X-Factor rules, Sanremo suca

Sto seguendo X-Factor su Sky.
Ehi, calma! Non ho mica detto “L’isola dei famosi”! (A proposito, quando riparte?)
Non starò a criticare una trasmissione che è a mio parere costruita benissimo come show (non certo come capace di trovare talenti), con tempi giusti, giudici in conflitto come da copione, pubblico festante, cotillon.
Una gran macchina da spettacolo. A partire dal casting, con la finta storia delle sorelle sarde che litigavano e tornavano a celebrare una pace canora stracciacuore.
Si sostituisca “coglioni” a “cuore”.

Cosa mi fa davvero specie di X-Factor?
La pretestuosità delle argomentazioni dei giudici quando devono necessariamente inventarsi un motivo per segare qualcuno. E’ fantastica e la trovo inarrivabile. Solo là raggiunge queste vette.

[qui c’era un video che Sky ha prima modificato nel codice e poi rimosso]

Arisa ha serie difficoltà nel giustificare la sua presenza. Arranca, cerca qualcosa nel suo limitatissimo frasario che la tiri fuori dall’impaccio dei riflettori che sparano impietosamente sulla sua scucchia.
Morgan lavora di cesello con le parole e confeziona un intervento godibilissimo, con solito sciorinare cultura musicale, fino a prendere la tangente critica parlando di “versione troppo imitativa di quella di Bjork”. Magari la canzone è quella, le parole sono quelle, cantano due donne, per fare una cosa che non ricordi la versione di Bjork avrei scelto Paranoid dei Black Sabbath.
La Ventura parla di “armonizzazioni insieme”. Essendo un duo. Genio. La Ventura non si regge. Sta invecchiando male, sembra sempre più Mara Maionchi che fa le corna da rapper. Come Mara Maionchi di solito.
Elio parla di “credibilità”. Perfetto. Se si parlasse di un prestito.

[e pure qui c’era un video che Sky ha prima modificato nel codice e poi rimosso]
[se non riuscite a seguire il discorso chiedete a Murdoch]

La Ventura sul cantante: “Mi piace sempre tanto… anche perché aspetto un brano in italiano”. Consecutio sublime.
Arisa. Cristo Arisa! Resta con l’amaro in bocca. Probabilmente perché le ci piove dentro.
A Morgan il cantante è sembrato “maturo”, “sexy”. Sembra uno di quelli che in un vino ci ritrova tabacco, vaniglia, note di spuma del Maelstrom e una tetta di Belen.
Elio parla di “prima parte” e “seconda parte”. In un brano che dura un minuto e mezzo.

A proposito: tagliano le canzoni, le accorciano, dimezzano. In uno spettacolo nel quale sono queste l’asse portante (dovrebbe essere così) la parte canora risulta limitatissima. Per questioni di ritmo. Mai scelta fu più azzeccata: Sanremo dovrebbe imparare da X-Factor. Il Festival – l’ho sempre detto – sarebbe spettacolare, se non ci fossero le canzoni.
Immaginate Fiorello che presenta, entrano le vallette, fighe allucinanti che inciampano sui loro vestiti trasparenti. Ad un certo punto salta sul palco Benigni e comincia a sparare cazzate con la camicia di fuori. “La Patonza!”, “Silvio torna!”, “La Minetti, il crocifisso, maremma maiala!”, “Silvio, ti si vol bene!”, “La Patonza!” “L’hai già detto!”, “Ma mi fa sbellihare!”. Quaranta minuti di Paradiso di Dante a memoria. Promo del prossimo film con Nicoletta Braschi nella parte di una mangrovia. Abbraccio a un down cinese portato da Prato. Pubblicità. Si rientra e c’è un’altra gag tra il presentatore e le vallette, con polemica col pubblico. Un esagitato prova ad irrompere sul palco mentre si dà voce alla protesta degli operai di Arese fuori dai cancelli. Fiorello mostra una cartina dell’Italia e cerchia “Arese”. L’indomani Aldo Grasso parlerà di un “Grande Fiorello che sdogana la cultura sul palco dell’Ariston”. Pubblicità. La Russa imita Fiorello che imita La Russa. Arriva John Travolta, ormai a sei atmosfere, che ci parla dei suoi aerei e di quanto gli piace il cibo italiano. La Littizzetto gli mette un piede in bocca. Risate. Pubblicità.
Manco una canzone.
Dopo Festival con Elio e le Storie tese che fanno caciara e Emily di Donato che pubblicizza l’Acqua di Gioia tirandosela fuori dalla figa.

Per tutto questo io pagherei il canone, sì.