“Bionda, bionda, beato a chi…” “NO!”.

“Non si risponde a una domanda con una domanda”.
Perché?

“I tatuaggi vanno dispari”.
Perché?

“Occorre sempre essere coerenti”.
Perché?

“Non stare troppo al pc”.
Perché?

“Chi non ama gli animali non ama nemmeno le persone”.
Perché?

“Eh, le rosse sono belle ma creano un sacco di casini”
Perché?

E tengo fuori tutti i “si fa/non si fa” di matrice religiosa, altrimenti non ne veniamo fuori.

Più passano gli anni e più mi accorgo che le persone parlano con frasi fatte che vanno oltre i luoghi comuni e la cosiddetta “saggezza popolare”. Si tratta di costruzioni artificiose, spesso anche slegate da qualsiasi aggancio logico, igienico-sanitario, culturale.

La cosa dei tatuaggi dispari – che sembra la più cervellotica – in fondo è l’unica, degli esempi citati, con una ratio storica: i marinai se ne facevano uno prima di imbarcarsi per lunghi viaggi e un secondo una volta arrivati a destinazione. Il terzo, tornati a casa. Dunque, avere tatuaggi pari significava semplicemente non essere ancora a casa. Il che non era necessariamente un male, ma diciamo che il detto poteva avere senso. Allora. Ma oggi siamo nel 2013 e io di marinaio ho solo le promesse; dunque?

Vogliamo o no affrancarci da questo immane peso anticulturale che ci ostiniamo a portarci appresso? Ma non vi va di sentirvi più leggeri? Pensate che davvero l’acqua elimini l’acqua? E cosa elimina l’acqua che elimina l’acqua? Vuoi vedere che alla fine aveva ragione mio nonno e serve il vino?

Tutto questo comporta un peso enorme sulle spalle soprattutto di chi non dispone di armi culturali sufficientemente evolute: sentire frasi fatte e non fermarsi a riflettere sul loro reale significato, sulla loro effettiva corrispondenza al vero, sulla loro utilità, significa affidarsi ad un tassista orbo: da qualche parte ti porta ma non è detto che sia dove vuoi tu, né che ci arrivi tutto d’un pezzo. E soprattutto nessuno ti assicura che il sottoscritto sia in grado di costruire sempre similitudini azzeccatissime.

Il punto è che i ragionamenti preconfezionati spesso impediscono di approcciare la realtà in modo libero, di trovare soluzioni nuove a problemi vecchi, di uscire da loop sui quali ci aggrovigliamo. Quando basterebbe un po’ di sforzo ed evitare di dire senza pensare quella frase che viene in automatico quando accade l’evento X.

“Occorre essere sempre coerenti”. Con cosa? Con se stessi? Ma se io cambio di continuo. Perché dovrei essere coerente con quello che ero prima? Non è l’uomo il sommo esempio di adattività ambientale? Di capacità di cambiamento? Non ci sono infiniti corsi appunto sul cambiamento e sulla sua gestione? Perché la coerenza dovrebbe essere un valore? “Coerente” è una bellissima parola che non significa un cazzo. Se fossi coerente non maledirei la vita su Facebook, ostinandomi a rimanere poi vivo per vedere la finale di Champions. Non parlerei male di tutti gli uomini, dandola poi via all’ennesimo puttaniere che “vabbè, è un po’ stronzo, però…”. Se fossi coerente non manderei a fanculo i politici che rubano, salvo poi accettare il lavoro in nero dal dentista. Se fossi davvero coerente con ciò che ero all’inizio, oggi, sarei uno spermatozoo che vaga alla ricerca di ovuli.

Beh, un po’ coerente sono rimasto.