31 anni fa… quell’orologio…

Sono 31 anni che quell’orologio è fermo.

Fermo come allora.

L’uomo ha bisogno di simboli. Dalle caverne alla segnaletica stradale, dai monili a figure apotropaiche, dai tatuaggi ai brand.
Simboli anche cruenti, che sbattano in faccia la realtà: da 2000 anni si tiene al collo uno strumento di morte a forma di croce.

Quell’orologio per non dimenticare.

Come il Genbaku Dome, Il Memoriale per l’uccisione degli ebrei di Berlino, i Bambini di Lidice.

Simboli, molti più che segni.

Guardi quell’orologio, ora come allora, e non puoi che tornare a quel giorno di 31 anni fa.
Cosa stavi facendo in quel momento? Quanto era diversa la tua vita? Tanti neppure erano nati…
Io c’ero. Quell’orologio scandiva ogni giorno la mia giornata di bambino. Neppure capivo cosa fossero quei numeri. Ma mi affascinava.

Poi le cose cambiano, la vita ti porta lontano e quell’orologio scompare dal tuo quotidiano.
Ma sai che è lì. E lì resterà a futura memoria. Nessuno oserebbe toccarlo. Il bello dei simboli è questo.
E oggi, finalmente, trovarmi di nuovo faccia a faccia con lui. “Per vedere l’effetto che fa”, diceva qualcuno.
E lo fa, Cristo. Stringe il cuore.

Quel cazzo di orologio è ancora capace di lacerarmi l’anima.

Dopo 31 anni.