Le reincarnazioni pericolose

L’ultima volta che sono morto mi sono reincarnato in me.
Potrebbe apparire una banalità, se solo dessimo per scontata la reincarnazione, e so che nessuno di voi lo fa. Tranne forse quel tavolo in mogano.

L’essermi reincarnato in me potrebbe apparirvi una grossa fortuna, se voi aveste avuto la sventura di reincarnarvi in un verme, o una disgrazia non da poco, se vi foste invece reincarnati in uno slip di Karolina Kurkova.
Ma non voglio deviare nell’animismo, nel quale non credo. E come me anche il mio spazzolino.

Mediamente posso considerarmi soddisfatto, dato anche il non ricordare chi fossi prima.
E allora vado giù di ipotesi e su con la fantasia, restando praticamente dove sono per un gioco di forze vettoriali. E mi immagino nella precedente vita, che so: piccione. Un’esistenza tutto sommato accettabile: poco impegnativa, un po’ monotona. Capacità di volare ma solo su spinta emotiva da rincorsa bambino. Altrimenti ottimo podista (i piccioni, nella loro precedente vita, erano tutti Haile Gebrselassie). La caratteristica più evidente del piccione è la sua enorme socievolezza: è capace di stare ore e ore ad ascoltare vecchi noiosi sulle panchine. Che tra l’altro li riempiono di fastidiosissime molliche.

Oppure ero un batterio. Una forma di vita fantastica, resistentissima. Fino a quel cazzo di Fleming. Che probabilmente in una precedente vita era un batterio anch’egli, ma nerd e con gli occhiali, e non aspettava altro che di reincarnarsi in qualcosa che la facesse pagare a quei bulletti del cazzo e scoparsi la battèria cheerleader.

O ancora, un’ameba: quei minuscoli animali privi di mebe.

Le ipotesi su chi si fosse nella precedente vita sono affascinanti.
Poi però penso che il numero delle specie viventi, per far sì che la reincarnazione possa essere considerata realistica, dovrebbe essere costante nei secoli, nei millenni.
Altrimenti resterebbero “anime” vacanti in attesa di entrare in questo o quell’essere. In coda, magari. Ciascuna con un numerello.

– Serviamo l’anima numero 47.535.478.225.900.637.
– Eccomi
– Allora, cosa le do?
– Uh, vedo che è finito tutto…
– Eh già: è rimasto qualche acaro, un paio di puzzole, degli istrici e un dodo.
– Ma il dodo è estinto.
– “Diversamente diffuso”.
– Vabbè, comunque no, dai. Prendo un istrice.
– Faccia attenzione agli acul…
– Ahia!
– Ecco.
– Uff… che animale di merda.
– Il peggio è che si sa già come morirà.
– Cristo, le auto!

Ma può verificarsi anche l’ipotesi opposta: un eccesso di corpi e poche anime per occuparli tutti.
Il secondo caso è tutto da studiare: ci sarebbero dunque corpi in giro privi di anime.
Magari belle ragazze.

E’ questo, ciò che voleva inconsciamente denunciare Cocciante?