmone in 20 minuti.

Non ci sono limiti alla provvidenzialità della manovra di Heimlich.

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Gennaio 2010

mercoledì, gennaio 27, 2010

Entropia
Quando un sistema passa da uno stato ordinato ad uno disordinato la sua entropia aumenta. E’ il secondo principio della termodinamica.

In soldoni, le trasformazioni in un sistema, qualsiasi sistema, se non vi siano forze esterne ad esso applicate, porteranno sempre un maggior disordine.

La tendenza è al disordine.

Semplice.

Metti due esponenti di spicco dell’opposizione in una stanza.

Chiudila ermeticamente.

Lasciali per un paio d’ore.

Riapri la stanza.

Cosa trovi?

Pensaci.

Cosa trovi dopo le due ore?

Esatto: non sei riuscito a riempire la stanza due ore prima.

Del resto avevo detto “di spicco”.

Del resto ne avevo chiesti ben due.

Metti due esponenti di spicco della maggioranza in una stanza.

Chiudila ermeticamente.

Lasciali per un paio d’ore.

Riapri la stanza.

Cosa trovi?

Pensaci.

Cosa trovi dopo le due ore?

Esatto: solo Berlusconi.

Del resto avevo detto “di spicco”.

Del resto ne avevo chiesti ben due.

Metti ora, sempre nella stessa stanza, un uomo capace davvero di tracciare la strada della sinistra italiana, moderato, capace di muovere critiche a quello che si sta rivelando sempre più un regime, ascoltato con interesse dall’opposizione e sempre più temuto dalle forze di Governo.

Nella stanza.

Chiudila ermeticamente.

Lascialo per un paio d’ore.

Riapri la stanza.

Cosa trovi?

Pensaci.

Cosa trovi dopo le due ore?

Esatto.

E porta a Fini un bicchiere d’acqua, che due ore là dentro avrà sete.

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martedì, gennaio 26, 2010

Spesso io e il mio criceto parlante Topoldo ci indottriniamo davanti al caminetto discettando di maieutica dell’illuminismo ed ermeneutica delle pozioni magiche albine.

A volte veniamo talmente presi che tiriamo tutta la notte, ritrovando la via del letto solo quando siamo fatti, FATTI, FATTTTTIIIII!!!!!.

Vorrei vedere voi, tirare tutta la notte.

Il mio criceto parlante Topoldo proviene dalla Farlonia, una delle nuove repubbliche marinare di Costanza (l’Alta Costanza, ovviamente) e dispone di un’arguzia del tutto singolare, molto al di sopra della media della sua già brillante specie.

L’altra sera, per dirne una, mi ha sopreso citando Hermann Minkowski e la sua rappresentazione di “evento” quadridimensionale pre-einsteiniano. Sopreso nel senso che pensavo non cadesse negli equivoci di una teoria tanto obsoleta. Ma tant’è, il mio criceto ha dato comunque sfoggio di cultura ed io ho apprezzato, tanto da indurmi a rimandare la consueta derattizzazione. Almeno fino a sabato che è giorno di pulizie, non ci sono cazzi.

Chissà cosa potrebbe arrivare a fare se il mio criceto parlante Topoldo avesse anche il dono della parola. Ma forse smadonnerebbe dalla mattina alla sera: in fondo è solo una bestia.

Eh? Certo che no!? E’ un criceto, come potrebbe parlare? Ah, “criceto parlante”… ma è il nome della specie, mica parla davvero?!

Come faccio ad esserne sicuro? Ma me l’ha detto lui!

Comunque.

Alla compagnia, da qualche settimana, si è aggiunto anche il fagiolo Emo, un borlotto conosciuto al largo dei bastioni di Orione, non lontano dalle porte di Tannhauser. Devo ammettere che la cultura del fagiolo Emo mi ha colpito: riesce a spaziare dalla concimatura dei bulloni spinati alla cartolarizzazione delle bietole, fino alle teorie sulla relazione tra escrescenze cutanee ed esposizione ai culti pagani. Tutto come fosse il suo pane quotidiano.

L’unico problema è che ogni trenta minuti si ferma improvvisamente, si irrigidisce tutto e, pronunziando la frase “è tempo… di morire” scoreggia.

Sono molto soddisfatto del nostro piccolo circolo. Ora stiamo per ammetervi anche Crupia, una tappetina per mouse logora ma molto simpatica.

A dir la verità nutrivo ancora qualche dubbio su Crupia: temevo potesse destabilizzare il nostro gruppo culturale. In effetti Topoldo pare molto eccitato da Crupia: l’altra sera l’ho visto mentre le stava sopra, muovendosi sopra e sotto, con lei immobile. Poi mi sono reso conto che la natura stava solo facendo il suo corso ed un coso simile ad un topo, sopra un tappetino da mouse, era proprio la morte sua, signora mia.

Stasera discuteremo di gastronomia dello sghimbescio ed Emo ci porterà anche una pagliata al sugo di utente medio Internet.

Temo un intensificarsi delle sue emissioni gassose ma sto già pensando come imbottigliare tutto quel metano che sprigionerà l’amico Emo per utilizzarlo ai fini di autotrazione: Topoldo sta invecchiando e l’applicazione di un motorino a gas metano alla sua ruota girevole credo possa rappresentare una soluzione.

Spero comunque che Topoldo non si offenda: i criceti parlanti sono notoriamente permalosi.

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lunedì, gennaio 25, 2010

Quannu la furtuna vota, ogni amicu s’alluntana
Che si sa come vanno ‘ste cose in carcere, come ‘i film, uguali: se non tiri fuori le palle finisci a fetu, come Mimmo ‘u Passannanti, col portasapone in bocca – manco ‘u sapone: chiddu era ancora buono p’un paio di Madonne d’a Mafia o farci l’alfiere che s’erano pigghiati al notturno. Giusto per scassarci la minchia.

A Mimmo invece gliel’avevano tagliata, la minchia. E la cosa da ridere – in carcere si ride, ma non gli occhi, no – la cosa da ridere era che non si trovava. Avivano fattu ‘na cosa a sucu ‘ì caramela, bene bene.

Pure a guardargli su per il culo: niente. E dire che qualcuno ci aveva sperato, di trovaccelo. L’alfiere, mica la minchia.

Il primo giorno, sturdito e cu’ a trimarella come un vitello prima del macello, per quei duecento metri che a te che vieni dall’aria ti sembrano mille e mille, chiu’ luonga che s’ero Cristo con la croce, dall’ingresso – che chi sta qua lo chiama “’u bucu d’u culu” – al tuo di buco di culo, tre metri per tre.

Casa tua – ti dicono.

Ma a casa mia l’aria sapeva di mandorle e limone, tuttu l’annu. Non c’erano i muri incrostati. O sì ma andava bene lo stesso, s’erano fatti vecchi e luridi con me, c’erano i miei graffi sopra, la penna blu e la figurina di Causio, il nero delle formiche bruciate e il colpo dato coi pattini – “Cristo, sempre cca’ ddentru stai cu ssti cusi!”, mamma, cu ‘a tuvagghia i’ mmani.

La storia d’u picciriddo diventato grande senza capire perchè. Questo c’era.

Quella no. Non era casa mia. Non era casa mia!

– Chi cazzo m’avete portato, che chistu nun tiene manco i gambe pe’ nginucchiassi a sucarmelo?!?!

Ignazio ‘u Dutturino, era. Passava  ‘a rasa a tutti: faciva paura. Stava per uscire: lindulto, questo s’era inventato l’avvocato suo. Perché ‘u Dutturino c’aveva i soldi pe’ accattari pure l’aria e diceva che conosceva a Roma. E che avevano fatto la legge apposta pe’ quelli come lui con la Mercedes e ‘i bbuttani dentro. Io manco ce lo sapevo che era lindulto. Ma doveva costare tanto perché i niri africani e chi nun teneva niente restavano dentro e quelli là trasivano.

Chilla notte, la prima, mi misi a chianciri e pregari. O smadonnari, non ricordo. Parlai a Dio, uno qualsiasi, che tanto so’ tutti uguali, stanno là e se ne sbattono del tuo morire. “Cu non fa nenti non sbagghia nenti!”. Ma dio non parlava siciliano.

La notte, l’odore di muffa. Il giorno, sudore di corpi da macello. Bestie. Noi, bestie.

Mi so’ pure sunnato i filuna i pane cavuru. A cca’ niente. Non c’è il pane. Non è pane chistu.

Ed io. Chi nun mi sonno manco più di mittìrimi i carcagni ‘n culu.

Voglio solo diventare.

Bestia, sì, ma di più. Assassino, cadavere, femminiello pure.

Pazzo, sì: pazzo.

Ma presto, Gesucristo, presto!

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venerdì, gennaio 22, 2010

Comprereste un’auto da quest’uomo?
“O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa”,

dunque non vedo il motivo per cui tu insista nell’invitarmi.

E no, mandare uomini in gonna lunga non mi convincerà affatto.

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giovedì, gennaio 21, 2010

Le cinque cose da non dire in un salotto intellettuale

… ed allora tutto il sistema critico humeano poggia sull’assunto che le idee distinte siano separabili. Poiché tutte le idee sono copie di impressioni, sono separabili anche le impressioni. E’ un principio che…

………

5) Ahahah, dai, ‘ndo sta ‘a telecammera? Dai che me state a cojona’… Ahahah… E’ ‘na chendid cammera…
………

La prego! Mi scusi, eh, ma qui si sta discutendo seriamente. Continuo. dicevo: è’ un principio che limita fortemente lo spazio della percezione, ma anche pretende da essa qualcosa che non può dare. Forse nessuna…
………

4) Oh, aspe’ aspe’… GOOOOOOOOLLLL!!!! TOTTIIIII!!!!!PO POROPPO PO PO POOOO! Meno male che me so’ portato ‘a radiolina, li mortacci… FORZA ‘A MAGGICA!!!
………

Ma insomma! Si moderi! Posso proseguire? Dicevo che forse nessuna percezione è distinta né separata senza l’ausilio dell’azione razionale, che accompagna la percezione…
………

3) cio’ ‘na percezzione che me se ‘sta ‘ntorcina ‘o stommaco… ‘a Galilei, ‘ndo’ sta ‘n cesso?
………

Basta la prego! Ma chi l’ha fatta entrare? Se non la smette chiamo gli inservienti. Per cortesia! Riprovo ancora, che fatica… dicevo: che accompagna la percezione rendendola capace di quella selezione che il fascio di impressioni fornitoci dai sensi non possiede…
………

2) Ma a proposito de sensi, voi nun ce la sentite ‘na puzza de piedi? Ma da ‘ndo viene? Sarà ‘sta vecchia, c’ha ddu fette…
………

Basta! Fuori! Sbattetelo fuori!

………

Aspè, prima c’avrebbi da di’ io ‘na cosa: che se è così come stai a ddì te, allora ‘e relazioni che attribuiamo alle impressioni so’ sì psicologiche, ma inseparabili dal percepire, cioè strutturali a esso, volevo di’.
………

Ma, accidenti, la sua è un’osservazione inappuntabile, non la ritenevo in grado di…
………

1) Suca la minchia.

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mercoledì, gennaio 20, 2010

Abilità manuali

C’era uno che frequentava il bar dove da ragazzino andavo a videogiocare (Pacman, Asteroids, quelle menate là), che suonava con una sega, cioè piegava la lama, la percuoteva un po’ e ci tirava fuori delle musiche.

A me colpisce ancora.

Voglio dire, non per la musica in se’ ma per l’idea.

Questo s’è messo un giorno, seduto su una sedia e ha pensato “ora mi suono una sega”, quando generalmente tutti gli altri s’erano buttati su altre costruzioni verbali, utilizzando per lo più il “faccio”, associato alla sega, ma al massimo hanno sempre e solo tirato fuori un po’ di occhiaie e tutt’altra musica.

Oh, ma non c’è del genio in questo?

Il genio puo’ essere trovare soluzioni alternative a problemi già noti ma anche, da cose esistenti, inventare nuove applicazioni, nuovi usi.

L’umanità ha sempre cercato qualcosa dalle seghe: taglio, rifinitura, quest’ultima specie nelle lunghe notti solitarie.

Mai della musica.

Questo insomma è andato oltre: ha creato, dal nulla, qualcosa che prima non c’era. E con una sega non c’era mai riuscito nessuno.

Un giorno mi disse: “Vuoi provare?”

Risposi, umilmente: “Maestro, ci provo quotidianamente, e senza strumento”.

[reminiscenze di Lasciamipensare]

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martedì, gennaio 19, 2010

I miei supereroi: Gesù

Da piccolo, come tutti i bambini, avevo una passione smodata per i supereroi.

Adoravo l’Uomo Ragno, mi piaceva la Torcia Umana, e anche Capitan America. Meno Superman.

Il mio preferito però era un altro. Possedeva superpoteri in grado di stracciare qualunque altro supereroe: Gesù.

Mi appassionai a questo personaggio di fantasia fin dai tempi dell’asilo quando appresi dell’esistenza di un essere metà uomo metà Dio, in grado di resuscitare i morti, camminare sulle acque, moltiplicare beni di prima necessità senza tenere nemmeno la partita iva. Pensai che fosse davvero fico.

Così, per il Carnevale dei miei 4 anni, chiesi il costume di Gesù.

– … ma come?!

– Vojo i’ vettito di ggesù!

– Ma Massimiliano, non ci si veste da Gesù a Carnevale… non preferiresti, che so, Zorro?

– No Zorro! Vojo i’ vettito di ggesù!

Mia madre (che da qui in poi chiamerò semplicemente Maria) mi percosse lungamente e allora capii quanto irta d’ostacoli e perigliosa fosse la via che avevo scelto.

Oltre Maria, anche la scarsa lungimiranza delle aziende tessili mi impedì di coronare quel piccolo sogno e dovetti ripiegare su Zorro, ma invece della “Z” con la spada disegnavo delle croci e così più che infilzare pareva stessi impartendo la benedizione ma tant’è.

In cuor mio sapevo che il mio destino era diverso e superiore e già durante i primi anni delle elementari diedi prova della mia determinazione.

– Adesso state tutti zitti! Qua mò vi moltiplico il pane e i pesci!

– Ma qui nessuno ha pesci. Nemmeno il pane, tutt’al più c’abbiamo le gommine profumate.

– Allora datemi le merendine! Tutte!

Il miracolo si avverò: la mia merendina immediatamente si moltiplicò per 35, tante volte quanti erano i miei compagni di scuola.

Alle loro richieste di restituzione seguì il mio rifiuto: volevo imparassero l’importanza della sofferenza e il piacere di donare a Gesù.

I tempi non erano maturi: fui percosso lungamente ma capii che ero sulla strada buona.

Alle medie mi feci crescere i capelli ed iniziai a far precedere ad ogni mia frase le parole: “in verità, in verità vi dico”.

Questo vezzo causò le immediate reprimende della mia insegnante di religione che pensava stessi sbeffeggiando il suo Credo, che poi era il mio. Eppure io apprezzavo davvero che in quelle aule si studiasse la vita del mio supereroe. Questo mi aiutava nel mio scopo: diventare come lui il più presto possibile.

Quando andammo al cinema a vedere il Gesù di Nazareth, nella scena del crollo del tempio urlai “Evvai, spaccagli il culo!” e in pieno raptus da entusiasmo, alla scena della resurrezione non riuscii a trattenermi e feci partire la Ola intonando “Siamo nooooi, siamo noooi, i campioni di Giudea siamo nooooiiii…”.

La mia insegnante però non tollerava tanta foga nello studio: per lei quell’applicazione, quella cura maniacale che profondevo nella ricerca dei dettagli e soprattutto rivolgermi a lei chiamandola “Maddalena” era da condannare e più volte mi mandò dal preside, il quale non poteva che proporre un incontro, ogni volta, con Maria e Giuseppe.

Al che io mi riferivo a loro dicendo “Padre, perdona loro perchè non sanno quello che fanno”.

Ma lo sapevano e mi percossero lungamente.

Alle scuole superiori decisi che fosse tempo per un salto di qualità: avevo bisogno di proseliti, era necessario che il mondo sapesse.

Caso volle che il mio istituto disponesse di una piscina: quale migliore luogo per emulare il mio idolo e produrmi in una solenne camminata sulle acque?

Aspettai il momento giusto: l’ora di educazione fisica.

Urlai: “Fratelli! Il momento è giunto!”

Alzai le mani al cielo, chiusi gli occhi e… camminai! Camminai sulle acque così come si fa sulla dura terra!

Che le acque fossero alte solo 12 cm perchè la piscina era in pulizia nulla toglie alla portata dell’evento. Del resto da qualche parte si doveva pur cominciare.

I miei compagni, interrotti nella loro partita di calcetto, mi percossero lungamente.

La mia fama ormai varcava le soglie dell’ospedale psichiatrico che frequentavo.

Ci ero entrato per lavare i piedi agli infermi ma ero stato preso subito a tempo pieno. Mi davano anche delle gocce-premio. Erano tutti gentili con me: una volta mi tennero 40 giorni e 40 notti chiuso in una stanza: volevano farmi rivivere la lotta del mio idolo col demonio.

Venivo percosso lungamente dai pazienti ma porgevo sempre l’altra guancia. E loro percuotevano anche quella.

All’università, Giurisprudenza, venivo sempre accolto da ironia e scetticismo – del resto è il destino di noi supereroi.

Indossare il mio saio bianco non mi aiutava certo a passare inosservato ma io ritengo che la cosa dipendesse più dalle infradito a dicembre.

Ricordo la volta in cui mi scagliai contro il mio professore di Procedura Penale, proferendo frasi tipo “Guai a voi, dottori della legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!”.

Chiara l’accusa di non conoscere ciò che lui stesso imponeva di studiare.

Il fatto che mi avesse bocciato non c’entrava nulla.

Il mio salire in piedi sulla cattedra fece sì che si sospendesse la seduta d’esame.

Questo indispettì i miei colleghi-studenti, che mi percossero lungamente.

Adesso le cose vanno meglio: ho tanti amici, almeno una dozzina, e stasera, per il mio 33esimo compleanno, ho deciso di dare una festa. Niente di che, una cena, tra noi. Chi porta il vino, chi le ostie con la pummarola ‘ngoppa.

C’è pure quello, come si chiama, Giuda. Mi pare un tipo simpatico, venale magari ma ci si può fidare.

Sono certo staremo bene e non verrò percosso.

[Reminiscenze di Lasciamipensare]

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lunedì, gennaio 18, 2010

Pensierini

Un canile

mi avvicino

mi chino su uno di questi esserini

piccolo

un pechinese

che mi si attacca subito.

‘sti cinesi son tremendi.

Cerco di insegnargli qualcosa

per vedere se è intelligente

gli tiro un bastone

una volta

due

tre

non me lo riporta mai

anzi

adesso scappa via

Forse non devo mirare alla testa.

Un amico

mi parla di corrida

e della sofferenza di chi come lui

non tollera quest’abominio

condotto da Jerri Scotti.

E via, verso casa,

verso casa, sì.

Servirà un contenitore capiente.

Il mio campanello

l’odore di casa mia

che ogni palazzo ha il proprio odore

lo so che lo sapete.

Si riconosce una casa dall’odore.

Specie se si accatastano così i cadaveri.

Vedo un documentario

sul bue muschiato

forse è rimasto troppo esposto ai presepi.

Mi sdraio sul letto

e lentamente mi si chiudono gli occhi

pesanti

pesanti.

Cara, chiuso il gas…?

Così mi ritrovo a far pulizie in casa

con una vecchia spugna in mano.

Dovrei smetterla di raccattar ubriachi.

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venerdì, gennaio 15, 2010

Rabelais c’est moi
E dico a voi, Signori della Corte!

Se v’è da sentenziar condanna per me che giustizia sia fatta!

Seppure abbia mancato di rispetto alle civili regole del comune sentire io null’altro feci – e qui mi si perdoni per l’ulterior turpiloquio – che ciò che feci.

Perchè è di ciò che feci si tratta. Feci.

Eh no, attendete un istante ancora, sol questo vi domando, per spiegar le immanenti ragioni delle mio evacuare.

Quando la fame divora le membra e – miraggio! – s’apre a te vision d’immensi paradisi fumanti di prodotti terreni e vitali, come fare a sopire le voci che null’altro dimandano se non acquetar le viscere?

Io ciò feci (mi scuso, mi prostro ma solo tal parola m’assiste).

Sol che di fagioli e cotiche – questo il mio vero peccare – abusai e ancora volli godere.

E prima del calar del sole mi ritrovai a calar le braghe nella piazza piu’ grande, senza vie d’uscita, per lasciar fuggire il diavolo che m’attorcigliava le budella – un forcone miei Signori, un forcone pareva impugnare – chi conosce simil sofferenze ben puo’ capire.

Financo che produssi cio’ che per un infante è merce preziosa ma per un uomo siffatto trattasi di invereconda sporcizia, indecorosa.

Li’ al centro della piazza sta ancora un monumento – opra dell’uomo, onorevole già sol per questo non credete?

Condannar codesto servitor di Dio per aver defecato in piazza?

Come avesse avuto a trarne godimento e non per mera cessazion di pena e tormento?

Signori tutti, per pronunziar la gogna occorre desiderare la punizione d’un uomo che è caduto in fallo ma non è questo cio’ che mi si muove contro: il mio restò ben inguainato – testimoni tutti – solo il cul venne mostrato!

Vi invito ordunque a metter una mano sulla coscienza e rifletter bene prima di sentenza.

E quando sarete nell’eremo delle vostre case ed un bisogno vi assalirà impellente, muovete il pensiero a questo sofferente, e ad Iddio, che muove la volta e costruì il creato.

Il creato.

Capirete cos’io abbia provato e quanta inevitabilità nel modesto ma inevitabil mio, di creato.

Questo ciò che feci, Signori, sol questo.

Ed ora attendo la vostra clemenza.

Ma fate presto, vi prego, con la sentenza: già risento il tormento che parea cessato. Cessato non è. Dio misericordioso! Cessato non è! Signori, non voglio… Signori, non posso… Signori, non è mancanza di riguardo, vi prego… Devo farlo!

[E calate ancora le braghe, mostrò per l’ultima volta quanto uomo possa esser vicino al suo Dio. Creando dal nulla sostanza. Tanta. In abbondanza.

Non conosciamo la pena inflitta a tale sventurato. Nè di lui restano opre, nianco in quella piazza. Sappiamo solo cos’ebbe inventato. E ci sforziamo ogni giorno di emulare il suo creato.]

[Bifidus, 1574]

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giovedì, gennaio 14, 2010

Buono era buono, sì, però…
Antefatto:

Pranzo in ristorante “esclusivo”. Io non sono un intenditore ma mi sono fatto trascinare. Appena fuori zona: 1370 km da percorrere in autostrada, non so quanti su una provinciale dissestata, altri 82 su per una mulattiera abbandonata anche dai pastori. Gli ultimi 13 km hanno richiesto l’aiuto di 3 sherpa himalaiani. Fuso orario diverso. Aurora boreale. Fuori mano era, eh.

Qualcuno racconta d’aver visto lo Yeti.

Altri la Madonna.

A me pareva un po’ troppo distante ma, si sa: io non sono un intenditore.

L’accoglienza:

il locale è da vip e si vede subito: all’ingresso occorre sfoderare la tessera di partito o il visto papale.

Io vengo passato al metal detector perchè avevo la barba di 2 giorni.

Mi viene sostituita la cravatta semplice con una regimental.

All’indossare del guanto di lattice da parte del cameriere mi preoccupo.

Alla richiesta “si chini” chiudo gli occhi e lascio che il destino si compia.

Tossisco su richiesta.

Ho desiderato essere morto ma, si sa: io non sono un intenditore.

Il locale:

un bijoux: arte povera a gogo, con sedie direttamente intagliate in grosse querce, volutamente non rifinite per dare il giusto vintage ad una ambientazione bucolica. Fa niente per le schegge infilate nelle dita e nel culo: fanno tendenza.

Siamo felici.

Un po’ meno quando mi alzo e inciampo su una radice.

Molto meno quando il grande puffo mi si infila su per i pantaloni alla ricerca delle noci perdute.

Infinitamente meno quando crede di averle trovate.

I tavoli sono in giunco ottomano (si dice siano gli stessi che c’erano a corte di Pietro il Grande, ma la scritta “made in Taiwan” mi lascia perplesso); sono molto instabili, per un’atmosfera che ci riporta alle affannose origini dei nostri avi, quando, con una ciotola in mano, si appoggiavano a terra sotto quel vecchio pino a respirare l’aria vera. Qui fornita con un modesto plus nelle aree non fumatori.

Il polmone artificiale costava meno secondo me ma, si sa: io non sono un intenditore.

Il menu:

il piatto principale:

nessuna scelta: monopiatto elaborato di erbe aromatiche belghe a guarnizione di una ricottina di capra albina che pascola solo nell’alto trevigiano e si nutre esclusivamente di trifoglio silvanus estensiis alto due centimetri, nè piu’ nè meno. Un tecnico pagato dal comune si reca, con tanto di calibro, ogni giorno su quelle colline per controllare la misura.

Sopra, una spruzzata di aceto balsamico creato appositamente per questa serata dal piu’ grande acetificatore del nostro secolo, che ho imparato essere un tedesco trapiantato a Modena: il celeberrimo Hubert V. Haussmannthalerisch. Tonino per gli amici.

Il contorno:

una patata novella – grande quanto un cece – aperta a fiore e ripiena di 3/17 di oliva del Maghreb, a sua volta contenente metà cappero di Pantelleria. Ma Pantelleria est, no, ci tengono a precisare, che là i capperi sono tutta un’altra cosa. Dentro, ancora, un atomo di tartufo. Bianco d’Alba, of course. E alcuni quark – individuabili solo tramite leggi quantistiche –  di pappa reale prodotta da due diverse api regine, le uniche nell’universo nate con un cromosoma speciale che dona alla pappa reale leggendarie proprietà taumaturgiche. Un mio amico non conosceva il principio di indeterminazione di Heisenberg secondo il quale non è possibile conoscere simultaneamente posizione e quantità di moto di un dato oggetto (in quel caso i quark di pappa reale) e, nel cercare la pappa reale, fa cadere la patata! Decide – saggiamente – di tagliarsi le vene. Io butto giù. Un po’ alla cieca perchè si sa: io non sono un intenditore.

Le porzioni:

sono quelle adorate da Kate Moss: una tirata e via.

Il bianco del piatto deve restare tale. E poi sarebbe volgare abbondare oltre i 15 grammi. Decorazioni comprese.

Buona parte del piatto era già evaporata nel tragitto cucina-tavolo.

Un panino con la porchetta mi sembrava piu’ desiderabile in quel momento ma, si sa: io non sono un intenditore.

Il vino:

Dio mio, ma ci sono dubbi?! Il vino DEVE essere NECESSARIAMENTE un Roccasecca delle vigne del Cav. Riggioni, annata 1984.

Tutt’al più è concesso anche un Manali Sassuscrittu del Bruni, ma solo se conservato nelle botti di rovere fabbricate dal Comm. Bedetti dopo l’equinozio di primavera del 1991, tenuto a temperatura di 14,5 gradi.

Avevo chiesto un rosso della casa.

Mi hanno portato un esorcista.

Ho commesso una gaffe perchè si sa: io non sono un intenditore.

Il conto:

una banalità: 6.820 euro a persona.

Ma era anche compreso il massaggio palmare ad opera di un maestro cambogiano e sorbetto al limone (vapori di).

Una manovra finanziaria mi sarebbe sembrata meno esosa ma, si sa: io non sono un intenditore.

L’epilogo:

Stamattina, a casa, non volevo cacar via tutta quella roba. Ma alla fine ho dovuto.

A me sempre merda pareva, ma, si sa: io non sono un intenditore.

[Reminiscenze di Lasciamipensare]

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L’ultimo pezzettino… amore…

E arriva il momento del dolce che io ci sono arrivato apposta da casa chè solo qua lo fanno in quel modo semisessuale e io ci vengo apposta solo per il dolce chè la pizza è collosa il servizio lentissimo e l’aria condizionata mi spara direttamente sulla cervicale perdio ci stesse una volta che quel cazzo di cameriere mi dia retta un secondo ma alla fine tutto ruota sul dolce e finalmente arriva il momento e già la bocca si muove e si impasta per i segnali che le spara il cervello e tutta la dopamina e altri neurotrasmettitori troppo complicati da analizzare che manco sono neurologo mi frullano in circolo e i sensi si predispongono per assaporare ogni minuzia di quella composizione zuccherosa ma proprio quando lo ordino mi inizia a salire l’ansia e penso oddio speriamo che stavolta non mi rompa le palle speriamo che io possa godere del mio dolce come desidero che lei stavolta non mi voglia per forza prendere l’ultimo pezzetto di dolce che provo da sempre a tenere in disparte perchè c’e’ sopra più glassa e la crema là e solo là fa l’ansa e cola dappertutto e tu già t’immagini l’orgasmica e  fugacissima sensazione nel palato di quell’onda dolcissima ed effimera ma lei un cazzo non ci pensa per niente alla mia vagheggiante costruzione mentale e allunga la mano ed io stavolta mi sorprendo di non pensarci nemmeno un attimo zero nemmeno una minima remora e giù duro cristo! con la forchetta sulle dita e che cazzo! stavolta affondo nella carne che ci godo davvero e lei mi guarda come se fossi il mostro di Milwaukee e urla e urla di dolore ma forse pure di sorpresa come i bambini che quando sentono un botto improvviso si spaventano e si mettono a piangere e lei il botto l’ha sentito per la madonna dritto sulla mano ma dico tu te la sei andata a cercare è la centocinquantesima volta solo questo mese che mi porti via un pezzetto di sogno e di vita che tutti i pezzetti dolci che m’hai fregato avrei fatto a meno di almeno tre etti di psicofarmaci e recuperato 60 ore di pacifico sonno stronza! e certo che ti inforchetto il sangue ci devi lasciare così vedi come te lo gusti la prossima volta che mi metto da parte qualcosa e adesso che mi guardi con quell’aria da stuprata mi viene da fare ancora zac e zac su quella faccia ingrassata da tutti i miei ultimi pezzettini dolci di mesi ed anni e allora sì ti inforchetto quelle cazzo di guance sempre più paffute che io qua mi sto scarnificando per l’ansia che mi hai messo addosso e quelle orrende guance saranno il mio ultimo boccone stasera e vediamo se cachi il cazzo la prossima volta.

Ancora, amore?

[reminiscenze da lasciamipensare]

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giovedì, gennaio 07, 2010

L’altra metà del cielo
IN UN MONDO DI SOLE DONNE

– Beh, allora, che si fa?

– Andiamo a comprare delle scarpe.

– Ahahah, buona idea, ma i soldi?

– Ahahah, i cosa?

– Soldi

– Ah, non ci avevo pensato… vabbè, li compriamo!

– Ah, giusto

– Ma… dove si comprano?

– In banca credo

– Ahahah, andiamo

– Ahahah.

– Buongiorno

– …

– BUONGIORNO!

– Eh? Scusi un attimo, finisco di truccarmi e arrivo

– Ah, certo, scusi. Intanto noi andiamo in bagno allora

– Prego

[ottantacinque minuti dopo]

– Salve, siamo quelle di prima. Volevamo dei soldi

– Sol..?

– Soldi!

– Ah, soldi, c’è il bancomat qua dietro

– Sì, ma non ricordo il codice

– Forse ce l’ha scritto proprio sul bancomat.

– E’ vero, come faceva a saperlo?

– Lo tengo anche io là, è il posto più comodo per non dimenticarlo

– Già… ma… mi sa che ho perso la carta

– Capisco. Capita sempre anche a me. Quanto vi occorre?

– Non lo so, volevamo prendere un paio di scarpe… sei-settemila euro

– Mi dà il numero?

– Io un 39, pianta larga

– Dicevo il numero del conto corrente

– Non lo so

– Facciamo 112532?

– Il 2 finale non mi piace, ci mettiamo un sette che è il mio numero fortunato?

– Ma certo, nessun problema!

– …

– Ecco. Allora il conto sembra sia a nome di Antonella Serravalle. E’ lei?

– Non mi sembra… ma oggi sono un po’ confusa, ho le cose mie…

– Vabbè, non fa niente. Che poi Antonella è il nome di una strega che abita sopra casa mia e…

– Davvero! E dove abita?

– Qui dietro, il palazzo Arcobaleno

– Bellissimo. Sa, ci volevo prendere casa anche io poi però il colore delle piastrelle del pianerottolo del palazzo vicino era un orribile ocra pallido ed io per l’ocra pallido ho proprio una repulsione da quando…

– Come la capisco: il mio ascendente mi impone, tassativamente, di evitare le persone che abbiano indossato almeno una volta un abito color caki… il chakra… pilates…

– … parrucchiere… saldi…

– Bene, ora abbiamo i soldi. Prendiamo la macchina?

– Veramente ieri sono andata a sbattere

– Anche io.

– Chiamiamo un taxi?

– Oddio, e come si fa?

– Non lo so, chiediamo a qualcuno!

– Sì dai, sarà divertente! Ahahah!

– Ahahah!

IN UN MONDO DI SOLI UOMINI

– Fame?

– Sì

– Visto il Milan?

– Sì

– Birra?

– Sì

– Cambiato la macchina

– Cosa

– 2800 TD 4wd Full Op

– Fico

– Sì

– Playstation?

– Sì

– Telefonino nuovo?

– Sì

– Dov’è il telecomando?

– Boh, in terra

– Sotto i calzini?

– Boh, sì

– Oh, dormi?

– No

– Oh, dormi?

– …

Dicembre 2009

 

mercoledì, dicembre 23, 2009

Soluzioni

Moretti, A.D. Trenitalia: “portate in treno panini e coperte”

Le zecche sono diventate particolarmente esigenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

lunedì, dicembre 21, 2009

 

Auguri

Quest è il post di augur di fin ann. Vogl rientr in duemi battu ma nemme cos ci riesc.

 

E allora rinuncio e scrivo come Dio comanda. Che sicuramente da qualche parte nella Bibbia comanderà pure questo.

 

Perchè ci ama.

 

Ma non starò qui a parlare di Dio.

 

Se non associandolo ad animali domestici.

Ah, a proposito, quest’anno ho mandato una letterina al Papa.

 

Ma non mi ha risposto.

 

E dire che quello di prima lo faceva sempre, tutti gli anni. Iniziavo sempre con:

 

“Caro L Wojtila”

 

Che era pure facile.

 

Questo invece:

 

“Caro Papa poco amato successivo a Wojtila”

 

E non mi risponde.

 

L’altro invece…

 

Oddio, non mi rispondeva nemmeno l’altro di persona, certo, ma avevo piacere nel leggere comunque che ad ogni mia missiva seguiva puntualmente una letterina timbrata Città del Vaticano – Santa Sede – Avvocatura Apostolica – Atto di citazione in giudizio per ingiurie e minacce.

 

Questo invece niente.

 

Manco il bossolo mi ha commentato.

 

COMMENTI (8):

 

– Il solito cappello su Dio: passano gli anni, possibile che non vai avanti?

 

– Hai rotto il cazzo!

 

– TACI BLASFEMO!

 

– Eheheh…

 

– Bello il tuo blog ma non ho capito bene quella cosa di Dio

 

– Ciao, vuoi essere mio amico, iscriviti subito su www.unmondodigattinidaamare.com

 

– Ma che sei Renato?

 

– Merda!

E’ sempre un momento alto, nella vita di un uomo – sarà per la difficoltà – riuscire ad avere una esatta percezione di sè.

 

Chi sono io?

 

Come mi vedo?

 

Come mi vedono gli altri?

 

Come penso che gli altri mi vedano?

 

A quanto sta il Parmigiano all’etto?

 

Non risponderò ad alcuna domanda tra queste.

 

Comunque è caro.

Risponderò ad un’altra domanda invece, che ha a che vedere con corsi e ricorsi storici, strategie e fallimenti, l’eterna lotta dell’uomo contro l’uomo:

 

L’Inter vincerà la Champions?

 

E’ scritto nelle stelle.

 

Ma è tutto sfocato.

Comunque Burdisso l’hanno venduto ed è già cosa.

Non sempre le risposte sono soddisfacenti. Se lo fossero verrebbe meno il concetto stesso di domanda: basterebbe raccogliere un libro di risposte, un enorme FAQ che nel corso degli anni gli uomini si son posti, per evitare che ci si tormenti con gli interrogativi.

 

Esiste questo libro?

 

Se sto ponendo la domanda, evidentemente no. E comunque non lo pubblica Mondadori.

 

La mia era una domanda retorica: conoscevo già la risposta. Dunque potrei essere io stesso, la FAQ che cercavo.

 

Lo sono?

 

Se mi sto ponendo la domanda, ri-evidentemente no.

 

E con questa risposta mi s’instilla invece il dubbio di esserlo.

Mi hanno detto “FAQ you!” più volte, negli Stati Uniti. Forse là mi riconoscono.

Essere ciò che si ricerca.

 

Magari è così.

I paradossi. Ci proteggono. Dai dossi.

Come quando metto il mio nome su Google. Per cercare cose che riguardano me. Quando potrei tranquillamente chiedermele.

 

E’ che spesso mi metto in soggezione nel parlare tra me e me.

Rileggo le cose scritte per me – per me, certo, come questa, e mica per presunzione: scritte per me per mancanza di pubblico, scritte per me perchè non sono nessuno per avere un seguito, non sono nessuno per arringare una piazza, nè prendere un duomo in faccia, ma neppure per zittire una riunione di condominio (vi partecipassi). Scritte per me perchè nella vita non ho avuto l’ambizione di cavalcare le onde, sacrificare Dalia per Elena. Quest’ultima, poi. Nè ho fatto la valigia per farmi chiamare monsieur.

Poi però.

Rileggo. E ci trovo del genio. Col freno a mano.

 

E lo riconosco con una qual certa tranquillità, ora.

 

Ho imparato a camminare. Meglio: vedo che cammino: pensavo di saper volare.

 

Ma cammino più spedito di chi mi sta intorno, e questo è quanto. Qualcuno corre(va). Ma si chiama(va) Dostoevskij. E secondo me non sapeva essere tante cose insieme.

 

Comunque lui è morto e io no e questo mi dà un bel vantaggio.

Mi rileggo. E trovo la battuta azzeccata ma edulcorata. Per farla arrivare meglio, mica per incidere meglio. Diffidenza. Ci trovo la frase più pulita e corretta, quando a me mi sarebbe piaciuto usare un “a me mi”.

 

Ed anche adesso ho tirato il freno, nel timore che non venisse colto il calembour.

 

Non era un calembour. Non ho usato neppure in calembour in questo post. E non lo farò.

 

Faro invece luce.

Ma poi, voglio davvero arrivare a chi non è in grado di cogliere la sottigliezza?

 

Sì.

 

Per un motivo: io, in questo cazzo di mondo, ci vivo. Io, con la persona che pensa che io abbia sbagliato un “a me mi”, domani ci parlo, magari mi deve pagare o vendere le banane. E se pensa che non sia in grado di mettere due parole in croce, se pensa che io non sappia che “a me mi” è sbagliato, magari mi tratta con sufficienza. O non mi dà le banane migliori e mi rifila solo quelle da mangiare.

 

E dunque tiro le somme di questo anno, addosso a te che mi leggi. E ci vedo la misantropia, scrivere mettendomi in posizione di sub-subalternità, rinunciando, tagliando, semplificando, annacquando, dimmi quando quando quando. Per far arrivare un messaggio che possa essere colto davvero.

 

Altrimenti scriverei ben altre frasi, e non le solite, almeno per una volta, tipo cose così:

[

]

Capisci cosa intendo?

E’ che tra queste due parentesi non mi importa. Mi prendo lo spazio mio. E scrivo come vorrei se tu non mi leggessi.

 

Quanti errori di ortografia conti?

 

Nessuno?

 

Rileggi meglio.

 

Nessuno?

 

Qualcuno?

 

Chiudi quel cazzo di libro di Faletti.

 

Tanti?

 

Qualcuno dica a Gasparri che abbiamo ritrovato il discorso.

Facile, su Gasparri.

Ce lo vedi il gioco sottile, le discese ardite, la cromaticità colorata-coloratissima! Ce le vedi le stoppìe arse, quelle che ti disegnano la forma in aria e si spengono in un trpeo?

E.

Che non congiunge niente.

E tu che stai a pensare a che cazzo sia un trpeo… Che? Credevi fosse un errore? Ma davvero non hai capito un fgro!

E allora rientro nel canale, La cromaticità è sempre colorata-coloratissima. No. Sono solo toni di grigio.

 

Molti più di quelli che riesci a vedere, certo.

 

Ma ti sto facendo perdere i colori.

 

Io. A te.

 

Ed è colpa tua.

 

Un limite tuo. Che faccio mio. Per venirti incontro.

 

E mi rimetto al giudizio di un popolo che non è diverso da me e che esiste. Non mi vede. Non mi conosce. Eppure si crede meglio di me. Che sono nessuno. Sono la “gente”. La gente pensa che io sia la gente. Ciascuno pensa che gli altri siano la gente. Ma voi, siete la gente, non io. Io non sono la signora Maria (controllo la carta d’identità e trovo conforto, ma Dio che foto!). Non starmi a dire che non lo sei nemmeno tu. Tu, sei la signora Maria.

Ho gli addobbi natalizi in casa. Mio malgrado.

 

Si festeggia un personaggio di fantasia e la cosa non mi disturba più come prima. Non da quando ho iniziato ad apprezzare Halloween e quegli altri morti viventi. Gente che resuscita ma ci mette tre interi giorni non mi impressiona. Quando Bill Murray (mica Thor, Bill Murray!) manco poteva. Morire.

Continua a darmi motivo di inquetudine il mio vicino, che mi fa gli auguri. E l’odore di brodo di quella casa. Sempre brodo. Ci sarà la signora Maria ai fornelli. Apro la cassetta della posta e ci trovo altri auguri. Merry Christmas. In inglese. Credo sia il momento di dare aria: I open the windows. La gente. La gente fa gli auguri alla gente. Ci fosse una persona. Ma siamo animali competitivi, no? Cosa mi auguri? Felicità? Danaro? Ma davvero me lo auguri? Staresti meglio se io guadagnassi un mare di soldi l’anno venturo? Nessuna invidia? E come mi dovrei sentire, ora, io che godo, s/n eppure sommessamente, quando quel conoscente si separa dalla moglie, quell’altro perde il lavoro? Un bastardo? Io mi sento una persona. Non è successo a me, le disgrazie altrui fanno apprezzare di più ciò che si ha. Frasi fatte. Qui mi ci ritrovo. Forse sono della “gente” pure io. No. Peggio.

 

Allora, per l’anno che arriva, ti auguro di non morire.

Ed è già tanto (1).

E comunque sempre se la tua esistenza in vita non arrecherà a me danno.

Che tu possa non morire, sempre che la tua esistenza in vita non arrecherà a me danno. E che tu possa incrociarmi solo se la cosa porterà a me beneficio.

E’ quel che auguro a te.

Ed è già tanto (2).

Auguri, neh.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

giovedì, dicembre 17, 2009(RRR)

 

Ring

– Pronto, Romina?

 

– …

 

– Ehm… no, non sono Raffaele…

 

– …

 

– Nemmeno

 

– …

 

– No, sono Massimiliano

 

– …

 

– Massimiliano! Il tuo ragazzo!

 

– …

 

– Il tuo attuale ragazzo!

 

– …

 

– Addirittura tre ne hai avuti di Massimiliano? Comunque… ecco… ti volevo chiedere se…

 

– …

 

– Massimiliano, sì, ne sono sicuro.

 

– …

 

– Non ti so dire se la mia voce sia uguale a quella di questo Roberto, so di essere Massimiliano.

 

– …

 

– Sì, quello col cappotto. Stiamo insieme da una settimana!

 

– …

 

– No, non mi sembra “antico” quel cappotto.

 

– …

 

– Beh, magari tuo nonno ce l’ha uguale perchè è lui moderno…

 

– …

 

– Ah, proprio decrepito…

 

– …

 

– No, la macchina è mia.

 

– …

 

– Veramente pensavo fosse carina…

 

– …

 

– Ha qualcos’altro tuo nonno oltre cappotto e macchina come la mia?

 

– …

 

– Ecco, le scarpe…

 

– …

 

– Sì, forse è meglio. Ti stavo chiedendo se per caso ti andasse di uscire stasera.

 

– …

 

– Lo so che esci, intendevo con me…

 

– …

 

– …

 

– …

 

– Stai vedendo un film comico?

 

– …

 

– Ah, no, non era una battuta. Ti chiedevo davvero se volevi uscire con me… E’ una settimana che usciamo, non capisco…

 

– …

 

– Ho anche una giacca, il cappotto ho capito che…

 

– …

 

– La noleggio, me la faccio prestare. Ho un amico che ha un BMW, va bene?

 

– …

 

– Non lo so il modello, non me ne intendo…

 

– …

 

– Beh, penso che non sia così importante per un uomo intendersi di macchine…

 

– …

 

– Per esempio? Non so, politica…

 

– …

 

– Beh secondo me invece capire di politica è fondamentale per…

 

– …

 

– No, assolutamente, non volevo parlare di politica… mi hai chiesto tu di cosa dovrebbe…

 

– …

 

– No! Non ti sto incolpando di niente, figurati… ti ho telefonato per chiederti…

 

– …

 

– Ma no, non necessariamente stasera…

 

– …

 

– Allora anche la settimana prossima…

 

– …

 

– Il mese pross…

 

– …

 

– Vuoi dirmi che hai l’agenda impegnata fino ad aprile?

 

– …

 

– Non capisco, fino a ieri eri…

 

– …

 

– TI HO DETTO CHE QUEL CAPPOTTO NON E’ COSI’ MALE!

 

– …

 

– Senti, ora non ho i soldi per cambiare la macchina!

 

– …

 

– Questa poi: se pensi che ti abbia fatto fare brutta figura ieri per il cappotto e per la macchina… Sono questi i valori?

 

– …

 

– Ah, i diamanti.

 

– …

 

– Mi sa che mi sono proprio sbagliato su di te. Ti facevo diversa.

 

– …

 

– Non so cosa ti abbia detto Marco, nè perchè ti abbia voluto far credere che ero ricco.

 

– …

 

– Va bene, chiudiamo qua. Alle Maldive ci andro’ con chi lo apprezza.

 

– …

 

– Eh? Non te l’ho detto? Volevo proporti un viaggio alle Maldive, vinto in un concorso…

 

– …

 

– Davvero? Non mi sembrava scherzassi…

 

– …

 

– Che stronza che sei, quasi ci avevo creduto che non ti importasse niente di me…

 

– …

 

– Fantastico allora: quando vorresti partire?

 

– …

 

– No, non ho capito. A chi devi chiedere?

 

– …

 

– E chi è Alessandro?

 

– …

 

– Vabbè, un amico, ma a noi cosa interessa sapere quando sarà libero questo Alessandro?

 

– …

 

– No, veramente il viaggio è per due…

 

– …

 

– Ehm, veramente io dovrei essere NECESSARIAMENTE uno dei due…

 

– …

 

– Ma come “egoista”?! Ti sto proponendo un viaggio insieme e tu mi dici che invece vorresti andarci con un amico…

 

– …

 

– Ma non mi importa se lui ha un cappotto moderno! E poi alle Maldive, che te ne fai del…

 

– …

 

– …per arrivare all’aeroporto. Certo…

 

– …

 

– Scusa, ma ti sembra normale?

 

– …

 

– Ma certo che voglio andarci io alle Maldive: l’ho vinto io il viaggio!

 

– …

 

– Ma certo che mi piaci!

 

– …

 

– Ma…

 

– …

 

– Mi piace quando mi dici così…

 

– …

 

– Davvero?

 

– …

 

– Davvero davvero?

 

– …

 

– E’ che…

 

– …

 

– Ma… non lo so…

 

– …

 

– Mi fai sciogliere così…

 

– …

 

– Uff… ma com’è questo Alessandro? Sarà mica quello della palestra che ti fa il filo?

 

– …

 

– Certo che sono geloso!

 

– …

 

– Ridimmelo… mi piace tanto…

 

– …

 

– Dio che bella che sei…

 

– …

 

– Va bene, dai… Ma quando vincero’ il prossimo viaggio ci vieni con me!

 

– …

 

– Augusto chi?

 

 

 

 

postato da maxzulli alle ore 17/12/2009 11:31 | link | commenti

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mercoledì, dicembre 16, 2009

 

Recidività

Ci ho pensato: sono ancor più convinto che meno si tiri in ballo Berlusconi e prima ce ne liberiamo.

postato da maxzulli alle ore 16/12/2009 10:07 | link | commenti

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martedì, dicembre 15, 2009

Del predicare, del razzolare

Penso che il miglior modo per disfarsi di Berlusconi sia quello di non parlarne più.

postato da maxzulli alle ore 15/12/2009 15:04 | link | commenti (1)

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giovedì, dicembre 10, 2009

Eau de funt

Notizia vera: arriva il profumo di Michael Jackson.

Per la prima volta si potrà odorare di culo di bambino senza impegnarsi a diventare padre.

 

postato da maxzulli alle ore 10/12/2009 13:11 | link | commenti (1)

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mercoledì, dicembre 09, 2009

Nonnettismo

Davano “Up” al cinema ed io ero in coda al botteghino.

Oddio, “coda”, davanti a me c’erano solo due ragazzi o ciò che rimane di due esseri viventi dopo un’adolescenza passata al Mc Donalds.

 

A terra la linea gialla che dice “stai qua per la privacy”. Che poi che cazzo di privacy serve: io so perfettamente cosa stai facendo! Sei al botteghino del cinema, stai comprando biglietti del cinema, no?

 

Comunque.

 

Io sto al di qua della linea gialla, che poi è a un metro circa dal botteghino. Nessuno dietro di me.

 

Mi arriva una telefonata e, si sa, mentre si telefona si deve camminare. Penso che la ricezione di una chiamata attivi le zone cerebrali della deambulazione. Si dovrebbe fare uno studio su questa cosa. Li fanno sulla motilità delle lumache boveris dopo una pioggia acida sul Gennargentu, non li fanno su questo…

 

Contemporaneamente però mi si è attivata anche la zona cerebrale preposta alla marcatura del territorio: sapevo di non potermi allontanare troppo altrimenti avrei lasciato sguarnita la mia posizione e qualcun altro si sarebbe potuto infilare tra me e la linea gialla.

 

Ma io sono più complicato di questo.

 

Insieme alle due sopracitate aree, ha cominciato ad accendersi anche quella – in me molto sviluppata – del conflitto potenziale.

 

Ora, per “area del conflitto potenziale” io intendo quella parte del cervello preposta alla ricerca dello scontro – fisico o verbale – con altri esseri, preferibilmente animati, preferibilmente umani, o animali di piccola taglia.

 

Ho iniziato a muovermi con fare naturale, parlando al telefono, camminando come previsto, allontanandomi un poco ma non troppo dalla linea gialla.

 

Due vecchie.

 

Si avvicinano al botteghino. Stanno là sedute già da un pezzo: ora decidono che sia arrivato il momento di comprare il biglietto.

 

Io le avevo viste da prima. Loro mi avevano visto da prima. Le ho ignorate tranquillamente, proprio come chiunque in età fertile ignora due vecchie.

 

Io le vedo avvicinarsi, capisco quello che stanno per fare. Non mi allontano ulteriormente. Non mi avvicino ulteriormente. Disegno un “8” nei pressi della linea gialla, in modo da non palesare perfettamente le mie comunque chiare intenzioni: comprare il biglietto.

 

Le vecchie che fanno? Studiano la mia traiettoria ad “8” e tangono il punto nel quale maggiore è la mia distanza dalla linea gialla. Un calcolo del mio personalissimo afelio. Vieppiù aggravato dal fatto che si trattasse del punto nel quale io davo le spalle alla linea stessa, e non quello contrario frontale.

 

Ora, le vecchie erano in perfetta malafede. Non ci sono cazzi. Quella era malafede.

 

Loro avevano visto che io ero là da prima, che stavo solo aspettando che i ragazzi si sbrigassero, che nel frattempo avevo ricevuto una telefonata. Ed erano perfettamente a conoscenza anche del fatto che una telefonata non è incompatibile con l’acquisto di un biglietto, nè fa decadere dal diritto di precedenza in una coda.

 

Le vecchie però stavolta cadono nella mia trappola.

 

I ragazzi finiscono, io sono là ma di spalle, le vecchie tirano fuori i soldi e dicono “due b…”.

 

– FREGATE!

 

– Eh?

 

– No, niente biglietti. Ci sono io.

 

– Cosa giovanotto?

 

– Sono stato chiaro, ho parlato lentamente, poche frasi, in italiano.

 

– Vuole comprare i biglietti?

 

– E’ evidente, sono al botteghino di un cinema, non mi trovo certo qui per fare un torneo di scacchi.

 

– Va bene, se vuole passare davanti…

 

– Eh no, cazzo. Io non “passo” davanti. Io “sono” davanti. E lo sa.

 

– Ma si era allontanato…

 

– Allora mi ha visto! E se mi ha visto sa che ero al telefono. E se lo sa non deve fare il giochino di quella che “oddio mi scusi, non avevo visto…”

 

– Ma non si arrabbi, passi pure…

 

– Forse non è chiaro. Non sono io a passare. Io c’ero.

 

Interviene la bigliettaia: – e dai, su, un po’ di educazione…

 

– Educazione?! Io?! La fila è fila. Non è questione di alzare il culo e far sedere una anziana sull’autobus. Pratica peraltro disdicevole in quanto crea il problema di etichettarti come “anziana” anche se non ti ci senti. Loro hanno provato a far le furbe…

 

– Ma che sarà mai…

 

– E’ gravissimo. Ed è ancora più grave che a qualcuno sia consentito fare qualcosa solo in nome dell’anzianità. Cos’è, nonnismo?

 

– Eh giovanotto, sì, io sono nonna. Ho sei nipoti, li vuole vedere?

 

– Mi toglierei la vita piuttosto. Comunque, due biglietti.

 

– …

 

– … Grazie. Prego signore, tocca a voi. Ora.

 

– Visto, tanto animarsi per niente. Non ce n’era bisogno, no?

 

– Sì. Erano gli ultimi due biglietti.

 

– …

 

Sono rimasto un po’ a bazzicare nei pressi, a godermi lo spettacolo delle due che si sono riaccomodate per decidere il da farsi.

 

Tutto questo la settimana scorsa.

 

Credo siano ancora là.

 

 

postato da maxzulli alle ore 09/12/2009 10:56 | link | commenti

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martedì, dicembre 01, 2009

i miei temini: l’eneide

L’Eneide è un libro lunghissimo scritto fitto fitto e parla delle avventure di Enea, figlio di Anchise e soprattutto di Troia.

Praticamente tutta la storia inizia da un cavallo grandissimo che serviva per entrare dentro Troia tipo truffa. Perchè dentro al cavallo c’erano i soldati assassini.

 

Quelli che si portano dentro il cavallo non lo sapevano e fanno peccato di ingenuità e dunque muoiono giustamente e forse vanno all’inferno di Dante.

 

Tutto il resto dell’Eneide è inutile e l’autore non lo ha curato perchè comunque è morto giovane di tisi.

 

A me la storia del cavallo è piaciuta molto ma mi sembra strano che nessuno dei troiani c’ha pensato che era un trucco pure perchè era esagerato grande e sicuro c’era dentro la fregatura, come l’uovo di pasqua grande che poi ti esce il portachiavi.

 

Se io ero un troiano avrei sentito subito che qualcosa puzzava.

 

Se io ero un soldato dentro al cavallo forse non reggevo tutto il tempo per la puzza di piedi.

 

Comunque questo libro mi ha insegnato che non bisogna fidarsi dei regali che ti fanno, specie se chi te li fa ti vuole ammazzare da tanti anni.

 

Io la torta dalla nonna per esempio non la mangio più.

 

 

postato da maxzulli alle ore 01/12/2009 11:32 | link | commenti

Novembre 2009

lunedì, novembre 23, 2009
Stringimi, abbracciami, dammi un vaccino.

Il virus dell’influenza A sta mutando nei paesi scandinavi.
Ora lo si trova presso l’Ikea nelle varianti Maelstrom e Juggi.

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sabato, novembre 21, 2009
Ed era scritto pure piccolo

Censis: “In Italia si legge sempre meno”
Allarmante ricerca del Censis, peraltro priva di figure.

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venerdì, novembre 20, 2009
All’infermo e ritorno.

Questo weekend non mi farò sopraffare dall’apatia.
Oppure sì.

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mercoledì, novembre 18, 2009
Scoperte che è meglio non fare

Tanto casino per l’acqua sulla Luna…
E secondo voi, io che cazzo ho trovato, stamattina, sotto il radiatore della macchina?

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lunedì, novembre 09, 2009
La questione dei crocefissi nelle scuole

Toglierli, non toglierli… Io dico: lasciamo solo quelli portanti.

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giovedì, novembre 05, 2009
Però, pure le cubiste

Mi dicono ora che non c’è stato alcun BEST CUMSHOOT CONTEST al Baia Imperiale di Riccione. Ero sbronzo quella sera.
Chiedo scusa a tutti coloro che hanno usato i divanetti allora.

Ottobre 2009

venerdì, ottobre 30, 2009
La crisi dietro le spalle. E una saponetta da raccogliere.

In questo momento ho talmente difficoltà economiche che come navigatore mi sono potuto permettere un solo “Tom”. Mi porta dove mi deve portare, ma mi tratta con sufficienza e ogni tanto mi molla un “morto di fame”. Specie dopo i cavalcavia che, per la cronaca, sono diventati luoghi tristissimi da quando nessuno lancia più sassi. Tende poi a privilegiare le strade secondarie, dice che si vergogna di me, mi fa fare giri assurdi intorno a baraccopoli, provando a convincermi a trasferirmi là. Volevo impostare un percorso autostradale: si è messo a ridere. All’inizio pensavo che un aggiornamento del software lo rimettesse a posto. In effetti di aggiornamenti ne aveva bisogno: non sapeva niente della bocciatura del Lodo Alfano, per esempio.

Devo fare qualcosa per i miei problemi.

Sono sempre più depresso. E svogliato. Oddio, una parte di me vorrebbe anche distrarsi, ma si tratta dell’avambraccio e di due molari, e di lasciarli uscire così, soli, non mi pare il caso.

L’altra sera comunque mi sono fatto forza e sono uscito. Solo il mio occhio pigro è voluto restare a casa.
Il piano originario (qui lo chiameremo Piano “A”, tanto non si gira lo stesso) – aspettare la morte dello zio ricco – non ha funzionato. Si trattava certo di una orrida e becera abiezione, ma non mi sono mai sentito troppo in colpa, non capendo queste parole. E poi c’era un altro problema: attendere la morte di uno zio ricco presuppone diverse cose: che lo zio sia vecchio prima di tutto, che tu sia contemplato nel suo testamento, certamente. Ma soprattutto che questo zio non sia parto della tua fantasia.
Il piano B prevedeva la riscossione di un mega bonus dal mio lavoro come incentivo previsto per il prepensionamento. Si parlava di circa due milioni di euro ma la cosa andava troppo per le lunghe. Prevedeva infatti lo sfruttare la mia posizione di potere in azienda per creare i presupposti affinchè questa fallisse, addebitandone le colpe a terzi e in quel momento accettare l’offerta di prepensionamento milionaria. Io avevo troppa fretta ed ero fermo alla lettura degli annunci economici.
Il piano C non c’era.
Il Piano D consisteva nel cercare un lavoro immediatamente in grado di rendermi ricco senza fatica e con grande soddisfazione personale ed economica. Avrei fatto di tutto per ottenere un lavoro del genere, tranne andar contro i miei saldissimi principi morali e cristiani, da sempre un valore fondante di tutta la mia condotta di vita. La mia cristianità, devo dire, mi ha spesso aiutato nei momenti difficili, e poveracci quelli che stanno perdendo le radici cristiane, come giustamente ha affermato domenica scorsa quel tizio vestito di bianco.
Il Piano E ha reso qualcosa ma è terminato nel momento in cui mi sono reso conto che i reni non ricrescono.
Il piano F è stato aberrante: commercio di organi (altrui stavolta). Ma la necessità spinge l’uomo alle più bieche scelte. Terribile, non posso ripensarci. Andai in Brasile, entrai in una di quelle tristissime favelas e avvicinai un bambino (non posso ripensarci, che cosa spregevole). Con la scusa di qualche cruzeiro lo feci salire in macchina e lo portai in un luogo deserto. Mentre giocava con un pupazzo che avevo messo sul sedile… Dio, non riesco a capacitarmi di averlo fatto – mentre quel povero bimbo giocava… arriva il rappresentante di strumenti musicali ed organi da chiesa, ed iniziamo la trattativa per la compravendita di 10 organi per parrocchie nella provincia di Treviso. Il bambino intanto continuava a giocare tranquillamente fino a che non l’ho riportato a casa. Una cosa orribile, orribile, quegli organi. Mai più.
Il piano G capitava di doverlo pensare di domenica e volevo dormire. Passai dunque direttamente al piano H, incentrato sullo sviluppo delle mie facoltà intellettive, della memoria in particolare, già fortemente sviluppata in me, per sfruttarla in modo da… da… boh.
Rischiavo di terminare le lettere dell’alfabeto a furia di elaborare piani “A”, “B” e “C” quando mi venne un’idea geniale: usare due lettere dell’alfabeto.

Ma questo non avrebbe risolto i miei problemi economici.

Mi ridussi anche a scommettere sui cani. Ma l’Inter non vince mai in Champions.
Insomma, ora mi trovo all’elaborazione del piano definitivo. Anche perchè è lo ZZ. Dopo di questo non mi resta niente.

A meno che…

Già… TRE LETTERE!

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venerdì, ottobre 16, 2009
Doppi sensi e sensi unici.

Ieri sono andato da Mediaworld per comprare un navigatore.

C’era Giovanni Soldini.

Eh? No, non intendevo…

Mia moglie si è fatta trovare nuda sul letto ma io ero troppo preso dal mio acquisto e ho preferito montare il navigatore.

Eh? No, non intendevo…

Mentre guidavo seguendo le indicazioni del navigatore, ascoltavo il radio giornale.

C’era un servizio su PD e Franceschini, che diceva che voleva proseguire su quella strada tracciata… ma non ho capito come si concludesse perchè il navigatore ha detto “tornate indietro quando potete”.

Eh? No, non intendevo…

Viaggiare soli dà il tempo di pensare ai fatti propri… mi sono messo a pensare che avrei potuto far sesso con mia moglie poco prima e stavo partendo…

Poi il navigatore ha detto “tenete la destra”.

Eh? No, non intendevo…

Ad un certo punto mi sono ritrovato su un viale, pieno di prostitute, a destra e a sinistra della strada. Mai viste tante.

Devo dire che mi sono distratto e strani pensieri hanno affollato per un istante la mia mente.

Il navigatore però mi ha riportato a terra: “prendete la seconda a destra”. Così ho fatto.

Eh? No, non intendevo…

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mercoledì, ottobre 07, 2009
I miei temini: i promessi sposi

I Promessi Sposi parla di Renzo e Lucia che si devono sposare ma ci riescono solo all’ultima pagina del libro appena in tempo prima che Manzoni lo finisce perchè poi muore giovane di tisi.
I Promessi sposi racconta di questi due che si amano e fanno i cuori sui rami del lago di Como ma Rodrigo li odia perchè ama Lucia ma Lucia ama Renzo e Renzo pure ama Lucia e Rodrigo si sente male perchè a lui non lo caca nessuno. Forse un po’ la Monaca di Monza ma non glielo puo’ dire perchè è suora di  chiusura ed è comunque un personaggio secondario.

Rodrigo comanda di non farli sposare mai e per farlo manda la peste a Milano e in tutta l’Italia. La peste era una malattia che diventavi giallo e morivi malissimo e oggi non c’è più per il vaccino.

Ci sono i bravi ma poi alla fine si scopre che erano cattivi perchè mandavano la peste. E ci sono altri personaggi che fanno complicare le cose, tipo Don Abbondio che era un prete ma pauroso e alla fine non se l’è sentita di sposar Renzo e Lucia ma poi hanno trovato un altro prete e si sono sposati lo stesso. C’era pure un altro prete, Cristoforo, che non sono sicuro ma magari c’entra con quello dell’America ma non ci giurerei mica. Comunque il periodo era quello. Comunque alla fine muore Don Rodrigo per la peste perchè forse l’aveva toccata non volendo e Renzo e Lucia si sposano nel lazzaretto che è quel posto dove portano i morti e i feriti gravi della peste ma loro avevano fatto il vaccino perchè avevano la ricetta.

I Promessi Sposi tutto sommato è un bel libro ma non lo comprerei perchè c’è già sull’antologia e poi va a finire che già si sa che si sposano anche se Manzoni è molto bravo e non lo dice fino alla fine.

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martedì, ottobre 06, 2009
i miei temini: la divina commedia

la divina commedia è un bel libro ma un po’ deludente perchè non è una commedia. Non fa ridere da nessuna parte se non quando Dante parla del culo a trombetta.
Per chi non l’ha letto, la divina commedia è divisa in inferno purgatorio paradiso ma tutti sanno solo l’inferno perchè le altre parti dante non le ha completate perchè è morto giovane di tisi.

Nella divina commedia i buoni stanno in paradiso ma sono pochissimi e generalmente si annoiano. Pero’ i cattivi all’inferno stanno malissimo e desiderano andare in paradiso. All’inferno ci sono i mostri e i cani rabbiosi che mangiano le persone che devono pagare per le cattive azioni che hanno fatto e si ritrovano a fare preciso quello che non vogliono fare o che comunque non gli piace poi tanto fare e nessuno si riposa mai e si dorme pochissimo.

Nel purgatorio non c’è nessuno e dio ci va solo per controllare ogni tanto.

Dante era uno bravo e quando scriveva scriveva tanto e preciso ma ai suoi tempi non era apprezzato perchè gli altri parlavano in latino e Dante era della campagna in provincia di Firenze e non lo sapeva bene il latino se non scolastico.

Per questo la divina commedia è scritta volgare e ci sono le parolacce come quella del culo che ho detto prima.

La divina commedia è scritta con le rime esatte e questa cosa è tipica delle poesie dell’antologia ma la divina commedia è lunghissima e nessuno la sa a memoria se non roberto benigni e pochi altri.

Tutto sommato non è un libro che comprerei ma per fortuna me lo sono trovato direttamente sull’antologia e non ci ho speso niente.

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giovedì, ottobre 01, 2009
Eravamo quattro amici al mar

Sto organizzando un tour con amici in Slovenia.

Ovviamente si andrà a far casino ma mi ritaglierò uno spazio per le cose serie, perchè nella vita non c’è solo il cazzeggio ma anche le cose importanti: il poker.

Saremo ospiti di un casinò molto noto agli appassionati per l’ampio ventaglio di proposte in tema di divertimento. Ma oltre alle puttane dovrebbe esserci qualcos’altro.
Uno del nostro gruppetto non è mai entrato in un casinò e non so che aspettative abbia: forse ha in mente scene da film nelle quali una sfarzosa Las Vegas regala a tutti i propri ospiti vincite, bellissime donne e vita da sogno per tutto il tempo del soggiorno. Forse si è fatto influenzare dai miei racconti. Io a Las Vegas ci sono stato e so che è esattamente questo che ti capita quando ci vai: fighe, soldi a palate… Oddio, che a me, direttamente non sia mai successo… nè a tutti quelli che conosco che ci sono andati… nè a tutti quelli che conoscono quelli che conosco io…beh, è solo per caso. A Las Vegas ed in ogni casino’ si vince sicuro, lo dicono tutti!
Un altro viene esclusivamente per le donne. E’ fissato, non ha altro in testa. Come se non ne vedesse da anni. Eppure ha il suo giro e la compagnia femminile non gli è mai mancata. Poi è impegnatissimo con una splendida ragazza. Eppure niente, le donne restano il suo chiodo fisso.
E poi ci sono io. Ah, no, quello ero io.
Un altro ancora viene come premio di chiusura della stagione estiva: fa il balneatore ed in questo periodo è come se esplodesse. Dopo un letargo nel quale non ha fatto che sfornare pizze su pizze, in un ambiente a circa 70 gradi ed una umidità da Everglades, ha bisogno di evadere. E le zoccole da queste parti non gli fanno più credito. Anche lui, pagare in Capricciose…

– Ma sono buonissime

– Ma non lo metto in dubbio, è che magari se una fa la puttana vuole avere dei soldi

– Così svaluta le mie pizze

– Ma no! E’ che non puoi campare con le pizze

– Io lo faccio

– In effetti…
Resoconto a breve.

Settembre 2009

lunedì, settembre 28, 2009
Disturbo?

I tipi di disturbo della personalità.
Disturbo paranoide di personalità: chi ne soffre tende ad interpretare il comportamento degli altri come malevolo, comportandosi così sempre in modo sospettoso. Non aggiungo altro sennò poi dite che l’avete scritto voi.
Disturbo schizoide di personalità: chi ne soffre non è interessato al contatto con gli altri, preferendo uno stile di vita riservato e distaccato dagli altri. I sintomi però li leggete con calma, a casa vostra.
Disturbo schizotipico di personalità: solitamente è presentato da persone eccentriche nel comportamento, che hanno scarso contatto con la realtà e tendono a dare un’assoluta rilevanza e certezza ad alcune intuizioni magiche. E’ una alterazione grave della personalità che può però essere curata con una pozione.
Disturbo borderline di personalità: solitamente chi ne soffre presenta una marcata impulsività ed una forte instabilità sia nelle relazioni interpersonali sia nell’idea che ha di sé stesso, oscillando tra posizioni estreme in molti campi della propria vita. Gli aspetti da tenere in considerazione sono molteplici ma non è qui possibile approfondirli perchè ora voglio fare il contadino.
Disturbo istrionico di personalità: chi ne soffre tende a ricercare l’attenzione degli altri, ad essere sempre seduttivo e a manifestare in modo palese le proprie emozioni. Si tratta di un disturbo di cui potremmo anche discutere davanti al mio caminetto…
Disturbo narcisistico di personalità: chi ne soffre tende a sentirsi il migliore di tutti, a ricercare l’ammirazione degli altri e a pensare che tutto gli sia dovuto, data l’importanza che si attribuisce. Si potrebbero spendere esempi noti su questo disturbo. Ma non servirebbe a niente perchè non capireste.
Disturbo antisociale di personalità: chi ne soffre è una persona che non rispetta in alcun modo le leggi, tende a violare i diritti degli altri, non prova senso di colpa per i crimini commessi. Crimini che dovete comunque provare.
Disturbo evitante di personalità: chi ne soffre tende a evitare in modo assoluto le situazioni sociali per la paura dei giudizi negativi degli altri, presentando quindi una marcata timidezza. Ma è un problema non mio, ce l’ha mio cugino.
Disturbo dipendente di personalità: chi ne soffre presenta un marcato bisogno di essere accudito e seguito da parte degli altri, delegando quindi tutte le proprie decisioni. Ci sarebbe molto altro da dire a proposito ma nessuno mi dà una mano…
Disturbo ossessivo-compulsivo di personalità: chi ne soffre presenta una marcata tendenza al perfezionismo ed alla precisione, una forte preoccupazione per l’ordine e per il controllo di ciò che accade, in fasi ben definite, che elencherò nei dodici volumi annessi.

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giovedì, settembre 24, 2009
Ma a mio nipote, chi glielo spiegherà?

– Dunque lei viene dal futuro?

– Esattamente.

– E da quando?

– Da un paio di giorni.

– No, dicevo, da quale futuro?

– Dal 2048.

– Mi spiega come ha fatto ad arrivare qui?

– Con la mia macchina del tempo.

– E dove sarebbe?

– No, in effetti non c’è. Vede, ho usato un sistema di cunicoli temporali creati tramite mini buchi neri.

– Cioè?

– Ho seguito le indicazioni di Gribbin… ero ricercatore al CERN, mi sono fatto un progettino, usato dell’Ununoctio (che voi non ancora riuscite a gestire), accelerato particelle fino a creare collisioni in grado di formare un buco nero in miniatura da collasso gravitazionale…

– Ferma, ferma.. non la seguo…

– Tralascio allora la parte tecnica. Le dico solo che quel buco nero è rimasto aperto per 13 secondi. Il tempo di entrarci.

– E si è ritrovato qua.

– Già.

– E perchè proprio qua?

– Ah, questo francamente lo ignoro. Ma potrei risponderle “perchè no?”

– Già. Prosegua.

– Avrei protuto ritrovarmi nella preistoria, nel medioevo, magari anche all’inizio dei tempi. Per fortuna sono tornato indietro solo di qualche anno. Forse la cosa dipende dal tipo di buco nero creato, dalla sua ampiezza… sa, con queste cose non si sa mai…

– Immagino. Adesso mi dica: perchè dovrei crederle?

– Perchè posso dirle tutto ciò che avverrà da qui ai prossimi anni.

– Certo. Proviamo. Cosa sto per dirle?

– Eh no, come posso saperlo? Io intendo fatti importanti, tragedie, catastrofi, scoperte, guerre…

– Va bene. Mi dica una cosa allora.

– Cambieranno l’immagine del bambino Kinder.

– L’hanno già fatto qualche anno fa.

– Ah, già c’è sopra Napolitano?

– Chi?

– Napolitano, l’ex Presidente. Avevano visto che i vecchi erano sempre più e volevano aprirsi uno spazio di mercato importante… Napolitano, l’ex presidente sembrava perfetto…

– Presidente vorrà dire.

– Ah, già, quello prima di Berlusconi…

– Che?!

– Berlusconi, il premio nobel…

– COSA?!

– Il premio nobel per la pace, non è ancora accaduto, è vero… del resto prima dovete essere invasi dalla Libia…

– Invasi dalla Libia?!

– Era nell’aria… Difficile spiegare tutto. Si ricorda dei piani anti sbarco dei clandestini sulle coste italiane?

– Certo.

– Beh, con la scusa dei pattugliamenti libici delle coste, le loro navi si avvicinarono sempre più alle coste italiane… Le nostre autorità tolleravano, anzi, vedevano con favore quel dispiegamento di mezzi, anche se ad un certo punto cominciò a sembrare esagerato…

– Continui.

– Fatto sta che nel 2010 ci fu lo sbarco a Lampedusa. I libici ci avevano invaso!

– E noi?

– E noi niente.

– Come niente?

– A parte il fatto che gli italiani del 2012 non avevano più accesso all’informazione…

– Che?!

– Ah, il blocco generale dell’informazione… nemmeno questo è ancora successo.

– Oh Dio…

– No, nemmeno Dio. La Chiesa fu abolita nel 2010 dopo la revoca del Concordato da parte dell’Imperatore.

– Imperatore!!??

– Silvio il liberatore I

– Questa è tutta una barzelletta.

– La storia delle escort è già uscita?

– Certo.

– La gente come ha reagito?

– Beh, indignazione, proteste…

– Sinceramente, cosa è accaduto? Rivolte? Cortei? Sommosse popolari?

– Beh… in effetti, niente.

– Ecco.

– Ma i giornali…

– Repubblica?

– Sì.

– La dirige Renzo Bossi.

– Il figlio di Umberto?!

– Già.

– Quello hce non superava l’esame di maturità?!

– Non esiste più la maturità.

– !!!

– La Gelmini.

– Cosa?

– Ha abolito…

– La maturità?

– La scuola.

– …

– Troppe spese. E poi la gente passava più volentieri il tempo a casa. Tramite il digitale terrestre Mediaset sono stati formati i giovani virgulti di PadaniaSet.

– Padaniaset?!

– Sì. In Terronia il segnale non arrivava.

– Mi sono perso.

– “Mi sono perso, perdono mio imperatore”… Queste le parole conclusive del mea culpa di Fini, trasmesse in mondovisione. Quando si inginocchiò innanzi a Silvio il liberatore I conferendogli di fatto il governo assoluto del Paese.

– Ma la Libia, il nobel, la Padania…

– Padaniaset…

– Sì…

– Non si preoccupi. Tutto poi è terminato…

– Quando, come?

– Nel 2040.

– Sono arrivati gli americani?

– No. L’america era stata fagocitata dalla Cina. Gli USA erano diventati la manifattura a basso costo dei cinesi.

– Io non ci capisco più niente. Secondo me queste sono tutte balle.

– Le dò una prova.

– Dai.

– Domani ci sarà la conferenza stampa di Berlusconi con Zapatero.

– Beh?

– Un giornalista gli chiederà lumi sulla vicenda delle escort.

– Lui sicuramente negherà tutto.

– No.

– No?

– No. Negherà, certo. Ma solo dopo aver ammesso.

– Che vuoi dire?

– Vedo che ora ci diamo del tu.

– Parla, Cristo!

– Il giornalista gli chiederà delle escort e delle veline…

– Sì…?

– E lui sai come gli risponderà?

– Come?

– “Invidioso, eh”?

– Che?

– Già, in un incontro ufficiale, con la stampa di tutti il mondo.

– Ma così non solo ammetterebbe, ma addirittura si vanterebbe di…

– Esatto.

– Non lo farà mai.

– Domani.

– Non ci credo.

– Domani.

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mercoledì, settembre 23, 2009
Tipo. Punto.

E ad un certo punto gli ho chiesto a quanto stessero le pere al chilo e lui “dipende dal tipo di pere” ed io “ma si dice così?” e lui “così cosa?” ed io “dal tipo di pere o dal tipo di pera?” e lui “non lo so, forse di pere se sono tante e di pera se ne è una” e io “non credo sia così perchè qua c’è il discorso del gruppo e dunque puoi usare anche il singolare” e lui “allora si dirà in tutti e due i modi” ed io “questo è possibile ma mi pare la solita soluzione all’italiana dei tarallucci e vino” e lui “non mi pare” e io “a proposito, che avete pure qualche tipo di tarallucci?” e lui “no, qua solo frutta e detersivo” e io “e come mai questo tipo di abbinamento?” e lui “perchè il negozio è piccolo” e io “e allora perchè al posto di qualche tipo di detersivo non c’è qualche tipo in più di frutta, che so, altri tipi di pera… di pere… tipi di pera, tipo di pere…” e lui “perchè ci sono tutti i tipi di pera, tipi di pere, tipo di pera, tipi di pere che ci sembrano necessari” e io “secondo me si potrebbe allargare il discorso ad altri tipi di frutta, tipi di frutta” e lui “tipi di frutta è sicuro che si dica così” ed io “sì” e lui “comunque abbiamo scelto questi tipi di detersivo, tipi di detersivi e va bene così perchè ci rende di più che mettere altri tipi di frutta” e io “allora perchè non eliminate qualche tipo di pera, tipi di pere, tipo di pera, tipi di pere e mettete altri tipi di detersivo?” e lui “perchè la gente vuole trovare questi tipi di pera e questi tipi di detersivo” ed io “cioè uno che compra un tipo di pere, tipo di pera le abbina lo abbina sempre con un tipo di detersivo?” e lui “non sempre ma qualche volta” ed io “tipo quanto?” e lui “non lo so” ed io “tipo che un tipo di persona compra un tipo di pera, tipo di pere e ci abbina un tipo di detersivo?” e lui “tipo” ed io “questo tipo di persona in genere che tipo è?” e lui “un tipo” ed io “va bene”.
Comunque poi le pere non le ho prese.

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giovedì, settembre 03, 2009
Rubare mele

Questi si sono fregati 23 MacBook Pro, 14 iPhone e 9 iPod in 31 secondi
Il colpo alla Apple è dunque perfettamente riuscito. Pare poi abbiano tentato un furto anche presso la Microsoft.

Ma lì si sono piantati.

Agosto 2009

giovedì, agosto 20, 2009
Afferragosto

Ferragosto.

Ero al mare, riflettevo e riflettevo. Avrei dovuto evitare di verniciarmi d’argento sotto il sole ma c’era la mascherata sotto l’ombrellone e volevo vestirmi da Rockets.

La festa in maschera al mare è la più grande cazzata si possa organizzare. Quello vestito da orso aveva talmente caldo che ha dovuto togliersi la testa. Quanto cazzo di sangue! Poco realistico quello vestito da vescovo, venuto senza bambini.

Un paio mi sembravano vestite da pornostar ma poi mi hanno detto che oggi si chiamano adolescenti.

Ad un certo punto uno vestito da postino mi ha consegnato un pacco. Era il postino.

Una vestita da Montalcini era talmente realistica che le stavano parlando a geroglifici.

Quello che si è presentato come Padre Pio… un successone! Non tanto per il saio e le stimmate, comunque ben realizzate, quanto per l’oggettistica religiosa in offerta.

Pure il Michael Jackson è stato molto ammirato ma pure lui, come il vescovo… E il moonwalk sulla sabbia non viene affatto bene. Però ci si possono fare le piste per le biglie.

Furbo quello che faceva il diavolo: il trucchetto però è stato subito sgamato perchè voleva entrare solo nel corpo delle belle ragazze.

Una mia amica che vive all’estero è venuta per l’occasione: si è vestita da lontra. Cioè, è ta pazzi! Si è fatta tavvero tutto il viaggio ta lontra.

Il primo premio però lo ha vinto quello vestito da Dio. Oh, era uguale! Ma uguale uguale. Voglio dire, è pure difficile come vestito, no? Eppure… uguale! Tanto che non si è presentato.

Luglio 2009

giovedì, luglio 30, 2009
Medio Orrende

Ho sentito che Clinton (?) si rivolge ai talebani moderati per aprire un dialogo di pace.
Quando ho letto “talebani moderati” mi è venuta in mente la scena di una lapidazione: i talebani-talebani, con le barbe lunghe e l’espressione cattiva, là a cercare le pietre più grosse e puntute e scagliarle con tutta la violenza possibile. Quelli “moderati”, barba un pelo (sic!) più corta, atteggiamento leggermente abulico, a cercarne di più arrotondate. E gettarle con una smorfietta di svogliatezza.

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martedì, luglio 28, 2009
La posta del dottore dei cuori in sommossa – 1

Caro dottore dei cuori in sommossa,

mi chiamo Silvana e ho 24 anni,

vengo da una famiglia cattolicissima e perbenista che mi ha insegnato quali siano i veri valori. Per questo fino ad un anno fa non avevo mai conosciuto il sesso. Dall’anno scorso invece ho iniziato ad avere rapporti sessuali col mio ragazzo. Lo amo infinitamente. Lo penso continuamente e pian piano mi sono concessa a lui. Lo facciamo spessissimo ora. Gli sono fedelissima, certamente. Del resto i valori ci sono. Ma devo dire che un mese fa l’ho tradito col suo miglior amico. Ho iniziato con lui una storia che dura tuttora. Lui è molto bravo a letto, più del mio ragazzo e penso di amare anche lui. Questa cosa mi ha preso visceralmente, penso sempre a lui ma non c’è spesso. Ho confessato tutto ad un altro nostro amico, molto gentile, comprensivo, e pian piano mi sono avvicinata anche a questo ed ora stiamo avendo una relazione meravigliosa. Mi sto innamorando ancora. Qual’è il problema? Che ieri sera mi sono svegliata nel letto con uno conosciuto ad una festa e non so nemmeno come si chiami ma penso di amarlo.

Sono sbagliata?

Cara Silvana,

non c’è nulla di sbagliato in te. Tu ami, e ami profondamente, dunque segui il tuo cuore liberamente.

La vita è questa, ciascuno scopre magari tardi le proprie inclinazioni ed è un bene avere la forza e la volontà di assecondarle.

Il mio consiglio è quello di non sentirti mai sbagliata: sei fatta così, sei solare, ami la vita e i suoi doni, dunque lasciati trasportare, sì, lasciati trasportare…

Non ascoltare le eventuali malelingue che insinueranno che così non si fa, che fai soffrire le persone, che sei una troppo facile. Arriveranno magari a dirti parole pesanti, che sei una poco di buono, addirittura una mignotta, un mignottone anzi, una gran puttana, succhiacazzi prendinculo, e vai, ‘sta zoccola “gnegnegne sono innamorata” e intanto ti fai sbattere da cani e porci, troia!
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Caro dottore dei cuori in sommossa,

mi chiamo Alessia e ho 16 anni.

Non sono molto sviluppata sopra e la cosa mi crea disagio perchè le mie amiche hanno tutte un magnifico seno e gli uomini le guardano con desiderio.

Questa cosa dà loro sicurezza mentre a me blocca tantissimo.

Loro hanno già avuto esperienze importanti ed io nessuna.

Cosa devo fare?

Risponde il dottore:

Cara Alessia,

non preoccuparti, la natura farà il suo corso e tu sboccerai come e meglio delle tue amiche.

Non ti abbattere: la vita è dura. Ma dura. Durissima.

Come hai detto che sono fatte le tue amiche?

Durissima.

Il mio consiglio è di farti comunque visitare da un bravo medico per l’infanzia. Se porti meno della prima andrà benissimo. Se non conosci nessuno puoi rivolgerti al pediatra di mia figlia. In ogni caso le tue amiche davvero necessitano di aiuto. Magari il loro sviluppo dipende da disfunzioni gravi che vanno prese per tempo.

Consiglia loro con fiducia di rivolgersi a me.

E’ durissima.
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Caro dottore dei cuori in sommossa,

ho 21 anni e il mio ragazzo vorrebbe che gli praticassi sesso orale ma a me non va.

Cosa posso dirgli?

E.

Cara E.,

devi sapere che il tuo ragazzo ti sta dimostrando amore assoluto.

Il sesso orale è pochissimo appagante per un uomo e l’unica ragione per la quale il tuo ragazzo magari sembra insistere è solo per gratificare te.

Il sesso orale è dolorisissimo e la sofferenza a volte è talmente lancinante da stimolare il cervello a produrre tante di quelle endorfine a compensazione che l’uomo riesce così a raggiungere un faticosissimo e assolutamente poco appagante orgasmo.

Dunque offriglielo con piacere, tutte le volte che te lo chiede, perchè il suo è semplicemente un atto d’amore, un sacrificio fatto volentieri per te.
———

Caro dottore dei cuori in sommossa,

mi chiamo Gianni e ho la ragazza da qualche mese. Con lei va tutto bene anche se fare sesso non è mai stato entusiasmante.

Non lo era nemmeno con le mie ex.

Invece mi sento attratto dai miei amici maschi.

Sto attraversando una fase di confusione passeggera? E’ solo il gusto della trasgressione?

Caro Gianni,

sei frocio.
———

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venerdì, luglio 17, 2009

TraPassato e PreSente.

Qui giace Sir E. Downton, inventore della macchina del tempo.
Nato a Londra il 7 maggio del 1834 e morto ad Alessandria d’Egitto il 232 A.C.

Qui giace Hernan de la Taveja, inventore dell’antigravità.
Riposa in pace, lassù.

Qui, e qui, e qui, giace Renato Salvetti, sminatore.

Qui giace Sebastian Coel, inventore della macchina che rende invisibili.
Sì, qui, ne sono quasi certo.

Qui giacciono Silvano Savietti e Ugo Delle Monache, inventori del cruciverba.
Lo piange il loro collega Alessandro Della Casa.
Due orizzontali, uno verticale.

Qui giace Martin Cooper, inventore del telefono cellulare.
Il silenzio non spaventi: c’è comunque la vibrazione.

Qui giace Galileo Galilei.
Oh, a me pare evidente, ma magari mi sbaglio… eppur non si muove.

Qui giace Albert Lamorisse, inventore del Risiko.
Lo piangono i suoi cari e tutta la Kamchatka.

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lunedì, luglio 13, 2009
Mosche

– Ciao!

– Cristo quanto fai schifo! Ma sei troppo magro!

– …

– Vabbè, sali va, andiamo a casa…
 
– Allora, ti volevo raccontare un po’ di cose mie…

– Dai, comincia, che già mi sono rotto il cazzo… quasi quasi ti riporto in aeroporto…

– …
 
– …e poi questo.. quello… e lei…

– Sei una merda, lo sai?

– Beh, sì, è che…

– No no, tu sei una vera merda…

– …
 
– Ma non ti disturbare per me, dai, anche la torta…

– La smetti di rompere i coglioni?! La sto facendo per me, stai zitto…

– Ma io, non volevo ti disturbassi…

– Taci!

– …
 
– Finalmente al mare, prendiamo un po’ di sole va’, proviamo a distrarci…

– Sai che penso?

– No, dimmi.

– Che fai veramente schifo…

– …

– Fisicamente sto dicendo…

– …

– Oltre al fatto che sei una merda.

– …
 
– Stasera che si fa?

– Non lo so, mi hai fatto passare la voglia di fare qualunque cosa…

– …

– Mi ero preparato tutto un programma.. avevo pure i bigliettini dietro l’anta dell’armadio per ricordarmi di fare questo e quello… ma adesso mi hai fatto passare la voglia…

– …

– Non dai nessuna soddisfazione.

– …

– Te l’ho detto che sei una merda?

– Sì.

– E’ poco.

– …
 
– Dove mi stai portando?

– Non rompere il cazzo… si va in un bar…

– Bene, c’è qualcosa di speciale in quel bar?

– Il barista.

– Ma a me del barista cosa vuoi che… Ci fosse una donna almeno…

– Non rompere. Lui sì che è un uomo, mica tu…

– …

– Che sei una merda.

– …
 
– Non mi dici che sono una merda da un quarto d’ora.

– E’ che sei talmente una merda che dirti merda è poco.

– Ah, mi sembrava…
 
– Chi sarebbe questo amico che incontriamo?

– Un amico mio… certo, mi farai fare una figura di merda vestito così…

– Ma, è estate, pensavo si andasse al mare…

– Una figura di merda.

– …
 
– Ci saranno gli amici tuoi stasera?

– No, non verrà nessuno.

– Perchè?

– Mah, non lo so. Appena dico a tutti che sto ospitando una merda, terremotato, scassacazzo, spariscono.

– Chissà perchè.

– Mah. E sai una cos…

–  Sono una merda.
– Tutto bene?

– Che cazzo vuoi?

– No, vedo che non mi rivolgi la parola…

– Dovrei rivolgere la parola all’essere più merdoso che abbia mai conosciuto in vita mia?

– …

– All’essere più spregevole, schifoso dell’universo-multiverso?

– …

– A uno che pensa solo a rovinare la vita agli altri, fregandosene di tutto e di tutti, merda com’è?

– …

– Ora ti riaccompagno in aeroporto, mi hai rotto il cazzo. E solo per toglierti dai coglioni rapidamente.

– …

– E un’ultima cosa, merda che non sei altro…

– …

– Lo sai che ti amo?

– …
 

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martedì, luglio 07, 2009
Mezze misure

Comunque tutto ‘sto casino per il nostro Presidente del Consiglio…
Avrà pure fatto casini, politici e non, porcate con le veline e voli di Stato… va bene, quello che vi pare.

E le gaffes internazionali, e l’impotenza a rispondere alla crisi…

Un Presidente del Consiglio che si comporta così, dove il privato soffoca il pubblico, e le leggi ad personam, ed il conflitto di interessi… va bene.

Ma guardiamo l’altra faccia della medaglia: guardiamo Berlusconi. Per quanto abbia fatto male, in tutto e per tutto, pensate cosa sarebbe oggi l’Italia se ne avessimo uno intero.

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giovedì, luglio 02, 2009
Tessere e federe

Alla cassa del supermercato mi trovo spesso in difficoltà. Difficoltà dipendenti da fattori diversi, dalla tipologia della mia spesa alla interazione con le altre persone, dalla misoginia al fatto che quando vado a far spesa sarebbe il caso indossassi qualcosa oltre le scarpe.

Se metto in bell’ordine le mie cosine sul nastro trasportatore sorge sempre il dubbio di chi debba mettere tra la mia spesa e quella di chi mi precede il “cosetto divisore” (come si chiamerà?), che delimita i confini tra ciò che è mio – buono – e ciò che è tuo – “Ti metti in corpo quello?!”.

Io tendo sempre a mettere il separatore tra me e quello che mi precede e ritengo che altrettanto debba fare quello che mi segue.

Non so perchè ma mi sembra una regola che tutti dovrebbero condividere. Come tenere la destra o scrivere da sinistra a destra, ma poi penso a come si guida in Inghilterra e a come si scrive sotto allucinogeni e mi metto l’anima in pace.

– Che sta facendo?

– Eh?

– Che sta facendo ho detto.

– Metto la mia roba qua s…

– Cos’è quella?

– Eh? Pancetta, perc…

– Lei ha messo la sua cosa grassa vicino al mio yogurt biologico.

– Ma…

– Le intimo di separare la sua… “roba”, dalle mie cose. Ora!
Questo mio atteggiamento non sempre è ben accolto dalle persone attorno (ma pare diverta molto i bambini nei carrelli, ai quali tendo poi a spegnere il sorriso schiacciando loro le ditine con le bottiglie di extravergine).

Credo ci sia un codice etico alla cassa, per cui ciascuno deve rispettare i propri confini. Se hai dimenticato il… – oddio – il… lardo di Colonnata (ma davvero, si può mettere nel proprio corpo una cosa utile per la catena della moto?) semplicemente sono cazzi tuoi, paghi, rifai la spesa. Non mandi tua moglie a prendere il… – oddio – lardo di Colonnata! Io ho scelto di fare quella fila perchè vedevo 13 oggetti davanti a me. Meno dei 14 della cassa accanto. Altrimenti avrei scelto l’altra. Tu non puoi permetterti di rimescolarmi le carte a giochi fatti, approfittare della tua posizione per farti i cazzi tuoi fregandotene del prossimo. Poi penso al Governo.

– Senti, ho dimenticato il lardo di Colonnata, fai un salto mentre metto nelle buste la roba, “vero che il signore aspetta un minuto”?

– No.

– Come?

– No.

– Scusi, è solo questione di un…

– E’ solo questione del mio uccello.

– ???

– Se in questo minuto ho una erezione? Ma ci pensa? Che figura faccio? Sono anche in pantaloncini. Lei non può permettersi di umiliarmi così.

– Ma cosa sta dicendo?

– Perchè non è possibile? Guardi qua! Con tutto il rispetto, eh…

– Ma che sta facendo, si rivesta!

– Aspetto torni sua moglie.
Arrivato faticosamente alla cassa, la parte più penosa
– Buongiorno, federa?

– Buongiorno, eh? Federa?

– Ho chiesto se ha la tessera.

– Ah, la tessera… avevo capito la federa…

– Ha la tessera signore?

– No.

– Bene.

– Mi sembrava veramente mi avesse chiesto “federa”.

– …

– …

– …

– Ovvio…”tessera”… certo…

– …

– …

– …

– Però…

– Era “tessera”!

– “Tessera”, certo.
Inizia una lotta mentale tra me e la cassiera, che ne vede centinaia al giorno come me, e l’unica cosa che dice nel suo turno è “Buongiorno, tessera?” o “federa” a seconda, e “grazie, arrivederci”, intervallate da qualche “Signore?!” se uno tenta di uscire da dove non si potrebbe e tutta una serie di cristi (ma questi a mezza bocca).

Cerco di stare dietro al suo ritmo forsennato col quale passa la mia roba sullo scanner ma questa mi si accumula, non faccio in tempo. La troia lo sa e accelera. Allora io mi fermo del tutto, in modo da creare un cumulo di cose che le impedisce di continuare a passare altro.

E’ una lotta senza quartiere.

Non ho notizie di lotte con i quartieri ma saranno sicuramente meno cruente.

– Cosa c’è?

– Come dice signore?

– Perchè ha fatto quella faccia?

– Quale faccia?

– Quella faccia schifata quando ha passato l’olio di lino.

– No, si sbaglia signore.

– No, lo so, lo so che pensi che sia un pazzo a mangiare quella roba, ma serve, capito, mi serve?!

– Ma signore io…

– Salute, capisci questa parola, salute!

– Ma io non capisco…

– No… scusi… sono a pezzi… emotivamente…

– …

– La moglie, i casini, il lavoro…

– Non so che dire signore…

– Ah, non sai che dire?! E pensi che l’olio di lino sia una cazzata, eh?

– …

– Era in offerta.

Quando si tratta di pagare poi…

– Sono 162 euro e 73 centesimi…

– Come è possibile?

– Cosa signore?

– I tre centesimi.

– ?

– Tutto quel che ho preso faceva cifra tonda. Da dove escono i tre centesimi?

– Non saprei signore…

– Da cosa?!

– Ma…

– Ora tu mi dici da dove escono fuori i tre centesimi…

– C’è lo scontrino signore…

– Certo, lo scontrino… guarda, nemmeno una voce che non sia a cifra tonda… Dunque?

– …

– Parla troia!

– UUUAAAHH, le buste… sono le busteeee…

– Dai, confessa, di’ tutto!

– … UUUAAAAH… è che… ci dicono… non si deve sapere… le buste… a parte…

– Cos’altro?

– …

– COS’ALTRO E’ A PARTE?!?!

– La…

– La?

– La federa…

– LA FEDERA?

– La tessera ho detto.

– Avevo capito la federa.

– La tessera… chi ce l’ha… oddio…

– PARLA!

– Chi ce l’ha paga… tredici centesimi di più di chi non ce l’ha.

– E che cazzo di politica è?!

– Le tessere hanno un costo, sa…

– Ma è ridicolo!

– Nessuno se n’è mai accorto… la prego, non mi rovini…

– Ma io faccio un casino!

– Oddio che ho combinato… la prego signore, questa cosa delle federe è un segreto…

– Questa cosa delle federe?

– Tessere, tessere!
Ora sono in causa con il supermercato. Questa storia delle tessere non gliela faccio passare.

Nemmeno quella delle federe.
Ah, lunedi ho una visita da un otorino.

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mercoledì, luglio 01, 2009
Scollati dalla realtà

Un mio amico è appassionato di surrealismo.
Ieri siamo andati a cena e ha ordinato un’asticella per il salto in alto.

Quando gli è stata portata, ovviamente, non poteva mangiarla.

Io non ne capisco niente di surrealismo ma ho intuito che non la mangiasse perchè c’era ancora da leggere Plutarco sul bidet.

Oppure era del colore degli aborigeni.

Giugno 2009

venerdì, giugno 19, 2009
Un grande acquisto. Lo giuro sui miei figli.

Ho acquistato un frullatore nuovo.
Nelle istruzioni c’è di tutto: pare di avere tra le mani un ordigno nucleare. Avvisi per ogni cosa, dalle lame all’elettricità.

Si fa riferimento all’utente come “utilizzatore finale”. Bene, ieri l’ho provato per la prima volta. Seguendo le istruzioni. Volevo farmi una centrifugata di verdura.

Ho preso delle grosse carote, ma grosse, e le inserite, come da manuale “con tutta l’accortezza del caso”, facendo attenzione a “spingere l’oggetto fino in fondo solo dopo aver accertato di aver osservato tutte le precauzioni previste nel presente manuale”.

Ed in effetti la macchina non era in movimento ancora.

Messa una carota, fino in fondo, messa l’altra, ho preso poi un cetriolo. Prima uno piccolino, poi uno più grande. Infine uno enorme. Ecco, quello più grosso non c’entrava e ho dovuto spingere un po’. Nel farlo ho però riletto le istruzioni: “l’utilizzatore finale non dovrà in alcun modo forzare gli oggetti introdotti: per creare spazio avviare la macchina ed iniziare la centrifuga”.

Così ho fatto: una prima triturata e si è creato lo spazio necessario. E’ incredibile notare come a volte in un certo spazio ci entrino cose davvero grosse, che non pensavi ci stessero.

A questo punto ho inserito due ravanelli, tondi, freschissimi.

Poi il gambo di un sedano, molto, molto lungo.

Per rendere il tutto più appetibile ci ho messo anche un po’ di formaggio… un pochino, niente di che. Avevo della Certosa in frigo, messa quella.

Centrifugato il tutto di nuovo.

L’apparecchio è eccezionale. Un po’ di vibrazioni ma ci stanno anche quelle.

“Al termine della centrifuga, l’utilizzatore finale abbia cura di staccare l’apparecchio dalla rete elettrica prima di procedere alla rimozione del bicchiere”. Fatto.

Quel che ne è venuto fuori è stata un’apoteosi di cremosità.

Nel kit viene anche fornito il bicchiere dove versare il tutto.

“L’utilizzatore finale potrà versare il contenuto della centrifuga nell’apposito contenitore millimetrato”: è sempre interessante misurare esattamente ciò che ti vai a mettere in corpo, anche per sicurezza tua, visto mai che sia troppo.

Sono molto soddisfatto dell’acquisto.

L’unica cosa che mi lascia perplesso è proprio il manuale: a parte il fatto che è diviso in 10 punti, più che un manuale pare un quiz: invece dei paragrafi di spiegazione ci sono dieci domande… ma mancano le risposte. Ti dice “L’utilizzatore finale che non procederà alla pulizia accorta delle lame sa cosa rischia?”. E poi ti lascia così, senza una risposta. Inquietante. Le dieci domande sono pure tradotte in inglese, mah.

Poi, pare tradotto con quei servizi automatici di Internet: “utilizzatore finale” non si può senti’. Credo l’apparecchio sia di produzione cinese, forse dipende da questo… roba comunista, poco curata… Per risparmiare traducono le cose così. Chi utilizzerebbe in Italia una terminologia del genere? Anche applicata ad un frullatore mi pare ridicola.

Anche.

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mercoledì, giugno 17, 2009
Lunedì sCorso

Applicare alla quotidianità le mie deviazioni mentali è sempre stato un vezzo di cui vado orgoglioso.
C’è un cantiere, sotto casa mia, gestito da una società italo-francese.

Stanno là da mesi, non finiscono mai.

Ieri ho chiesto a due operai che cazzo facessero, ma non parlavano italiano. Il titolare mi ha detto che erano di Ajaccio ma anche gli altri venivano dalla Corsica.

L’unica cosa che mi è venuta in mente a quel punto è stata:

“lavori in Corso”.

E già questo…

Ma quando ho visto due di questi operai discutere animatamente ho immediatamente pensato:

“livori in Corso”.

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lunedì, giugno 15, 2009
Vorrei sentirmi anche io orgoglione così.

  C’è un signore che si nutre di amplificatori, che dice cose sull’orgoglio di essere italiani e ripete ossessivamente “nazionalismo”.
Ho trovato il video particolarmente divertente, anche se si vede che l’attore non è un professionista.

Immagino il tipo quando è a casa e chiede alla moglie:

– CARA NON TROVO LA CRAVATTA!

– Uh! Oddio, stavo dormendo…

– NON E’ TEMPO DI DORMIRE! BISOGNA ESSERE VIGILI! IL NEMICO CI ASCOLTA!

– Certo caro, certo… La cravatta è nel secondo cassetto… Scusami ma ho un gran mal di testa…

– BENE! IL DOLORE TEMPRA E FORTIFICA LO SPIRITO!

– Potresti urlare un pochino meno caro… per piacere…


QUESTO NON E’ URLARE! E’ IL MIO TONO, FIERO, AUTARCHICO ED ORGOGLIOSO! E…

– [Dalla parete]: Ciai rotto il cazzo a Mussolì! Si nun te stai zitto te sfonno a te e all’aquila de li mortacci tua

– Ehm, dicevo, orgoglioso e fiero… il secondo cassetto dicevi?
 

Questa cosa mi diverte e come tutte le cose divertenti mi fa pensare.

Non capisco il concetto di patriottismo: non vedo la reale portata del vantaggio che potrebbe portarmi il pensare che l’Italia sia superiore a, che so, la Francia o il Burkina Faso (ammesso che uno stato con questo nome esista: “Francia”, che nome bizzarro!).

Voglio dire: innanzitutto per misurare il valore di qualcosa rispetto a qualcos’altro occorre che le due unità siano omogenee – così mi insegnavano alle elementari – e qui i parametri sono talmente tanti e diversi che mi sembra di voler capire quanti metri di gas si sviluppano in un litro di elefante.

Orgoglioso di essere italiano? La mia deriva utilitaristico-nichilista mi impedisce di provare emozioni a prescindere – a parte l’odio per chi non mi apprezza – ma in questo caso si aggiunge anche la logica: se io sono nato in Italia, qual’è il mio merito? Cosa posso rimproverare ad uno nato in Uganda (a parte la puzza?). Ecco, i luoghi comuni: il negro puzza, l’italiano è furbo, lo svizzero fa gli orologi nelle banche. Quando non fabbrica cioccolato a cucu’.

Ma anche se non si parlasse di “merito” ma di mero “vantaggio”, a me, essere italiano, che vantaggio porta?

Non è come un lasciapassare per entrare liberamente in un caveau ed aspertare i preziosi custoditi, nè per ottenere favori sessuali, almeno credo sia così ma dovrei curare quest’herpes prima di esserne certo.

Questo signore invece è tutto preso da questa cosa dell’Aquila Romana, che a suo dire rappresenta qualcosa di cui essere fieri (e vantarsi del proprio uccello a me non pare tutta ‘sta novità ma io non ne porto una immagine sulla giacca. E potrei), da Garibaldi e da Cavour che “hanno fatto grande l’Italia”, quando a me pare invece che abbiano solo fatto l’Italia e non “grande”, non avendo idea tra l’altro di come farsi gli italiani, problema affrontato in prima persona dal presdelcons.

Io non sono orgoglioso di essere italiano tanto quanto non sono orgoglioso di apprezzare la nutella: la mangio e basta, così come non sono orgoglioso di apprezzare le belle donne: ci faccio sesso e basta, e siccome sono pigro cerco sempre di ricoprirle da un velo di nutella prima, così evito i tempi morti.

Essere italiano non mi inorgoglisce. Nemmeno mi fa vergognare, certo.

…certo…

…oddio…

Comunque: io guido una moto giapponese, frequento amici americani, vesto scarpe inglesi ed abito in una casa costruita da operai slavi e non ho nessun problema, tanto quanto chi guida auto tedesche, frequenta minorenni campane, fa le scarpe agli italiani e nella casa ospita veline multietniche.

Dov’è l’orgoglio di essere italiani?

Ma soprattutto: perchè?

In termini pratici, a me, cosa viene in tasca dall’essere italiano?

Ah, non deve venirne niente in tasca, è una cosa che viene dal cuore… cioè, si è orgogliosi e basta, senza pensare ad un rendiconto, ad un vantaggio.

Senza pensare.

Questo signore lo fa. Dice quelle cose. Senza pensare.

Le sente dentro, ci crede.

Senza pensare.

Cose che vengono dal cuore.

Ci penserò. Forse sono io arido, non riesco a comprendere questa cosa dell’orgoglio nazionalista.

Magari mi piacerebbe anche, credere così fermamente in qualcosa.

Sì, devo riflettere su questa cosa.

Voglio.

Domani mi metto là e ci penso. Seriamente. E’ una promessa che faccio a me stesso.

Perchè quando si parla di cuore, beh, forse è vero che noi italiani sappiamo distinguerci.

Domani, sì.

Oggi no. C’ho due mignotte.

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mercoledì, giugno 10, 2009
Chi va con lo zoppo… ci mette più tempo.

– Dunque secondo te io avrei problemi di dislessia…
– Evidenti.

– Come puoi dire questo?

– Ventitrè.

– Ventitrè cosa?

– Mi hai chiesto quanti anni ho?

– No, assolutamente, ti ho chiesto come puoi dire che io abbia problemi di dislessia.

– Era il 2004, ricordo bene…

– Che cazzo stai dicendo?

– Quando sono andato in America, no? Ma se non ti interessa che me lo chiedi a fare?

– Io non ti ho chiesto niente dell’America! Voglio sapere della mia presunta dislessia!

– Anche io sono felice di vederti, ma perchè sei così agitato?

– Cristo!

– Lo prendo anch’io. Andiamo al bar qui dietro?

– Ah, ecco Paolo, ora chiedo a lui… Ciao Paolo, senti, volevo chiederti…

– Dimmi…

– Franco mi sta dicendo che io ho problemi di dislessia…

– Dislessia? Non mi pare…

– E infatti! Ma è da mezz’ora che non capisce cosa sto dicendo…

– Davvero? Franco, fammi capire, che problemi di dislessia avrebbe Giorgio?

– No, alle politiche non ho votato.

– Ecco spiegato l’arcano: E’ Franco ad avere quel problema!

– Ahhh, certo, sono sollevato… Povero Franco… ma secondo te perchè è convinto che sia io ad avere questo problema?

– Forse delle banane.

– I pirati?

– Trecentosessanta gradi!

– Eh, lallero, c’era l’autostrada, no?

– …

– Scusate…

– Sì?

– Sì?

– Sì?

Voi tre, cosa state facendo?

– Niente.

– Niente.

– Niente.

Allora tornate a letto, qua c’è gente che deve riposare, avete preso le medicine?

– No.

– No.

– No.

Ecco, prendetele e andate a dormire.

– Va bene.

– Va bene.

– Va bene.

– …

– Ma chi era quello?

– Tuo figlio.

– Vestito da Capitano Kirk?

– Guarda che quello era l’abito col quale ti sei sposato tu.

– E perchè lo indossava lui?

– Perchè adesso gli sta bene.

– Però…

– Cosa?

– Mancava il trasponder.

– L’ha perso su una luna di Giove.

– Cazzo, non me lo ricordavo. Forse ci servono davvero le medicine.

– Però adesso non soffriamo più di dislessia, no?

– Vero! Siamo guariti, e senza medicine. Come pensi sia stato possibile?

– Sempre ventitrè.

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venerdì, giugno 05, 2009
In viaggio con BaBau

Le valigie erano pronte. Mancava solo da sistemare il cane. Ecco, il cane era un problema ma alla fine riuscii a farlo stare nel beauty-case. Oddio, nemmeno ci sarebbe entrato se non avessi avuto un beauty case davvero grosso. E non avessi comunque messo le zampe nella tasca esterna della valigia. E’ che amo gli animali e non riuscirei a separarmi da loro.
La meta erano le Seychelles. Ero molto eccitato all’idea, molto, molto eccitato, tanto che mi accoppiai più volte con la cartina di Mahè. Fui costretto poi a prenderene una nuova per ovvi motivi.

Quando tutto era pronto, quando davvero ero convinto che tutto fosse a posto, deciso, organizzato, arrivò una telefonata:

– Pronto!

– Sì, pronto, casa De Angelis?

– No.

– Mi scusi.

– Niente.

L’indomani ero pronto alla partenza. La valigia presentava delle vistose macchie rosso sangue in prossimità delle tasche esterne ma non ci feci troppo caso. Più che altro mi preoccupava il silenzio del cane che in genere era sempre molto vivace ma pensai stesse dormendo.

Arrivato in aeroporto – per me la prima volta – chiesi ad una hostess quale fosse il mio volo e quanto prendesse per una notte, extra a parte. Scoprii tramite ecchimosi che c’è hostess e hostess. Insomma, non sempre è ho stess.

Non vorrei pensaste che la telefonata della sera prima fosse importante per cui ci torno su: avevano sbagliato numero.

Fatto il check-in mi imbarcai, pur salendo su un aereo e non una nave e mi ritrovai accanto un ciccione che aveva iniziato a vomitare dal momento in cui si chiuse il portellone fino alla sua riapertura. Ininterrottamente. Che poi mi desse la colpa… gli feci solo vedere una delle zampine del cane che mi ero tenuto nel bagaglio a mano. E allora? Certa gente non ama gli animali, bestie!

Arrivati a destinazione lo spettacolo naturale delle Seychelles mi si parò davanti in tutta la sua potenza: un mare di merda, poveracci dappertutto, e pioveva.

No, davvero, cercavano un De Angelis, capita a tutti di sbagliare un numero, non ci pensate più, dai.

Pensai che fosse il solito acquazzone tropicale, di breve durata. Sedici giorni dopo infatti cessò del tutto, permettendomi di uscire per la prima volta dalla stanza dell’albergo.

Passai l’intera giornata a prendere il sole, sdraiato, senza far niente. Mi resi pero’ conto di essere troppo solo e decisi di scendere dal tetto e andare in spiaggia.

Qui era pieno di belle ragazze che facevano foto: seminude, sorridenti, voluttuose. Ero capitato nel paradiso terrestre. Tanto che un serpente mi morse, senza nemmeno offrirmi una mela.

Gli ospedali, alle Seychelles, devo dire possono anche essere considerati efficienti, se riusciamo ad accettare che una garza sterile sia sostituibile da carta igienica. E se tolleriamo che la carta igienica sia usata. Ma essere visitati da uno stregone, beh. Oddio, bravo era bravo, ma infilare spilloni dentro bamboline non mi alleviava troppo il dolore. Forse ne creava alla bambolina, ma la tecnica del “mors tua vita mea” non pareva funzionare.

Quando la febbre arrivò a superare la temperatura dell’aria (si parla dunque di una cinquantina di gradi), decisero di intervenire con cure più drastiche. E mi fecero una danza tribale.

Stetti male lo stesso ma il ritmo mi acchiappava.

Due settimane dopo la febbre cessò e fui in grado di riprendere il volo di ritorno.

Che dire, le Seychelles sono belle, è che mi mancava un po’ la compagnia. Perchè il cane proprio non l’ho visto più.

Magari la prossima vol…[DRIN!]

– Pronto.

– Pronto casa De Angelis?

– No, ha sbagliato.

– Scusi.

– Niente.

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giovedì, giugno 04, 2009
Sex & the Piccì

REPUBBLICA: “Basta mouse e tastiere. Da oggi i computer si toccano”.
Per questo il mio monitor è sempre più sfocato.

Maggio 2009

giovedì, maggio 28, 2009
Teorie e filosofie sulla vita al punto croce

Ho raggiunto il più alto grado della conoscenza che l’uomo possa mai raggiungere, e non si tratta della lingua italiana vista la ripetizione “raggiunto-raggiungere”. Si tratta della risposta alla fatidica domanda, quella che da sempre l’uomo si pone e che lo accompagna dalla notte dei tempi (oltre l’altra: “me la darà?”, la cui risposta dipende solo dalla valutazione sul “quanto”, se in effetti il rapporto preveda un conquibus o meno. Se viene previsto un pagamento allora la fattispecie cambia veste e rientra in quell’ambito giuridico comunemente noto col termine “‘sta zoccola”) parentesi chiusa). L’avevo già chiusa). La domanda fatidica è l’altra: noi chi siamo? ) (L’uso scriteriato della parentesi è a volte riconducibile ad una vera e propria patologia, ma più spesso dipende da reale ignoranza. ((

Torniamo alla questione: “noi chi siamo?”

A parte l’errore gnoseologico nella domanda (e nell’uso del termine gnoseologico) possiamo ricondurre la questione nell’ambito di quanto diceva il famoso professor Jurgens de Coimbra nel suo saggio: “Trovatemi un altro svedese con questo nome”, e cioè :”…la domanda circa la nostra esistenza potrebbe trovare indefinite risposte perchè indefinita è la nostra esistenza”, facendoci quindi intendere che chiunque può scrivere libri.

Il problema sembrava aver trovato la sua risposta definitiva nel 1864, data fondamentale per tutti coloro nati nel 1864, quando il filosofo francese Thierry De La Madonna diede alla luce la celeberrima frase: “J’ai entendu!” ma si scoprì poco dopo che si riferiva a sua moglie che gli chiedeva di comprare del prosciutto*.

Oggi la questione è ad un punto morto: una corrente di pensiero afferma che la ragione della nostra esistenza risiederebbe sostanzialmente nel perseguimento di un’etica comune, confondendo però lo scopo con la ragione ed i mezzi con il mio camioncino. Una seconda corrente invece si basa su posizioni diametralmente opposte alla prima, negando tutto ciò che questa afferma, per partito preso.

Personalmente mi sono costruito una mia serie di convinzioni, anche fondate su evidenze storiche ma non starò certo a dirle a voi.

Per maggiori informazioni visitate il sito o telefonate al numero verde o cercatevi un altro modo di passare il tempo, io con voi non ci parlo.
*Circa l’opportunità di nutrirsi di carne di altri esseri viventi, Robert Wanford, fondatore della teoria “mens sana in mens che non si dica” ci ha trasmesso, col suo “Codice etico per la salvaguardia della salute a tavola” il concetto che “tutto può essere considerato lecito, ma piantala di toccare mia moglie”.

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venerdì, maggio 15, 2009
Fine di una mora

Le cose non funzionavano più tra noi… nulla, più nulla. Cioè, un frullatore, avete presente? Ecco. Lo mettevi là, tra me e lei e puff… non funzionava. La lavastoviglie? Niente, stoviglie che restavano sporche. E la lavatrice? Niente. Non lavava più nessuna trice.
Si litigava su tutto: sul cibo da mangiare, sul cibo da evitare, sul cibo da congelare… diciamo che l’argomento cibo tirava molto. Si litigava sui rispettivi genitori ovviamente. Ecco, loro, i genitori, davvero non gradivano che io e lei si litigasse anche su di loro. Specie quando lei portava i tacchi. Ma l’argomento cibo era quello più ricorrente. Lei davvero non concepiva la mia dieta iperproteica, diceva che ero un mangiacadaveri, quando spesso e volentieri neppure erano morte del tutto le bestie che azzannavo. Specie quelle con la tonaca.
Anche il sesso non era più come una volta. Era tutto molto, troppo scontato. Certo, in tempi di crisi, che lei mi facesse pagare meno poteva anche farmi comodo, ma…

Provavamo tutte le posizioni: io sopra lei sotto, io sotto lei in bagno, io di lato lei con un altro, io socialista lei col magone. Niente.

Fare l’amore era diventato così noioso che Ornella Vanoni ne comprò i diritti per una canzone.
Quando decidemmo di separarci nessuno si sorprese più di tanto. Oddio, io un pochino, visto che lo venni a sapere con un po’ di ritardo dalla sua decisione di lasciare casa, ma ero talmente abituato a starmene per conto mio che sinceramente non me ne accorsi se non dopo un paio d’anni. E se non fosse stato per la voglia di sgranchirmi le gambe ed alzarmi dal divano…
La sua voce era talmente fastidiosa che per soli duecento voti non venne eletta sindaco di Napoli. Per far capire. Credo avrebbe avuto maggiori chances se il suo slogan fosse stato qualcosa di più comunicativo circa i problemi reali della città e non un semplice “tieng ‘a uallera”.
E pensare che eravamo tanto innamorati: ci conoscemmo sulle rive della Senna, a Toronto, Florida. Ricordo che studiavo con alterni risultati geografia, lei invece faceva l’imprenditrice per mantenersi mentre provava ad entrare nel mondo del porno… Ma nonostante la dura gavetta, l’impegno (si riportava spesso il lavoro a casa e trovarsi tre negroni per casa a mezzanotte mi creava un certo disappunto) e la notevole predisposizione, quel mondo la rifiutò. Penso che la nostra crisi nacque da questo. E dal fatto che lei desiderasse così tanto un bambino. Ne era ossessionata. Mentre io davvero non riuscivo a tollerare la pedofilia.
Continua…

Ok.
Dicevo, la nostra crisi ci ha portato oggi a vivere ciascuno la sua vita. Non ci sentiamo più da un pezzo e non so se la nostra sordità abbia a che fare con l’essersi lasciati.
Io l’amo ancora.

E so che lei mi ama ancora.

E che i tre negroni che ancora frequenta non riempiranno il buco che ha.
 

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giovedì, maggio 14, 2009
Secondo me ha senso (unico)

Mio suocero mi ha rimproverato per l’ultima volta circa il mio tener giù troppo il pedale dell’acceleratore. La conversazione si è svolta così:
– Anche oggi hai corso troppo in macchina

– Perchè dici questo?

– Ci hai messo cinque minuti per venire qua. Io ce ne metto venticinque!

– Ma è perchè io sono prudente!

– Cosa?

– C’è traffico, le strade sono pericolose…

– Appunto!

– Eh, appunto. Minimizzo i rischi.

– Ma che dici?

– Senti, tu passi venticinque minuti del tuo tempo in macchina per venire da me (e potresti evitarlo, A PRESCINDERE). Resti esposto ai rischi del traffico per un periodo CINQUE volte superiore al mio. Io sto fuori per soli cinque minuti. Ti faccio un esempio. Se tu dovessi attraversare una zona pericolosa, che so, Chernobyl, andresti piano piano o correresti come un matto per minimizzare il tempo di esposizione al pericolo? E le strade ammazzano più delle radiazioni. Se sei un kamikaze accomodati pure e trotterella in mezzo ai SUV ma io ci tengo alla pelle! Sotto i centottanta non vado. Incosciente!

– … 

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venerdì, maggio 08, 2009
Vedi? Non vince ad X Factor e poi… ah, era un’altra quella

Noemi, per ora, non si occupa di politica.

“Però sosterrò papi fino alla morte. Lo chiamo Presidente, ma qualche volta mi scappa papi, secondo al mio papà, ovvio. È entrato con quel sorriso e mi sono ritrovata un pacchettino in mano”.
Non sarà contento vederselo descritto come “pacchettino…”.
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Il suo futuro è lo spettacolo.

“Ho partecipato a programmi Rai, ho fatto la valletta, qualche cortometraggio. Ora faccio la “gossippina” per una tv locale, Rete A”.
Tutta la dura gavetta per diventare Ministro.
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“Mamma, che emozione. Chi se lo scorda più questo diciottesimo compleanno. Ho pianto di gioia. E i miei amici: certo, sapevano che frequento da un po’ il mondo dello spettacolo, ma mai avrebbero immaginato”.
Berlusconi=il mondo dello spettacolo.

Splendido.
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Com’è nato questo contatto familiare? Il suo papà è un imprenditore, in famiglia avete lavorato per il gruppo?

“Non ricordo i particolari, queste cose ai miei genitori non le ho chieste”.
L’altra sera è venuto Rocco Siffredi a trovare mia moglie. Come si conoscono? Non ricordo i particolari, queste cose a mia moglie non le ho chieste.
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“Luci spente, si apre la porta, eccolo, vedo papi, il mio secondo papi. Ora sogno di fare la show girl. Perché io so fare tutto. Una Carlucci, una Cuccarini”.
“Faccio tutto” mi pare di averlo letto da qualche parte sul giornale… Mi pare vicino “piedini di fata” e “nuovissima”.
 

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giovedì, maggio 07, 2009
Guarda il Papi… se ne fa un’altra

Berlusconi:”Tre italiani su quattro sono d’accordo con me”.
Il restante 25% le preferisce più mature.

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martedì, maggio 05, 2009
Finalmente compreso il senso reale del termine “Casa delle libertà”

Il Premier smentisce categoricamente di essersi mai sposato: “è la solita montatura della sinistra”.
Scelto il conduttore per la nuova edizione di “Veline”: sarà Papi, quello anziano.