Eduardo, l’italianità e altre cose che avrebbero tritato la minchia

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Tiriamo le somme di questa storiaccia meravigliosamente italica.

Hanno sparato a un tifoso napoletano, tale Ciro Esposito, di Scampia, che si faceva i cazzi suoi e si è trovato in mezzo a ‘sto casino. Ma non mi interessa del perché la pistolettata. Fermatevi su “Ciro Esposito”. È obbligatorio che un padre di famiglia, che di cognome fa “Esposito”, debba NECESSARIAMENTE” chiamare suo figlio “Antonio” o “Ciro” o poche altre varianti? No, non è una cosa marginale. Hanno analizzato la storia di questa partita in tutti i modi, concedetemi questo. Trovate già gradevole questo luogocomunismo tutto anema e core? A me fa tristezza. Tenete presente che non faccio testo: a me fa tristezza tutta l’allegrissima musica latino-americana e trovo deprimenti la maggior parte delle cose che passano in tv sotto la voce “comicità”.
Torno al fatto.
Sembra che a sparare a tale “Ciro” sia stato un tale, detto “Gastone”. Sì, “detto Gastone”.
Già questo giro di nomi-cliché e pseudonimi basterebbe per capire che non siamo in Danimarca.
“Detto Gastone”. Ma da chi? E perché? Perché i nomignoli?
Ma non è già questa una roba da bande di quartiere? Una cosa da favelas sudamericane?
Fermi.
A un certo punto, gente che urla allo stadio si ritrova con la possibilità che la partita venga sospesa, perché uno potrebbe morire. La logica è: se muore non si gioca.
Perché? Dov’è il nesso causale tra la partita e la morte? Quale il limite? E se resta paralizzato? Si gioca solo un tempo? Una ferita al polpaccio e si usa un pallone un po’ sgonfio?
La domanda base, di tutta questa storia è sempre quella: “perché?”.
Insomma, allo stadio, questa massa di persone comincia a bestemmiare perché non può forse vedere la partita e ormai aveva comprato la bomba carta e insomma pareva brutto sprecarla.
Perché la partita non si gioca? Perché qualcuno la sta bloccando. Chi? Le autorità (trovo buffissimo il termine “autorità” applicato a un gioco di pallone), per il motivo sopra detto, vale a dire nessun motivo: non vogliono che il giorno dopo i giornali scrivano: “Vergogna! Si è giocata la partita anche col morto caldo!”. Perché i giornali avrebbero scritto queste cazzate ipocrite, si sa. E infatti Saviano se l’è presa con Pietro Grasso: “Il presidente del Senato Pietro Grasso che consegnava le medaglie ha suggellato il senso della serata. Una sparatoria, feriti, bombe carta su calciatori e forze dell’ordine. E le istituzioni consegnano medaglie“. Quando a me fa senso il concetto stesso della “medaglia” consegnata per aver tirato calci a un pallone, ma ancor più, che politici siano là a presenziare a una roba ludica, conferendole un senso superiore che è esso stesso fonte poi di tutto questo carrozzone che muove danaro, gente e camorre.

Ma attenzione: non sono solo le autorità a sospendere la partita. C’è anche da ascoltare le tifoserie.
Le tifoserie.
Le tifoserie come organizzazione riconosciuta.
Le tifoserie come organizzazione riconosciuta e avente voce in capitolo.

– Che lavoro fai?
– Sono capo dei tifosi della Solbiatese.
– E che fai?
– Organizzo le trasferte, gestisco gli striscioni, avvio i canti allo stadio, metto il passamontagna in caso di lacrimogeni, gioco alla SNAI delle combinate che se mi riescono mi metto in tasca 124 euro, gonfio le banane salvagente, urlo tantissimo.

Piccolo inciso: ma perché urlate? E perché a nessuno fa specie che la gente urli allo stadio? Se accadesse in qualunque altro luogo saremmo terrorizzati. Immaginate in un negozio, un energumeno che alla cassiera dicesse:
“OLLELLE, OLLALLA’, FAMMELA VEDE’, FAMMELA TOCCA’!”. Sì, so che qualcuno di voi lo fa già, ma ci avete mai tirato su qualcosa? Qualcosa vicino a un essere umano guardabile, dico.

Immaginate di chiamare un idraulico. Arriva uno. Voi dovete uscire e resta vostra moglie in casa. Questo è di poche parole, esci, lo saluti. Poi vi ricordate, mentre siete già al lavoro, di averlo visto da qualche parte… ALLO STADIO! Era quello che urlava al portiere avversario di ciucciare la banana, era quello che smadonnava contro l’arbitro, minacciandolo di morti orribili, era quello già pregiudicato e noto alle autorità per vari reati e sospetto di affiliazioni camorristiche. Era quello arrampicato sulle transenne con la maglietta: “Speziale libero”. Era quello che si fa conoscere come “Genny ‘a carogna”.
Ora è in casa vostra.
Fermi.
A chiosa di tutta questa italianità, Saviano che sguazza in questo lordume camorristico – e giustamente stavolta – snocciolando date e dati, precedenti e nomi, preparandoci all’ennesimo best seller nel quale ci dirà che c’è la Camorra e che lui ha la scorta.
Il problema non è la Camorra, Saviano. Il problema è l’italianità, l’italianità e l’italianità. E trovare “normale”, se non fonte di provincialissimo orgoglio, questa fottuta italianità. Il trovare “normale” che un napoletano si debba chiamare “Ciro” se di cognome fa “Esposito”. Un marchio di fabbrica. Il trovare “normale” che uno debba avere un nomignolo nella vita comune come “Gastone”, o “‘a carogna” o “UomoMordeCane”. No vabbè, quella è altra cosa.
Il trovare “normale” che si possa mandare affanculo gli altri, se non sono nati nella tua città, questo Cristo di campanilismo che è tanto più forte e sentito quanto più sei un fottuto ignorante attaccato alle tue radici balorde, che pensi abbiano un valore maggiore di altre perché sono “tue”.
Il trovare “normale” che la gente, allo stadio, possa comportarsi diversamente da come si comporta alle Poste o al bar.
Il pensare che minacciare, insultare, aggredire qualcuno, negli stadi, sia qualcosa di più tollerabile che altrove. E che se la cosa accade fuori, come in questo caso, ci sia comunque una logica generale che “ricomprende” nella partita di calcio tutto ciò che è avvenuto anche fuori dallo stadio. Dunque, se ti sparo prima della partita e tu sei un “tifoso”, la cosa rientra nelle azioni violente da stadio. E ha un regime speciale, già solo mentale.
Il solo ritenere “normale” la logica tribale del tifo organizzato, che gente dedichi energie appresso a fuffa, al pallone, e le dedichi spesso in modi fuorilegge: padri di famiglia che augurano cancri ad altri padri di famiglia.
Oh, scusate: a me fa faceva impressione da bambino, fa impressione adesso, che vi devo dire.

Che poi, io andrei ancora oltre – e lo dico da amante del gioco del calcio, del gesto tecnico, dello schema riuscito: ma guardatevela alla tv, ‘sta cazzo di partita.

Eh? Non è la stessa cosa? Certo, finché non farai uscire di casa Genny ‘a carogna.

Saviano e le mafie. E i piedi. E molto altro.

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– Allora, Saviano, dove è stato in vacanza?
– La Campania è una terra meravigliosa, purtroppo stritolata dalle mafie. Quello che avviene è sotto gli occhi di tutti. Come denuncio nel mio libro “Gomorra”, Mondadori, 384 pagine € 12,00, le mafie si sono impossessate di…
– Saviano, mi scusi: le ho solo chiesto dove è stato in vacanza.
– Ed è questo che fa più male: l’incapacità di vedere le mafie dove in effetti sono. Ma la sua domanda mi permette di approfondire il concetto. Come in effetti descrivo nel mio “La bellezza e l’inferno”, Mondadori, 264 pagine € 17,50, ciò che sta accadendo…
– Ma mi ascolta?
– Ed ha ragione anche lei quando dice che è difficile porre rimedio a questo stato di cose. Ma le mafie si nutrono di questo, della nostra paura. Perché lei ha paura, vero?
– Paura? Ma che dice?
– E fa bene. Chiunque avrebbe paura. Anche io avrei paura. Anzi, lo confesso: io ho paura. Ma sa che le dico? Io non ho paura.
– Saviano, ha paura o non ha paura?
– Esattamente: è la cocaina che muove le mafie. Un giro d’affari incredibile. Come racconto in ZeroZeroZero, Feltrinelli, 450 pagine, € 18, è questo che sta corrodendo i cardini del nostro vivere civile, in modo invisibile, a causa delle… lo dica lei!
– Delle mafie?
– Esatto: le mafie. Sa qual è l’affare più grosso oggi delle mafie?
– La cocaina, mi stava dicendo.
– No: l’affare più grosso oggi delle mafie sono le mafie. Sono queste che ci controllano. Lei, per esempio: quanti uomini ha di scorta?
– Io non ho scorta.
– Perché lei è un uomo libero. E povero. Io invece sono costretto a far uso della scorta, lo sa? E a dirlo ogni volta. Occorre che si sappia che io non voglio far sapere che ho la scorta. Sa perché ho la scorta?
– Per protezione.
– Anche. Ma principalmente per le mafie.
– Le mafie.
– Le mafie sono dappertutto, sa? Sono anche in mezzo a noi. Sono pure in mezzo alla mia scorta. È per questo che ho una scorta di scorta. Per proteggermi dalla scorta.
– E chi le garantisce che le mafie non siano anche nella scorta di scorta?
– Eh?
– Niente, sono entrato nella sua ottica.
– Bravissimo. Vuole un paio di uomini di scorta? Mi avanzano.
– No grazie, non saprei che farmene.
– Non faccia complimenti, su.
– Davvero, come se avessi accettato.
– Lei lo sa perché mi pagano oggi?
– Per ciò che scrive? La prego, non mi risponda “per le mafie”.
– Complimenti. Per quello che scrivo. Ed io scrivo su tutto ora, sa? Non mi occupo più solo delle mafie. Per esempio, lei, cosa pensa dei piedi rovinati dalle scarpe?
– Cosa?
– I piedi che vengono ogni giorno martoriati, stritolati, ricattati dalle scarpe, che li soffocano e impediscono loro un sano sviluppo, in armonia con l’ambiente. Questa cosa sta uccidendo pian piano il nostro Paese. E nessuno fa nulla. Ecco: io propongo una grande fiaccolata, per ribadire il concetto: uniti si vince.
– Saviano, lei lo sa che sta parlando di piedi?
– I piedi.
– Sì, i piedi. Non pensa di essere ormai troppo presente, come opinionista, tuttologo? Il suo denunciare quei fatti gravissimi è stato indubbiamente un qualcosa di fondamentale perché tanta gente prendesse coscienza delle…
– Lo dica.
– Delle mafie, uff…
– Bravo. Le mafie.
– Sì, non mi interrompa. Dicevo: è stato senz’altro qualcosa di fondamentale. E tutti dobbiamo ringraziarla per il suo coraggio. Ma ora dà praticamente il suo parere su ogni cosa. È onnipresente, in tv, sui giornali. Internet è invasa di suoi “pareri” su pressoché ogni questione.
– 12, 25, 67.
– Eh?
– Ruota di Napoli, si fidi, sono pratico. Sa quanti beni sono stati sequestrati alle mafie nella sola zona di Secondigliano?
– Quanti?
– Tanti.
– Senta, seriamente… Prendiamo la storia del gondoliere fatto di cocaina e dell’incidente…
– Ecco! La cocain…
– Fermo Saviano! Mi lasci dire. Lei è subito partito in quarta attaccando il gondoliere perché positivo al test della cocaina. Senza neppure approfondire il fatto. Lei sa che la gondola era ferma, sì?
– Era ferma per lei! Ma non così per loro!
– Loro chi?
– Le mafie.
– …
– Vuole sentire una poesia? Io ora scrivo anche poesie, sa? Sono molto belle, si ispirano alla vita vera.
– Cristo, faccia quello che le pare.
– Si intitola: “L’amore è ovunque”.
– Ah, parla di amore? Beh, meno male.
– “L’amore è ovunque. Lo ritrovi nei vialetti, negli occhi del bambino, nelle mille onde che si infrangono sul bagnasciuga. L’amore è inarrestabile. Ha una forza devastante che nessuno può fermare. L’amore ha mille volti, tutti diversi. L’amore ti accarezza lieve, ti illude, poi ti lascia a terra. L’amore sei tu, sono io, è il vicino di casa, la maestra dell’asilo, il fruttivendolo all’angolo. Ora sostituire “amore” con “mafie”.
– Saviano, basta! L’intervista è finita.
– Benissimo. Ma prima di chiudere voglio dare un messaggio forte a chiunque viva nel sopruso e nella paura: non siete soli.
– Almeno un messaggio positivo.
– Sì: non siete soli. Ci sono le mafie.

Roberto Saviano™

Un uomo distrutto chiede a gran voce una vita normale e magari una dignitosa cassintegrazione.
[Camicia Armani, T-shirt Coveri]
Ho letto l’articolo su Repubblica di Roberto Saviano™ “La cittadina Berlusconi”, che dà addosso non al buon Silvio ma a Marina, citata dal tribunale di Palermo, e che non si è presentata a deporre per spiegare qualcosa circa un conto cointestato.
Saviano™ attacca affermando che “era tenuta a fare la sua deposizione”, dando addosso a Mediaset e alla sua propagandistica azione di infangare chiunque si ponga contro il Berlusca, sottolineando esempi ormai storici di Mesiano e dei suoi calzini, nonché di chi scrive libri di Mafia, ed ogni riferimento è puramente di cassa.
Non si può oggettivamente non essere d’accordo con Saviano™: attacca l’enclave, il potere politico e mediatico che ha reso il nostro Paese un deserto culturale prima che economico, dà contro in particolare ad una donna che ha già torto in partenza dato quel cazzo di cognome.
Non si può non essere d’accordo con Saviano™, quando ricorda a Marina gli “amici” illustri di suo padre: Putin, Lukasenko e Gheddafi, sottolineando l’infamità di tali legami; e per puro trasferimento genetico anche Marina stessa, sicuramente, considererà quei dittatori “amici” tanto quanto fece suo padre, perché si sa che il sangue non mente: se mio padre frequenta spacciatori e si droga anche io certamente farò altrettanto. E così mio figlio. E il figlio di mio figlio.
Ma magari si può ricordare a Saviano che se Marina Berlusconi esercita la sua facoltà di non presentarsi a deporre non è protetta da alcuno scudo giuridico, Cirami, richieste di autorizzazioni a procedere o legittimi impedimenti, a differenza stavolta di suo padre. Dunque i giudici potranno in tutta tranquillità procedere, tenendo conto anche della sua mancata comparizione, che ai fini giuridici ha un suo significato fattuale e importante e non lega affatto le mani alla magistratura, tutt’altro.
Fazio™sità a parte, Marina Berlusconi non sta violando alcuna norma, nè lede l’articolo 3 della Costituzione, invocato a gran voce dallo scrittore di Gomorra™ perché citare la Carta fa comunque patriottico. E ci sono le Olimpiadi.
Perché urlare contro ogni movimento di vessillo del nemico poi porta ad abbassare la guardia quando lo stesso comincia ad agitare le sue bandiere.
E di tutto ora ho bisogno tranne che vedere in libreria un altro cazzo di libro di Saviano™ che ci spiega chi siano i buoni e chi i cattivi.
Feltrinelli, 18 euro.