Il malato e l’infermiera

Ho beccato una influenza che mi ha messo ko in poche ore.
Abito in collina e la strada di casa mia è anche ghiacciata, impedendo così il transito alle auto. La mia dottoressa non può dunque raggiungermi se non a piedi e dopo scarpinata stile sherpa.

– Sì salve… ho ancora 38 e mezzo…
– Ma proprio non ce la fa a venire in studio?
– Forse non ha sentito: ho 38 e mezzo di febbre.
– Ma fuori c’è la neve.
– Questo argomento depone ulteriormente a mio favore.
– Faccio il possibile ma non garantisco.
– E cosa dovrei fare?
– Ma proprio non ce la fa a venire in studio?
– E due. Ora cerco un teletrasporto.

Io capisco che rompa il cazzo fare il proprio lavoro ma allora scegli le Maldive se vuoi fare il medico. Magari farai vita da pezzente ma vuoi mettere il colorito?

– E’ che le nuove disposizioni impongono che sia il malato a venire in studio.
– Non ci siamo capiti: sto morendo!
– Che livello di morte?
– Ma stiamo scherzando?
– Le spiego. La nuova procedura mi impone di visitare il malato e poi compilare un certificato tramite terminale, non più a mano.
– Ebbene?
– Io ho il computer in studio e non posso fare su e giù.
– Un semplice portatile?
– Cos’è?
– Niente, chiedo scusa. Insomma. cosa dovrei fare?
– A parte guarire?
– A parte guarire.
– Venire in studio.
– Ok, credo sia più probabile guarire istantaneamente.
– Lei non mi sta aiutando.
– Sono mortificato. E’ da dire che anche il virus ha un po’ di colpe. Oltre la sua idiozia.
– Faccio solo il mio dovere.
– Pensavo fosse incompetenza per vezzo personale.

Alla fine è venuta da me e mi ha visitato. A distanza di due metri. Le ho detto “ma non si avvicina?”. Ha risposto: “Fossi matta, e se è contagioso?”.

La prossima volta una raccomandazione alla Madonna. Conto che lei abbia un portatile.