Per questo scelsero Barabba invece di Gesù.

UMC accoglie serenamente la notizia circa il passaggio del testimone ai Macchianera

In molti mi stanno chiedendo un parere sui Macchianera di quest’anno. Se consideriamo “molti” mia mamma. Dirò dunque due parole in quanto cattivo uscente della categoria “più cattivo del web”.

Bene, non sono più il cattivo. Ci sono altri più cattivi di me, ne prendo atto, sono autocosciente (cit.).
Avrei dovuto evitare di lavare i piedi a quei barboni.
Avrei dovuto lasciar annegare quei bimbi.
Avrei dovuto farmi i cazzi miei in quell’incendio.
Avrei dovuto conservare per me il biglietto vincente della lotteria, invece di donarlo a quel mendicante.
(Così non sono credibile)

Insomma, dovevo aspettarmelo.
Onore ai vincitori. Nella mia categoria Anonymous. Secondo Agcom. Onore anche a Al femminile, 69 giri, Beppe Severgnini, Beer hunters…
Mancavano altri candidati con una “A”, una “B” o un numero nel nome o comunque fisicamente in cima alle liste, al primo o secondo posto.

Dunque la strategia vincente per i Macchianera è chiara:
1) Se candidati nelle principali categorie, essere una gioiosa ed enorme macchina da guerra, spinta da una community vastissima e motivata, oppure da Repubblica;
2) Se candidati nelle categorie secondarie, mettersi una “A” nel nome e godere dell’effetto “che cazzo ne so, chi cazzo li conosce questi? Boh, metto il primo della lista”.

Per questo da oggi per voi sarò: “AUomoMordeCane”.

So cosa state pensando: “Dio come sta rosicando questo!”. In tutta sincerità e giurando sui miei figli dico di no. Ve lo assicuro. Si tratta di riflessioni che farei comunque. Anche se avessi figli. Anche se non stessi rosicando.

Preciso: non è vero neppure il contrario eh: non è che chi ha vinto lo abbia fatto solo perché era su, in cima all’elenco. Io stesso ho votato Beppe Severgnini. E Anonymous è stato davvero cattivo. Meritava.
Insomma, ci siamo capiti. Essere su nella lista è una scriminante importante. Non certamente l’unica. Con un suo peso tanto maggiore quanto più di nicchia il contesto di categoria.
Per esempio, Spinoza ha vinto perché è giusto così, poche storie. E’ il sito di satira più conosciuto ed essendo questo un voto basato sul consenso popolare nessun altro poteva (e doveva) aggiudicarsi quel premio. Ma qui si tratta di un fenomeno di massa, come Spinoza, appunto. In altre categorie non è così. Manca il catalizzatore.

Ho condotto un piccolo esperimento sociale coi miei colleghi. Chiesto loro di votare, indicando quelle 4-5 categorie, ma lasciandoli liberi poi di esprimere preferenze senza indicazioni. Li osservavo mentre impietosamente colpivano le caselline in alto, con un continuo sottofondo di “boh” e di “l’anno prossimo non chiedermi ancora di votare tutta ‘sta roba”.

L’altra obiezione: “ma la cosa non valeva anche l’anno scorso?”. Sì, ma meno. Meno per un discorso di numero di candidati (10 in luogo di 5 per categoria, il che allunga ulteriormente la lista, creando un effetto “Oddio quanti, ma davvero li devo votare tutti?”); meno per un discorso di numero di votanti (17.000 quest’anno), persone che per la maggior parte hanno conoscenza ed interesse solo in deterrminate categorie. Nonché competenza: quanti di quei 17.000 conoscono la differenza tra l’agenzia di stampa Iaki e l’agenzia Ambito 5? Quanti riescono ad apprezzare le sfumature grafiche di siti fotografici come Alessandro Gaziano o Adriano Zanni? Quanti si sono letti tutti i 10 post nella categoria miglior post dell’anno?
Io stesso dico che no, non l’ho fatto.

L’obiezione di Gianluca Neri, espressa anche sul palco è stata: “facciamo votare in tutte le categorie perché vogliamo evitare che in quelle secondarie pochi voti determinino il vincitore”. E’ un ragionamento che ci sta, ma solo in superficie. Perché vale allora anche esattamente l’opposto: quei pochi che votano in quella categoria sono proprio quelli interessati, che conoscono la stessa. Magari gente che lavora in quell’ambito e le agenzie di stampa le conosce davvero. O che fa il fotografo e sa valutare quale candidato meriti di vincere. Persone che frequentano realmente Giallo Zafferano e gli altri siti di cucina. Che io personalmente rifuggo per mio personale disinteresse. Ma ce ne sono: persone interessate e competenti, che anche nelle categorie marginali sanno di cosa stanno parlando (votando).
E non regge l’obiezione che con pochi voti basta autovotarsi per stare in cima. Questo lo fanno già tutti, si sa. E la cosa fa sì che ci sia un sostanziale equilibrio. Spezzato solo dai voti di gente che – ripeto – se vota in quella categoria lo fa con cognizione di causa, non a casaccio perché costretta.

Il voto obbligatorio in tutte le categorie, insomma, va ad edulcorare i voti “pesanti”, quelli espressi da persone “qualificate”.

E’ come se ci fossero una ventina di scienziati che devono esprimersi sulla validità dei recenti studi circa il superamento della velocità della luce, e lo fanno con competenza e conoscenza dell’ambito nel quale stanno muovendosi. Ma vengono messi in un palazzetto dello sport, con altri 5000 cittadini qualunque, che si esprimono sul quesito “vogliamo comprare Kobe Bryant? E già che ci siete, mettete pure una crocetta qua sulla questione dei neutrini”.
Quel voto qualificato e competente va a puttane, come il blog di Luttazzi.
Quando a me piacerebbe davvero conoscere il parere di chi è pratico della materia. Quando a me piacerebbe davvero sapere da un gruppo di fotografi o di persone che si dilettano con la fotografia, quale sia il miglior blog fotografico. Io ho votato per il primo della lista, per non saper nè leggere nè scrivere.

Io inserirei, in ogni categoria, la voce: “non mi intendo di questo settore, preferisco non votare”. Un “non sa/non risponde” che permetterebbe comunque di avere anche il polso del reale numero di interessati alla categoria de quo. E fungerebbe da dato statistico interessante. E questa voce proprio in cima all’elenco.

Altra obiezione: UMC, ma perché non l’hai detto prima? Parli ora solo perché hai perso?
Per chi mi avete preso? Certamente.