La Lega del futuro(?)

Lo zoccolo duro leghista, quello del profondo Nord, deluso dall’apertura al Mezzogiorno (apertura proprio verso chi veniva appellato come “fannullone” se non molto peggio) non ha mai nutrito grossa simpatia per Salvini. Lo spirito secessionista bossiano cova da sempre. Per questo si parla di avvicendamenti, nuove “correnti” e persino scissioni. Come un PD qualunque. Sarà interessante assistere a come la macchina della comunicazione morisiana risponderà.

Io ci vedo tre fasi.

1) Alle voci di scissione Salvini risponderà con risatine e slogan alla: “Tutte chiacchiere, la Lega è unita per il bene di tutti gli italiani”.

2) Successivamente, quando i primi leader inizieranno a catalizzare attenzione e sottrarre riflettori a Salvini (che di questo soffre terribilmente: vedasi le ciliegie con Zaia), ecco che Morisi consiglierà di switchare verso toni decisi, per mostrare all’elettorato chi sia ancora a comandare, chi il maschio alfa. E dunque gli slogan saranno del tipo: “Noi tiriamo dritto: chi non vuole il bene degli italiani dovrà rendere conto al popolo. Noi vogliamo il bene degli italiani e lo abbiamo dimostrato: questi signori, se vogliono fare i propri interessi possono accomodarsi fuori”.

3) In ultimo, una volta che una nuova stella leghista sarà comparsa all’orizzonte – e in questo momento vedo bene Zaia, ma non è escluso qualche colpo di scena – Salvini, da grande animale politico con enorme esperienza qual è, inizierà con la solita collaudata solfa del: “Il simbolo è mio e non si tocca”, con il suo nome sempre più evidente, a compattare i suoi fedelissimi e slogan come: “Il nostro progetto prevede, ora più che mai, mettere al centro gli italiani. Chi non vuole il bene dell’Italia ormai è individuato”.

La cosa più buffa che prevedo – Dio solo sa quanto mi farebbe ridere se avessi ragione – sta nel fatto che in caso di scissioni, Salvini potrebbe contare più sul Mezzogiorno che sul Nord, dato che quest’ultimo avrà di nuovo ripreso la strada del distacco, della separazione, del federalismo, del seguire chi si fa carico delle istanze storiche padane, vale a dire abbandonare il carrozzone meridionale e far volare l’economia padana mitteleuropea, che di mitteleuropeo però non avrà più nulla dopo questa immane crisi economica.

Metto questa mia modestissima previsione anche sul mio blog, a futura memoria.

Segnatevi queste mie mattane aruspicine.

Vicolo stretto, molto stretto

Subito dopo:

  • Stretta sul noleggio delle auto comuni, perché pure con quelle si possono commettere attentati;
  • Stretta sul noleggio di qualunque mezzo, per lo stesso motivo;
  • Stretta direttamente sulla vendita dei furgoni, delle auto, dei camion, perché potrebbero essere rubati da chi poi ci commetterà attentati;
  • Stretta a monte, proprio sulla produzione dei mezzi di trasporto, stesso motivo: Fiat, Alfa, Ducato, ma anche tutte le fabbriche di mezzi sul sovrano suolo italico dovranno chiudere, perché io che ne so che ci si farà con quei carri sferraglianti del demonio?
  • Stretta sui coglioni di noi tutti, perché potremmo produrre figli che un giorno produrranno mezzi di trasporto utilizzabili per commettere attentati;
  • Stretta sulla stretta, perché non si sa mai che sia poco stretta e possa uscirne un miniciclo utilizzabile per commettere piccolissimi attentati ai danni di popolazioni in scala;
  • Stretta di Hokudo, con la combinazione di tasti su-destra-destra-dietro-croce-destra-destra-croce, per una fatality completa sul Paese.

“Hanno vinto tutti” (cit.)

Vi dico come finirà il 4 marzo:

Il PD emetterà un burocratico (e internamente contestatissimo) comunicato su fondo grigio, mostrando che tutto sommato si è trattato di un “grande risultato” se lo moltiplichiamo per 3, riconoscendo le difficoltà del momento politico, annunciando il “grande lavoro da fare per un governo di larghe intese”, purché senza politiche di sinistra.
Berlusconi stapperà due diciassettenni per festeggiare il “grande risultato”, riconoscendo le difficoltà del momento politico, annunciando il “grande lavoro da fare per un governo di larghe intese”, purché senza magistratura di mezzo.
Salvini comparirà su tre piazze contemporaneamente, nei fondi di caffè e a Fatima per festeggiare il “grande risultato”, riconoscendo le difficoltà del momento politico, annunciando il “grande lavoro da fare per un governo di larghe intese ma per ora perché poi vi facciamo vedere”, valutando le proposte sulla base del Pantone di chi le avanza.
Di Maio indosserà i calzini spaiati e sbaglierà indirizzo, e rivolgerà il suo discorso alla famiglia Mincarini, festeggiando il “grande risultato”, riconoscendo le difficoltà del momento politico e quelle sulle tabelline, denunciando la grande truffa delle matite copiative e invitando gli elettori a ripetere il voto su Rousseau usando la propria penna sul monitor, annunciando il “grande lavoro da fare per evitare un governo di larghe intese”, senza congiuntivi.
Grasso si rivolgerà a entrambi i suoi elettori, festeggiando il “grande risultato”, riconoscendo le difficoltà del momento politico, annunciando il “grande lavoro da fare per un governo di larghe intese” senza che vi partecipi.
Emma Bonino non dirà nulla perché ormai comunica solo col turbante, festeggiando il “grande risultato”, riconoscendo le difficoltà del momento politico, annunciando il “grande lavoro da fare per un governo di larghe intese” senza Pannella (ma pure questo è da vedere).
Giorgia Meloni urlerà in romanesco, farà chiudere il museo senza accorgersi che era su Mussolini, insulterà i giornalisti senza accorgersi che erano del suo ufficio stampa, caccerà via gli extracomunitari senza accorgersi che giocano nell’Inter, prenderà per il culo le brutte facce della vecchia politica senza accorgersi che quelli sono i suoi cartelloni, festeggiando il “grande risultato”, non riconoscendo le difficoltà del momento politico e nemmeno i parenti, annunciando il “grande lavoro da fare per trovare la strada di casa” senza capire la differenza tra qualunque cosa.

Però per ora è bello.