Perché in fondo siamo dei sentimentali del cazzo

Ho letto i post migliori dell’anno, quelli premiati ai Macchianera.
Il primo, quello di Giglioli, sulla pietà civile verso Breivik e le disumane condizioni delle nostre carceri: una riflessione seria su un tema delicatissimo. Il secondo, una struggente storia sulla perdita improvvisa di un amico caro. Il terzo, un’ultima foto del nonno che non c’è più. Il nonno, dico. Appresso, un ritratto di miseria ai tempi della crisi con una fotografia di un’Italia che pare tornare a “Ladri di biciclette”, quando Paolo Belli si faceva ancora chiamare De Sica.
Dopo, solo dopo, uno scritto “di peso” ma confezionato con ironia nonostante la durezza del tema e l'”azzardo” nell’approccio, di certo controcorrente (io avrei premiato questo, e non solo perché sono di parte).

Insomma, alla fine un bel post è quello che ti tocca il cuore, perché in fondo siamo così, ci piace andare al cinema con Muccino che dirige Will Smith e lacrimare (per il solo fatto che Muccino diriga Will Smith) e riteniamo “Sette anime” film “di spessore”. E finché ci si riferisce alle conseguenze sullo scroto degli spettatori ci siamo ancora. Invece consideriamo “filmetti” quelli senza un cazzo di messaggio melenso sotto, quelli che ti fanno passare due orette impegnandoti la testa nel tentativo di prevedere il passaggio successivo oppure la chiave di costruzione della trama e manca un dramma sottostante, un malato in casa, una figlia che perde le gambe, un figlio di Muccino, Muccino.

Io avrei premiato come post dell’anno tutt’altro. Questo, per esempio.

Ma in fondo è solo perché anche io sono un sentimentale del cazzo.