Costruire un futuro: oggi, verso le 16.45.

Anger

– E poi la nostra storia non ha senso!
– Non ti capisco. Perché non ha senso?
– Perché, cosa siamo io e te?
– Due persone.
– No, “insieme” cosa siamo?
– Due persone che stanno insieme.
– Tu la fai sempre facile.
– Se è facile la faccio facile.
– Invece non è facile per niente!
– Cosa non è facile?
– Tutto!
– Mi pare una iperbole tendente al tautologico.
– Ecco vedi? Non mi capisci!
– Questo è un problema reale, certo.
– Il fatto è che io e te non siamo niente! Non andiamo da nessuna parte!
– Ti porto a cena fuori stasera.
– NOOO! Non hai capito! Io e te non abbiamo un futuro! Io sono sposata e tu sei sposato! Non sei tu il mio futuro!
– Beh, dipende dal tuo concetto di “futuro” Se ora mi viene un ictus non abbiamo un futuro già tra pochi istanti.
– Questa è la tua solita filosofia!
– Ma è anche la verità. Spiegami, cosa c’è che non va?
– Tu sei un uomo, la fai sempre facile! Ma questo nostro rapporto non va da nessuna parte.
– E dove dovrebbe andare?
– Non lo so! Ma questo non ci va!
– Ma se non conosci la sua destinazione è irrilevante se vada da una parte o dall’altra.
– Ancora filosofia!
– Scusa, sono intelligente. Ma sto cercando di smettere.
– È che è un rapporto fine a se stesso!
– Spiega.
– Cosa siamo io e te?
– Due persone.
– No, “insieme” cosa siamo?
– Due persone che stanno insieme. Ma sto facendo il copia incolla da sopra.
– Ecco! No! Voglio dire che non è questa la mia quotidianità! Non sei tu! La mia quotidianità è mio marito!
– Ognuno ha i suoi cazzi.
– E dunque questo è un amore fine a se stesso.
– Bene.
– Bene? Tutto qua?
– Certo. Prendo atto di questa tua definizione.
– E non hai altro da dire?
– Avrei tanto da dire, ma non so se sia il caso.
– Perché?
– Perché ti incazzeresti con me, trovando senso nei miei ragionamenti e dunque ti sentiresti a disagio per le mie argomentazioni che andrebbero a smontare questa tua costruzione sofferente e autolesionista. Ti ritroveresti dunque con le spalle al muro di fronte alla verità e ti renderesti conto che questo rapporto è splendido così com’è. Prenderei dunque un grosso “Vaffanculo stronzo!” alla fine e mi salteresti addosso infoiata.
– Presuntuoso del cazzo! Non ti darei mai ragione a prescindere.
– Questo lo posso credere.
– Dai parla, fammi capire perché un rapporto fine a se stesso dovrebbe essere quello che desidero davvero.
– Ci vai al lavoro?
– Eh?
– Al lavoro, la mattina, ci vai?
– Certo.
– Quella è la tua quotidianità.
– Beh?
– Col lavoro ti senti di vivere un qualcosa fine a se stesso?
– Certo che no. Quello serve per costruire un futuro. Esattamente il contrario di quello che sento quando sto con t…
– Aspetta. Lavori sabato e domenica?
– No.
– Stai male sabato e domenica?
– Che domande, certo che no. Ma che c’entr…
– Prendi dei permessi ogni tanto? Per sbrigare commissioni, ma anche per te, per farti i capelli…
– Ogni tanto, certo.
– Ora, so che stai risparmiando per quella vacanza alle Mauritius…
– Sì, ma questo…
– La tua quotidianità qual è?
– Eh?
– Il tuo tempo, il tuo costruire, ciò che di solido c’è nella tua vita, quando lo vivi? Quando lavori o quando sei in ferie, o a riposare, o durante i permessi?
– Ma che significa: la vita è fatta di tutto. Di lavoro e concretezza e di un po’ di svago…
– Esatto.
– Eh?
– Esatto. La vita è fatta di tutto. Il tuo viaggio alle Mauritius è fine a se stesso, secondo i tuoi parametri. Perché non costruisce nulla di concreto. È pura evasione. Non è quella la realtà quotidiana. Non poni le basi per nulla. È una esperienza che godi sul momento. E quando finisce c’è anche una discreta sofferenza nel tornare al tuo quotidiano. Non per questo rinunci alle Mauritius perché non vuoi poi vivere il ritorno al lavoro. Anzi: quei periodi di vita diversa, fuori dagli schemi, “fine a se stessa” servono alla vita concreta, a renderla più accettabile. Servono per dare un senso alle cose non fini a loro stesse, alle cose del quotidiano. Io per te sono la gita fuori porta. Io per te sono l’appuntamento dall’estetista. Io per te sono il viaggio alle Mauritius. E rinunciare a me perché il nostro rapporto non costruisce nulla, il rinunciare a me perché la concretezza è altrove, è come rinunciare ai momenti di vita diversa e desiderabile solo perché in quei momenti non vivi tran tran quotidiano, non vivi qualcosa di produttivo. Rinunciare a me significa scegliere di lavorare anche sabato e domenica, non prendere ferie, non volare via alle Mauritius perché quelli sarebbero inutili momenti fini a loro stessi. Io ti servo, così come sono.
– …
– …
– …
– …
– Vaffanculo stronzo! Scopami!