“Voto quello là, quello che mi ricarica il telefono”

Adesso l’assoluta impellente necessità di estendere il voto ai 16enni. Non che sia giusto, non che sia sbagliato, ma io ho sempre l’impressione che abbiamo a che fare con governanti adolescenti – loro sì sedicenni – con le voglie improvvise, le mattane, le cazzate, le mode, gli amori e le delusioni.
Manca completamente un equilibrio.
REMO GASPARI DOVE SEI!
Personalmente io non darei la possibilità di voto ai 16enni, non per sfiducia verso le loro capacità (probabilmente sarebbero più in grado di capire cosa stiano facendo rispetto a molti adulti-BUONGIORNISSIMO CAFFEEEEE’?) ma perché “coinvolgerli” nella vita civile e sociale dovrebbe passare attraverso altri step preventivi, formativi.
Sono stato diverse volte in aule con 16enni e 17enni e senza generalizzare posso dire che essere svegli non equivale affatto a essere consapevoli. Essere capaci di palleggiare con i media non significa avere gli strumenti culturali per scremare vero, verosimile e farlocco.
Questi ragazzi hanno grandissime capacità e grandissime lacune. Non come gli adulti ma diverse, peculiari.
Sanno trovare risposte in un attimo. Ma non sanno metterle insieme, cucirle, tirar fuori dalle nozioni delle informazioni utili.
Io fatico tantissimo a costruire con loro robe interdisciplinari: la scuola non gliele insegna, atrofizza le loro capacità creative innate.
Il voto a questi ragazzi non rappresenterebbe un problema immane, intendiamoci. È proprio il concetto sacrale di voto che secondo me va rivisto.
Intendiamoci, fosse per me introdurrei il voto pesato, come detto tante volte: si vota per la Camera? Devi sapere cos’è la Camera, che differenza c’è col Parlamento Europeo, che prerogative ha. Se non sai, il tuo voto vale 0.7, 0.5, 0.2 a seconda di quante minchiate sbagli in un test elettronico con domande casuali.
A dirla tutta io toglierei il diritto di voto a tutti e farei il dittatore.
Ma i sogni restano sogni.
È una provocazione, calmi. Altrimenti metto in discussione la vostra, di capacità, e niente più voto.
Insomma, secondo me i sedicenni non dovrebbero votare. Perché a quel punto mi chiederei: perché non i 15enni? Perché non chiunque dimostri di saper tenere una penna in mano e non una qualunque capacità di intendere e di volere?
Un sedicenne è più capace di un 99enne con l’Alzheimer non medicalmente ancora accertato, è verissimo. Ma a quel punto non è questione di estendere al 16enne il voto ma limitarlo al 99enne.
Tutto dovrebbe essere basato sulle capacità che dimostri di avere.
Come accerti queste capacità?
Qualunque sistema sarà oggetto di critica, ma un test elettronico, con domande random scelte da un bouquet pesato non sarebbe male. Se non sai un cazzo e rispondi facendo bolle di saliva, eccristo, ma cosa devi decidere per me?
Del resto si fanno test ed esami per accedere a qualunque cosa, dall’università al mondo del lavoro: cosa c’è di scandaloso nell’estenderlo al diritto di voto?
Il mio vicino di casa picchia la moglie, è stato dentro per violenza e ubriachezza, non ha neppure la quinta elementare, non sa leggere né scrivere, non ha alcuna idea o interesse circa la politica, da due anni soffre di demenza senile ma nessun medico l’ha acclarata. Lui vota. Nessuno si scandalizza.
Se dico che uno così non dovrebbe avere questo diritto si levano gli scudi in difesa della democrazia.
“Chi sei tu per dire chi deve votare e chi no?”.
Io? Nessuno.
Infatti mica decido io chi deve essere ammesso a Medicina e chi no.
Il voto ai 16enni?
Nessun problema.
Aspettatevi il circo Barnum dei candidati.
Aspettatevi colorate campagne elettorali a suon di promesse di ricariche e novità sui loot di Fortnite.
Il senso delle cose.

Il bello della democrazia

“E’ IL BELLO DELLA DEMOCRAZIA”.

E’ quel che sentiamo sempre, specie quando ribattiamo a qualcuno che sta dicendo una cazzata.
“E’ LA MIA OPINIONE, VALE QUANTO LA TUA, SIAMO IN DEMOCRAZIA”.
Sì, ma la tua opinione è stupida: perché non vogliamo tenere conto di questa variabile fondamentale?

  • PER ME QUELLA CANZONE DI BATTIATO PARLA PROPRIO DI QUELLO CHE DICO IO!
  • Invece ti sbagli.
  • SIAMO IN DEMOCRAZIA, LA MIA OPINIONE VALE QUANTO LA TUA! CHI CREDI DI ESSERE?
  • Franco Battiato.

In un caso simile che dobbiamo pensare? Che il tizio veda in pericolo il suo diritto democratico a dire la sua?
A me pare che l’esercizio di tale diritto coincida con una pubblica autocrocifissione che sarebbe da evitare per lui in primis.
Franco Battiato, se vorrà, potrà pure rispondergli. Ma se dopo un po’ gli togliesse diritto di parola sarebbe davvero antidemocratico? Quando, il concetto di democrazia, ha tracimato ed è diventato dovere di accettare, ascoltare, discutere di qualunque cosa e con chiunque, anche contro le evidenze scientifiche, il buon senso, la realtà oggettiva?
Quando concetti come “la realtà oggettiva” sono diventati soggettivi?
E quando lo sono diventati al punto che le certezze scientifiche ora hanno lo stesso peso delle idee bislacche prive di supporto?
Ma soprattutto perché cazzo io Mozart, che parlo di musica, devo stare a rispondere a te, Eraldo Scannellini, piastrellista, che mi contesti a muso duro l’utilizzo di flauti nel mio concerto? Per democrazia?
Guarda, se invocassi altri pur elevatissimi concetti, come la pietà umana, ti darei anche ascolto, ma anche se esercitassi un diritto di critica misurato e se io vedessi in te delle competenze a supporto. Ma se critichi giusto per mostrarti, per far vedere di avere un’opinione, io ti sbatto fuori.

Senza arrivare al burionismo, io rivendico il mio diritto a non perdere il mio tempo con te, a non concederti spazio nei miei ambiti, a silenziare la tua voce quando diventa fastidiosa a casa mia.

Il bello della democrazia è altro, ed è morto da un pezzo. Ora viviamo l’era delle aberrazioni della democrazia e della parola “democrazia” estesa come un pezzo di caucciù che si deforma e della forma originaria non mantiene più nulla.

Da un pezzo trovo che il termine “democrazia” venga vissuto con un significato che non dovrebbe avere, vale a dire il dovere di essere ascoltati.

Io ho il diritto a dire la mia, ma mantengo anche il diritto a non ascoltare la tua. È democrazia.
Sui social questa cosa è impossibile: esprimo un pensiero e so già che dovrò sorbirmi delle farneticazioni, delle uscite dal mio tema, delle fantasticherie e delle critiche per cose che neppure ho mai detto.

Rivendico il mio democratico diritto a ritenerti un coglione, e dunque a non ascoltarti.

Perché oggi il diritto di parola è sentito come dovere di opporsi, di dire necessariamente qualcosa. E non importa se quel qualcosa non lo si è capito o se non lo si conosce. Lo si deve dire, spesso perché esprimersi è l’unico modo di dire al mondo: “EHI, ESISTO!”.

La democrazia come il selfie al concerto da mandare agli amici, convinti che ci invidieranno.

  • EHI, SIAMO IN DEMOCRAZIA, LASCIAMI DIRE CHE NON SONO D’ACCORDO CON LA TUA TEORIA!
  • Veramente non è una mia teoria.
  • E DI CHI E’?
  • Si chiama Legge di gravitazione universale, l’ha formulata Newton.
  • ECCOLO, IL SAPIENTONE!

Questo non è dialogo, è mortificazione dell’intelligenza, questa non è democrazia, è banalizzazione della dialettica.

Poter dire non significa dover dire. Non è obbligatorio mostrare i propri limiti: quella resta una facoltà, che conservi certo, ma a questa io rispondo col mio democraticissimo diritto a non ascoltarti, a toglierti voce, specie quando le tue idiozie inquinano un ambiente mio personale. E il mio social, la mia bacheca, il mio spazio, quello nel quale entro con nome utente (mio) e password, sono di mia pertinenza. Così come il mio blog. O il mio salotto. O la mia auto.
Per te è antidemocratico che io ti vieti di fumare dentro la mia macchina?
E di dire che la Terra è piatta sulla mia bacheca?
Guarda, ti aiuto: non è antidemocratico: è un mio personale atto di assistenza sociale. Evito che tu ti faccia da solo del male.

Qui, nei miei spazi, non vige la tua forma di democrazia, ma quella canonica, quella studiata a scuola. Trattasi di un generico diritto di opinione e parola, che però non è libero e assoluto ma sottostà a regole. Esattamente come ai tempi della polis. E io posso regolamentarla, revocarla, annullarla, perché l’ambiente fa la differenza.
Sovrano a casa mia.
Che poi è di moda, no?

Sempre più spesso assisto a imbarazzanti scambi tra chi mette sul tavolo fatti e teorie acclarate e chi ribatte con idee. Le idee. Che purtroppo hanno ancora un’accezione positiva, ma la perderanno presto.

  • E’ LA MIA IDEA, MI PERMETTI DI ESPRIMERLA?
  • Certo, ma sei tu che non ci fai una bella figura.
  • AH, SENTIAMO PERCHE’.
  • Perché affermi che l’uomo non è mai andato sulla Luna.
  • E TU COME FAI A ESSERE CERTO CHE INVECE CI E’ ANDATO?
  • Guarda, queste sono le evidenze scientif…
  • ECCOLO, IL SAPIENTONE!

Mortificare la realtà scientifica è un atto democratico? No, è puro esercizio dialettico. E il puro esercizio dialettico è una tua facoltà. Come il mio rispondere o non rispondere.

Commentate pure liberamente.

Se scrivete cazzate vi elimino, al solito, ma democraticamente <3

Democrazia è quando gente fischia

La foto potrebbe non essere rappresentativa del concetto di democrazia

 

Cose che ho capito grazie a Facebook:

1) la democrazia è la cosa più bella del mondo, più di Adriana Lima sudata che ti implora di far sesso disposta a pagarti per il disturbo;

2) per democrazia si intende solo quella diretta, della gente;

3) la democrazia rappresentativa è il Male: i politici sono tutti corrotti, incompetenti, Renzi;

4) il referendum è l’istituto capace di risolvere ogni problema, pure complesso: la gente ha la Conoscenza assoluta, e in effetti quello che stava in fila alle Poste dietro di me sapeva come battere la Spagna, come eliminare la delinquenza, come curare le verruche tramite sambuca;

5) se soffri di analfabetismo funzionale non hai gli strumenti per capirlo, dunque esprimi più violentemente la tua indignazione, anche perché ti indigni più facilmente, essendo il mondo tendenzialmente ostile e sbagliato ai tuoi occhi;

6) (e questo post è troppo lungo e maledettamente privo di gif animate, per poterlo leggere tutto);

7) ci sono persone che giustamente protestano per una classe politica che le ha portate alla più cieca disperazione, anche economica, ed esprimono tutta questa sofferenza dal loro divano tramite iPhone 6s;

8) non esiste più la mediazione, né l’ascolto, che sono i cardini della vera democrazia: ogni opinione avversa va combattuta con violenza, derisa, aggredita. Perché i veri democratici oggi parlano per slogan, storpiano i nomi, fanno i giochini di parole: essere persone civili e mature non ha alcun valore;

9) se esprimi un pensiero aspettati che lo stesso sia interpretato in modo opposto, ridotto o esteso a piacere di chi lo legge: siamo nell’era dei social, dunque se dici “mi piace il giallo” è normale che la gente che ama il rosso ti insulti, ma anche che parecchi ti rispondano: “AH, BRAVO, STAI CON LA KASTA!!!”;

10) a volte vorrei lasciare questo paese. Poi mi ricordo che quando vado in vacanza, ovunque, è pieno di italiani, e allora preferisco restare qua, piuttosto che fare la fila alle Poste brasiliane e incontrare pure là il tizio delle verruche e della sambuca, che sa tutto e sta lì per il Carnevale di Rio, che si lamenta perché quando l’Unione Europea non c’era, i carnevali in Brasile erano meglio.

Siamo tutti uguali. Ma tu sei meno uguale di me.

moccia2
Potresti trovartelo a votare al seggio, con te

Ho un amico con la terza elementare. Non ha mai potuto partecipare a un concorso pubblico proprio per questo, pur se possiede una cultura “sul campo” smisurata, oltre a essere dotato di intelligenza superiore.
Ma nessuno, neppure lui, trova strano che una persona con la terza elementare appunto, non possa concorrere per un ufficio pubblico. C’è gente che ha studiato, e molto, ed è senz’altro più qualificata di lui.
Certo, quando poi si parla di concorsi per bidello, o inserviente, o magazziniere al Ministero le cose cambiano: credo che in quei casi tutto ciò che si deve dimostrare è capacità e competenza. Dubito sia utile conoscere gli affluenti del Danubio. Oppure il Testo unico sull’ Ambiente, D.Leg.vo 03.04.2006 n.152.
Ma in Italia siamo ormai talmente abituati a fare un concorso su tutto che neppure ci fa troppa specie se per pulire il culo ad una babbiona in ospizio, si debba rispondere a domande di geografia, storia, diritto costituzionale, quantistica.
Gli scandali sono altri, no? E poi meglio una persona preparata che una ignorante, no? Questo a prescindere.

Bene.

Domanda: perché, per il posto di lavoro più importante di tutti, non ci si sottopone ad alcun test? Non si deve dimostrare assolutamente nulla? Si può essere completamente ignoranti, purché capaci di intendere e di volere?
Con anche il rischio che questa totale ignoranza comporti seri problemi all’intero sistema-Paese.
Anzi, la certezza che ciò accada.
Vi pare una cosa plausibile?
Eppure è ciò che accade oggi.
Il lavoro più importante e insieme diffuso è anche quello che puoi svolgere pure se pensi che il Presidente della Repubblica sia scelto da Dio, che l’Italia confini con l’Etiopia, che sia in vigore la pena di morte in Molise (magari già solo per il solo fatto di viverci).

È accettabile tutto questo?

Quale lavoro?
Beh, quello di cittadino. Quello che porta a scegliere le persone che decideranno del destino di un intero Paese. Quello che fa sì che le strade non siano invase dai rifiuti. Quello che ti permette di circolare in auto con una relativa tranquillità perché si conta sul fatto che, in caso di incidente, l’altro cittadino sia assicurato. Quello che in sintesi, crea le regole comportamentali e di vita relazionale.

Ebbene, tu puoi essere cittadino ed esprimere diritto di voto sia che tu sia consapevole delle regole del vivere civile, sia che tu sia un mentecatto che come massima lettura ha l’inserto-Mondiali della Gazzetta.

Puoi mandare in Parlamento gente in grado di fare danni serissimi a intere generazioni, presenti e future: basta che tu sia nato. Un concetto di Ius naturale sviluppatosi quando la cultura era realmente privilegio di pochi.

In sintesi non devi dimostrare un emerito cazzo. Puoi anche non sapere come funzioni il sistema rappresentativo, puoi anche pensare che la magistratura sia un organismo (composto da donne malvestite) che come unico scopo istituzionale ha l’annientamento di Berlusconi, puoi non conoscere i compiti della Corte Costituzionale e pensare invece che la Corte dei Conti sia un apparato nobiliare.

Puoi letteralmente non sapere nulla. E io posso trovarti là, accanto a me, il giorno delle elezioni, ad esprimere un voto. Che avrà lo stesso peso del mio. Che conosco La Corte Costituzionale. Che mi sono documentato sui candidati. Che so chi appoggia l’acquisto degli F35 e chi no. Che ho speso tempo. Tempo. Per capire. Capire chi sia persona degna di rappresentarmi e chi no. Mentre tu giocavi al bar al videopoker. Peraltro perdendo. Tu. Che ti informi solo sul numero delle campane che devono apparire sul gratta e vinci.

Il mio voto vale uno. Come il tuo.

E no, non fatemi pipponi sulla democrazia, sul fatto che pur essendo un pessimo sistema è sempre il migliore e blablabla.
Ci si riempie la bocca solo di una forma di buonismo sociale che alla fine mortifica noi stessi. Perché ci ritroveremo cialtroni al potere. Cialtroni che sì poi saranno rappresentativi del Paese. Ma perché siamo stati noi a permettere che questo accadesse.

Nell’Italia in cui l’Educazione Civica (maiuscolo) è un optional a scuola, possibile che nessuno prenda seriamente in considerazione questa che pare una boutade, quando rappresenterebbe una reale presa di responsabilità, personale e collettiva, e permetterebbe di creare i presupposti per un vero crescere civile?

Parlo del diritto di voto pesato.

Si vota? Sei un cittadino italiano, hai diritto di voto. Anche se sei una capra. Anche se a 45 anni il massimo dell’espressione culturale che ti ho visto comprendere è stato un pallonetto di Neymar. Anche se coi tuoi amici fai la gara di caccole nasali. Anche se l’ultimo Tg che hai visto aveva come conduttore Emilio Fede. Anche se sei Emilio Fede. E queste cose le trovi normali. Essere Emilio Fede, in particolare.
Fai un test. Sei obbligato a fare un cazzo di test. Di cultura. Cultura civica.

Si vota per la regione? Devi sapere che cazzo è una regione! Devi sapere quali regioni ci siano in Italia. Devi sapere che regione non è provincia. Devi almeno subodorare il fatto che chi governa una regione non è la stessa persona che sta a capo della tua città. O del tuo condominio. Non sempre, almeno. Puoi tentennare solo sul Molise, questo è normale.

Si vota per il rinnovo del Parlamento? Tu devi sapere che esistono due Camere. Quanti anni starà là quello che stai scegliendo. Devi sapere che non è che se poi non ti piace gli mandi la disdetta. Devi sapere cosa sia una sfiducia! Devi conoscere le procedure che portano un Primo Ministro a diventare tale. Non nel dettaglio ma quantomeno come linee generali. Sapere che non esiste un diritto di successione familiare, almeno fino al prossimo Lodo Alfano. Devi sapere come è fatto Alfano, ecco! Avere presente i suoi caratteri somatici. Riuscire a distinguerlo da Ghedini.

Devi sapere chi è attualmente a capo del PD.

Sì, questa è difficile, lo ammetto.

Ma devi sapere, perdio!

Se non sai nulla di tutto questo, perché il tuo voto dovrebbe pesare come il mio? Perché solo in questo caso l’ignoranza paga?

Possibile che il voto di un astrofisico impegnato nella ricerca, che si informa quotidianamente sulle problematiche sociali, che sa dove sia il Darfur e ha adottato tre bambini colombiani a distanza, e il voto di Pasquale Sciosciammocca, eroinomane di Scampia, pluripregiudicato, con rari  momenti di lucidità e tre accoltellamenti, manco ricorda se fatti o subiti, pesino allo stesso modo?

Tu, prima di votare, ti metti là e fai un quizzettino. E rispondi a domande di Educazione Civica (maiuscolo).
Sulla base del risultato, il voto avrà un peso.
Al massimo varrà 1. Vorrà dire che hai piena consapevolezza e sei veramente un cittadino responsabile.
Se sbagli, se dimostri che “non hai studiato”, anche qua devi avere delle conseguenze, come in qualunque altro settore della vita.
E allora, magari, se pensi che una “riunione di gabinetto” sia una cacata collettiva al mattino, il tuo voto varrà 0.5.
E allora, magari, se di “Transatlantico” conosci solo il Titanic, il tuo voto varrà 0.8.
E allora, magari, se quando si parla di “membro del Parlamento” ti viene solo qualche battuta scontata tipo Giannelli, sei Giannelli. Dunque il tuo voto varrà 0.3.

È utopia? È qualcosa di scandaloso? Giannelli sì, certo. Ma non certo questa idea di diffondere cultura civica.

Si lede l’intoccabile concetto di suffragio universale? No. Si rendono i cittadini consapevoli dell’importanza che ha l’Educazione Civica (maiuscolo). E del potere che ciascuno possiede.
Potere che molti esercitano in modo disastroso, superficiale, inconsapevole. Ignorante.

Il cialtrone al potere ci va solo se ce lo mette un altro cialtrone.

E ora chiedetemi se sono preparato per la docenza che devo tenere. Perché è giusto così, sono investito da una responsabilità precisa, che sento, vivo.
Per insegnare devo sapere, conoscere e saper trasmettere. Devo superare test, continuamente. Ed ogni docenza è un test a sua volta.
Ed è giusto che sia così.

A votare invece posso essere spogliato da qualunque responsabilità e fare danni inenarrabili.

Il voto della Hack valeva come il voto di quella che controlla l’oroscopo e basa la sua giornata su qualcosa firmata “Branco”, “Paolo Fox”.

Ed è questo, il più grande oltraggio alla democrazia.

Perché la democrazia è come la carta da culo

Quello che “L’Italia è un cesso di posto”.
Quello che “Non andrei mai in Germania”.
Quello che vota Grillo.
Quello che non vota Grillo.
Quello che non mangia carne.
Manco di Grillo.
Quello che è contro chi non mangia la carne.
Quello che poi fa: “ma in fondo ciascuno deve fare quello che crede”.
Quello che risponde: “No, ci sono dei limiti a questa libertà”.
Quello che dice: “Di che cazzo state parlando?”.

Hanno ragione tutti.

Mi sono reso conto che in realtà le prese di posizione non partono da intime convinzioni ma da una serie di fattori che alla fine ci rendono quello che siamo e ci portano a scegliere una parte piuttosto che un’altra semplicemente per caso, abitudine, opportunità, voglia di caratterizzarsi, empatia con chi ha già quella posizione, protesta, desiderio di mostrarsi diversi dagli altri, bastiancontrarismo, turbe.
Quindi, se scrivo una battuta nera, avrò ragione io, che rivendico la forza catartica dello scherzo sulla morte e sulla sofferenza. Avrà ragione chi scrive invece cose più leggere e mi accuserà di giocare con roba in grado di ferire certi animi. Avrà ragione chi mi difende, perché libero di poter scegliere cosa leggere. Avrà ragione chi attacca chi mi difende, perché si è magari sentito chiamato in causa personalmente. Avrò ragione io di nuovo, che sarò pure libero di scrivere quel che voglio. Avrà ragione che mi dirà che in fondo scrivere è una cosa, pubblicare è altra e ci sono sensibilità particolari che.

Così se mangio un hamburger avrò ragione io a scegliere di uccidermi col colesterolo. Avrà ragione l’animalista, che si limita a togliere la vita a lattughe (esseri viventi minori). Avrà ragione il medico, che punta tutto sul discorso-salute. Avrà ragione l’altro medico, che dirà che anche la carne deve rientrare in un piano alimentare equilibrato. Avrà ragione la vegana, che dirà che non è necessario usare carne perché la soia fa miracoli. Avrà ragione quello di prima incazzato ancora sulla mia battuta nera, che è rimasto ad insultarmi anche mentre passavo a quest’altro esempio.

E avrà ragione l’interista, quando si sente defraudato di quel calcio di rigore. E di aver perduto Roberto Carlos (gli interisti non hanno mai superato ‘sta cosa). E avrà ragione l’arbitro, che non l’ha proprio visto. E ha ragione il calciatore, che non si sente di aver commesso fallo. E avrà ragione l’altro calciatore, che il fallo l’ha sentito. Anche se era in tribuna.

E avrà ragione il berlusconiano, che “qual è l’alternativa?”. E avrà ragione il ciellino, che invoca Dio pure dentro le aule istituzionali. E avrà ragione il comunista, e Baffone.

Hanno ragione tutti.

Questo per dire cosa? Che trovo ridicolo accanirsi, azzuffarsi, combattere per far emergere la propria idea o posizione: non è certamente l’unica corretta.
Ogni punto di vista deve essere considerato alla pari degli altri. E non in ossequio ad una generica e buonista visione democratica della vita, affatto. Semplicemente perché quella non è “LA” verità ma una visione delle cose, come altre mille altrettanto valide.

Le opinioni sono degne di rispetto a prescindere.

Questa cosa è banale, scontata, strasentita? Certo. Ma attenzione: qui non si parla di diritto di parola. Affatto. Qui si fa un discorso tutt’opposto: la democrazia non serve. Il diritto di parola è non solo sopravvalutato ma dannoso.

E va eliminato.

Se tutte le opinioni sono ugualmente importanti e se nessuna di queste è in realtà “LA” verità assoluta, è inutile discutere. Che si dia ragione a chi riesce a prendersela.
Questo in genere avverrà con la forza, ma da sempre sono ammesse anche arti subdole come la manipolazione del pensiero altrui, l’inganno, la trappola, il plagio, l’asservimento, la coercizione, la lusinga, la frode, la corruzione, la pressione psicologica, il ricatto, l’imposizione, la repressione, la sopraffazione, la violenza, il trucco, l’espediente, la smutandata pubblica, la scoreggia in auto.

Si tratta di riduzione del rumore mediatico, di ricondurre a unicum una moltitudine di opinioni talmente frammentate da risultare del tutto deleterie per il progresso umano.
A cosa serve dare parola a tutti se tutti hanno poi ragione?

Pensate ad un enorme rotolo di carta igienica. Ogni opinione è uno strappo. Sono tutte ugualmente importanti – gli strappi sono tutti uguali. Non c’è uno strappo più lungo di un altro. Non c’è uno strappo più importante dell’altro.
Magari l’ultimo, ma solo se avete calcolato malissimo.

Ci siamo? Mi seguite?
Bene. Arriva ad un certo punto uno che prende e di queste opinioni – strappi – si pulisce il culo. Non importa quanto l’opinione fosse ben articolata e argomentata. Viene comunque ricoperta di merda. Dall’unico che detiene il potere.

Dunque?

Dunque la mia proposta è: smettiamola con la dialettica, i dibattiti, le discussioni, i comizi, le tribune, le arringe, le Amache, i giornali, i tiggì, le chiacchiere in ascensore, le soap.
So che sulle soap siamo tutti d’accordo.
Che ciascuno faccia quello che deve, per portare avanti le sue idee, i suoi principi. Si prenda il metro di terra dal confine in discussione col vicino. Se ci riesce. Dica che le auto non devono fare più di 130 all’ora e imponga questo suo volere alla Mercedes. Se ci riesce. Faccia cambiare la legge elettorale e se la costruisca a sua immagine. Se ci riesce.

Insomma: si crei il suo mondo. Anche con la forza. Sarà comunque limitato dalle idee e dai principi di uno più forte, più subdolo, più violento, più scoreggiatore, etc.. Applicando così, finalmente anche alle opinioni, il principio della selezione naturale. Principio che ha saputo portarci a questo stadio evolutivo e che mai nessuno ha osato mettere in discussione quanto a capacità di migliorare la nostra specie.
Perché con le opinioni non dovrebbe avere altrettanto successo?

Lo Stato dovrebbe semplicemente astenersi dal fare giustizia e lasciare che si imponga il migliore, in ogni ambito nel quale due o più opinioni venissero a confronto.
Aboliti i tribunali, i giudici, i conciliatori.
Via libera alla giustizia fai da te, ai forconi, agli armamenti pesanti.
Se uno se li può permettere.
Voglio vedere il mio vicino di casa, con la sua mazza da baseball, negarmi la veranda quando gli entro nel culo con un Apache.

Dunque: che da oggi ciascuno cerchi di inculare il prossimo e che vinca il migliore.

Eh? Bravissimi: vedo che molti di voi hanno già iniziato.