Perché ti lascio

Senza nome-4

Ci sarebbe così tanto da dire, su quello che sei, su come ragioni. Se io avessi un minimo interesse ancora nella tua persona ti inviterei a leggere, a studiare e studiarti, perché è avvilente la tua totale mancanza di strumenti di decifrazione della realtà. Ed è per questo che le persone come me non ci mettono nulla a rigirarti come vogliono. Un coglione qualunque (come me, appunto) ti può convincere di ciò che vuole. E spillarti soldi anche.
Questo però vuol dire vederti continuamente ronzare attorno mosconi interessati. Ed io non lo reggo più. Nonostante il livello davvero infimo di quelli che ti sbavano dietro.
All’inizio pensavo fossi solo una zoccola. Poi ho capito che davvero non ti rendi conto che se qualcuno ti muove un apprezzamento lo fa perché interessato. E non è ingenuità, no: è incapacità di elaborazione.
E poi sei zoccola, certo.

Possediamo registri diversi. Ma questo non deve rappresentare per te una scusante: il tuo non è “diverso ma comunque valido”. No. È “diverso” nel senso di minore, minorato, semplificato, poco sviluppato, offensivo per chi ti ascolta.
Il continuo scontro tra noi veniva esattamente da questo: tua incapacità di analizzare le cose in modo maturo. Mi sembrava di avere sempre a che fare con una adolescente col Chupa Chups in bocca e il telefonino in mano. O viceversa. Ogni situazione leggermente complessa la gestivi come Hulk avrebbe gestito un lavoro di Damien Hirst.

Tu e i tuoi intercalare, le tue frasi da saggezza popolare che puzzano di ascensori condominiali coi cazzi antropomorfi disegnati col pennarello, ambienti scrostati che ascoltano da sempre frasi come “Quest’estate pare non voglia proprio arrivare, eh?“.

Una donna la tieni coi soldi, con l’amore o col cazzo“. Questa la tua frase storica, che poi non ho mai capito se “o col cazzo” fosse un terzo punto oppure una considerazione ad excludendum in caso di assenza dei primi due.
Io non ho soldi e l’amore per te… beh, lasciamo perdere. Non ho mai provato nulla davvero. Proprio per la tua pochezza, per il tuo non consentirmi mai una discussione ragionata, su qualunque argomento. Si stava là, insieme.
E aggiungo: non sei mai stata una bellezza – diciamo la verità – ma gli anni adesso si vedono tutti e questo ha dato la mazzata finale al mio voler continuare una storia con una persona che neppure più può contare su un minimo non dico di avvenenza ma proprio di decenza estetica.

Sì, non hai nulla di speciale, non sei che una delle tante. Sotto la media anzi. Perché puzzi di vecchio, hai l’anima incartapecorita, gestisci un campionario di una dozzina di frasi fatte, buone per tutte le stagioni. E io sono stanco di tutto questo.
Stanco di ascoltare le stesse quattro storie. Stanco di sentire i soliti due aneddoti.

La cosa più grottesca di questa mia analisi è che è destinata a non essere capita, proprio per la carenza degli strumenti di cui sopra. Ciò che provocherà sarà solo una ulteriore, stizzita reazione, dato che l’amor proprio è stato ancora ferito.
Questo perché sei da sempre immersa in una visione delle cose semplificata, quella che il tuo gergo ti spinge a definire “vera” (come se le altre fossero finte), sottolineando spesso con forza aggettivi come questo o simili, o frasi aventi ad oggetto la tua genuinità o il tuo essere “così”, quando si tratta ancora di frasi del tutto prive di concreto messaggio sottostante, che provocano nell’interlocutore che questi strumenti ha, un senso di profondo disagio da contatto con il nulla.

Insomma, non cercarmi più, non chiamarmi più. Dimenticami.
Ho intenzione di cancellare ogni ricordo di noi insieme, perché me ne vergogno, mi sento mortificato dalla sola idea di aver potuto condividere con te anche un solo istante.

Sei un essere ridicolo, è per questo che ti dico addio, nonna.