venerdì, febbraio 26, 2010
Ailander
Discutevo con uno yak in transito sulla Laurentina dei motivi che ci inducono a desiderare di migliorarci, della progressiva evoluzione della specie umana e del perchè i Tic Tac appena messi in bocca hanno un sapore fantastico che pero’ scompare subito e allora perchè cazzo non fanno un Tic Tac tutto di quella cosa squisita? quando mi è balzata alla mente la conclusione di essere immortale.
Conclusione avvalorata dalla constatazione che a tutt’oggi io sia ancora vivo.
So cosa state pensando: “ma portare a cacare quel cane tutte le mattine che cazzo di soddisfazione dà?!”. Ebbene, non starò qua a rispondere su questo.
Del resto non posseggo un cane, dunque proprio non capisco l’obiezione.
Dico solo che la mia immortalità, palese e fuor di discussione, credo non sia genetica, visto che i miei avi sono tutti morti, nè acquisita col tempo, dato che immortale lo sono da sempre, non essendo mai morto in precedenza.
Voglio dire, non è che dopo essere morto, che so, un paio di volte, poi sia diventato immortale, così, a cazzo.
No. Sono immortale e lo sono sempre stato.
Penso di aver contratto il virus dell’immortalità in utero. Più un antivirus allora, una sorta di Norton ipercazzuto che lascia passare i malesseri ordinari, quel raffreddorucolo giusto per non dare troppo nell’occhio, e stronca la morte, che ritengo sia una malattia degenerativa vera e propria, anche quando assume forme violente ed improvvise (credo che in tutti i casi di morte rapida o violenta la degenerazione covasse da tempo e si sia conclamata in forma, che so, di infarto o vaso in testa o di morso di un cane rabbioso, che magari la rabbia gli era venuta perchè nessuno lo portava a cacare la mattina, insomma, sempre là si va a parare).
Dunque, il mio essere immortale è dimostrato dal fatto che io stia qui scrivendo, che mai in passato abbia dato motivo di pensare di essere morto, che ogni volta che sono andato a dormire poi mi sono sempre svegliato, che intorno a me la gente muore quotidianamente che manco le mosche ed io invece sto sempre qua, da anni.
Nè mi si opponga l’obiezione “ma allora pure io sono immortale”, che in Italia si sa come vanno ‘ste cose: uno svolta e subito tutti appresso. Eh no, cari i miei mortali ometti, mica qua uno si sveglia la mattina e dice “pure io pure io!”. E che stiamo al Glande Fratello E che ne so io di te?! Che ne so se mi stai a fregà e tra mezz’ora decidi di morire? Mica ti posso considerare mio pari solo perchè me lo dici tu?! L’immortalità va dimostrata. Coi fatti.
Adesso il punto è un altro: ha senso stare a chiedersi se puffetta si trombasse davvero tutti i puffi? Ma di piu’: cosa me ne faccio di questa immortalità?
Magari è come nel telefilm, e devo andare a decapitare altri immortali e ne resterà solo uno… Sì, ma poi? Siamo punto e a capo.
E mi si passi il termine “capo”.
Dovrei ogni volta sparire, andare avanti a pizzini, non potrei mai diventare famoso perchè la gente poi vedrebbe che non invecchio mai. Un vantaggio potrebbe stare nel fatto che potrei circolare a Dallas su un’auto scoperta, certo che il mio cervello non andrebbe in pezzi in mondovisione… nè mi sarebbe possibile sposarmi perchè mia moglie, la mia intera famiglia, invecchierebbero ed io là come Dorian Gray, quello di Oscar Wilde prima che fondasse un partito.
Potrei avere il tempo per imparare tante cose, che so: suonare il violino meglio di Vanessa Mae, imparare a memoria tutta la sequenza genomica dell’uomo, oppure saper ripetere la formazione della Ternana 1982-83, panchina compresa. Ma a questo punto mi chiedo: avrebbe senso sprecare l’immortalità per questo? Oddio, ricordare pure la panchina non sarebbe male…
[Appunto: aprire una nuova finestra e cercare su Youtube Vanessa Mae].
Spero di sbagliarmi. Spero di non essere immortale.
Mo’ faccio la prova: ammazzo qualcuno e mi faccio un giro sulla sedia elettrica.
Che? Non c’è qua in Italia?
Garantisti del cazzo.
Mi consola una cosa pero’: se mai dovessi sbagliare, se dovessi un giorno morire, non me ne accorgerei. Sarei morto e fine.
Ne soffrirebbe chi mi vuol bene, ma a me?
E quando il sole, tra cinque miliardi di anni, smetterà di bruciare e tutti saranno congelati mi dite io che cazzo ci resto a fare su un sasso gelato con tutto quel sapere?
Condannato a restare vivo in un algido cosmo per l’eternità?
Desiderare ardentemente la morte ma essere consapevole che questa non sarà?
Soffrire il gelo, precipitare dentro una stella, bruciare per miliardi di anni dentro di essa, assistere alla sua fine, esplodere, e ricominciare ancora.
Tutto questo è terribile.
Molto, molto peggio di qualsiasi morte.
Ma almeno niente piu’ cane da portare a cacare.
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giovedì, febbraio 25, 2010
Io e Dio
IO: – Toh, sono morto.
DIO: – BENVENUTO-ENUTO-UTO-O!
IO: – Ciao, tu sei Dio?
DIO: – CERTAMENTE-AMENTE-ENTE-E
IO: – Puoi togliere quest’effetto riverbero? Fa tanto Papa in piazza…
DIO: – Ehm, scusa. Fatto.
IO: – Va meglio. Ero così curioso… sei proprio come ti immaginavo.
DIO: – E’ perchè io appaio come le persone mi immaginano.
IO: – Ah, ecco: per me sei vestito di bianco e con la barba… ma per la maggior parte della gente pure sarà lo stesso, no?
DIO: – Beh, non per tutti. Qualcuno mi vede grasso e seduto in terra, qualcun altro tipo triangolo con un occhio al centro e sapessi che fatica mantenere l’equilibrio in quella forma, qualcuno ancora non mi vede affatto…
IO: – Ah, e in quei casi come ti presenti?
DIO: – Lì mi posso sbizarrire: certe volte fingo di essere Pippo Baudo, sai le risate… una volta ad un ebreo sono apparso in forma di Goebbels … hihihi… oh, se l’era cercata lui, non credeva poi tanto… ma dove ho messo gli occhiali…?
IO: – Li hai sul naso. Quindi mi stai dicendo che tu sei il Dio di tutti? Che le religioni che si combattono da millenni non hanno capito un cazzo?
DIO: – Già, purtroppo è cosi’: guerre e sangue… in mio nome… che IO li maledica!
IO: – Ma tu perchè non intervieni?
DIO: – E che posso fare io?
IO: – Come che puoi fare?! Tu sei Dio, no? Sei onnipotente!
DIO: – Già è vero, onnipotente… mica poi tanto pero’.
IO: – Come?
DIO: – In realtà… sai, è un po’ difficile dirlo, una storia lunga… chissà dove ho messo gli occhiali…
IO: – Sono sempre sul tuo naso. Comunque racconta pure. Credo di avere un’eternità di tempo.
DIO: – Già. Beh, è che io… in realtà sono qua solo per mettere una pezza alla buona.
IO: – Che? Che pezza?
DIO: – Dio, quello che vi ha creato, e che ha creato anche me, in realtà di noi se ne sbatte. Ha fatto tutto st’ambaradan, ambaradam, quello insomma, d’universo e ora se ne va in giro tra le galassie che manco si ricorda d’aver creato. Prima o poi ripasserà di qua ma spero il piu’ tardi possibile che se vede come vi siete ridotti mi fa nero. E io cerco di tenere buoni voi umani che credete tanto in una entità onnipotente…
IO: – Cosa? Vuoi dire che c’è un altro Dio?
DIO: – In effetti ce ne sono diversi… PIETROOO! Chiudi ‘sta cazzo di finestra che mi sta crepando la cervicale!!!
PIETRO: – Ma Signore, non ci sono finestre qui. E’ un open space!
DIO: – Che è? Ma come cazzo parli?
PIETRO: – Un open space, uno spazio aperto, senza…
DIO: – Ah, già, quel “mio figlio” di Mio figlio l’ha voluto così, “moderno”. E poi si va a fare le canne con quei dodici drogati amici suoi… prima o poi fa una brutta fine… Che ci vuoi fare: ognuno ha la sua croce.
IO: – Eh, i figli danno tante preoccupazioni… Ma torniamo a noi: com’è ‘sta storia dei tanti dei?
DIO: – COME OSI: non avrai altro Dio all’infuori di me!
IO: – Ma me l’hai detto tu!
DIO: – Ah già, scusa. Diciamo che qua funziona un po’ come da voi in ufficio: c’e un capo, un capo dei capi, un capo dei capi dei capi, ma alla fine…
IO: – Alla fine?
DIO: – Alla fine non si sa mai chi comanda davvero. Si sa solo chi è quello che puo’ farti il culo e si diverte a fartelo. Il tuo capo diretto.
IO: – Quindi tu sei un sottoposto?
DIO: – Non mi piace essere sminuito cosi’! Mo’ t’incenerisco! Se solo sapessi dove ho messo quei “mio figlio” di occhiali…
IO: – Li hai sul naso. E poi se mi incenerisci il capo ti fa il culo.
DIO: – Uff, già, che se non gli tornano i conti quello mi manda su Aldebaran a fare il dio dei cactus aldebaradini…
IO: – Allora, se ho ben capito, noi umani stiamo a pregare uno che al massimo ti fa avverare una coincidenzina, uno che ti puo’ far incocciare in un’anima gemella o evitare uno scontro frontale in auto…
DIO: – No, lo scontro è oltre le mie pertinenze.
IO: – Insomma, che cazzo sai fare?
DIO: – Beh, ora non mi far passare per incompetente: posso, ad esempio, far sognare a qualcuno dei numeri vincenti al lotto e gli cambio la vita…
IO: – Numeri? Ma se io li sogno sempre! Fossero usciti una volta! Una!
DIO: – Ma, ehm, non è che funzioni sempre…
IO: – E grazie al cazzo! Tutti sognano qualcosa! Qualcuno vincerà prima o poi. E tu vorresti accollarti il merito?! Allora pure Wanna Marchi! Scommetto che non sai fare davvero nulla di speciale!
DIO: – Ma come osi?! Per esempio, hai mai sentito parlare di cerchi nel grano?
IO: – Li fai tu?
DIO: – No, ma so chi è!
IO: – E chi è?
DIO: – Non te lo voglio dire.
IO: – Seee, tu non sai niente!
DIO: – Beh, ho capito, ora ti mando all’inferno!
IO: – Ecco, l’inferno, parliamo di questo. Esiste?
DIO: – Ergh, ehm, come?
IO: – Dai che hai capito.
DIO: – L’inferno… Uff, no, non esiste.
IO: – L’immaginavo. E il paradiso?
DIO: – No, nemmeno. Non esiste un cazzo, va bene? Niente!
IO: – E il limbo?
DIO: – Che?
IO: – Il limbo!
DIO: – Ma che è? Ah, il ballo?
IO: – Ma che ballo e ballo! Il limbo, quello dove vanno i bambini morti prima di essere battezzati…
DIO: – Non ne so niente. Senti, ma sai dove sono i miei…
IO: – Sempre su quel cazzo di naso! Ma come non sai del limbo?! Che il Papa l’ha pure abolito…
DIO: – Sì, il Papa… e chi gli sta dietro a quello… vedi? vi fate da soli la vostra religione… fate e disfate, quando non vi sta piu’ bene una cosa che prima era peccato la cancellate… ma chi vi sopporta piu’… Mi sono fatto due palle cosi’. E in tv non c’è mai un cazzo.
IO: – Ora non fare il qualunquista. Su Sky qualcosina c’è. E poi c’è sempre Internet, no?
DIO: – Qua non c’è nemmeno l’ADSL…
IO: – Comunque torniamo a noi. Dopo che si muore, come me, dove si va in conclusione?
DIO: – Si passa di qua e poi…
IO: – E poi?
DIO: – E poi trasmigri in un altra forma.
IO – Reincarnazione? Lo sapevo…
DIO: – Piu’ o meno, ma puoi reincarnarti in una cosa qualsiasi: un pollo, la cellula dell’unghia del mignolo di Bruno Vespa, un banano fratricida su Mercalios, l’ipofisi di un triciclo bolso di Svaluzua, un bollo auto… insomma, tutto. E poi qua torni. Sempre qua.
IO: – Fino a?
DIO: – Fino a sempre.
IO: – Cioè, qual’è il senso di tutto questo?
DIO: – Me lo devo ancora far dire, quando torna Dio glielo chiederò.
IO: – Mah. Ma… oddio!
DIO: – Sì?
IO: – E che è ‘sta puzza?!?
DIO: – Ehm… vento divino?
IO: – Ma che cazzo, allontanati no?!! Bah, ho capito…
DIO: – Ehi, dove vai?
IO: – Su quella nuvola laggiu’.
DIO: – Ma non hai altre domande? Tutti mi fanno domande!
IO: – No, niente…
DIO: – Ma…
IO: – Anzi, una cosa: Chi vincerà la Champions?
DIO: – LA Champions? Calcio? Ehm… la Juventus!
IO: – La Juventus?! Non capisci proprio un cazzo…
DIO: – La Sambenedettese?
IO: – Dai, vieni qua che ci vediamo la partita… ma non dirmi come va a finire…
DIO: – Va bene, tanto non lo sapevo mica…
IO: – Ci avrei giurato…
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lunedì, febbraio 22, 2010
Super. Stizione.
Un gatto nero mi ha attraversato la strada e mi sono toccato.
I gatti neri mi eccitano tantissimo.
…
Mentre mi incamminavo mi sono ritrovato a passare sotto una scala.
Pieno di bambini vietnamiti a cucire palloni.
…
Rientrato a casa ho rotto uno specchio, grande. Molto.
Cazzo, abito in un osservatorio!
…
Ho rovesciato pure l’olio, porta male, dicono.
Ma ci è scivolata sopra mia suocera. Come la mettiamo?
…
Ho trovato un ferro di cavallo e l’ho preso.
Forse avrei dovuto aspettare che il cavallo non ne avesse più bisogno.
…
Idem per quell’orecchio di coniglio.
Del resto, che se ne fa un orecchio di coniglio di un ferro di cavallo?
…
A capodanno ho mangiato un piatto di lenticchie.
Il giorno dopo è successo proprio quello che si pensa: le ho cacate.
…
Conosco uno che porta al collo sia un crocifisso che un corno
Dice: “dove non arriva uno arriva l’altro”
Io gli ho detto: “ma se credi in Gesù non puoi credere nel corno!”
E lui “non si sa mai”
Io: “ma insomma, credi o no?”
Lui: “Certo!”
Io: “In cosa?”
Lui: “In tutto, mica sono ateo come te!”
Questa storiella è la più ridicola.
E l’unica vera.
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venerdì, febbraio 19, 2010
Ieri ero primo relatore in un convegno intitolato: “Auto-organizzazione e gestione del proprio tempo”.
Sono una sorta di luminare sull’argomento-tempo, sull’autogestione, sul time management, sul come non lasciare mai niente al caso e farsi trovare sempre pronti per ogni evenienza. Credo che la mancanza di auto organizzazione sia uno dei mali della nostra civiltà e che la puntualità valga come oro al giorno d’oggi.
Lavoro come consulente per le più grosse aziende: stilo piani di organizzazione, tengo corsi.
Mi sorprende vedere come le persone siano sempre spesso confuse sul da farsi, che non sappiano pianificare neppure le attività più semplici, come essere puntuali ad un appuntamento o gestire le situazioni.
Al convegno c’è stato un piccolo imprevisto: sono arrivato in ritardo.
Può succedere.
Cerco sull’agenda ma mi accorgo di averla dimenticata in albergo.
Provo a chiamare in albergo ma non ho il numero.
Ricordo di averlo messo nella tasca della giacca ma non quella che indosso.
Cerco il cellulare ma questo mi era rimasto sul taxi.
Mi viene in mente l’indirizzo della sede dell’organizzazione del convegno e la raggiungo a piedi.
Mi dicono che in effetti sono in ritardo. Ma di due mesi.
Chiedo se c’è n’è un altro a breve e mi prendono a calci in culo.
Mi ritrovo per strada e mi incammino verso l’albergo, di cui ho però dimenticato il nome e la via.
Entro in un altro albergo cercando di farmi aiutare a ritrovare il mio, fornendo dati imprescindibili ed univoci come “c’aveva tante stanze” e “c’era uno sotto che teneva le chiavi di tutte le camere” ma quelli sembrano non capire.
Mi accorgo intanto di essere in mutande dalla mattina.
Provo a riorganizzare le idee ed un passante mi lascia un euro sul marciapiede.
Mentre lo raccolgo mi accorgo di indossare mutande non mie.
In quella posizione un fattorino abusa di me.
Faccio forza sulla mia preparazione in tema di auto organizzazione e entro dentro una panetteria ma chiedo delle viti autofilettanti ed un cicchetto di lambrusco.
Altro calcio in culo.
Una pattuglia di carabinieri mi ferma e mi porta dentro.
Provo a spiegare per sistemare le cose ma ad un certo punto mi ritrovo a parlare della costellazione del Cigno e di quanto questa possa star bene col sugo di papera.
Chiamano mia moglie.
Al telefono la sento dire solo: “ancora?!”.
Prendo in mano la situazione e inizio a masturbarmi.
Mi portano una divisa da appuntato.
Protesto: avrei voluto che dentro non ci fosse già un appuntato.
Mentre sono tutti distratti scappo fuori e mi ritrovo in strada vestito da carabiniere.
Un passante mi chiede indicazioni su via della Scrofa.
Lo arresto per schiamazzi e inizio a progettare dighe da castoro.
Mi rendo conto dell’assurdità di un progetto che faccia affidamento su animali da pelliccia e decido di noleggiare un go-kart per tornare a casa.
Percorro tutto il Raccordo Anulare schizzando sotto i semiasse dei camion quando mi rendo conto di aver stracciato il tempo sul giro e rientro ai box.
Non li trovo e decido di vendere il go-kart. Al quale nel frattempo mi ero affezionato, dandogli anche il nome di Bettina.
Con quei soldi mi compro un biglietto del treno che mi riporta a Sassomarconi, a casa mia, in via Messina.
Mi sovviene, al mio arrivo, di aver confuso via e città, essendo di Messina, residente in via Sassomarconi, e mi siedo aspettando che qualcuno mi venga a prendere.
Sto aspettando.
Ho delle noccioline comunque.
Scadute.
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martedì, febbraio 16, 2010
Riflessioni
Odio le catene di Sant’Antonio: sulla neve dura non tengono un cazzo.
lunedì, febbraio 15, 2010
Contrappassi
La Binetti passa nell’UDC: è questa la nuova posizione della missionaria.
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lunedì, febbraio 15, 2010
E’ domeica mattia.
Ho a che fare co due testimoi di Geova.
…
Scusate, ho cambiato la tastiera.
Riprendo: insomma, mi metto a parlare con questi due uomini, nativi di Genova, testimoni di un omicidio vicino al porto.
Il luogo del delitto, una Torre di guardia, recava ancora i segni del misfatto: sangue, sangue dappertutto. Ho subito pensato ad alta voce a quante vite si sarebbero potute salvare con tutto quel sangue (proprio oggi io stesso ne ho donato un po’ per il centro trasfusionale del mio ospedale) ma i due Testimoni non sembravano concordare con me. La cosa mi ha subito insospettito.
…
– Brigadiere, faccia entrare i testimoni di Genova.
– I Testimoni di Geova?
– Che s’è rotta la tastiera pure a te?
– ?
– Quelli insomma.
…
I due, interrogati, dichiaravano:
– Ci trovavamo sotto la Torre di guardia, di buon’ora – noi usiamo alzarci presto la domenica mattina.
– Che lavoro fate?
– Siamo testimoni di Geova
– [ho pensato si fosse rotta pure ‘st’altra tastiera] So perfettamente che siete dei testimoni, e di Genova. Non vi ho chiesto questo. Mica per lavoro assistete agli omicidi?! Ahahah… Questa è buona: brigadiere, se la segni!
– [dall’altra stanza] Va bene Commissario!
– No, siamo testimoni di Geova nel senso che crediamo in Geova.
– Io sono della Sampdoria e credo nei blucerchiati ma questo è irrilevante: mi dite che cazzo di lavoro fate e cosa ci facevate là?
– Diffondevamo il verbo.
– Che verme?
– Verbo, la parola di Geova!
– Che parola è? Una parola d’ordine?
– …uh, non sappiamo… si fa per dire…
– Va bene, andiamo avanti… Cos’avete visto?
– Un uomo che, armato di coltello, aggrediva un altro uomo… Dio che spettacolo tremendo!
– Spettacolo? Allora vi è piaciuto… [i miei sospetti aumentavano… E poi quella storia della parola d’ordine…]
– Non intendevamo…
– Silenzio! Proseguite.
– Insomma, l’uomo col coltello colpisce l’altro uomo. E cade a terra.
– Chi cade a terra?
– L’uomo colpito.
– L’uomo col pino? [Un terzo uomo… uhm… dovevo approfondire. E ricordarmi di cambiare le batterie dell’Amplifon]
– No “col pino”, “colpito”!
– L’uomo col pito, ho capito bene. E cos’è un “pito”, scusate?
– Non ci siamo capiti.
– No, non ci siamo coi piti, mi direte dopo. Continuate. [Quel parlare in codice mi faceva sospettare l’appartenenza ad una qualche setta segreta…]
– Ci avviciniamo all’uomo ferito e cerchiamo di soccorrerlo.
– Avete chiamato un’ambulanza?
– No, è contro il nostro verbo.
– Che morbo?
– Verbo! Il Verbo di Geova.
– A Genova ci abito pure io ma se a casa mia uno sta male chiamo l’ambulanza.
– Ma quelli poi gli avrebbero fatto una trasfusione. E forse pure un trapianto!
– Trapianto?! [Non mi sembrava certo il momento di pensare a problemi di calvizie… quei due non me la raccontavano giusta]
– E’ contro il nostro Verbo.
– Che serbo?
– Verbo!
– Insomma cos’avete fatto?
– Abbiamo pregato per lui
– Pregato per lui? Insomma, ‘sto poveretto stava pregando e voi giù a rompergli pure i coglioni…
– Era un conforto morale…
– E lui?
– Crediamo sia morto.
…
[Cominciavo a nutrire seri sospetti su quei testimoni. Il loro abbigliamento, ottusamente formale, mi dava l’idea che volessero coprire qualcosa, nessuno sano di mente vestirebbe così… e poi c’erano quegli opuscoli… pieni di riferimenti sanguinari, demoni… La storia della setta mi convinceva sempre di più. Decisi di provare a forzare la mano e farli confessare]
…
– Voi due organizzate messe nere, vero?!
– Uh, ma cosa…
– Confessate: l’avete ammazzato voi!
– Ma certo che no!
– Cosa tenete in mano adesso?
– Sono gli opuscoli coi quali diffondiamo il verbo.
– Che turbe?
– Verbo! La parola di Geova!
– Chiamatemi ‘sto Geova e vediamo se conferma la vostra versione.
– Ma non si puo’.
– Come non si puo’? Non avete detto che lo conoscete?
– Ma… insomma… sì, però…
– Però non l’avete mai visto in faccia, vero?
– Beh, in effetti, no…
– Come sospettavo: un mandante che agisce nell’ombra. Brigadiere, porti dentro ‘sti due preti: l’accusa è omicidio.
– Che omicidio?!
– Prete rintenzionale. Anzi no: preteditato, premeditato. Quello là insomma.
– Ma come?!?
– Silenzio! E ditemi di questo serbo… E’ lui il capo della setta dei genovesi, vero? E dove le trovate le vergini da sacrificare? Di questi tempi…
– Ma quali vergini…?!
– Ah, è difficile, eh? Per questo vi siete accontentati di un pover’uomo qualunque…
…
Ancora una volta avevo risolto un caso ingarbugliato. Appartenenti ad una setta satanica avevano compiuto un omicidio, forse propiziatorio.
Quell’omicidio era opera delle sette.
Sette e un quarto al massimo. L’ora del delitto.
Restava da trovare questo serbo col morbo, ma avevo assicurato alla giustizia due lestofanti.
Ora voglio verificare se quelli che vengono a scassare la minchia a casa mia la domenica mattina hanno a che fare pure loro con ‘sti due. Mi presentano un’opuscoletto con su scritto “Svegliatevi”, a prendermi pure per il culo visto il sonno che ho la domenica… da come si vestono penso sia tutta una banda.
Brutta, brutta gente…
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venerdì, febbraio 12, 2010
Lacrime napulitane
ANNA – …chi era insomma quella? Nemmeno era bellissima come me…
GIGGI – uuuh, ‘sta sempre a scassa’ ‘o cazz…
ANNA – voglio sapere chi era quella.
GIGGI – ma che cazz ne sacc’… m’ha chiest o’ fotografo, ‘o ssai come fanno i fanz.
ANNA – che fotografo?
GIGGI – ‘o fotografo, quann’ che scrivi ‘o nom ‘ngopp a’ carta…
ANNA – l’autografo!
GIGGI – e che scassapalle… tieni sempre da pundualizzare…
ANNA – guarda che sono bellissima ma non stupida, lo sai questo?
GIGGI – [lacrime napulitaneeee…]
ANNA – non cantare mentre ti parlo! E non farmi alzare la voce, che mi si sconciano tutti i capelli! A proposito, ti piace la mia acconciatura per stasera? Non è bellissima?
GIGGI – [uè, alfonsino bello, dì al capo che pe’ quella cosa è tutto sistemato… cinquanta grammi e facc’ tutt’ ‘o conciert del matrimonio del compare nipote]
ANNA – mi vuoi ascoltare?!
GIGGI – uè, che piezz ‘e femmena… ci conosciamo? Io sò giggidalessioilcantante.
ANNA – Sono Anna! La tua ragazza bellissima!
GIGGI – uè abbiamo fatt mbress a mbress… di solito ci metto quei quattrocinque secondi… il tempo di dire giggidalessio…
ANNA – cazzo dici?! Sono Io, Anna! Anna Tatangelo Bellissima!
GIGGI – Annatatatangielo! San Gennaro, e cumm ti sei conciat?! Pari a Maronn di Civitavecchia ma senza le lacrime! A proposito, senti questa: LACRIME NAPULITANEEEE…
ANNA – Basta con questa cazzo di canzone!
GIGGI – Uè, annatatangielo, sarai pure ‘na gran femmena ma accussì io non ti riconosco…
ANNA – il mio truccatoregay mi ha detto invece che sono bellissima. Tutti mi dicono che sono bellissima. Anche se a volte non mi piaccio e non mi trovo così bellissima. Ma oggi mi trovo abbastanza bellissima Non pensi che il mio truccatoregay abbia fatto un bellissimo lavoro?
GIGGI – si vuo’ fa ‘a zoccola. Ma accussì mi pari una uscita da ‘o’ bbar di Guerre Stellari…
ANNA – non capisci niente. Perchè tu sei un insensibile. Lui, il mio amicogay invece…
GIGGI – ch’amico?! Allora sì zoccola verament! Chi è ‘st’omm ‘e’ sfaccimm! Io lo faccio sparare vivo vivo! E verserà LACRIME NAPULITANEEEE…
ANNA – E’ gay, stupido… Ma sei tanto bellissimo quando ti arrabbi…
GIGGI – Gay… vuliss’a’dicere… frocio?
ANNA – Ti adoro anche quando fai il duro, sei bellissimo…
GIGGI – Che tette che tieni… veramente tu sì a femmena mia?
ANNA – Ma certo gigetto bellissimo…
GIGGI – quann mi chiam’ giggetto nun capisco chiù niente… viè qqua, che te facc’ conosc giggin…
ANNA – Mi fai il giochino “vola gigino, vola gigetto”? E’ bellissimo…
GIGGI – giggin è già partito… Vediamo dove lo facciamo atterrare… apri l’hangarr [femmenaaaa… tu sì nà malafemmenaaaa…]
[reminiscenze di LASCIAMIPENSARE]
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martedì, febbraio 09, 2010
Io, reietto
Visi sdegnati mi disegnano come una caricatura, buffa, grottesca.
Mi irridono.
Trattengono a stento le ganasce ma non riescono a celarmi il biancore d’avorio ch’attende solo di ballare grasse risate, ora ancora soffocate.
Mi sento come un cucciolo di antilope in mezzo a fiere già sazie. Scrutato, giudicato, lasciato andare non per pietosa compassione ma per inadeguatezza.
Anche quelli che avrei pensato amici si scostano.
Un appestato.
Si portano le mani al viso, a coprirsi, Dio mio! Coprirsi al mio passaggio!
Cosa ho potuto farvi, uomini senza pietà, per meritare questa vostra polvere?
Voi brahmani, io l’intoccabile?
Voi Novus Ordo Seclorum, io reietto?
“Via! Va’ via!” m’urlano fino all’anima… lacerando ogni mia dignità.
Per una merda pestata mi pare un’esagerazione.
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lunedì, febbraio 08, 2010
Bene, (ri)dica
Non so se i preti dispongano di un database delle case visitate. Fatto sta che ieri, dopo quello che è accaduto la settimana scorsa, un altro di questi si è presentato a casa mia. Per la benedizione.
Stavolta era solo, senza vicepreti.
E l’ho fatto entrare.
…
– Buongiorno figliolo.
– E due.
– …e due?
– E’ qui per benedire la casa.
– Sì figliolo, posso entrare?
– La stavo aspettando. Le posso offrire qualcosa? Una coca, un the, danaro, minorenni…
– …
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Il prete entra e subito aggrotta la fronte innanzi al caos del venerdi.
Che poi è uguale a quello del mercoledì ma con più femmine nude per casa.
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– Uh, forse è meglio se ripasso.
– No prete, faccia quello che deve fare. Le serve qualcosa?
– …qual…cosa… no… niente…
– Allora cominci pure. E già che c’è provi a benedire pure questa qua dietro al divano che sono tre giorni che non si muove, magari si rianima.
– Ma…
– E’ brasiliana, sa, là ci credono alle cose di Gesù.
– F-f-figliolo… cos’è questa… cosa?
– Questa cosa? Ah, un profilattico. Non so come sia finito là sopra. Qualcuno deve aver fatto baldoria ieri. Cinzia, hai un profilattico tra i capelli! Cinzia! Ooooh! … Niente. Forse non si chiama Cinzia. Io l’ho buttata là. Tante volte ci prendo.
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Ora, che il prete cominciasse a temere per la propria incolumità m’è sembrato eccessivo, almeno fino a quando non ho deciso di preparare lo spezzatino di pollo. Il venerdi me lo faccio sempre, ho più tempo e adoro giocare con le cose della cucina, coltelli e similari, mi rilassa.
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– Simona, c’è un prete, cazzo, un po’ di rispetto! Mettiti qualcosa addosso che non sia io!
– V-v-veramente mi sono ritrovata qua così… d-d-dove sono…?
– Cazzo.
– …e… non mi chiamo nemmeno Simona… forse…
– Io l’ho buttata là. Tante volte ci prendo.
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– … e… bene… benedici Signore… benedici Signore questa casa…
[STUM!] E via la testa di pollo.
– Oddio!
– Niente padre, continui pure…
– Forse e meglio se…
– CONTINUI!
– Certo! E b-b-benedici… S-s-s-signore…
[STUM!] E via le zampe!
Io continuavo il mio lavoro con lo spezzatino… stavo schizzando un po’ troppo sangue in giro forse…
– Massi, mi stai schizzando una roba addosso… Rossa stavolta.
– Stai tranquilla, Barbara, è sangue.
– Ahahah, carino! Comunque non sono Barbara.
– Scusami tesoro, io l’ho buttata là. Tante volte ci prendo.
[Mi rivolgo al prete]:
– Senta prete – con fare distratto dal pollo – ma dopo che ‘sta casa sarà benedetta che succede? [STUM!]
– …uh… che succede?
– No, voglio dire, che me ne viene? [STUM!]
– U-u-una casa benedetta accoglie meglio il Signore…
– Cioè Dio viene più volentieri da me? [STUM!][STUM!]
– …no… cioè…
– Dio viene o non viene? [STRASTUM!]
– Ma… Dio c’è sempre…
– E allora a che serve la benedizione? Voglio dire, se Dio c’è comunque (o non c’è comunque), ‘sta benedizione cosa mi porta davvero? [STUM!]
– Ma… non è che…
– Insomma: Dio è un essere immenso di infinita bontà. Onnipotente, onniscente, onnivoro. Secondo lei, secondo te, sta a vedere se uno con una tonaca ha schizzato un po’ d’acqua sul muro per farmi andare in paradiso? E se faccio il metronotte e non ti faccio entrare perchè a quest’ora dormo? C’ho meno possibilità di andare in paradiso? Che cazzo mi dà, in termini spirituali dico, mica pratici, la tua benedizione? Mi sto ponendo sul tuo stesso piano, parlo di cristianità. A che serve?
– Ma figliolo, non è proprio così…
– A me mi sa [STUM!] che fate ‘sta baracconata [STUM!] solo per scucire gli euri alla povera gente [STUM!][STUM!][STUM!]. Un euro qua, dieci là – che si sa, chi te li nega dieci euro per un rito pagano e con servizio a domicilio come questo – e il Crucco poi si può permettere le scarpe Prada.
– …ma…
– A me state sul cazzo. [STUM!]
– …
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Ora, impugnare l’ascia gocciolante sangue di pollo non è che mi rendesse la persona più amabile del condominio. Avrà pensato così il prete.
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– F-f-figliolo… c-c-cosa…
– [mi fermo. M’avvicino al prete. Mica poggio l’ascia] Adesso tu mi fai una benedizione speciale, che mi dia qualcosa di concreto.
– Ma… ma…
– Facciamo così: mi benedici la casa in modo da abbuonarmi, che so, una cinquantina di peccati futuri. Una superbenedizione. Ovviamente mi devi azzerare pure tutte le porcate già fatte qua dentro. Quanto vuoi per questo?
– Ma… io…
– Quanto costa un voucher per cinquanta fornicazioni sin-free qua dentro?
– Ma figliolo… perchè intanto non posi quell’ascia?
– Perchè quando mi agito voglio qualcosa con cui giocare. Allora?
– Io… io… non posso…
– Senti prete, la tua benedizione allora non serve a un cazzo. ‘sta troia qua continua a non fare una piega e mi stai facendo davvero girare le palle.
– F-f-figliolo… F-F-FIGLIOLO!
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Cosa avrei dovuto fare? No, ditemelo voi?
Magari lo facevo andare via così, tempo due settimane e tornava un’altra volta con le sue menate sulla benedizione.
L’ho fatto restare per la cena. Mi è sembrata una cosa carina, un gesto distensivo.
E’ venuto uno spezzatino fantastico.
Tante volte ci prendo.
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giovedì, febbraio 04, 2010
Forse pensava a Marina Morgan. Quella era una precisa.
Bersani: “Morgan merita un’altra possibilità”
Prendilo nel PD: ci manca proprio uno che non dice nulla di nuovo o che non si sapesse già, lo dice nel momento meno opportuno e viene escluso dal giro che conta consegnando ad altri il palcoscenico.
mercoledì, febbraio 03, 2010
Grazie dottore… spero pero’ quello sia uno stetoscopio
Sanità, a Napoli rimosso tumore polmone in 20 minuti.
Non ci sono limiti alla provvidenzialità della manovra di Heimlich.
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