I cazzi degli altri

Teenage girls in conflict

Pubblichi foto erotiche, ammiccanti. Ci sta, è un tuo spazio, ci mancherebbe. Ed è stupido chi viene a farti la morale: tu pubblichi quel che ti pare. Qualcuno ti dice che è roba di “Cattivo gusto”, come se ci fosse un parametro oggettivo, una misura. Il tuo “buon gusto” può essere totalmente diverso dal mio, e comunque siamo nel 2019 e dovrebbe essere lontana l’epoca delle censure espressive (“L’origine du monde” di Courbet insegna). “Mi vieni a fare la morale per due foto che pubblico? Ma che problemi hai?”.

Ti scrive in privato uno, che nella foto profilo sorride accanto a due bambini.
Non si sa chi siano i bambini ma PRESUMI siano i figli (potrebbero essere nipoti, due perfetti sconosciuti immortalati in occasione di qualcosa, non si sa).
Avendo presunto fossero i figli, PRESUMI sia sposato (potrebbe essere vedovo, single, fidanzato, separato, divorziato, gay, tutto).

Il tizio ti scrive che le tue cose glielo fanno venire duro e lui si smanetta al pensiero.

Tu pubblichi la schermata, con nome e cognome dello smanettatore, foto profilo in chiaro con tanto di bambini sbaciucchianti accanto.

Perché?

Perché il tizio ha fatto qualcosa che non doveva, una roba di “Cattivo gusto”, come se ci fosse un parametro oggettivo, una misura. Il tuo “buon gusto” può essere totalmente diverso dal mio, e comunque siamo nel 2019 e dovrebbe essere lontana l’epoca delle censure espressive (“L’origine du monde” di Courbet insegna). [loop]

Ehi, ma prima valeva per te, adesso non vale per lui?

E via una serie di commenti a insultare, sbeffeggiare, condannare il pippaiolo.

Tutti con la sentenza in mano.

Tutti che davano per buone le presunzioni di cui sopra.

Pochissimi a opporre un: “Scusate, ma perché state mettendo alla gogna quel tizio?”.

Invece un fiorire di: “È stata una cosa di cattivo gusto”, “Ha figli, non dovrebbe scrivere certe cose”, “Si dovrebbe vergognare”, “Vorrei vedere se viene a saperlo la moglie”.

Moglie che magari non c’è. Ma pure se fosse? È una conversazione privata. Il reato l’hai commesso tu che pubblichi robe private, non lui. La porcata “di cattivo gusto” (aridaje) l’hai fatta tu, non lui. Lo schifo reale lo hanno creato i commentatori coi loro sfottò, non lui.

Commentatori tutti impeccabili, dalla sessualità inesistente e dalla morale inappuntabile, esseri efebici o del tutto eterei, vicini alla purezza del Signore.

I cazzi degli altri.
Voi vi fate i cazzi degli altri, e sapete perché?
Perché siete marci, siete marci dentro, e avete un bisogno immane di sentirvi migliori e di mostrare agli altri di esserlo. Avete bisogno di capri espiatori da condannare, poveracci da affossare, condanne da eseguire.
Perché fate schifo e non avete i coglioni per ammetterlo, per accettarlo.
E fate schifo per il solo fatto di essere persone, esseri umani, con tutto il carico di debolezze degli esseri umani.
E vi serve sublimare, distaccarvi da questa merda, sentirvi buoni come vi sentite quando date l’euro al poveraccio, e antirazzisti se il poveraccio è di colore (jackpot!).

Voi state sempre a rincorrere una figura di voi che non esiste.
Per questo siete perennemente stressati, sfibrati, stanchi.

Io sono un pezzo di merda, ho un casino di limiti, fatico tantissimo ad accettare certe cose. Ma ho da un pezzo accettato me, il mio essere un essere umano, con tutto il carico di merda correlato.
Quando ci riuscirete pure voi vedrete che dei cazzi degli altri che non vi coinvolgono, non vi tangono, non vi creano problemi personalmente, smetterete di interessarvi.

Fatemi sapere.

TI BLOCCO!

gsd

Parlar male di qualcuno è estremamente più semplice e soddisfacente, oggi, grazie ai social, rispetto alla limitatezza di un ciacolare da cortile: vuoi mettere la risonanza su Facebook?

L’arte della delazione ha raggiunto nuove e incomparabili vette e che la Silvia se la spassi col ragazzo di Barbara, il quale comunque tresca con Annalisa all’insaputa di Fabrizio (e non sapete ancora nulla del nonno), è fatto notorio e comunque da condividere pubblicamente. Spesso senza fare i nomi, perché questa è la novità: su Facebook appaiono sovente status tipo: “Gente che predica bene e razzola male! Non fatemi dire altro!“. Così chiedendo venga chiesto altro.

Questa vigliaccheria 2.0 tocca livelli sublimi con i flame, che spesso scaturiscono da tali gettate-di-pietre-nascondi-la-mano. Insulti, minacce, controdelazioni. Fino alla meravigliosa possibilità che Facebook offre per risolvere ogni diatriba: “TI BLOCCO!“.
Bloccare qualcuno è la nuova frontiera dell’affermazione personale senza confronto, dell’annichilimento del nemico senza neppure sfoderare le armi, dello sputazzo dal balcone e via dentro.

Molti di noi hanno bloccato qualcuno di fastidioso: da stalker a piazzisti di se stessi, da logorroici mediatici a gente realmente petulante e pronta a riversarti addosso ogni sua frustrazione dal momento in cui ti vedeva online.
Ricordo bloccai una che mi contattava appena vedeva la mia lucina verde accendersi, e iniziava a raccontarmi dettagliatamente di come fosse fastidiosa questa società che non ti lascia mai godere del silenzio, con call center che ti chiamano di continuo, televisione che ti vuol vendere di tutto, persone che devono per forza dirti qualcosa. Le dissi “La cosa delle persone che devono per forza dirti qualcosa ce l’ho chiara“, ma non capì. Dovetti bloccarla dopo l’ennesima chat nella quale cercavo di essere gentile ma davvero non mi riusciva più. Specie dopo 45 minuti di minuziosa descrizione della tipologia degli smalti da lei adoperati. So cosa state pensando: “Fosse stata figa non l’avresti bloccata“. La cosa mi mortifica.
Però avete ragione.

Comunque. C’è un “TI BLOCCO!” diverso: quello da incapacità al confronto. Quello nel quale ci si fa forti della distanza e della mancanza di scambio reale, visivo, per concludere un match su un terreno diverso da quello nel quale lo stesso era iniziato, ovvero spostarsi dal piano dialettico (nel quale ci si sentiva in difficoltà) al suo antitetico, esattamente quell’anti-dialettico che preserva da una sconfitta ormai evidente.
È un po’ una sorta di ritirata a salvare il salvabile: non la dignità ma un minimo di autostima, per convincere più se stessi che gli altri che magari, continuando, si sarebbe pure usciti vittoriosi da quello scontro ma che non se ne aveva voglia, che si era troppo superiori per continuare, etc.
E a questo blocco segue spesso poi una dichiarazione sulla propria bacheca, uno sfogo, di nuovo generico, del tipo: “Gente che predica bene e razzola male! Non fatemi dire altro!” (queste persone dispongono di set di frasi accanto alle faccine gongolose). Cercano appoggio nella propria cricca, la pacca sulla spalla degli amici, un conforto generico che è facile tirar su da uno scazzo generico. Già parlare di “Gente” mette d’accordo tutti: a chi non sta sul cazzo “la gente?”.

Questo schema: FLAME-SCONFITTA-FRUSTRAZIONE-BLOCCO-SFOGO si ripete con gran frequenza su Facebook. Colpa della gente, va detto.

Ma ecco che possiamo aggiungere l’ultima, potentissima variabile, la nuclearizzazione di ogni logica social: la segnalazione. Il blocco non basta: quella persona va segnalata alle autorità, a questa sorta di polizia anti pensiero libero che tutela gli amanti dei gattini e punisce i pubblicatori de l’Origine du monde di Courbet (giuro: provate a pubblicarlo e ditemi quanto ci mettono a rimuoverlo).

La segnalazione non è solo un urlarti addosso quanto tu faccia schifo. La segnalazione è noleggiare un’Ape Cross con un megafono sul tettuccio e girare per il paese dicendo: “Ehi, schifate insieme a me quest’essere schifoso che scrive schifezze, sennò Gesù piange“.

La segnalazione è il Testimone di Geova che non è contento di essere in pace con se stesso avendo trovato Dio ma vuole portare altre persone a pensarla come lui, perché si rinforzi anche in lui l’idea di credere al Dio corretto e non sentirsi idiota nel momento in cui rifiuta una trasfusione al figlio.

La segnalazione è un razzo rosso tra le parole Ti Blocco.

“Razzo”, sì, smettetela.

Vi starete chiedendo: “Come si fa ad evitare di essere bloccati o segnalati da qualcuno?“. Io ho una soluzione semplicissima: lo blocco prima io. E subito lo segnalo. Senza arrivare neppure al punto 1: niente flame. Lo blocco e lo segnalo nel momento in cui l’idillio è massimo, cioè quando si scherza, si condividono cose e ci si scambiano messaggi divertiti. Questo farà sì che sulla vostra bacheca avrete sempre amici nuovi, nessuno vi farà mai provare frustrazione, non subirete mai l’onta del blocco o peggio, della segnalazione e finalmente farete anche voi parte della “gente che fa cose assurde”, quella di cui si parla sempre ma di cui non si conosce alcun rappresentante reale.

E sarete voi, “la gente”.