“Infinitamente buono” ‘sto par di palle

Quando da ragazzino facevo la comunione, poi mi andavo ad inginocchiare. E quello era un momento oscuro. Non sapevo cosa dovessi fare.
A catechismo mi spiegarono che avevo appena assunto il Corpo di Cristo e per questo dovevo fare opera di pulizia interiore, lo dovevo accogliere nel migliore dei modi, offrirgli un Crodino, non so.
Mi fu anche detto che dovevo chiedere perdono per i miei peccati (ma mi ero appena confessato!), fare penitenza. E io mi sforzavo di trovare in me un senso di profonda colpa, che pero’ spesso latitava. Cio’ mi faceva sentire in colpa. E il cerchio si chiudeva correttamente. L’autoinduzione del senso di colpa era passaggio necessario per far contento Gesù. Perchè Gesù dovesse essere felice in caso di mio senso di colpa era mistero.
Insomma, capii che lo scopo di quella manfrina era stare male interiormente, trovare le magagne, rimarcare i propri errori e misfatti.
Dovevo sentirmi un verme, insomma. Più mi ci fossi sentito, più Gesù avrebbe agito dentro di me, un po’ come il bifidus.
A quell’età non avevo gli strumenti per analizzare. Ora li ho e voglio dirti: “oh Gesù, io non mi ci sentivo in colpa, va bene?! Ero un bambino, giocavo, non ammazzavo nessuno (allora).
E l’Atto di dolore, e “mi pento e mi dolgo” e “peccando ho offeso te”…
Oh, ma che cazzo!
Oggi trovo estremamente scorretto quel che mi hai fatto patire.
Non ti ci ho messo io in croce. Giocavo con le biglie, io.
Questa tua è una ritorsione, non un atto d’amore.
Pentiti, Cristo!