“Lo confesso”

– Lo confesso.

Così aprì, e chiuse anche, quello che fu da molti ritenuto il discorso di conclusione di un’era. Parole che forse mettevano fine a duemila anni di cristianesimo ma che scombinavano le carte anche in tutte le altre confessioni, che tutt’affatto si avvantaggiarono dalla uscita di scena della figura religiosa più importante dei nostri tempi, ma che anzi furono costrette a profonde revisioni interne, quanto a uomini e disponibilità, improvvisamente crollate per mancato apporto da parte dei fedeli.

– Lo confesso. Quello che voi considerate “Rappresentante di Dio in Terra” non è tale. Non lo è mai stato. Non fu Dio ad eleggermi, non fu Dio a chiamarmi ma una congregazione di uomini. E non c’è stata alcuna vocazione ma un semplice desiderio di fare qualcosa per gli altri. Questo è quanto dovrebbe dirvi qualunque persona che oggi indossi una tonaca, dal prete di campagna al cardinale.

Le televisioni di tutto il mondo stavano diffondendo un messaggio che avrebbe cambiato la storia ed aperto una ferita insanabile nel Credo di miliardi di persone. “Miliardi”, che concetto assurdo, quando si parla di uomini. Il Rappresentante di Dio che dismetteva pubblicamente il suo ruolo. Il Papa che parlava chiaro, in un italiano sorprendentemente buono ed articolato anche, come mai aveva fatto prima. Come se quel discorso glielo avesse scritto qualcun altro. Anzi: come se quel discorso fosse davvero il suo, per la prima volta.

– Siamo persone. Persone fallibili, come tutte. E questo lo sapevate già. Ma c’è da dire altro, finalmente. Dio non si manifesta a noi, così come a voi. Non abbiamo alcun rapporto privilegiato, voce interiore, spirito, a guidarci. Nulla. Siamo esseri umani ai quali non è dato conoscere il pensiero di Dio, tanto quanto a voi. Nessun Dio ci ha mai detto alcunché. Molti di noi, da questa parte, non credono neppure. Sono persone entrate in Seminario magari a quattordici, quindici anni, con tante idee in testa e pochissime basi culturali a supportarle. E poi si sono ritrovate a seguire una certa strada. E a non poterla più interrompere. Per tanti motivi, per non deludere genitori orgogliosi di avere un figlio che celebrava la messa, perché ormai era tardi per fare qualunque altra cosa… Ragazzi che si sono presto pentiti di aver deciso di servire il Signore ma che hanno comunque continuato per convenienza, vigliaccheria, noia.

Il silenzio in quella piazza non aveva mai raggiunto tale livello. Se all’inizio erano i borbottii esterrefatti a prevalere, a quel punto nessuno più proferiva parola. Tutti con le bocche aperte, come a ricevere un ultimo, amarissimo Corpo di un Cristo morto in quel preciso istante.

– Sono vicino alla mia fine e ho paura. Paura come uomo. Paura che dopo non ci sia alcunché. Paura di aver servito il Dio sbagliato magari. Ma questo vorrebbe dire che almeno qualcosa c’è. Ed io, oggi, sono qua a confessare che non lo so. Non ho alcuna prova che Dio esista davvero. Nessuno, nessuno al mondo potrebbe averla. Voi, che vi affidate con cuore e coscienza alle nostre indicazioni, che seguite la dottrina della Chiesa con Fede, ma soprattutto con la speranza di ricevere poi una qualche ricompensa dopo questa vita, dovete sapere la verità. E’ giusto. E’ giusto che sappiate. Per poi tornare alla voste case davvero liberi. Liberi di scegliere. Scegliere se continuare a prodigarvi, ad improntare la vostra esistenza a dettami trascritti da uomini per uomini, non da Dio. Liberi di scegliere se sostenere una struttura fatta di uomini. Liberi di servire un Dio che io, oggi, non vedo. Non vedo.

Solo gli stranieri parevano disorientati più di chi quelle parole aveva ascoltato e compreso. Cercavano conferme da interpreti, si chiedevano se quella traduzione fosse davvero fedele. Nessuno, in fondo, voleva credere a quanto stava ascoltando.

– So che questa è l’ultima volta che mi vedrete affacciato qui, a parlarvi. Come so anche che qualcuno vorrà smentire con forza quanto sto oggi affermando. Vi parleranno di malore, di attimo di debolezza, di medicine o droghe. Sappiate che non è così. Parlo in piena salute e coscienza. E so anche che tanti di voi vorranno ancora dare credito a chi, domani, parlerà in nome di questo presunto Dio. Perché aveva ragione Pascal: “conviene credere”. Ma a che costo, ancora? Se una cosa davvero buona, in vita mia, ho fatto, non è stato certo guidare persone spaesate in nome di qualcuno che mai ho incontrato in vita mia. Ma è quanto sto facendo ora, oggi: darvi il vero libero arbitrio. Permettervi di scegliere se continuare a foraggiare uomini che si spacciano per chi non sono oppure destinare le vostre risorse e i vostri pensieri alla cura di questa, di vita, realtà. Che è l’unica che davvero conosciamo. Forse è l’unico modo di sistemare tante, tante cose. Non ne conosco altri. No davvero. Lo confesso.

Sparì dietro la solita finestra.

E qualcuno applaudì.