Siamo tutti fatti d’anima e carne

tolleranza (1)

Io credo che questa diffidenza debba essere sradicata dalla nostra cultura, sempre un po’ razzista e chiusa.
Capisco che il contatto (repentino peraltro: qualche anno fa erano pochi e comunque non erano così malvisti) con gente così diversa da noi, possa generare un po’ di ansia, e soprattutto capisco quelli più spaventati dalle enormi distanze culturali che ci separano da loro, ma basta riflettere un po’ e pensare che anche noi, se fossimo cresciuti in un ambiente culturalmente diverso, saremmo venuti su con convinzioni che oggi ci sembrano inaccettabili.

Voglio dire, se mio nonno mi avesse messo in testa che mangiare maiale è atto abominevole, se mio padre avesse poi continuato su quella falsariga, io sarei venuto su senza panini al prosciutto ma sarei comunque la persona che sono, e soffrirei se chi il maiale lo mangia mi vedesse diverso. Certo, starebbe anche a me non considerare persona indegna chi preferisce la porchetta al couscous.

Credo che si debba andare oltre anche l’odioso concetto di “tolleranza”: dà sempre l’idea di sopportazione, un pentolone che ribolle pronto a far saltare il coperchio in caso di minimo alzar di fuochi.
Ammetto che è anche colpa di molti di loro, dei loro eccessi, che sono a volte sfociati in atti di vero abominio, che si è innescata questa spirale di diffidenza che ha portato una contrapposizione culturale come mai s’era vista: a noi dà fastidio il loro volerci convertire, la loro presunta arroganza, il loro sacro fuoco della verità. Ma non facciamo lo stesso anche noi coi nostri simboli? Certo magari la nostra cultura ha affinato meccanismi diversi e sedato certi estremismi, ma non mancano neppure da noi esempi belligeranti e ciechi.
E ricordiamo che i fanatici non sono tanti, ma sono certamente più “rumorosi” e dunque li notiamo di più: sono loro a fare notizia.

Dunque, il mio desiderio è quello di riuscire, una volta per tutte, a trovare una strada di dialogo, tra noi e loro, nonostante le difficoltà, nonostante per noi siano incomprensibili certi usi, nonostante le enormi distanze culturali.

Perché siamo tutti abitanti della stessa terra, sotto lo stesso cielo, noi e i vegani.

E manco l’ha detto Voltaire

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Fino a poco tempo fa me la prendevo se qualcuno diceva qualcosa fortemente in contrasto con le mie idee, per non dire proprio robe contro di me. Me la prendo tuttora, eh, diciamolo, solo che adesso scatto solo quando ci sono davvero estremi per incazzarsi, cioè sempre.

– Ehi, ti vedo in forma!
– Cosa vuoi intendere, che prima ero un cesso?

Ero molto permaloso. Ero. E mi incazzavo anche per casi marginali. O addirittura se qualcuno rappresentava un’idea idiota: mi sentivo in dovere di dire che si trattava di un’idea idiota. Come se me ne venisse in tasca qualcosa, con un “intento educativo” del tutto inutile.

– Berlusconi ha fatto anche cose buone.
– Pure Stalin, Hitler o il peggior figlio di puttana dell’universo, avranno fatto pure cose buone. Magari hanno comprato un fiore all’amante, aiutato in casa per il soufflè, pulito il culo al nonno. Che cazzo significa?
– Niente, era per dire.
– Questa deriva qualunquista porta il gravissimo rischio di far passare comunque qualunque porcata.
– No, assolutamente. Dico solo che…
– Ehi, ti riconosco: tu eri quello che mi dava del cesso!

Niente, dovevo sottolineare la pochezza del discorso altrui, pure se in fondo non mi interessava né dell’argomento, né della persona, né di chi assisteva alla conversazione.
E mi infastidiva tantissimo chi mi doveva necessariamente correggere qualcosa, per il solo gusto di farmi le pulci:

– Qui però hai scritto che le persone sbagliano, quando andava detto che le persone a volte sbagliano.
– Ma cosa vuoi? Il tuo pensiero è quello, il mio quest’altro. Cosa mi correggi? Io penso esattamente come ho detto: è il mio pensiero, in quei precisi termini.
– Ma è sbagliato…
– SBAGLIATO COSA?! COME FAI A DIRE CHE SIA SBAGLIATO?! PER ME LE PERSONE SBAGLIANO UN TOT DI VOLTE, DIVERSO DALLE TUE, MAGARI!
– Stai urlando.
– SMETTILA DI DIRE CHE ERO UN CESSO!

L’altro giorno ho litigato con una su Facebook. Ero seduto a far colazione e mi sono ritrovato un messaggio di posta:

– Ciao. Volevo dirti che ultimamente non mi piace quello che scrivi. Ti preferivo prima. Perché non provi un po’ a tornare quello che eri un tempo?

Al che non ho potuto non rispondere:

– Ciao. Apprezzo sempre le critiche. E mento tantissimo. Io sono a casa mia, scrivo le mie cose nei termini che più mi aggradano. Inoltre “un tempo” non significa nulla: ero un altro sicuramente. “Un tempo” avevo 5 anni e magari elaboravo le cose diversamente dal me attuale e forse in modo più simile al te attuale. Ma anche le esperienze maturate nel corso della vita ti cambiano, e vivaddio. Ma soprattutto, io non ascolto chi, per tutto il post, ha insinuato che prima fossi un cesso.

A voi è mai capitato qualcuno che vi correggesse in modo del tutto fuori luogo? Non lo trovate odioso?

Potete anche non rispondere se la pensate diversamente da me.