Le grandi biografie: Gandhi (quarta parte)

Gandhi prima della svolta pacifista.

I primi grandi successi di Gandhi si realizzano negli anni 1917-1918, quando finalmente vince un orsacchiotto di pezza alla fiera del paese (lo chiamerà “Signor leprotto” per via della forte miopia che già lo limitava fortemente nel quotidiano) e si aggiudica la gara come ultimo arrivato a “Mister maglietta bagnata” durante la consueta immersione purificatrice nel Gange. Nel Champaran organizza la disobbedienza civile di decine di migliaia di contadini senza terra (oggi definiti semplicemente “abitanti di città”) che sono costretti a coltivare l’indigofera, la pianta da cui si ricava l’indaco, la rosa purpurea (per il colore rosa) e la viola, la pianta da cui si ricava l’omonimo strumento musicale.

Gandhi crea un’organizzazione di volontari e col loro aiuto inizia una campagna costruzione di scuole e di ospedali. Pochi giorni più tardi si renderà conto che la solidità degli stecchi dei ghiaccoli incollati non è il massimo.

L’autorità locale tenta di processarlo ed il culmine della crisi viene raggiunto quando Gandhi viene arrestato dalla polizia per «turbamento dell’ordine pubblico» (avevano pubblicato una panoramica delle sue arcate dentarie), ma l’accusa viene ritirata grazie all’efficacia dell’azione di Gandhi e alla presenza di centinaia di migliaia di manifestanti nei pressi del tribunale. Era in effetti il mese della prevenzione dentale.

Gandhi raccoglie una grande quantità di dichiarazioni scritte dai mezzadri ma non saranno efficaci, tutte quelle “X”.

Finalmente l’autorità locale prende atto dell’esistenza del problema ed istituisce una Commissione, alla quale partecipa Gandhi, col compito di indicare una soluzione. La trovano nella ineluttabile volontà di un dio crudele e vendicativo, e tutti concordano sul non luogo a procedere.

Quasi contemporaneamente, Gandhi apprende che i contadini del Kheda non ce la fanno a pagare le imposte a causa di una grave carestia. Gandhi si scassa un po’ il cazzo e si stravacca sul divano a vedere Inter-Amritsar. “Una partita di merda”, commenterà più tardi.

Il 18 marzo 1919 viene approvato dal governo britannico il Rowlatt Act, che estende in tempo di pace le restrizioni di libertà entrate in vigore durante la guerra. Nessuno può più circolare liberamente per le strade e anche l’uso della Playstation è fortemente limitato (questo scatena ancora più gli animi, essendo uscita l’ultima versione di SuperMario pochi giorni prima). La Sony decide di posticipare l’uscita della Playstation per limitare questo paradosso temporale e crearmi un problema narrativo non da poco.

Gandhi si oppone con uno spettacolare hartal, uno sciopero generale della nazione con astensione di massa dal lavoro, mutuato dai COBAS italiani, ancora non costituiti ma già in grado di cacare il cazzo anche oltre confine.

Gandhi viene arrestato. Scoppiano disordini in tutta l’India, tra cui il massacro di Amritsar durante il quale le truppe britanniche uccidono centinaia di civili e ne feriscono a migliaia. Si scuseranno con un comunicato ufficiale due giorni dopo dicendo “hanno cominciato loro, uffa.”

I rapporti ufficiali parlano di 389 morti e 1000 feriti, mentre altre fonti descrivono il deserto del Gobi ma c’era confusione in questura quel giorno.

Dopo questo massacro Gandhi espone la sua posizione in un toccante discorso nel quale evidenzia il principio che la violenza è malefica e non può essere giustificata. Poi picchia la moglie per un caffè malriuscito.

[continua]

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