Noi, autori di oggi noi

Proverò a dire cose interessanti, dai, sforzatevi di leggere tutto e poi mi dite la vostra.
Prima una critica e poi un’autocritica.

 

LA CRITICA

Lia Celi: “In confidenza: io Letta non l’ho mai Amato”.

Lia Celi, io contro di te non ho nulla di personale. Proprio come per Vergassola.
Io non ti conosco, io non so chi sei. So che hai cancellato con un gesto i sogni miei.

Lia Celi – mi dicono – sia una signora abbastanza seguita sul web (Facebook in particolare). Scrive cose come:
“Governo, scoppia il caso Bocchino. Allora è uguale a quello di prima!”
Con un originalissimo gioco evocativo bocchino-Bocchino. Di quelli che da almeno due anni non si usano più per quanto consunti.
Ma non dalle parti dei fan di Lia Celi.
E ancora:
“Buffon il politico: «L’Italia sia unita». Ma dove va a parare?”
Il portiere che va a parare da qualche parte. Certo. Come mai nessuno ci aveva mai pensato prima?
Appresso:
“Teramo, fece pipì in strada, condannato. Se la faceva sulla Costituzione, diventava ministro delle Riforme.”
Questa scritta violentando anche la lingua.
Facciamoci male:
“Il nuovo ministro della Giustizia potrebbe essere Severino. Berlusconi è già Nervosetto.”
Ma perché? Perché?

La monotematicità antiberlusconiana rientra peraltro nel generale piano di raggiungimento del consenso del pubblico.
E’ ben più difficile ottenere molti “like” con battute come:
“Maltempo, un morto nel Napoletano. Lo riconosci: è quello che galleggia verso nord”.
Ma qui c’è una costruzione, una denuncia, un senso.
Nonostante sia mia.
Manca il gioco di parole simpaticino-ino-ino alla Ned Flanders che non porta da nessuna parte.

Mentre scorrevo le simpatiche amenità della signora Celi, quel che più mi lasciava perplesso erano i commenti entusiastici di gente che pareva divertirsi davvero di gusto con quella roba. Gente che non mancava di lasciare le proprie perle: bungabunga e Carfagna-Bocchino à gogo. Forse persone ibernate negli ultimi due anni che non hanno mai letto battute trite e ritrite come quelle.

 

L’AUTOCRITICA

Ma a quel punto mi sono un attimo fermato a riflettere e – capite lo sforzo per un’attività a me poco consona – ho raggiunto una pre-illuminazione: sì, quelle persone DAVVERO ridono per la novità della battuta, di quelle battute. Non dico tutte ma tante.
Bocchino-bocchino è qualcosa di abusato per chi frequenta quotidianamente certi ambienti satirico-umoristici. Ma per la gran massa del popolo non si è ancora raggiunto il livello di saturazione, non è stato fatto il salto da “battuta-novità” (divertentissima) a “tormentone” (divertente), nè quello da “tormentone” (divertente) a “vecchia battuta” (carina). Figuriamoci da “vecchia battuta” (carina) a “va bene dai, ora basta, ha rotto il cazzo” (va bene dai, ora basta, ha rotto il cazzo).

Dunque?
Dunque Lia Celi (ed il liacelismo duro) prende quelle fasce di pubblico non ancora svezzate, quelle che di fronte a “Berlusconi che fai, Ruby? No, trombo” non inorridiscono affatto, anzi ridono e condividono.

E’ dunque questione di frequentazione assidua di ambienti.

Perché allora “pre-illuminazione”?
Perché in effetti le cose non stanno solo così: in mezzo alla gente entusiasta per il liacelismo ci sono anche persone che quegli ambienti satirici frequentano, ed assiduamente.
Dunque la spiegazione deve essere (anche) un’altra.
E ho difficoltà a trovarla.

Ma – e qui l’illuminazione – ho deciso di non cercarla. Questa la novità.
Ho abbandonato ogni velleità di comprensione di un fenomeno che mi sfugge e accettato che il fiume segua il suo proprio corso.
Mi sono fatto una ragione che la stragrande maggioranza delle persone non apprezzerà mai la merda nera che scrivo personalmente e che co-scrivo su Umore Maligno. Da queste parti si usa un linguaggio eccessivo e disturbante. Ma è una scelta “editoriale”. Non deriva da limiti linguistici nè da carenza di argomenti o idee. Come spiegato più volte il linguaggio crudo e le argomentazioni forti sono funzionali a portare avanti un certo discorso di disinnesco delle proprie paure. Ma gli “esterni” si fermano solo alla superficie, inorridiscono per il linguaggio e convergono verso lidi satirici più tradizionali e rassicuranti. E non riescono ad andare oltre, a comprenderne la funzione dirompente: è spesso proprio quel tipo di linguaggio l’unico sistema per scardinare determinate pre-costruzioni che ti fanno rifiutare aprioristicamente un argomento.

Insomma, il limite io lo vedo in chi sottolinea la bestemmia e non comprende che è proprio quella che serve per metterti in rapporto con te stesso, che vieni turbato dalla stessa.

Non ci tornerò sopra ulteriormente. Non oggi.

Dunque ho raggiunto la pace dei sensi. Almeno in questo. E accettato che anche una Lia Celi possa validamente portare avanti, in tutta libertà, un proprio leggero progetto umoristico sul web.

Certo lei lo fa davvero a cazzo di cane.